Scricciolo

Avevano cenato, come sempre, come ogni sera, sul tavolo di cucina con le tendine azzurre, la tv che va, una cantilena monotona e pesante, vuota come i pensieri tra loro, papà e figlia adolescente; non c’era niente da dire, solo: “Passami l’acqua per favore”, “Vuoi una mela? Un po’ di torta di ieri, è buona sai …”. Parole come acqua che scorre, scivola via in un mare di indifferenza tra Gigi e Mara, cortesie superficiali, ma sotto c’era il “mare magnum” d’incomprensioni, di guerriglie quotidiane su tutto e per tutto, da tutte e due le parti. Gigi non capiva sua figlia, un esserino strano e complicato, troppo difficile a sciogliersi, ad addolcirsi in un sorriso di complicità e comprensione; d’altra parte Mara vedeva il suo papà come un “UFO”, non c’era mai, era indaffarato per il lavoro, si vedevano alla mattina presto e a cena, era sempre nervoso, teso per la vita. “Io sono trasparente per lui, meno di zero”, pensava, e aveva incominciato a escluderlo dalle sue piccole “cose da niente”, da scuola e amici, da sogni e speranze; erano due isole deserte in mezzo al mare, tranquille solitudini alla deriva. Ci voleva un punto fermo tra loro, gli occhi sereni di una donna, di una mamma che prendesse le redini di due “cavalli di casa” imbizzarriti ma lei era volata via presto, lasciando Gigi senza parole e senza lacrime, ingrigito di colpo e senza spazio per Mara, bambina cresciuta troppo in fretta. Mara si ricordava poco di Giulia, la sua mamma, era piccolina quando era morta, rammentava la figura snella ed elegante, lo sguardo calmo ed i folti capelli ramati difficili da domare; mille volte li fermava in una spilla d’argento a forma di farfalla, ora l’indossava Mara, pensando a lei come difesa dalle insidie di una giovinezza insicura. Vivevano in città, impegni e stress lavorativi erano inchiodati nel grigiume della pianura soffocante e Giulia, appena poteva scappava via, andavano insieme nelle colline del Brenta, dove l’aria era frizzante e pulita, si distendevano tra i filari e guardavano il cielo, puro; si vedevano le nuvole, a forma di cuore, di fiore, di gatto, una fantasia ingenua e bella che faceva bene al cuore e allo spirito. Giulia diceva a Gigi: “Come sei bigio! Non guardare in giù, ma no, non ai piedi, ai problemi “sottoterra”, così non si va da nessuna parte, guarda in su, in alto, all’azzurro oltre le nuvole. Cambiare prospettiva è un inizio di novità e di rinnovamento, ti fa soltanto bene, su, respira!” Gigi si sforzava di alzare gli occhi e guardare oltre il suo lavoro che non andava, i pochi soldi che prendeva, i guai economici che l’assillavano, fissava lo sguardo verso il blu ed era innamorato di lei, perdutamente. Poi il tumore di lei, improvviso, due mesi e via, se ne andò, lasciando sospese le persone più care; capita ai vivi, invece di legarsi ancora di più, di combattere insieme, s’erano allontanati, persi in questa casa piena di ricordi e di dolore. Mara s’era rifugiata nella sua stanza, Vasco e Facebook erano il suo piccolo paradiso, Gigi, lavoro e poi lavoro, saltava anche il pranzo perché, ormai ,non c’era nessuno, la casa era vuota, vuota di lei …

Una mattina, uscendo come sempre dalla mensa aziendale, s’era acceso una sigaretta, spenta subito dopo due boccate pensando alla faccia corrucciata di sua moglie: “E’veleno, spegnila, fallo per me …”, sorrise amaro. Non ce la faceva ancora a vivere senza lei, e poi c’era Mara, sempre così “a riccio” con lui, cercava disperatamente una soluzione per sciogliere la tensione con lei, far capire a Mara che loro due erano amici, davvero, che si poteva sorreggersi insieme e ricominciare a vivere dopo le lacrime, bisognava trovare un interesse comune, far fiorire la loro distanza, ma era tanto difficile. Pensava a queste cose, guardò oltre la strada statale tra capannoni industriali e campi in periferia e vide un grande spazio aperto, un aeroporto turistico, piccoli monoplani, velivoli fatti apposta per viaggiare per brevi tratti, comunque per andar via , lasciare da parte ansie e confusione, accendere il motore e librarsi in volo, veleggiare come uccelli migratori, sciogliersi nel blu ed essere leggeri, docili fibre dell’universo intero, che bello sarebbe ! Gigi aveva rinnovato la licenza di volo ed era in grado di pilotare un aereo. Giulia era appassionata di aerei, sognava di volare sempre più su, condividendo l’amore e la gioia di essere finalmente liberi; Gigi l’accontentava amando gli occhi luminosi e belli di lei, non era importante la destinazione, l’essenziale era andare. Ogni ascesa era una parabola della loro vita, insieme sempre, e uniti. Adesso era solo, camminava solo in questa terra senza lei, incapace di volare. E c’era Mara: anche lei vagava nella nebbia dei mille perché senza trovare il sorriso quieto di sua madre, disancorata e persa. Pensò a lungo alla sua bambina così a disagio con lui, con il suo papà, e si fermò di botto, guardò le ali lucenti degli aerei nell’hangar, impazienti quasi di galoppare nel cielo. Gli venne l’idea, surreale, di volare con Mara: “Un’esperienza nuova da condividere, da assaporare noi due, insieme, come tanto tempo fa con Giulia.” Glielo disse alla sera. Mara era scettica, neanche un filo d’ entusiasmo, niente, inerte dalle novità. “Ok, andiamo, ma quanto dura questa barba? Non ne ho tanta voglia, uffa, lasciamo perdere …” Gigi insistette tanto, ma tanto che alla fine, si lasciò convincere. Il giorno dopo erano lì; un addetto li accompagnò all’hangar, qui c’era un aereo snello, compatto, dalle linee delicate ma resistente nella sua tecnologia datata. Gigi lo sapeva bene: era l’Aviamilano P19 Scricciolo, un velivolo degli anni ’60, costruito in Italia con ala e impennaggi in legno e fusoliera in tubi metallici intelati; motore quattro cilindri raffreddato ad aria con buona velocità e autonomia. “Scricciolo”, com’ era Mara, fragile per la perdita infinita ma, Gigi lo sapeva, forte e sicura negli anni che sarebbero venuti. Bastava trovare un segno, un’intesa tra loro, che fosse stabile e che durasse per sbocciare e mettere frutti. Insieme entrarono nel velivolo, l’aereo lentamente prese quota e si alzò sopra le case tetre, gli uomini pallidi e incolori, sopra l’affanno e la tristezza mite di due persone che avevano bisogno l’uno dell’altro. Gigi si ricordò delle parole di Giulia: “Guarda il blu, all’azzurro sopra le nuvole, cambia prospettiva, su, respira!”. Guardò Mara, felice tra lillipuziani fiumi, alberi, animali, tutto in miniatura, come se fosse un gioco; incontrò lo sguardo del suo papà e rise. E Gigi finalmente respirò, e contemplò l’azzurro.


§§§ in esclusiva per “Voci di hangar” §§§ # proprietà letteraria riservata #


Maria Teresa Limonta

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