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Il padrone del cielo

il padrone del cielo - copertinatitolo: Il padrone del cielo

autore: James Edgar Johnson (Johnnie Johson)

editore: Longanesi & C.

anno di pubblicazione: 1959

ISBN: non disponibile





Da pochi giorni mi è capitato per la prima volta tra le mani questo libro. Avevo letto moltissimi altri libri riguardanti la Seconda Guerra mondiale e in particolare la storia delle battaglie aeree in Europa. Già Pierre Clostermann, con il suo “La Grande Giostra”, aveva descritto tutta la guerra, vista dal suo posto privilegiato nella cabina di pilotaggio del suo Spitfire prima e dei suoi Typhoon e Tempest dopo.

Spitfire ala corta
Gli Spitfire furono costruiti in grandissimo numero e in moltissime versioni contraddistinte, secondo la numerazione della RAF, con l’indicativo MK. Non stupisce perciò che esista, a tutt’oggi, un notevole numero di velivoli perfettamente volanti in ogni angolo del mondo, alcuni restaurati, altri costruiti ex novo e motorizzati con motori moderni. Innumerevoli anche gli Spitfire conservati nei musei dell’aviazione tra cui, in Italia, ricordiamo quello presente a Vigna di Valle (provincia di Roma, sulle rive del lago di Bracciano), sede del Museo Storico dell’Aeronautica Militare italiana. Lo Spit, infatti, prestò servizio anche nella rinata Arma azzurra.

Tutti coloro che hanno scritto libri su questo argomento avevano avuto cura di cominciare proprio dall’inizio, dalla scuola di volo e successivamente dalla battaglia d’Inghilterra, per proseguire negli anni successivi e continuare poi con lo sbarco in Normandia e la lunga marcia verso Berlino. Tanto era il mio interesse per questo argomento che l’ho affrontato con diversi tipi di approccio. Come appassionato di fotografia ero in possesso di tanti libri scritti da famosi fotoreporters di guerra, primo fra tutti Robert Capa. L’approccio fotografico mi ha portato a collezionare centinaia di foto della guerra. E successivamente, da appassionato di viaggi, nel corso degli anni ho visitato ripetutamente i luoghi che avevo trovato descritti da tutti questi autori nei loro libri, fotografici e Spitfire in picchiatanon.

Spitfire visto da sotto
Una serie di bellissimi scatti che pongono in risalto la forma assai particolare dell’ala dello Spitfire, cosiddetta “a pianta ellittica”. Questa è una caratteristica tutta dello Spitfire perché non fu mai più adottata su altri velivoli, salvo il tedesco Heinkel He 70 che però – ad onore di storia – volò ben prima dello Spit (1932 il tedesco mentre solo 1936 per il britannico) dunque, a ben vedere, fu lo Spitfire a ispirarsi all’Heinkel e non viceversa. Il mistero è comunque presto svelato: la progettazione dell’ala fu appannaggio di sir Beverley Shenstone che, prima della guerra, aveva fatto parte dello studio di progettazione diretto da Ernst Heinkel. L’ellisse – secondo Shenstone – era semplicemente la forma che avrebbe permesso di ottenere contemporaneamente un’ala sottile – la più sottile possibile ma strutturalmente solida – con uno spazio adeguato all’interno per alloggiarvi l’armamento – non proprio minuto – e il carrello. Negli anni successivi, quando gli fecero notare l’imbarazzante somiglianza dell’ala dell’Heinkel He 70, Shenstone fu sempre pronto a ripetere che la famosa ala dello Spitfire non fu copiata. Oggi, a distanza di tanti anni, possiamo credergli?

Spitfire ala a pianta ellitticaHo seguito le orme di molti di questi autori. Sono stato dove erano stati loro e ho visto i luoghi. Ho parlato con le persone. Oggi tutto è cambiato. Ma si riconoscono ancora quasi tutti. Ho fatto migliaia di foto e le ho confrontate con quelle d’epoca. Il risultato, in moltissimi casi, è stato entusiasmante.

Quanto sopra per arrivare a dire che, cominciando questo libro, conoscevo già benissimo i luoghi e la storia dove Johnnie Johnsonn ha ambientato tutti i suoi racconti.

Lui inizia da quando, giovanissimo, cercava di entrare nella Riserva Volontaria Inglese o nell’Aviazione Ausiliaria, nella speranza di poter poi proseguire la carriera nella RAF. Non si sa come sarebbero andate le cose se la guerra non avesse creato la necessità di reperire tanti piloti. Ma di fatto questa necessità si è presentata quasi subito e Johnnie ha iniziato la sua vita di pilota militare, prima con il grado di sergente e poi è passato a quello di sottotenente per proseguire la carriera come ufficiale pilota.

Spitfire in volo
La mente geniale che concretizzò l’idea di un caccia purosangue monoplano, moderno, veloce e con grande potenza di fuoco appartenne al progettista britannico sir Reginald Joseph Mitchell. Egli era diventato famoso per aver dato vita agli idrocorsa (idrovolanti per competizioni di velocità) progettati e costruiti esclusivamente per partecipare alla celebre alla Coppa Schneider. L’albo dei vincitori della Coppa contiene più volte il codice dei suoi velivoli (il Supermarine S.5, l’S.6 e l’S6.B) intervallati dai quelli dei nostri italianissimi Macchi

Sin dalle prime pagine ho ritrovato la descrizione della vita delle scuole di volo che tanti altri hanno riportato nei loro libri. E quasi subito, mi è capitato di leggere una sua frase che tanti altri piloti hanno scritto e che per un pilota come me ha un sapore tutto particolare:

Non potrò mai dimenticare quel giorno in cui feci il mio primo volo sullo Spitfire…”.

E questo pezzo, ovviamente, l’ho divorato con gli occhi…

Spitfire cacciabombardiere
Al Supermarine Spitfire non fu risparmiato neanche il compito di cacciabombardiere allorquando la RAF, da prevalente attività difensiva, cominciò a utilizzarli in modalità offensiva contro gli obbiettivi crocenero dislocati sul territorio francese. La foto ritrae appunto un Supermarine Spitfire Mk IXE “AGP” pilotato A.G. Page, Wing Commander del 125° Wing mentre si accinge al decollo per una sortita. Il velivolo è dotato di una bomba da 500 libbre collocata sotto la fusoliera e da due bombe da 250 libbre posizionate nei piloni subalari. Da notare nel ventre delle semiali anche le bande da invasione bianco-nere, segno evidente che questo velivolo fu utilizzato per le operazioni dello sbarco in Normandia

Nei capitoli successivi, nei racconti che vi sono contenuti, ho ritrovato l’atmosfera dell’epoca, i luoghi e la storia dell’epoca, che avevo conosciuto già attraverso le altre letture. Ma proprio per questo mi è sembrato di tornare dopo tanto tempo in posti familiari. Perfino i personaggi, visti con gli occhi di questo pilota, erano gli stessi visti da altri, o conosciuti direttamente attraverso i loro propri libri. Alcuni di questi personaggi, piloti e non, avevano anche prestato la loro opera come controllori ante litteram, guidando gli stormi ad intercettare i velivoli nemici per mezzo del radar di allora. Sono diventati famosi per questo e i loro nomi compaiono anche qui, dando al lettore l’impressione di ritrovare degli amici.

Spitfire a terra
Lo Spitfire fu il velivolo con il quale e grazie al quale molti piloti divennero degli assi. Oltre a Johnnie Johnson che militava nella Tangmere Wing, è impossibile non ricordare il comandante dell suo stesso stormo: Douglas Bader, il famoso pilota con le protesi che sarà proprio l’autore della prefazione de: “Il padrone dell’aria”. Poi, ovviamente, Pierre Clostermann. L’asso francese che volò con i colori della RAF, divenuto famoso anche a livello editoriale in quanto autore di romanzi d’aviazione di universale successo come “La grande giostra” o “Fuoco dal cielo“. Inoltre i pressoché sconosciuti George Beurling, asso canadese, e Colin Gray, neozelandese. Al primo furono accreditati 31 abbattimenti, di cui ventisei sull’isola di Malta. Ma è soprattutto la sua storia personale che merita di essere riportata brevemente: sopravvisse a diverse ferite, malattie varie (tra cui una grave forma di dissenteria) e addirittura a un disastro aereo (un bombardiere B-24 che lo trasferiva da Malta a Gibilterra assieme ai suoi compagni per una breve licenza precipitò). Morì invece nel ‘48, nel rogo di un aereo civile durante l’atterraggio sull’aeroporto dell’Urbe di Roma. Non fu mai svelato il mistero attorno a questa vicenda inspiegabile … certo è che aveva cominciato a trasferire residuati bellici in medio Oriente e, all’epoca, si sospettò che avesse accettato di volare per l’Aeronautica Militare israeliana. Dunque non fu mai escluso che fosse stato eliminato ricorrendo al sabotaggio del suo velivolo. Il secondo asso è stato invece a lungo pressoché ignorato, ancora per anni dopo la fine della guerra. Con il suo Spitfire, durante la battaglia d’Inghilterra, abbatté 14 aerei tedeschi, in gran parte caccia. In seguito, combatté nei cieli del Nord Africa e sull’isola di Malta.

C’è un altro elemento davvero importante ed oltremodo interessante in questo libro: la descrizione minuziosa ed accurata delle strategie e delle tecniche di combattimento aereo. Qualunque pilota nato dopo la guerra vorrebbe sapere come volavano questi aviatori e come combattevano, come si lanciavano da un aereo colpito, cosa provavano nel vedere un caccia nemico andare in pezzi sotto i loro colpi e cadere al suolo. Oggi per noi è una cosa impensabile ma in quei giorni era consuetudine. E quel tipo di guerra aerea, dalla quale deriva quella odierna, non tornerà mai più.

Spitfire visto dall'ogiva elica
Una rara e partcolarissima immagine dello Spitfire ripreso dalla punta dell’ogiva dell’elica. Dire che avesse una linea filante è a dir poco banale.

Sì, decisamente interessante. Entrare nella mentalità di tanti decenni fa, in una situazione drammatica come quella di guerra e soprattutto di guerra aerea, dove già il volo era un pericolo. Non dimentichiamo che il nostro autore volava su un aereo difficile, per quanto stupendo. Non era un mezzo di svago come lo sono oggi i nostri aeroplanetti da turismo o da diporto. Erano strumenti di guerra, di difesa e di attacco, avevano mitragliatrici, otto nel caso dello Spitfire, oppure quattro cannoncini, capaci di un volume di fuoco terrificante. Sotto le ali si potevano collocare delle bombe, anche da duecentocinquanta chili. Tutto questo rendeva le operazioni molto delicate, il decollo e tutte le altre fasi del volo avevano ben altra valenza di quella di un volo di piacere. Eppure i piloti di allora descrivono i loro voli come estremamente piacevoli, il cielo blu, le nubi intorno alle quali giravano o dentro le quali si precipitavano per nascondersi quando serviva, per poi uscirne e attaccare fulmineamente qualche squadriglia nemica. C’era in loro la stessa passione che c’è oggi in noi piloti moderni.

Wing leader ultimissima edizione copertina
L’autore del libro, Johnnie Johnson, dichiarò che lo Spitfire fu “il miglior caccia difensivo convenzionale della guerra”. In effetti, ne furono costruite così tante e variegate versioni che, piuttosto che ritenere il velivolo della Supermarine come un modello unico, si può affermare tranquillamente che si tratti piuttosto di una vera e propria famiglia di velivoli, adattata via via per ogni necessità pratica. Insomma, sulla medesima base solida e versatile dello Spit, gli ingegneri britannici riuscirono a creare tanti diversi velivoli con i quali furono in grado di coprire le varie esigenze operative della RAF. L’unico aspetto che li accomunava restò comunque la sua prerogativa di caccia difensivo enfatizzato dall’asso britannico giacchè il raggio d’azione del velivolo non fu mai sufficiente per le lunghe missioni offensive strategiche.

wing leader copertina edizione recente
Il nome Spitfire, che in italiano si può tradurre letteralmente in “sputafuoco”, secondo la storia – che ha il sapore un po’ della leggenda -, è legato indissolubilmente al caratterino bellicoso e oltremodo vivace della sig.na Ann Mac Lean. Quando si trattò di attribuire un nomignolo al nuovo caccia della Supermarine, l’Air Ministry (il Ministero dell’Aeronautica) suggerì infatti alcuni nomignoli piuttosto improbabili tra cui: Shrew (Megera), e Shrike (Averla). Allorchè il problema fu ventilato a Sir Robert MacLean, il direttore della Vickers-Armstrongs che all’epoca costruiva il velivolo nei suoi stabilimenti, egli non esitò un istante: “little spitfire” (piccola sputafuoco). Era giusto appunto il nomignolo che aveva affibbiato alla figlia Ann per indicarne, in stile puramente “english”, la personalità alquanto impetuosa (per non dire velenosa). E Spitfire fu!

Johnnie Johnson descrive alcuni piloti che sono diventati famosissimi all’epoca e lo sono ancora. Uno di questi è il colonnello Douglas Bader, pilota pluridecorato con alcune delle massime onorificenze. Ma non sono queste che lo hanno reso famoso. Il colonnello Bader aveva perduto le gambe in un incidente e volava con delle protesi, evidentemente neanche troppo sofisticate come potrebbero essere quelle moderne. Nel corso di una battaglia aerea sulla Francia del Nord il colonnello Bader venne colpito e fu costretto a lanciarsi. Nell’emergenza perdette una delle protesi. Quando i tedeschi lo catturarono scoprirono anche di chi si trattava. Lo fecero prigioniero, ma riuscirono anche a far sapere agli Inglesi che Bader era sopravvissuto al lancio, che si trovava in una determinata città e che aveva bisogno di una protesi e offrirono un corridoio sicuro per un aereo inglese che volesse attraversare la Manica per lanciare la protesi in un punto stabilito nei dintorni di quella cittadina. Una storia davvero avvincente.

Spitfire a colori
Costruito in 22.890 unità e 29 versioni diverse, fece il suo primo volo nel marzo del ’36 mentre entrò ufficialmente in servizio nella RAF (Royal Air Force – Aeronautica Militare britannica) circa due anni più tardi. Assieme all’Hawker Hurricane fu il caccia da difesa aerea che si oppose a violenti attacchi della Luftwaffe (l’Aeronautica Militare tedesca) nel corso della Battaglia d’Inghilterra.

Un altro pilota era stato ferito durante un combattimento aereo e aveva perduto un occhio. Dopo la convalescenza tornò a volare. Si potrebbe credere, con il senno di oggi, che una simile menomazione non rendesse possibile riottenere l’idoneità al volo. Ma erano altri tempi e c’era la guerra. I piloti esperti erano oro, perciò il nostro pilota, non solo ebbe l’idoneità (si disse che un veterano con un occhio solo valeva molto più di un pilota inesperto con due), ma fece anche diversi voli notturni!

Wing leader vecchia copertina
Lo Spitfire godette la fama di ottimo velivolo da caccia presso i piloti britannici e in egual misura il rispetto dei piloti dei piloti tedeschi che contro di esso si scontrarono. La leggenda narra che il Reichmarschall (maresciallo del Reich) Hermann Göring, capo supremo della Luftwaffe (l’Aeronautica Militare tedesca), chiamò a rapporto tutti i comandanti dei reparti caccia e bombardieri impegnati nell’operazione Adlerangriff (tradotto letteralmente: “Attacco dell’Aquila”) che avrebbe dovuto annientare la RAF (Royal Air Force – l’Aviazione Militare britannica) e lasciare praticamente indifesa l’isola britannica all’invasione delle forze anfibie e paracadutate dei tedeschi . Molto contrariato per le sorti della Battaglia d’Inghilterra, nottetempo, li radunò nel suo bunker e li passò in rassegna chiedendo loro di cosa necessitassero per avere definitivamente la meglio sugli avversari. Il comandane di un reparto caccia rispose che occorreva estendere l’autonomia dei caccia Messerschmitt Bf 109, un secondo chiese motori più potenti sempre per il Bf 109, poi venne la volta di Adolf “Dolfo” Galland, già famoso asso della caccia tedesca. Con freddezza rispose: “Uno stormo di Spitfire”. Fu l’inizio della fine della carriera di Galland.

Un libro indimenticabile, che andrebbe letto anche in lingua originale, per scoprire le espressioni tipiche di quegli anni, lo slang e le frasi idiomatiche usate dai piloti che hanno combattuto in quei giorni gloriosi.

Wing leader copertina moderna
Il nome Spitfire, che in italiano si può tradurre letteralmente in “sputafuoco”, secondo la storia – che ha il sapore un po’ della leggenda -, è legato indissolubilmente al caratterino bellicoso e oltremodo vivace della sig.na Ann Mac Lean. Quando si trattò di attribuire un nomignolo al nuovo caccia della Supermarine, l’Air Ministry (il Ministero dell’Aeronautica) suggerì infatti alcuni nomignoli piuttosto improbabili tra cui: Shrew (Megera), e Shrike (Averla). Allorchè il problema fu ventilato a Sir Robert MacLean, il direttore della Vickers-Armstrongs che all’epoca costruiva il velivolo nei suoi stabilimenti, egli non esitò un istante: “little spitfire” (piccola sputafuoco). Era giusto appunto il nomignolo che aveva affibbiato alla figlia Ann per indicarne, in stile puramente “english”, la personalità alquanto impetuosa (per non dire velenosa). E Spitfire fu!

Johnnie Johnson non risparmia critiche alla strategia applicata durante la Battaglia d’Inghilterra. Così come non risparmia lodi per il colonnello Bader.

La presentazione del libro, ad opera proprio del colonnello Bader, è breve e bellissima. Vale la pena riportarla qui, perché offre un’idea chiara della qualità di questo libro.

Spitfire al tramonto
Che lo Spitfire sia un aeroplano fotogenico lo dimostrano le numerosissime e bellissime fotografie d’epoca che si trovano facilmente anche oggi nel web tuttavia, un’immagine così ben riuscita si deve solo alla giusta combinazione apparecchio fotografico, tramonto e Spitfire restaurato e volante. Oltre ad un provvidenziale scatto eseguito in epoca “moderna”.

Scrive Bader:

Caro Johnnie, non avrei mai creduto che tu sapessi leggere e scrivere. Nonostante quel che scrivi di me, penso che il tuo sia uno splendido libro nonostante quella dissertazione sulla strategia della Battaglia d’Inghilterra, con la quale assolutamente non concordo. Mi piace il tuo stile, che si mantiene nella tradizione dei nostri famosi predecessori della prima guerra mondiale, Ball, McCudden, Mannock e Bishop. Non dobbiamo mai dimenticare che la nostra generazione di piloti imparò proprio da loro le regole fondamentali del combattimento aereo; quando ero allievo a Cranwell, leggevo e rileggevo più e più volte i loro scritti che non ho, poi, mai dimenticato. Sono certo che questo tuo libro sarà letto con lo stesso entusiasmo dalle future generazioni di allievi, alle quali lo raccomando. Tuo Douglas. Londra 7 giugno 1956”.

Una presentazione che non potrebbe essere più efficace nel suo compito.



Recensione a cura di Evandro Detti (Brutus Flyer)