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Di questo sono fatti gli aerei

titolo: Di questo sono fatti gli aerei

autore: Giuseppe Braga

editore: Mursia

anno di pubblicazione: 2019

ISBN: 978-88-425-5726-5





Ricordate la famosa barzelletta ambientata in un aeroporto che vede come protagonista il “pupone”? Ma sì, il venerato giocatore della squadra di calcio giallo-rossa della capitale!? E assieme a lui la sua signora, l’ex “letterina” nonché brillante presentatrice televisiva?

No? … beh, ve la riproponiamo:

“Guarda, Francè … l’aeroplano d-e-c-o-l-l-a”

“Macchè de-colla … a Illary … nun vedi che è de f-e-r-o!”.

Ebbene non ci è dato sapere se Giuseppe Braga abbia mai frequentato un ipotetico Bar dello sport della periferia romana che – neanche a dirlo – è ovviamente un noto covo di tifosi della squadra avversaria, quella con i colori bianco/celeste che – per inciso – ha come simbolo un’aquila ad ali spiegate. Perché è lì, o almeno immaginiamo che sia stato proprio lì, che questa freddura denigratoria sia stata proferita per la prima volta.

E non sappiamo dire neanche per certo se il nostro giornalista bolognese sia stato letteralmente folgorato da questa barzelletta – assai beffarda, non c’è che dire – tanto da stimolargli l’intuizione creativa dalla quale potrebbe essere scaturito il suo libro.

Di sicuro il titolo della sua opera letteraria:

Di questo sono fatti gli aerei – Storie e persone con le ali

potrebbe costituire, almeno nelle intenzioni, una risposta chiarificatrice per coloro che avessero un qualche dubbio circa l’affermazione del più amato calciatore della AS Roma.

Il velivolo quadrimotore Lockeed Constallation è legato nel bene e nel male all’eccentrico magnate del cinema e dell’aviazione Howard Hughes che è rimasto famoso nella storia dell’aviazone per aver finanziato la progettazione e la costruzione del famoso “Spruce Goose”. In effetti egli era anche il proprietario della compagnia aerea TWA per la quale ordinò giusto 40 velivoli Constallation solo con lo scopo di coprire le necessità di collegamento con l’Europa. Peccato che, nel frattempo scoppiò la II Guerra Mondiale e tutte le cellule furono requisite e militarizzate.  Alla fine della guerra poi ritornarono ad essere degli ottimi aeroplani per il trasporto commerciale. Un bell’esempio di trasformismo, non c’è che dire!

Nelle intenzioni appunto. Nel concreto non sperate di trovarvi tra le dita uno di quei bei (quanto rari) testi di divulgazione aeronautica, magari un prontuario per volenterosi costruttori di velivoli amatoriali o addirittura un vademecum per disegnatori e progettisti di macchine volanti. No, ci spiace, niente affatto.

Ed ecco come divenne il Constallation, affettuosamente denominato “Connie”, nella sua livrea militare con l’assunzione della denominazione C-69. E’ considerato uno dei velivoli da trasporto (militare e civile) tra i più eleganti mai costruiti al mondo. Merito anche di Howard Hughes?

Fortunatamente il sottotitolo – Storie e persone con le ali – dovrebbe dissipare eventuali equivoci e costituisce il vero manifesto d’intenti del volume, una sorta di anteprima veritiera di quanto potremo leggere all’interno.

Di questo sono fatti gli aerei, a detta del suo autore, è invece:

[…] un volumetto in forma di breviario, perché abbiamo ogni vicenda come una specie di preghiera laica […]

non diviso in capitoli bensì in:

dodici mesi, cinquantadue settimane. Cinquantadue racconti, quattro per ogni mese, di fatti e personaggi che proprio in quel mese vissero le vicende che narriamo.

In effetti, scandita secondo le cadenze del calendario, si tratta di una carrellata avvincente di episodi, situazioni a dir poco rocambolesche, eventi al limite del verosimile che abbracciano la storia dell’aviazione, praticamente dai suoi primordi preistorici fino a un passato relativamente recente.

I protagonisti sono i più disparati.

Si parte, ad esempio, con lo scapestrato Howard Hughes, magnate statunitense assurto alla cronache aeronautiche per aver finanziato la costruzione dello Spruce Goose (l’enorme idrovolante di legno che riuscì a malapena a staccarsi dall’acqua) e a quelle cinematografiche – più recenti – per essere stato impersonato da un giovane Leonardo Di Caprio nella pellicola degli anni ’90 intitolata “The Aviator”. La ricordate? … poco male perché in questo libro viene raccontata invece la vicenda che riguardò il Lockeed Constellation, splendido quadrimotore da trasporto civile pensato per i voli transcontinentali, che subì con onore le angherie volative del funnanbolico Mr Hughes.

Questo nel mese di gennaio.

Nel mese di dicembre si finisce invece con la tragica storia d’amore, più che altro epistolare, tra la splendida Alida Valli, celeberrima attrice degli anni ’40 (premiata al Festival del cinema di Venezia per un memorabile capolavoro come Piccolo mondo antico) e l’ufficiale pilota Carlo Cugnasca, perito in un combattimento aereo nei cieli africani a bordo del suo Fiat G50. I due si erano fidanzati dopo che lei, appena tredicenne, se ne era innamorata perdutamente mentre lui l’aveva notata solo diversi anni dopo per l’insistenza con cui lei gli scriveva lettere appassionate.

Mese di dicembre, dicevamo.

Questo passando per altri dieci mesi, pardon, dieci gruppi di quattro racconti ciascuno che hanno per protagonisti tra i più disparati.

Tanto per raccontarne alcuni, come:

Progettato dal geniale ing. Filippo Zappata, il Cant Z.506 Airone volò la prinma volta nel 1935 e fu realizzato inizialmente come aereo civile e, all’occorrenza, utilizzato come idrovolante postale e da trasporto tuttavia, con lo scoppio della II Guerra Mondiale, divenne un bombardiere, ricognitore e mezzo da soccorso. Lo utilizzarono largamente la Regia Aeronautica e la Regia Marina tanto che, grazie l’Airone fu protagonista di decine e decine di salvataggi e/o di voli a scopo medico/soccorso sanitario. Dopo l’armistizio servì sia presso l’Aeronautica Cobelligerante Italiana che l’Aeronautica Nazionale Repubblicana e addirittura tra le fila della Luftwaffe che ne requisì diversi per lo stesso scopo. La versione militare si rivelò uno dei migliori idrovolanti mai costruiti nella storia dell’aviazione mondiale giacchè, pur essenso costruito prevalentemente in legno era in grado di operare in condizioni atmosferiche proibitive dote che, il suo ben più moderno successore (Il Grumman HU-16 Albatross), proprio non aveva. Fu sostituito egregiamente solo diversi anni dopo dagli elicotteri. La foto che riportiamo (disponibile all’indirizzo: https://www.flickr.com/photos/131974570@N05/25567737824) ritrae due Airone alla fonda e, in particolare la postazione dorsale del mitragliere di coda … proprio quel mitragliere di coda che viene citato nel libro di Braga

– il micidiale italiano mitragliere di coda di idrovolanti da soccorso CANT-Z 506 che abbatteva qualunque caccia nemico gli giungesse a tiro,

oppure:

Ad oggi esiste al mondo un solo esemplare dell’idrovolante Cant Z.506 “Airone”. E’ della versione “B” da bombardamento poi trasformata in “S” soccorso ed è religiosamente conservato in Italia, presso il Museo Storico dell’Aeronautica Militare situato a Vigna di Valle, sulle rive del Lago di Bracciano. Proprio in quel luogo, esso  prestò lungamente servizio (fino al 1960) nel reparto SAR (Search and Rescue – Ricerca e soccorso) che, prima di allora si chiamava Gruppo Soccorso Aereo . In effetti, prima di diventare sede del Museo, l’idroscalo di Vigna di Valle era sede di un munitisso reparto che, dopo l’Airone, ebbe tra le sue fila l’anfibio Grummann HU-16 Albatross e, per scopi addestrativi e di collegamento, anche il ben più piccolo Piaggio P.136. Enorme invece, come ben testimonia questo scatto, l’Airone. 

– il fortunato quanto abile pilota da caccia australiano che sparò con le mitraglie del suo caccia prima dell’inizio della Battaglia d’Inghilterra e che – un vero miracolo – sopravvisse alla II Guerra Mondiale.

E poi come non ricordare:

– i due fratelli Honda che, per la cronaca, combatterono contemporaneamente (ma in cieli diversi) nell’area del Pacifico durante il conflitto mondiale, entrambi piloti del favoloso caccia A6M Zero?

Ebbene il primo sopravvisse  mentre il secondo, fedele compagno di battaglie aeree del grandissimo asso nipponico Saburo Sakai, fu abbattuto in una missione in cui un altro ufficiale lo reclamò come gregario. Sakai, ovviamente, non se lo perdonò mai.

E ancora, non possiamo fare a meno di ricordare:

– il sergente pilota belga che, tra le file della RAF, abbatté prima una V1 (le terribili bombe volanti che devastarono Londra durante la II Guerra Mondiale) grazie alle raffiche di mitraglia del suo Spitfire MK XIV e poi, terminate le munizioni, deviò la traiettoria di una seconda appoggiandosi con l’ala del suo caccia sull’ala a brandelli della micidiale arma nazista.

E allora che dire:

– del famoso direttore d’orchestra Herbert Von Karajan che sul finire degli anni ’70 stupì il suo pubblico con una personalissima quanto vigorosa direzione di un concerto con musiche di Beethoven?

Che si era semplicemente ispirato alla bufera (prodiga di tuoni e fulmini) in cui era incappato in volo con il suo fido copilota a bordo di un Falcon 10 in avvicinamento a Parigi, luogo appunto del concerto in questione.

E vogliamo poi parlare:

– dell’ingegnere aeronautico Pier Luigi Torre?

E facciamolo brevemente … perché egli non viene assolutamente ricordato per aver perfezionato (assieme al divino ing. Alessandro Marchetti) l’originalissimo idrovolante Savoia Marchetti S.55 nella più evoluta versione X oppure per aver partecipato fisicamente alla Crociera del Decennale guidata da Italo Balbo, no. Egli è ricordato per aver regalato alla gloriosa casa ciclo-moto-automobilistica Innocenti un motociclo antesignano degli attuali scooter nonché acerrimo concorrente della mitica Vespa progettata dal collega ingegnere aeronautico Corradino D’Ascanio. Stiamo parlando della: Lambretta. Avete presente?

L’unico esemplare di S.55 arrivato sino ai nostri giorni è la versione C esposta presso il Museu TAM, già Museu Asas de um Sonho, sito a São Carlos nello stato federale brasiliano di San Paolo (São Paulo). L’S.55, soprannominato “Jahú” dal suo ultimo proprietario, l’aviatore João Ribeiro de Barros, lo stesso soprannominato “Alcione” dall’asso italiano della prima guerra mondiale Eugenio Casagrande, venne utilizzato per compiere la trasvolata atlantica del Sud Atlantico nel 1927 (testo e foto prelevate da https://it.wikipedia.org/wiki/Savoia-Marchetti_S.55). La versione X fu allestita migliorando l’S.55A e utilizzata per la la “Crociera aerea del Decennale”. Un progetto del venerabile Alessandro Marchetti e di uno sconosciuto Pier Luigi Torre.

L’elenco potrebbe essere assai lungo, giusto appunto 52 racconti dai contenuti spesso sorprendenti, altri originali e infine noti soli ai veri appassionati del settore aeronautico.

Riassumendo: siamo di fronte ad un volumetto di sole 168 pagine che costituisce una sorta di campionario di varia umanità impegnata o coinvolta suo malgrado e a vario titolo da vicissitudini a carattere aeronautico. Oseremmo dire: un almanacco dell’aviazione, a metà strada tra un annuario e il catalogo di una mirabile mostra di storia dell’aviazione.

Ora vi domanderete come l’autore sia riuscito a curare questo catalogo denso di spigolature e di episodi storici a dir poco singolari. Semplicemente facendo tesoro del suo pluriennale ruolo di direttore responsabile di una delle più gloriose riviste aeronautiche che portava un nome semplice che era ed è tutto un programma: Volare.

E infatti nella prefazione del libro egli confessa che:

questo libretto […] è nato sulla base di una rubrica che tenuto per quasi nove anni sul mensile Volare, periodico che oggi non esiste più, come quasi tutti i sognatori, i geni, ragionieri, i deficienti di cui abbiamo scritto. Destino degli uomini, destino delle cose.

Occorre aggiungere altro? No … salvo una nota a margine che riguarda la prefazione.

Ebbene: non leggetela! O meglio, voi appassionati di cielo, di volo e di aviazione in tutte le sue forme non leggetela (come è naturale che sia) prima di tutti gli altri capitoli o, in questo caso specifico, mesi.

E badate che non è un suggerimento bensì una preghiera spassionata di chi è rimasto basito dalle prime righe di questa prefazione. S’intende: salvo che non vogliate chiudere il libro e gettarlo nell’immondizia. Perciò ascoltateci: leggetela dopo esservi stupiti, commossi e amareggiati visionando le 52 istantanee di vita vissuta da aviatori e pseudo aviatori. Sì perché il nostro direttore potrebbe scatenare in voi una reazione virulenta, quasi di una crisi di rigetto, un dolore lancinante pari ad una stilettata in pieno petto … non ci credete? E allora ecco qua:

[…] da anni ho scoperto che nessun aeroplano ha un’anima. E’ una macchina. […] Un aereo sul piazzale, a guardarlo abbastanza a lungo, diventa un altro oggetto ingoiato dal panorama, come i sassi al bordo della pista, come la pista.

 Vi siete convinti? In realtà il direttore Braga dà dimostrazione di essere un abile manipolatore delle parole; egli attira l’attenzione (o l’indignazione del lettore?) per poi spiegargli, a proposito della macchina volante, che

 […] E’ il soffio vitale dell’ingegno umano. La forza motrice del sogno.

 Per poi concludere la prefazione, a proposito invece del suo volume, che:

 […] Se volete potrete maneggiarlo come un trampolino; e tramite esso, con un balzello dell’anima di cui i passeri e i gabbiani non sono capaci, nel tempo in cui girate una pagina, toccare nuove bellissime altitudini.

E bravo Braga, stupiti e colpiti! Come solo un vero giornalista sa fare.

Nel complesso un libro piacevole che si fa leggere volentieri, snello e che, proprio per la sua struttura multi-storie, non è mai noioso.

Dell’autore possiamo dirvi poco o nulla in più rispetto a quanto dichiarato nella breve biografia presente nella IV di copertina. Potremmo aggiungere che in occasione della I edizione del Premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE, abbiamo avuto il privilegio di averlo tra i giurati. E chissà che l’idea del racconto divenuto libro non gli sia venuta proprio allora? Di sicuro il direttore Braga non è avvezzo al marketing o alla promozione del proprio lavoro giacché non si è preso neanche la briga (perdonate l’assonanza) di informarcene o inviarci addirittura una copia del volume affinché potessimo parlarvene in anteprima attraverso il megafono del nostro hangar. Ma non per questo ne abbiamo meno stima o non per questo dubitiamo delle sue doti professionali. Però la prossima volta, direttore, manda un razzo di segnalazione, eh?

La brevità di alcune vicende spesso lascia un po’ di amaro in bocca tuttavia costituisce il pretesto per ulteriori approfondimenti da parte del lettore.

La formula letteraria è originale quanto inconsueta e dunque è di difficile collocazione, più vicina al mondo giornalistico che alla narrativa in senso stretto.

La prosa è scorrevole anche se, nel raccontare per 52 volte storie assolutamente diverse, l’autore ricorre a degli schemi che poi risultano ripetitivi, almeno agli occhi di un lettore attento. Ed ecco allora che, a volte, la vicenda narrata ha una premessa criptica con considerazioni apparentemente conclusive per poi dipanarsi e svelarsi, a volte la storia viene narrata con il tipico piglio giornalistico ma in modo lineare, in un’altra ancora la data dell’evento principale è il punto di apertura della narrazione, in talaltre la narrazione prende avvio da una domanda oggettivamente ineccepibile di fronte ad una situazione impensabile eppure realmente accaduta.

Il prezzo di copertina, ahinoi, non si ispira granché al principio della divulgazione disinteressata, tuttavia – occorre ammetterlo – un editore assai prestigioso come Mursia non concede la pubblicazione a chiunque e dunque i 15 euro necessari per acquistare il libro costituiscono una garanzia sulla bontà dei contenuti.

Ottimo e di dimensioni generose il carattere utilizzato per la stampa.

Libro in brossura fresata e carta opaca di qualità di un bianco forse troppo anche troppo luminoso.

Simpatica, eccentrica per alcuni versi, la copertina che – leggiamo – riporta un immagine creata da certo: Ruslan Romanchik.

Insomma un volume da leggere senza avere un segnalibro a disposizione perché non c’è un ordine preciso di pagina; il classico libro da aprire a caso per gettarsi semplicemente nell’oceano della storia dell’aviazione perché ovunque ci si tuffi sappiate che troverete acqua profonda.

 





Recensione e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR