Geo Chavez, alata avventura


 

Esistono tanti modi per fare divulgazione storica come pure esistono soluzioni originali per insegnare ai bambini la storia, per appassionarli alle vicende e ai personaggi che hanno animato il passato.

Uno splendido primo piano del motore e dell’elica che spinsero il velivolo Bleriot XI di Geo Chàvez fin sopra le Alpi. Il motore era un radiale rotativo a 7 cilindri Gnome Omega capace di sviluppare soli 50 cavalli di potenza. Era raffreddato ad aria (il motore ruotava assieme all’elica per migliorare il raffreddamento) e lubrificato con olio di ricino. L’elica bipala di legno produceva la trazione necessaria a farlo volare ruotando al massimo a 1250 giri al minuto. Ovviamente elica e motori ritratti nella fotografia non sono originali ma appartengono al velivolo replica di quello con il quale effettuò il volo Geo Chàvez.

Rosa Danila Luomi, insegnante elementare in pensione, ce ne fornisce un esempio illuminante con il suo singolarissimo racconto “Geo Chàvez, alata avventura” con il quale ha partecipato, senza godere dei favori della giuria, alla VI edizione del Premio fotografico/letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE.

La composizione non è stata ritenuta meritevole di avere accesso alla fase finale dell’iniziativa promossa dal nostro sito e dall’HAG, tuttavia approda nel nostro hangar con grande giubilo da parte nostra. Inutile negarlo. Certo, l’autrice ne se sarà amareggiata, ma sappia che gode del nostro più sincero apprezzamento giacchè ci consente anzitutto il privilegio di leggere un racconto inusuale e poi, soprattutto, ci concede l’opportunità di poter ricordare le gesta di Geo Chàvez, appunto, che è poi è lo scopo ultimo di questo cameo narrativo.

Ma andiamo con ordine.

Che il Bleriot XI sia un aeroplano fotogenico è evidente … ma che il fotografo sia stato al posto giusto nel momento giusto e pure con una buona macchina fotografica beh … questo è indiscutibile. Il titolo di questa foto: “Azzurro” (da Flickr.com). Qualora vogliate sapere di più dell’impresa di Geo Chàvez o vi affascini la figura di questo ingegnere con genitori peruviani, nato a Parigi ma adottato dagli italiani, vi suggeriamo di visitare l’ottimo sito web http://www.jorgechavezdartnell.com che costituisce una vera fonte di divulgazione di storia aeronautica. 

Siamo nel 1910 e, se da una parte, l’aviazione è considerata ancora una pratica pericolosa riservata a pochi rompicollo dell’aria, dall’altra, per gli audaci pionieri del cielo si sono appena aperti sconfinati orizzonti di gloria.

E’ ancora vivida, ad esempio, l’impresa compiuta nel luglio del 1909  che ha consentito all’ardimentoso pilota francese Louis Bleriot di attraversare La Manica, lo stretto braccio di mare che separa il continente europeo dall’isola britannica. Per la cronaca, impiegò la bellezza di 36 minuti volo alla media di 64 km/h; oggi lo stesso tratto si percorre in un tunnell sotterraneo in una manciata di minuti, comodamente seduti nelle poltrone di un confortevole convoglio ferroviario …

Il Bleriot XI è un velivolo che ha stabilito diversi primati nell’ambito della storia dell’aviazione mondiale. Anzitutto, pilotato dal suo costruttore Louis Bleriot, attraversò il canale della Manica, quindi, per merito di Jorge Chávez Dartnell superò le Alpi. Questo come impiego civile … ma per uso militare? Ebbene nel 1911 fu utilizzato durante la Guerra di Libia per il primo volo di ricognizione della storia militare. A pilotarlo era il capitano italiano Carlo Maria Piazza. Ma non solo: qualche giorno dopo lo stesso pilota/velivolo si cimentarono nel primo bombardamento aereo effettuando il lancio (a mano) di bombe di 2 kg. sugli accampamenti nemici. Qualche mese dopo, sempre il Cap. Piazza con un Bleriot XI, furono i primi ad effettuare una ricognizione fotografica aerea. A bordo c’era una macchina fotografica Bebé Zeiss. Niente male per un aeroplano di 350chili a vuoto fatto per lo più di frassino e di tela di cotone!

Ma non divaghiamo … sull’onda dell’impresa di Bleriot, dicevamo, i continentali europei potevano essere da meno? Certo che no! Ed ecco allora che, l’Aeroclub di Milano e il Corriere della Sera, in occasione del Circuito Aereo Internazionale di Milano del settembre 1910, mettono in palio un congruo montepremi per chi per primo riuscirà a valicare le Alpi. Ebbene quell’uomo sarò Jeorge Chàvez Dartnell, ricordato confidenzialmente da tutti come: Geo Chàvez.

Per dovere storico siamo tenuti a precisare che Geo decollò da Briga, in Svizzera, e, dopo aver effettuato due tentativi infruttuosi (a causa delle avverse condizioni meteo), atterrò rovinosamente a Domodossola dove precipitò al suolo da un’altezza di circa 20 metri.

A ricordare il luogo dove si compì il tragico destino di Geo Chàvez c’è oggi questo cippo. Il pilota peruviano riportò ferite gravi ma non gravissime tanto che fu trasportato ancora in vita presso l’ospedale San Biagio di Domodossola dove rimase ricoverato ben quattro giorni prima che le sue condizioni si aggravassero irrimediabilmente. Aveva riportato fratture agli arti e svariati tagli. Le prime gli furono ridotte o steccate mentre le seconde gli furono suturate. Alla luce delle moderne conoscenze mediche forse, e sottolineiamo forse, la vita di Geo sarebbe stata salva ma all’epoca, evidentemente … Anzitutto non venivano praticate trasfusioni nè somministrazioni di liquidi via endovena, figurarsi l’erogazione di ossigeno. Nella cartella clinica risultano invece: olio canforato, tinta di digitale e liquore anodino di Hoffman, acquavite tedesca e poco più, Alle ore 14,55 del 27 settembre 1910, Jorge Antonio Chàvez Dartnell venne dichiarato morto per arresto cardiaco. Aveva solo 23 anni. Il suo corpo terreno ci aveva lasciato per sempre, il suo mito era appena decollato verso i cieli della storia.

Il suo monoplano Bleriot XI, costruito per lo più in legno e tela, era stato messo a dura prova dai voli in montagna e incappò in quello che oggi chiameremmo: cedimento strutturale. Le semiali si chiusero sulla fusoliera e Geo fu letteralmente ritrovato, neanche gravemente ferito, sotto ai rottami del suo stesso velivolo.

Era il 23 settembre 1910 e un’altra tappa della storia dell’aviazione era stata scritta.

Ora, ricordare brevemente le vicende di Geo Chavez, ospiti in un hangar come il nostro, tra appassionati di volo o anche tra semplici curiosi di aviazione, apparirà alquanto banale; viceversa, tutta altra sfida è farlo con dei bambini, proverbialmente disinteressati e oggi fin troppo tecnologici, più inclini ad appropriarsi del proprio futuro che non a recuperare il passato altrui.

Benché siano stati costruiti ben oltre 130 esemplari di Beriot XI (alcuni su licenza dall’italiana S.I.T. – Società Italiana Transaerea di Torino), quello ritratto in questa foto è l’unico volante, fatto salvo che non si tratta di un velivolo originale bensì di una replica costruita dallo svedese Mikael Carlsson per conto dell’imprenditore italiano Giuliano Marini. Lo scopo, peraltro raggiunto, era di farlo volare in occasione del 100° anniversario della traversata delle Alpi nel corso di una memorabile manifestazione tenutasi a Masera. In verita esso fu concesso in prestito a Volandia a fare bella mostra di sé all’interno di uno splendido stand del museo dell’aeronautica (e non solo) di Milano Malpensa ma vederlo in aria è tutta un’altra storia, non trovate?. Rimanendo in tema di musei, occorre precisare che, in Italia, c’è un solo museo dell’aria che annovera un Bleriot XI nella sua collezione. Si tratta del Museo storico dell’Aeronautica Militare Italiana di Vigna di Valle (Roma) che dispone di un rarissimo quanto preziosissimo velivolo biposto originale ma, evidentemente non volante.

Come fare, cosa fare?

Inventare una storia? Dare un alito di vita al personaggio? Coinvolgere l’interlocutore sempre distratto stimolandone la fantasia? Fargli rivivere le medesime sensazioni che l’eroe-protagonista provò realmente? Recandosi nei luoghi che lo videro compiere quelle sua gesta? … ebbene “Geo Chavez, alata avventura” è la cronaca di questo esperimento, è il resoconto di come sia possibile far appassionare un nipotino di soli nove anni a una storia lontana più di cento.

Complice la grande magia creata dalle fotografie in bianco e nero, avremmo potuto tranquillamente additare il velivolo ritratto come quello originale con cui Geo Chàvez compì la sua impresa … in realtà si tratta di una replica e lo scatto è del 2010 quando si festeggiò il centenario di quel volo memorabile. Ciò che non sono assolutamente una replica solo invece le montagne tutte attorno che appaiono insormontabili oggi come allora.

E di questo siamo grati alla nostra Rosa Danila perchè, almeno con noi, che nove anni li abbiamo compiuti da qualche lustro, ha funzionato. Non farà testo, ma il suo racconto ci ha appassionato, ci ha costretto ad appronfondire, a cercare le foto e i siti web che celebrano o comunque ricordano la figura del giovane pilota peruviano. E brava Rosa: missione compiuta!

E per concludere questa breve scheda critica, vi riportiamo la breve sinossi elaborata dalla stessa autrice:

“Una storia vera raccontata con semplicità , la storia di Geo Chavez  ricostruita  per far nascere curiosità ed entusiasmi.

Questo eroe dell’aria per tanti anni dimenticato, in occasione del centenario della sua impresa, si è riproposto quasi prepotentemente all’attenzione di tanti e per lui sono stati organizzati spettacoli, celebrazioni, gemellaggi.

Tutto il Verbano, Cusio e soprattutto l’Ossola hanno  ripercorso passo passo la storica trasvolata delle Alpi e magicamente Geo Chàvez ha ripreso vita comunicando gioia e spirito d’avventura.

I magici giorni che ho vissuto con Giacomo ripensando e rivivendo quel volo straordinario sono stati unici ed emotivamente intensi: oggi quando insieme ne parliamo quasi non ci sembrano veri . Ma è successo ed è stato uno dei tanti regali che Giacomo ha saputo farmi. Gliene sarò sempre grata.

Perché ho scritto questa storia? E’ semplice … perchè temo di dimenticare .”


Narrativa / Breve

Inedito;

ha partecipato alla VI edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole” – 2018;

in esclusiva per “Voci di hangar”

 

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