1933, LA CONQUISTA DI UN RECORD


– RAV

– 709,202

– AS6

–23/10/34

– M.C. 72

– 3000

Vi dicono qualcosa questi numeri e lettere apparentemente casuali? No?

Se aggiungessimo alcune nomi di luoghi o persone e termini tecnici?

– Desenzano del Garda

– rosso corsa

– alberi coassiali

– Lago di Bracciano

– Francesco Agello

– FIAT

– idroscalo

– record

– museo

Ancora non vi sovviene niente?

E allora se vi svelassimo queste altre informazioni?

– Castoldi

– idrocorsa

– Vigna di Valle

– Italo Balbo

– eliche controrotanti

– Mario Bernasconi

– Lago di Garda

– idrovolante

in tandem

– Tranquillo Zerbi

– Coppa Schneider.

Desistete? Buio totale? Beh … allora vi confesseremo che, in questo guazzabuglio di dati che ha le sembianze di un groviglio insignificante piuttosto che di una vera e propria guida sinottica, vi assicuriamo che una logica c’è, eccome.

Lo stesso senso logico che sta alla base del racconto di Roberto Ferri, apparentemente sconclusionato, in alcuni punti misterioso ma in realtà, a ben leggerlo, articolato e addirittura sorprendente per alcune trovate a effetto.

Il vero protagonista diel racconto di Roberto Ferri è questo mitico Macchi Castoldi M.C.72, matricola militare MM181, ritratto in uno scatto del 1999 presso il Museo Storico dell’Aeronautica Militare italiana di Vigna di Valle. In effetti sappiamo che, purtroppo, due esemplari furono perduti in incidenti di volo in cui persero la vita il capitano Giovanni Monti e il tenente Stanislao Bellini, il terzo con matricole militari MM177 fu quello che raggiunse per la prima volta nel 1933 il record di velocità con Agello – proprio quello citato nel racconto – e poi un quinto con matricole MM181 che è il detentore del record assoluto di 709 Km/h sempre conseguito da Agello nel 1934. – Foto proveniente da www.flickr.com

Ma procediamo con ordine nello svelare il mistero dei dati disordinati.

Il 23 ottobre 1934 venne scritta una delle pagine più gloriose della storia della Regia Aeronautica, l’Aeronautica Militare italiana dell’allora Regno d’Italia. Venne stabilito – ed è a tutt’oggi imbattuto – un record di velocità per la categoria di velivoli in grado di decollare e atterrare da superfici marine o lacustri, detti tecnicamente idrovolanti. In effetti si trattava di idrovolanti da competizione, da cui il termine più corretto idrocorsa.

Lungo le rive del Lago di Garda, nello specchio di lago antistante la radiosa cittadina di Desenzano del Garda, per volere di Italo Balbo, allora Sottosegretario della Regia Aeronautica e suo grande promotore in seno al regime fascista, aveva preso sede da alcuni anni un reparto di volo assai particolare. Si trattava del Reparto Alta Velocità – da cui l’acronimo RAV – che utilizzava l’esistente idroscalo di Desenzano per addestrare i suoi piloti in quello che, fondamentalmente, costituiva il tentativo italiano di aggiudicarsi un trofeo internazionale assai prestigioso quale la Coppa Schneider.

Il record è raggiunto: velivolo e pilota meritano lo scatto che, a beneficio dei posteri, ne incorona i meriti e le indubbie capacità. Agello verrà promosso sul campo (anzi sull’idroscalo) al grado di sottotenente e, dopo qualche anno, di tenente. Gli verrà inoltre conferita la MOVA (medaglia d’oro al valore aeronautico) mentre L’M.C.72 verrà posto in naftalina e conservato come una reliquia sacra nel santuario della storia dell’Aeronautica Militare Italiana che prende il nome di Museo Storico di Vigna di Valle. Purtroppo, tenuto conto dell’unicità delle soluzioni ingegneristiche adottate, questo velivolo non ebbe seguito o comunque non ebbe alcuna ricaduta tecnologica sui velivoli di serie, militari e non, e dunque si aggiunge alla lunga lista di velivoli da record che l’industria aeronautica italiana produsse a ridosso della II Guerra Mondiale senza alcun ritorno in termini di impiego bellico. Ma ci pensate ad un caccia (tipo il Macchi 205 Veltro) con un motore sviluppato da un motorone del genere? Altro che Rolls-Royce Merlin, altro che Daimler Benz DB 605! – Foto proveniente da www.flickr.com

Il reparto era affidato all’allora tenente colonnello Mario Bernasconi, un ingegnere-pilota- collaudatore già comandante del Gruppo sperimentale di Montecelio-Guidonia.

Nel tentativo di raggiungere il record di velocità alcuni piloti erano già periti in incidenti di volo sicché la sua scelta cadde quasi inevitabilmente sul talentuoso maresciallo pilota Francesco Agello. Anche perché, in termini antropometrici, egli aveva la taglia ideale per entrare nell’abitacolo assai angusto dell’idrovolante allora disponibile. Si trattava del M.C.72, costruito appositamente dall’industria aeronautica Macchi e progettato con italica genialità dall’ingegner Mario Castoldi.

L’idrocorsa era un portento di ingegneria meccanica e di aerodinamica votata alla velocità. Il suo motore, anzi i suoi motori, erano stati appositamente allestiti dall’ingegnere Tranquillo Zerbi della FIAT che, di fatto, aveva messo in fila due motori (tecnicamente si dice in tandem). Aveva creato così il supermotore denominato AS6. Sviluppava complessivamente 3000 cv di potenza. Un mostro!

Ancora una bella immagine che mette in risalto le linee affilatissime disegnate dall’ing. Castoldi. L’ala assomiglia a una lametta, la fusoliera è sagomata letteralmente attorno al motore AS6 e gli scarponi sono dimensionati quanto basta per assicurare il galleggiamente dell’idrocorsa, niente di più, giacchè costituiscono una fonte notevole di resistenza di avanzamento all’aria (oltre che all’acqua). Sia l’ala che gli scarponi sono coperti da lastre in ottone che recano tubetti delo stesso materiale utilizzati a mò di radiatori per il raffreddamento dell’acqua e dell’olio del calorosissimo motore FIAT. – Foto proveniente da www.flickr.com

Ma l’intuizione più fantasiosa era stata quella di dotare ciascun motore di una propria elica bipala collegata ad esso tramite un proprio albero, uno esterno e l’altro interno – coassiali, appunto – . Le eliche ruotavano una in un senso e una nell’altra; per questo motivo vengono usualmente chiamate controrotanti.

L’idrocorsa era un vero missile verniciato di uno splendido rosso, rosso corsa, appunto.

Qui giunti, dovreste avere un quadro abbastanza chiaro di tutte le informazioni misteriose di cui all’inizio … rimangono solo … ah, ecco … il record fu stabilito e poi migliorato ulteriormente, eccome, fino a raggiungere la spaventevole velocità di 709, 202 km/h!

Questa è una di quelle foto che, quando di parla di record di velocità per idrovolanti, di M.C. 72 e di Francesco Agello non può mancare. Il pilota di Castelpusterlengo, classe 1902, perì nel novembre del ’42 a seguito di una collisione in volo nei cieli dell’aeroporto di Milano-Bresso. Era ai comandi di un Macchi M.C.202 che stava collaudando. Il destino volle che si scontrasse con un velivolo dello stesso tipo pilotato dal colonnello Guido Masiero, ex asso della I Guerra Mondiale, divenuto famoso per aver partecipato nel 1920 al raid aereo Roma-Tokyo assieme ad Arturo Ferrarin. Le malelingue non potranno fare a meno di notare come, rispetto all’idrovolante, Agello risulti piuttosto piccino … e non a causa delle dimensioni immense della macchina volante che immensa non era davvero. In verità, le cronache dell’epoca riportano l’immagine di un pilota minuto, di statura di poco superiore al metro e sessanta, quasi tascabile … giusto appunto a misura perfetta di M.C.72! – Foto proveniente da www.flickr.com

E il velivolo?… dopo quel fatidico giorno fu religiosamente custodito negli anni a venire e oggi fa bella mostra di sé nella sezione degli idrocorsa presenti all’interno del Museo storico dell’Aeronautica Militare italiana che ha sede sulle rive del Lago di Bracciano, presso l’ex idroscalo di Vigna di Valle.

Svelato il mistero, spiegati tutti i dati elencati all’inizio! Sì, d’accordo, ma che c’azzecca il racconto di Roberto Ferri?

E allora ecco delle informazioni utili:

– studenti

– sorriso

– gita scolastica

– amore

– Lago di Bracciano

– esami di maturità

Niente? Ancora buio totale? Alzate le mani?

D’accordo … e allora ve ne anticipiamo i dati salienti.

Un dettaglio delle eliche bipala metalliche che l’ing. Castoldi decise di adottare per il suo idrocorsa. Girando sullo stesso asse ma in senso inverso una rispetto all’altra, le eliche eliminavano completamente la terribile “coppia di reazione” che si innesca quando il velivolo è dotato di elica singola. In effetti, in un aeroplano (con carrello che appoggia sulla pista) l’elica tende a caricare in misura maggiore una gamba rispetto all’altra ma in un idrovolante vuole significare che un galleggiante è talmente caricato da affondare quasi completamente nell’acqua. In queste condizione diventa difficile flottare, difficilissimo prendere velocità e involarsi con una traiettoria diritta. Sul M.C.72 il problema non sussisteva proprio e, almeno in questo, Agello l’ebbe facile. All’impresa di Agello sono dedicati alcuni volumi lodevoli e un testo giornalistico che troviamo illuminante nonchè piacevolissimo da leggere:  “Agello, il fantino del cielo”. Lo potrete apprezzare all’indirizzo:  https://www.squadratlantica.it/si-chiamava-francesco-agello/ – Foto proveniente da www.flickr.com

Alla vigilia degli esami di maturità, un variegato gruppo di studenti fa tappa al Museo Storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle con una parte dei ragazzi intenti a godersi i preziosi cimeli della storia dell’aviazione mentre le ragazze, più verosimilmente, sono interessate al bagno nelle fresche acque del lago di Bracciano; tutti assieme nello stesso luogo prima che il passaggio definitivo alla vita adulta li separi inesorabilmente.

L’ideatore dell’insolita gita scolastica è la voce narrante del racconto e sarà proprio lui che, complice un contatto folgorante con l’M.C.72, si troverà catapultato nel luogo, nel momento e nei panni esatti del maresciallo Agello che sta per salire a bordo dell’idrocorsa … e il resto è storia!

L’invenzione del salto spazio-temporale non è certo nuova nell’ambito letterario e/o cinematografico, tuttavia l’autore la spende in modo oculato ed equilibrato in quanto, anzitutto, consente al lettore completamente digiuno di storia aeronautica, di apprendere dell’esistenza di un primato di velocità per idrocorsa; viceversa, al lettore più ferrato di questioni aeronautiche, concede dei dettagli a proposito di quell’impresa, innegabilmente “succosi”.

Lode dunque a Roberto Ferri per aver assurto all’attenzione di noi tutti questa pagina memorabile – quanto dimenticata – della storia del nostro paese. E bravo!

Purtroppo, differentemente da noi, devono aver pensato i giurati di RACCONTI TRA LE NUVOLE che hanno ritenuto questo racconto non meritevole di accedere alla fase finale del premio letterario. Peccato!

Il color rosso corsa dona enormemente a questo purosangue dell’aria (e dell’acqua) che è il Macchi M.C. 72. Lo scatto (recente) lo mostra adorno di cartelloni esplicativi  nonchè di un esemplare di motore FIAT AS6 “nudo”, ossia privo delle cappottature motore, che era a bordo di uno dei cinque esemplari di M.C. 72 costruiti dalla Macchi. – Foto proveniente da www.flickr.com

E dire che l’autore, partecipando per la prima volta alla scorsa edizione e classificandosi in XIXma posizione, lasciava ben sperare con questo racconto … vorrà dire che sarà per la prossima! Intanto siamo lieti di concedergli un angolo “liquido” del nostro hangar … sì, avete letto bene: “liquido”, in quanto il suo racconto non può rimanere all’asciutto come tutti gli altri, ne convenite?

A parte gli scherzi, inutile sottolineare che a noi il racconto è piaciuto sebbene il suo prologo sia un poco lento e occorra aspettare qualche riga per intuirne la componente aeronautica. Ad ogni modo, la trama trova poi il suo sviluppo veloce e sicuro fino all’epilogo finale che suona come un vero e proprio messaggio rivolto alle giovani generazioni anziché del protagonista verso sé stesso.

La prosa è piacevole, ben architettati i dialoghi nonché i profili caratteriali dei personaggi.

Accanto al MC72 è posizionato il cuore pulsante dell’idrocorsa: il motore Fiat AS6, acronimo di: “Aviazione Spinto” nr 6. Nell’impossibilità di un ulteriore sviluppo del suo predecessore AS5, l’ingegner Tranqullo Zerbi del Reparto Progetti Speciali della Fiat Aviazione ebbe un’intuizione folgorante: mettere uno contro l’altro, in tandem due motori AS5. Così facendo avrebbe realizzato un motore a 24 cilindri a V in linea raffreddato a liquido con cilindrata di circa 50 litri e una potenza di 2300 cv aumentabile per brevi periodi a 2800 cv. Niente di più facile, in linea teorica ma assai complicato in termini pratici. La messa a punto dell’AS6 fu infatti lunga e perigliosa: le terribili vibrazioni che puntualmente si innescavano provocarono l’interruzione di diversi tentativi di volo record, la carburazione assai problematica abbinata a difficoltà di fornire un’adeguata alimentazione di carburante fu motivo di grandi preoccupazioni giacchè erano pressochè continui i ritorni di fiamma con conseguente rischio d’incendio della cellula. Non ultimo occorreva smaltire il notevolissimo calore assorbito dal refrigerante e dall’olio motore senza ricorrere a ingombranti radiatori. Infine il motore doveva necessariamente rientrare nelle specifiche di peso e consumi stabiliti dal Ministero dell’Aeronautica giacchè la cellula era proporzionata a un motore di non più 900-950 chili di peso e i serbatoi (collocati negli scarponi di flottaggio) non avrebbero potuto alimentare un motore troppo assetato o comunque per un periodo di tempo superiore a quello necessario a percorrere il circuito di gara.Tutte questi gravi problemi furono superati non senza difficoltà (e lutti) tanto che il motore AS6 conseguì il suo esclusivissimo record a bordo di un idrocosa da record: ancora oggi è il motore a pistoni italiano più potente mai costruito e installato a bordo di un velivolo. – Foto fornite dall’autore del racconto

Da buon ingegnere, l’autore non si lascia andare a descrizioni inutili, a sentimentalismi gratuiti, a una facile retorica. Il testo risulta equilibrato: non succinto, non prolisso. L’episodio di Agello viene narrato senza trionfalismi, senza faziosità. È solo un uomo, un pilota, un militare, non è un esaltato ma neanche un pavido.

Un racconto che innesca la voglia, qualora non l’abbiate mai soddisfatta, di correre al Museo di Vigna di Valle che, per inciso, l’autore conosce bene se è vero – a detta del nostro servizio di intelligence – che ha risieduto per qualche anno presso Anguillara Sabazia, ridente cittadina poco distante dal Museo.

Il racconto, ovviamente, non è uno spot gratuito a favore del Museo – anche perché non ne ha bisogno -, semmai permette di visualizzare degli scorci di un luogo magico in cui taluni amanti dell’aviazione vorrebbero prendere domicilio fisso mentre i più ragionevoli preferirebbero  trascorrere periodicamente una giornata intera – salvo essere allontanati cortesemente dal personale di sorveglianza in occasione dello scadere dell’orario di chiusura – . Facciamo almeno una volta all’anno?!

Leggendo il racconto “1933, la conquista di un primato” troveremo un passo che è il manifesto del Museo Storico di Vigna di Valle. Eccolo: ” Ho visitato almeno cento volte il museo […]. È sempre una novità perché è un luogo in continuo cambiamento. Non ricordo due visite uguali, c’è sempre qualcosa di diverso.” Sottoscriviamo in pieno quanto sostiene la voce narrante/protagonista. – Foto proveniente da www.flickr.com

Che poi i velivoli lì custoditi abbiano qualcosa di magico è innegabile … dunque ammetterete che, in fin dei conti, non avrà nulla di sovrannaturale quanto accadrà al nostro protagonista. Cosicché non vi stupirete se, all’ultima sillaba del racconto esclamerete: “Accidenti! … perché a me non è mai capitato?”

Ovvio, ci viene da rispondere: se a Vigna di Valle non ci siete mai andati …



Narrativa / Medio – Lungo

Inedito

Ha partecipato alla VIII edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” – 2020


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