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Quando ero piccolo

Quando ero piccolo volavo basso sul terreno. Sentivo l’odore delle cose, le vedevo e studiavo bene da vicino. Sentivo l’odore della terra planandole a pochi centimetri. Sentivo il profumo della polvere e del vento, col vento mi mescolavo; sentivo i fiori e il muschio, sui fiori mi posavo; gli aghi di pino e le foglie più alte sugli alberi, li potevo raggiungere senza sforzo, e da li guardare il cielo blu sopra; mi potevo infilare nei covoni di fieno tagliato, contare le bestie al pascolo sugli alpeggi, dall’alto.

Calavo dalle colline come un’orda barbarica, ma con il mio fragore dentro; mi alzavo fino alle fronde degli alberi schivandoli e mi sentivo il cuore esplodere di gioia a tre metri dal suolo.

Sorvolavo i campi come una brezza di primavera, l’odore dell’erba era mio: i fiori, la terra, l’acqua, i sassi (oddio l’odore dei sassi!), le foglie d’autunno nei boschi di montagna, tra la nebbia che avvolge i tronchi: con un passaggio basso e veloce le sollevavo e il loro profumo di funghi mi avvolgeva.

Dentro me urlavo di gioia ad ogni volo, ad ogni planata, ad ogni basso passaggio sul mondo profumato.

Ma la gente non vuole volare: molti hanno paura, e si difendono dicendo che bisogna crescere, smettere di giocare. E allora ho deciso: del volare ho fatto la mia vita.

Un giorno me ne stavo a gironzolare per il pendio di una montagna, quando ho deciso di riposare in una radura col muschio. Mi sono steso e ho alzato gli occhi al cielo. Le nuvole correvano instancabili nel blu, formandosi e sfaldandosi di continuo. Lì ho deciso di volare alto, diventare pilota.

Ho scoperto con dolore che per essere pagato dovevo essere utile, dovevo portare gente a spasso, e per questo mi servivano le lunghe ali di metallo.

Ho detto addio alle prodezze e ai virtuosismi, ho detto addio ai cambi repentini di rotta.

Qui siamo monitorati e vettorati , spiati e guidati; qui ci sono strumenti e spie luminose, qui non si cambia rotta: segui la strada che ti dicono, non si sgarra.

Ora sto seduto in poltrona, il mostro alato vola da solo, docile. Ora, a 25000 piedi, la terra non si vede neanche, non sono più basso al suolo. Ora nelle narici ho l’odore di sudicio della cabina, degli strumenti di bordo, del kerosene al rifornimento, il profumo studiato delle hostess. Ora ho con me centocinquanta persone, e a loro non interessa l’odore dell’aria e delle cose, loro vogliono arrivare in fretta a destinazione. Da una città all’altra senza sosta, senza amore.


# proprietà letteraria riservata #


India

Quando ero piccolo

jumbo jet flessibileIl Comandante di un mostro alato (un aereo dell’aviazione commerciale) è seduto sulla sua poltrona (il posto di pilotaggio) e sta volando a venticinquemila piedi con centocinquanta persone a bordo, l’autopilota inserito. Ed è allora che si lascia andare ai ricordi. A quando, da piccolo, alla stregua di Peter Pan, volava giocoso per valli e montagne, sopra la campagna e lungo i ruscelli, felice di librarsi nel cielo, godendo degli odori e dei colori della terra.

Confessatelo: chi di voi (almeno una volta nella vita) non ha vissuto questo stesso sogno? Praticamente quelli che sono stati bambini. Ossia tutti noi, nessuno escluso! Non tutti però, abbiamo la sensibilità ed il talento letterario di India che in poche righe ci riconduce, come per magia, in quel mondo. Un mondo  che appartiene solo ai sogni o ai ricordi. E allora, sulle ali delle dolci parole di India, chiudete gli occhi e volate … come quando eravate piccoli, .

Un piccolo straordinario cammeo letterario ove la poesia e narrativa si fondono in un tutt’uno. Superlativo!


Racconto / Breve Inedito: in esclusiva per “Voci di hangar”