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Missione Grumento: operativi! – I parte –


– Ehi nonno!

– Sì?

– Ma questo sei tu, vero?

– Fa’ vedere!

– Ma sì, guarda, sei tu, molto giovane ma sei tu.

– E’ già! Hai ragione, sono proprio io.

– E qui c’è anche la data stampata: 2 settembre del ‘94!

– Ma scusa, dov’eri? E chi sono quelle due persone insieme a te, eh nonno?

– Beh, è una storia vecchia. Non ve l’ho mai raccontata?

– No.

– No, mai.

– Veramente me ne rammento solo ora, vedendo questa foto.

– E allora?

– Beh…, se ricordo bene …

– E forza nonno!

– Dunque mi sembra che quei due si chiamassero uno … Lanza, no … Miralanzi o non so cosa …

– Va beh, nonno, lascia stare.

– Ohe! Mica sono arteriosclerotico eh?

– No, no.

– Vorrei vedere voi dopo 50 anni …

– Dai nonno, non dargli retta, prosegui …

– L’ altro, quello a sinistra sono sicuro che si chiamasse … Kosta, no … Kostantino … di cognome Boskov … no, Nederkov, no … no, Nedialkov, … insomma non mi ricordo bene.

– Va bene ma dove eravate?

– Beh questo lo ricordo bene: eravamo a Grumento, in provincia di Potenza – secondo la vecchia divisione territoriale – In realtà l’aviosuperficie si chiamava “GRUMENTUM” in onore della vicina città romana, o meglio degli scavi della città romana, mentre Grumento Nova era il paesino lì, a meno di un chilometro dalla pista.

– Pista in asfalto o sbaglio?

– No, non sbagli. Una bellissima pista di milleduecento metri di lunghezza e undici di dislivello, con asfalto altamente drenante, asciutta anche dopo forti temporali e anche ben orientata – est/ovest – mi sembra. Pochi aeroporti italiani allora avevano una pista così.

– Va bene ma cosa ci eravate andati a fare a Grumento?

– Eh, beh … fammi ricordare … ah sì, quell’anno a Rieti – era l’estate del ‘94, appunto – fu organizzata una serie di gare, mi sembra addirittura un Campionato Europeo classe F.A.I. ed uno dei primi Campionati Europei di acrobazia in aliante, la mitica Coppa del Mediterraneo e mi pare il Campionato Italiano classe Libera. Insomma una sfilza di gare che non finivano più: da inizio Luglio ad inizio Settembre. Perciò gli stage, vi ricordate, ve ne ho parlato tante volte …

– Sì, sì.

– Sì, continua.

– Beh gli stage non potevano svolgersi a Rieti. Voi capirete: piloti non proprio provetti si potevano trovare all’improvviso in mezzo ad un nugolo di assatanati della gara – non era certo igienico – … e allora l’AeroClub Centrale decise di abbandonare il campo di gara – oh! da Firenze a Matera eh?- e di spostarsi a Grumentum dove, tra l’altro ci aspettavano come la manna dal cielo visto che lì c’era tutto per volare, tutto tranne gli aeroplani: un piccolo dettaglio!

– Sicché vi siete trasferiti armi e bagagli?

– Eh già: molte armi e pochi bagagli – tredici alianti, questo me lo ricordo bene perché li controllavo tutte le mattine tutti e tredici – e due Robin.

– I Robin erano degli aeroplani trainatori vero ?

– Sì.

– I traini va bene, ma gli alianti come li avete portati?

– Gli alianti? Fu un’avventura: tutti con i carrelli, trasportati su strada dalle automobili, un po’ con quella del Centro, un po’ con quelle dei soci e un po’ con quella dello sponsor dei Campionati.

– Perché un’avventura?

– Perché? Perché durante i viaggi di trasferimento ne successero di tutti i colori: mi ricordo che per il gran calore – e non solo per quello – scoppiavano gomme ad ogni curva; che i primi carrelli finirono in una stradina dentro un bosco perché non c’erano cartelli che indicassero la strada per l’aviosuperficie; che gli autisti – partivano da Rieti alle nove e rientravano di sera alle nove, se andava bene – incominciavano a non farcela più … dopo un paio di giorni con questo ritmo e allora c’era chi si fermava dai parenti lungo la strada, chi sostava a vedere la partita all’autogrill o dormiva in macchina per rientrare il giorno dopo.

– Che partite?

– C’era il campionato del mondo di calcio.

– Ah già! Negli Stati Uniti non è vero?

– Sì, proprio lì.

– Ho letto nella banca dati sportiva che fu l’anno di un certo … Baggio, che l’Italia arrivò seconda e che …

– E basta! Lascia perdere il calcio. Continua a raccontare nonno.

– E dunque dicevo … sì, fu rocambolesco! Tutto il trasferimento durò una settimana: mi ricordo che io ed il mio collega anziano a Rieti smontavamo in serie alianti e a Grumento l’altro mio collega anziano, in serie li rimontava appena arrivavano … quando arrivavano.

– Ma non ho capito: tu non eri a Grumento? E poi perché dici: quando arrivavano?

– Fu così: io rimasi a Rieti le prime due settimane di stage a Grumento – non dimenticate che a Rieti c’erano contemporaneamente gli allenamenti dei Campionati Europei. A Grumento andò l’altro collega. Poi gli diedi il cambio e rimasi le altre cinque settimane.

Il primo giorno di stage in assoluto, era domenica – me lo ricorderò sempre tanto fu nera – un aliante lì a Grumento cadde nel bosco …

– Come nel bosco?

– Eh sì, nel bosco: il pilota – era da solo – combinò qualche sciocchezza. Stallò con un biposto sulla sommità piatta di una montagna, lì, vicino all’aeroporto e cadde nel bosco.

Incolume, senza neanche un graffietto ma con le brache bagnate, il pilota rimase infilato con l’aliante tra due alberi, sospeso a mezz’aria a qualche metro da terra.

– E poi come andò?

– La radio, fortunatamente, funzionava ancora, perciò chiamò gli altri alianti che intanto si erano messi alla sua ricerca – non sentendolo più e non vedendolo più in volo -.

Il pilota non vedeva il cielo perché le piante gl’impedivano qualsiasi visuale, sicché ne giudò lì uno che per puro caso si trovava in quella zona. Solo sentendo il fruscio dell’aliante che si allontanava e si avvicinava. Fortuna volle che sull’aliante, diciamo da “soccorso”, il pilota avesse con sé uno di quei primi modelli di G.P.S.

– Una specie di quelli che sono sugli autoplani?

– Una specie di quelli, sì, ma una versione molto più rudimentale … beh, fece il punto del luogo dell’atterraggio e dopo qualche ora recuperarono il pilota “imboscato” con le jeep.

– E l’aliante ?

– Distrutto, ma neanche tanto. Il suo recupero fu un’altra impresa, ma quello che successe esattamente in contemporanea fu altrettanto rocambolesco

– Perché, che successe?

– Sull’autostrada un’altro aliante aveva un incidente.

– Di che genere?

– L’automobile e il carrello con sopra un biposto – me lo ricorderò perché pesava come una stazione orbitante – fecero un randezvous … incominciarono a sbandare dopo un doppio sorpasso e sbandarono così paurosamente fino a che non invertirono il senso di marcia.

Le vecchie autostrade allora erano tutte a due corsie: quella era addirittura a tre, perciò riuscirono a fare un centottanta e finirono contro … sapete quelle divisioni in cemento armato che si vedono nelle vecchie fotografie? Quelle. Si appoggiarono di traverso contro lo spartitraffico mentre le altre automobili continuavano a venire contro …

– Fu una carneficina!

– Eh che sanguinaria! No, fortunatamente c’era un cantiere di lavori stradali a poca distanza. Gli operai e gli uomini della sicurezza intervennero subito, bloccando il traffico giusto in tempo!

– E l’aliante: distrutto!?

– No, anche in questo caso. E qui venne il bello: il carrello, è vero, era ridotto in condizioni pietose perché il gancio di attacco all’automobile era tutto contorto, i supporti dei longheroni dell’aliante erano piegati e pure piegata la prolunga della coda del carrello – sapete i carrelli spesso erano più corti degli alianti che trasportavano e c’era letteralmente parte delle semiali che sporgeva fuori dal pianale.- L’aliante no, mi pare che fosse esplosa solo la cappottina in plexiglas – erano così le cappottine di una volta – un foro nei flap e scorticature da tutte le parti: insomma inservibile ma non proprio irrecuperabile.

– E allora?

– Allora l’autista – mi sa che pure lui non è che fosse proprio asciutto nei pantaloni – … mi pare che sì, fosse un socio pilota, sganciò l’automobile – aveva un “buco nero” nella fiancata, dovuto al carrello. -. Poi, con gli operai ed i poliziotti, spostò l’aliante sul margine dell’autostrada, quindi pensò bene di smontare tutto quello che di valore c’era a bordo – praticamente una di quelle vecchie radio che ora sono solo nei musei, e gli strumenti .- E di riportare tutto a casa. Oh, questo sotto il sole cocente di Luglio, sull’asfalto nero infuocato, all’una del pomeriggio! Così, scampato all’incidente, a un’insolazione e alla Polizia di allora, rientrò a Rieti.

– Ma in tutto questo tu, come ci sei entrato?

– Ci entrai ahimè … naturalmente non potevamo abbandonare l’aliante in autostrada chissà per quanto tempo, così organizzarono il giorno stesso una “squadra di recupero”. Il Direttore venne in Officina – mi ricordo come fosse ieri – dicendomi: “E’ un’emergenza!” Tenete presente che erano circa le sette e mezzo del pomeriggio e che io ero lì dalle otto del mattino – mi sembra che neanche avessi pranzato quel giorno -. Mi guardai intorno: il sottoscritto, il mio collega anziano e il pilota dell’incidente. Lui, da vero gentiluomo, si offrì volontario per il recupero … ma non eravamo così disperati da ricorrere ad uno “zombi”. Possibili e realistiche alternative non c’erano. Gli risposi: “e va bene, tanto sono votato al martirio!” Poi mi ricordai la battuta di un vecchio film e dissi tra me e me: “Continuiamo a farci del male!”

– Che roba!

Naturalmente la squadra era ben assortita con degli esperti in materia ed i mezzi di soccorso erano scintillanti pronti all’uso …

– Davvero?

– Macché! Requisimmo l’automobile personale del pilota dell’incidente – almeno quella – e riuscimmo a sequestrare tre persone che proprio dei volontari non erano, o meglio, lo erano diventati dopo mostruose minacce fisiche e psicologiche. Altri carrelli non ne avevamo per cui riciclammo qualcosa che con molta immaginazione poteva somigliare da lontano ad una specie di carrello stradale: lo teneva insieme l’ossido e qualche bullone ben grippato.

Era il carrello di un socio, in disuso da soli tre, o al massimo quattro anni. E poi era stato ben ricoverato: sì, all’ aperto, all’acqua e al sole, coperto da un tetto di rovi.

– E allora?

– Cercammo alla meglio di renderlo utilizzabile: non lo avessimo mai fatto perché solo a gonfiare i pneumatici, uno scoppiò con un tale botto! Il caso volle che la ruota di scorta fosse ancora tale ma di fatto fummo costretti a “raspare” tutto l’aeroporto alla ricerca di un maledettissimo carrello che avesse le ruote delle stesse dimensioni di quello “d’emergenza” … per prenderle in prestito: solo momentaneamente.

– Ah, così hai fatto pure queste cose, eh nonno?

– Io? Mai … non ne trovammo neanche una! D’altra parte a che cosa poteva servirci una ruota di scorta? Potevamo farne a meno. I bulloni si spezzavano appena si provava a svitarli? Bastava qualche corda, qualche elastico e un po’ di gomma piuma. I documenti non li avevamo? Ammesso che il proprietario li avesse avuti ancora, non aveva importanza: “è un’emergenza!”, avremmo risposto al tutore dell’ordine che ce li avesse chiesti.

– E siete partiti lo stesso?

– Si, certo. Oh, noi eravamo la “squadra di recupero”!

– Ma così attrezzati poteva capitare qualcosa anche a voi?!

– Certo, e allora avrebbero organizzato la “squadra di recupero” per recuperare la “squadra di recupero” che era partita per un recupero d’emergenza.

– E sì, va’ beh, ma come andò?

– Verso le nove partimmo con un’automobile scarica ed una seconda con il carrello di salvataggio, facemmo sosta per rifornire di carburante le auto e di panini i nostri stomachi. Arrivammo sul posto verso mezzanotte. Non senza difficoltà trasferimmo l’aliante incidentato sul carrello e sistemammo l’altro danneggiato in modo da poterlo riportare fino a Rieti. – Filò tutto liscio?

– Quasi. Montare un aliante su un carrello non proprio perfetto, di notte, sul bordo dell’autostrada, alla luce di quelle lampade a batteria che si usavano una volta, con tutti i camion che ti sfrecciavano a 100 chilometri all’ora a meno di un metro, non fu certo cosa facilissima: uno di noi, mi ricordo, si pestò due volte la mano – prima un dito e poi tutta la mano – per sistemare l’aliante che non voleva saperne di starsene “buono” nel nuovo carrello. Poi, i bulloni non stringevano i longheroni delle semi-ali per cui, per fare un po’ di spessore, fummo costretti a raccattare la robaccia lungo il bordo dell’autostrada. Niente!

– Cioè?

– Niente di niente! Non ho mai visto un autostrada linda come quella: non c’era neanche … ma che ti dico? Un fiammifero. Niente.

– E allora?

– Fummo costretti a “sacrificare” il ramo di un alberetto selvatico che cresceva appena fuori il bordo dell’autostrada. E io che ero un verde convinto!

E poi l’ attacco del carrello incidentato non volle smontarsi nonostante tutti i tentativi – pure le parolacce – tanto che lo portai così – con molta strizza – fino a casa. Camminava tutto di traverso ma camminava. D’altra parte anche l’aliante rimaneva sul carrello soprattutto grazie alle corde, agli elastici … e alle nostre preghiere.

– A che ora siete rientrati a Rieti?

– Tardi, molto tardi, anzi no, presto, molto presto.

– Come?

– Verso le cinque e mezzo, me lo ricordo bene perché si fece giorno lungo la strada e quando arrivammo in aeroporto era ormai giorno fatto.

– Hai avuto un giorno di riposo no?

– No. Mi feci la doccia, dormii un’oretta e alle otto tornai in Officina per un’altra “giornata di lotta”.

Oh, ragazzi: ero O P E R A T I V O!!!


segue:  II parte

  MISSIONE GRUMENTO: sempre operativi!!



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