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Storia di un pilota. Dal funerale di Alitalia alla fuga dal Qatar” e “Storia di un pilota 2 – Dalle low cost alla conquista dell’Est

titolo:  Storia di un pilota – Dal funerale di Alitalia alla fuga in Qatar

autore: Ivan Anzellotti 

editore: Cartabianca

anno di pubblicazione: 2014 (I edizione con Phasar edizioni ), 2020 (II edizione con Cartabianca)

ISBN: 978-88-8880-536-8 



titolo:  Storia di un pilota 2 – Dalle low cost alla conquista dell’Est

autore: Ivan Anzellotti

editore: Cartabianca

anno di pubblicazione:  2020 

ISBN: 978-88-8880-534-4 



Se non fosse stato per Facebook non avrei scoperto questi due libri di Ivan Anzellotti. Me li sarei persi. Ma forse no. Fatto sta che una mia collega, moglie di un pilota di linea, aveva messo la copertina di uno dei libri sulla sua pagina Facebook, che in qualche modo me la aveva mostrata. Incuriosito, ho voluto vedere di cosa si trattasse e… immediatamente sono andato a cercare il titolo del libro su Rakuten Kobo, l’applicazione per gli ebook dei tablet Android.

Trovato. Comprato. Scaricato. Iniziato a leggerlo.

E qui … sorpresa: questo era un altro di quei libri dai quali non si riesce più a staccare gli occhi.

L’autore in due configurazioni di abbigliamento: diurna e notturna. La prima è la modalità di appassionato pilota nostalgico del McDonnel Douglas MD-80 e l’altra di astronauta di riserva della NASA, pronto a sostituire i titolari nel caso venisse loro un raffreddore. In realtà lo scatto in basso risale alla serata dell’ultimo dell’anno di qualche anno fa quando l’autore, in attesa della mezzanotte, si è messo comodo nel suo pigiamone astronautico corredato di calice e spumante per il brindisi. Quanto alla maglietta del club ufficioso degli ex piloti di MD-80, beh … non stupisce affatto che anche l’autore sia rimasto affascinato dal “mad dog” (vezzeggiativo affettuoso attribuito al MD-80) e che dunque indossi con orgoglio il logo e la sagoma del velivolo. In effetti quel modello di velivolo è stato per anni la spina dorsale dell’Alitalia nel corto e medio raggio e non c’è pilota Alitalia che non ci abbia volato. Il velivolo era robusto, facile da pilotare e da manutenere, inoltre era completamente autonomo, ossia poteva atterrare, sbarcare e imbarcare i passeggeri, sostare, avviare i motori e muoversi sul piazzale senza l’ausilio di supporto a terra. A detta del nostro consulente segreto (ex collega dell’autore): “Un aeroplano perfetto!” (foto provenienti dalla pagina Facebook dell’autore) 

Non solo per lo stile dell’autore, sempre lineare, scorrevole, senza concetti astrusi, facile da capire, nonostante l’argomento aeronautico e l’inevitabile impiego di terminologia specifica, anche tecnica. Tuttavia non mancano opportune note esplicative laddove necessario, quando i termini usati non sono di immediata comprensione. Dunque un libro per tutti, che non presenta difficoltà nemmeno per un pubblico digiuno di cose di volo.

Questo vale per tutti, come ho detto. Ma soprattutto per me, pilota con mezzo secolo di attività volativa ininterrotta, l’interesse era dovuto al fatto che mi sono trovato a leggere di cose che conoscevo molto bene, per esserci passato attraverso nei decenni scorsi. Conoscevo tutto, luoghi, fatti, persone (anche se nel libro non ci sono nomi, ovviamente), dinamiche degli avvenimenti e conseguenze delle stesse. Non conoscevo tutto solo come pilota, ma anche come controllore del traffico aereo. Incredibile.

Finito il primo libro ho subito acquistato anche il secondo, che altro non è se non il naturale seguito del precedente. ma, lo dico subito, Anzellotti ha scritto anche un terzo libro. E’ un romanzo, bellissimo, scritto bene con il suo solito stile, intitolato “Il destino degli altri. Un giallo nell’aviazione civile“. E anche qui l’interesse costringe a leggere fin quando gli occhi non ce la fanno più. Ma torniamo al primo.

Il libro comincia con l’autore che è divenuto pilota, prima nei reparti volo della Guardia di Finanza appena terminata la relativa Accademia, poi di Alitalia, per la quale vola con l’MD80 (evoluzione del DC9) ed è soddisfattissimo del proprio lavoro, dell’aereo e tutto il resto.

Ma il mondo è in continua evoluzione. E spesso l’evoluzione non va necessariamente verso il meglio. I miglioramenti, tecnologici e logistici, si portano dietro peggioramenti in altri ambiti, in altri aspetti del quadro generale. Ad esempio: l’aspetto umano.

Chiunque può osservare come le cose cambiano. E anche rapidamente.

Nessuno si sarebbe mai aspettato che la nostra compagnia di bandiera, la nostra amata Alitalia, licenziasse di punto in bianco un ragguardevole numero di piloti. Invece, in occasione della radiazione dei bireattori MD-80, si incomincia ad intravedere qualche segnale poco rassicurante. Alcuni equipaggi, invece di essere reimpiegati in altre linee e su altri aerei, vengono lasciati a casa. Non solo i piloti, ma anche il personale di cabina.

Quelli che non vengono interessati da alcun cambiamento continuano a sperare. Sono sicuri che a loro non arriverà nessuna lettera di licenziamento e che comunque la compagnia li reimpiegherebbe quanto prima. Ma già così comincia a delinearsi una certa spaccatura. Chi non ha problemi non protesta, per timore di mettersi in cattiva luce e gli altri non lo fanno per non precludersi la possibilità di essere ripescati.

Non capita tutti i giorni di trovarsi una mongolfiera nel bel mezzo del quartiere romano in cui si abita. Beh, al giovane Anzellotti e capitato anche questo … e le testimonianze fotografiche qui presenti non ammettono dubbi. (foto provenienti dalla pagina Facebook dell’autore)

I sindacati, manco a dirlo, cercano di tenere tutti tranquilli, dichiarando di avere una strategia a lungo termine che risolverà ogni problema. Pazienza, bisogna avere pazienza. E soprattutto bisogna evitare di agitarsi e protestare.

Ma alla lunga si palesa l’evidenza che le cose stanno in un’altra maniera. E’ in corso una vera e propria ristrutturazione della Compagnia. Meno personale e turni più lunghi, sempre più lunghi e più gravosi, sono la nuova realtà. Alla fine la lettera di licenziamento arriva a tutti. Anche a Ivan Anzellotti.

E qui comincia la storia del nostro autore. Quella che ci narra nel libro. Anzi, nei libri, dato che il secondo, appunto, è la continuazione del primo.

Un pilota non può restare a terra, senza volare, troppo a lungo. Per motivi che Anzellotti descrive bene nel libro, deve trovare al più presto un’altra compagnia che lo impieghi, in modo da limitare al minimo il tempo di inattività di volo.

Incomincia a mandare il suo curriculum ad altre società di trasporto aereo, anche se questo significa dover andare lontano dall’Italia, fosse pure nel bel mezzo di un deserto.

Infatti, la prima compagnia che gli risponde positivamente è il Qatar.

L’autore sul posto di lavoro. C’è chi va in ufficio, chi in negozio, chi in laboratorio, chi in officina … e in buon Anzellotti lavora in cabina di pilotaggio. Così scrive a proposito del suo lavoro assai peculiare; “Ogni volo un equipaggio nuovo. L’Alitalia è grande, siamo tanti ed è difficile volare due volte con le stesse persone. Non è come un lavoro normale, come avere colleghi di ufficio che vedi solo dalle nove alle diciassette […]. L’equipaggio è la tua famiglia […] una professione che è prima di tutto passione, poi lavoro, perché non FACCIO il pilota … SONO un pilota. O almeno lo credevo” (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

Anzellotti dice che a quel tempo non sapeva neppure troppo bene dove fosse il Qatar. E devo dire che anch’io non l’ho mai saputo con precisione fino a poco tempo fa. Ma ricordo di averlo sentito nominare da qualcuno che ci era stato e che lo chiamava “il sabbione“. Praticamente un’oasi artificiale circondata dal deserto.

Non devo certo, nella mia recensione, rivelare tutti i passaggi dell’avventura di Anzellotti nel mondo. Meglio lasciarli al piacere della lettura. Basterà dire che il Qatar è solo la prima tappa di un lungo cammino. Un percorso denso di soddisfazioni, almeno professionali, ma anche irto di ostacoli dovuti alla differente mentalità, agli usi e al modus vivendi, al cibo, al clima, dei paesi nei quali si sposta cambiando compagnia aerea.

I due libri coprono tutta la carriera di Ivan Anzellotti fino ai giorni nostri. Dall’Oriente all’Europa e di nuovo in Oriente, volerà ovunque, trasportando passeggeri in un gran numero di paesi, compresa la Cina, l’India, l’Alaska e l’America. Piloterà i nuovi Airbus A320, ma anche il vecchio e meraviglioso Boeing 747, che resterà nel suo cuore (come è rimasto nel cuore di tutti coloro che lo hanno pilotato).

Ci sono eventi naturali che ancora lasciano letteralmente basiti l’uomo del XI secolo … e questo è uno di quelli! Specie se poi, a riprenderlo, si ha la fortuna di essere a bordo di un aeroplano commerciale in volo notturno (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

In mezzo alla lunga storia c’è anche il suo matrimonio. Ed è proprio per salvare il suo matrimonio che dovrà rinunciare al 747, che lo portava ad essere sempre lontano da casa per lunghi periodi.

Di nuovo un cambiamento. E il ritorno all’Airbus A-320.

Nel frattempo, però, tutti questi cambiamenti avevano un motivo importante, tra gli altri: nonostante le promesse e le rassicurazioni di essere promosso a Comandante, dopo aver frequentato il relativo corso, passava il tempo, gli anni, ma del corso non si sapeva mai nulla di concreto.

Il primo libro termina con gli ultimi tre capitoli che ben descrivono la situazione del momento e offrono un chiaro indizio su cosa leggeremo nel secondo. Continua il racconto degli avvenimenti e continua anche un costante riferimento a qualcosa che accompagna sempre tutti i mutamenti di scena, le vicende, i fatti e la vita giornaliera. Qualcosa che regola perfino i rapporti interpersonali tra i colleghi, a terra come in volo.

Perché c’è un elemento che è andato delineandosi nel corso di tutta la narrazione, crescendo pagina dopo pagina, fino a costituire ormai il soggetto principale dei due libri e perfino, anzi soprattutto del terzo, che è un romanzo e del quale parleremo tra breve in un’altra recensione. Non esiste una sola parola, un termine univoco che definisca l’elemento di cui sto parlando. Ma è qualcosa che prima non c’era. Silenziosamente è entrato in ogni realtà, in ogni ambiente di lavoro, in ogni ambito sociale. Non solo nel nostro paese, ma in tutto il mondo.

L’autore quando, giovanissimo, militava tra le file della Guardia di Finanza. Dietro di lui è facilmente riconoscibile il Piaggio P-166 DL3 (affettuosamente chiamato “Piaggione”) che all’epoca costituiva una componente ad ala fissa del Servizio Aereo dell’arma (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

E’ una sorta di disumanizzazione, un cambiamento sottile, costante e inesorabile che ha costretto tutti a cambiare mentalità, a vedere le cose in modo diverso, a modificare nella nostra visione del mondo la vecchia scala dei valori che ci aveva accompagnato per decenni. E a modificare la scala delle nostre priorità. Se dovessi proprio individuare un termine per definire questo processo, lo chiamerei degenerazione.

Il terzultimo capitolo si intitola “I nuovi schiavi“. Un titolo rivelatore…

Anzellotti fa riferimento a quelle popolazioni che:

“vivono in Paesi poverissimi, che vengono deportate in massa nelle nazioni del Golfo Persico a lavorare per due soldi come schiavi, nell’indifferenza del resto del mondo che non sa o non vuole sapere”.

Non è storia del passato. Stiamo parlando della realtà di oggi. Non ci vuole molto per scoprirla, anche se a volte è celata a regola d’arte, proprio perché sembri qualcosa di diverso.

Dice Anzellotti:

“La schiavitù c’è ancora ma si trasforma, si ammoderna, sta al passo con i tempi, così si può nascondere tra le definizioni che non la identificano più, ma se guardi bene è sempre presente, perché senza gli schiavi i ricchi non esisterebbero”.

Davvero? E’ realmente cosi? Il lettore si può porre queste domande. Potrebbe essere sorpreso, impreparato, di fronte ad una rivelazione del genere. Possibile che al giorno d’oggi esista ancora la schiavitù? Quella vera? Forse in certi paesi arretrati, di sicuro non in quelli moderni. Non nel nostro.

“Una delle tante vergogne italiane: MD-80 Alitalia buttati a marcire sul prato all’aeroporto di Fiumicino”. Cos’ì commenta il buon Ivan Anzellotti lo scempio ritratto in questo scatto. Un colpo al cuore di chi ha tanto volato (nel ruolo di pilota) con queste macchine volanti e che intristisce qualunque appassionato di aviazione, militare o commerciale che sia. E dire che l’MD-80 fu una scelta felice, sebbene scaturita da considerazioni politico-diplomatiche anziché solo logistiche-strategiche. La leggenda narra infatti che all’inizio degli anni ’80, la McDonnell Douglas non se la passasse proprio bene e, di contro, l’Alitalia aveva la necessità di rinnovare/rimpolpare la propria flotta. All’epoca era Presidente del Consiglio dei Ministri Giovanni Spadolini mentre negli Stati Uniti era presidente l’ex attore Ronald Reagan. Non si sa come, fatto è che l’Alitalia si ritrovò una flotta di 90 esemplari di MD-80 fiammanti con cui coprire il corto e il medio raggio. Fortunatamente le macchine si rivelarono davvero valide e relativamente familiari a piloti e tecnici in quanto tecnologicamente nascevano dalla costola del Douglas DC-9, di cui la flotta Alitalia era in larga parte già formata. In effetti – caso strano – la politica fece una scelta assennata o comunque fortunata tanto che nel libro di Anzellotti si può leggere: “Noi piloti di MD-80 siamo la colonna portante  della compagnia; novanta aerei una volta […], ma accidenti, solo in America ne hanno più di noi.” Una volta, appunto. (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

Eh! L’elemento di cui parlavo è proprio questo. Ed è il vero soggetto dei te libri di Anzellotti.

“Ci sono schiavi di serie A, di serie B e poi più giù a scendere fino alla posizione più bassa, dove trovi quelli veri e propri, quelli di una volta, delle piramidi d’Egitto o dei campi di cotone americani. Cosa li differenzia? Il livello di privazione della libertà personale, ovviamente, e piccoli trucchi su come assicurare un regolare contratto di lavoro e un salario, così tutto è a norma di legge, senza che nessuno possa dire che ti sta schiavizzando!”.

Ecco spiegato il concetto in poche e chiare parole, quelle di Anzellotti. Riporto solo queste, per far capire di cosa si sta parlando, ma nel terzultimo capitolo ci sono pagine e pagine, con esempi concreti. Con esempi di libertà personali negate, compresa quella di lasciare il Qatar e andare in vacanza senza prima aver chiesto il permesso e averlo ottenuto.

Anche ad un pilota di linea? Certamente! Infatti Anzellotti era in procinto di sposare una ragazza con la quale aveva una relazione da tempo, ma non era libero neanche di andarla a trovare quando voleva, senza dover mettere in atto stratagemmi complicati e addirittura pericolosi, per lui e per lei.

Il capitolo successivo si intitola: Questo matrimonio non s’ha da fare. E’ il penultimo.

Ma l’ultimo è ancora più eloquente: La fuga.

Qui finisce il primo libro. Abbiamo già intuito che l’elemento costante, vero soggetto dei libri, è il subdolo, lento, costante mutamento della condizioni di lavoro dell’epoca moderna, che schiavizzano i lavoratori di ogni tipo, senza riguardo per la loro professionalità, le loro necessità, come il riposo, la vita privata etc. E perfino senza riguardo per la loro sicurezza. E nemmeno, a volte, per la sicurezza dei passeggeri di un aereo di linea.

Questo fotogramma, presumibilmente a colori, proviene dall’angolo più remoto della fototeca di casa Anzellotti; lo ritrae in tenerissima età mentre, con il viso che rivela la più sincera incredulità mescolata con giocosa soddisfazione, sembra guardare il suo fotografo per dirgli: “Un dirigibile!!!!”. Era il famoso dirigibile della Goodyear che all’epoca svolazzava nell’area romana (avendo come base un’area adiacente all’autostrada Roma-Firenze, all’altezza di Capena – Roma) e svolgeva attività pubblicitaria e turistica. A distanza di tanti anni il bambino cresciuto di nome Ivan Anzellotti ha così commentato la sua esperienza: “Ebbene sì, ho volato anche sul dirigibile, ma non lo pilotavo io… non arrivavo ai comandi!” Fortuna che l’era dei dirigibili era già bella che finita … altrimenti siamo certi che sarebbe stato un ottimo pilota dei dirigibili. Di Nobile. Magari nella vita precedente lo è stato davvero. (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

Il secondo libro comincia con la citazione di un anonimo,la prima pagina:

“Un cattivo manager prende del personale eccezionale e lo distrugge, fa fuggire i migliori e demotiva i pochi rimasti”.

Il geniale Ivan Anzellotti ha scelto questa frase che da sola varrebbe un’intera recensione del libro, condensata in pochissime parole.

E ha anche definito l’altro aspetto di quell’elemento costante che è il vero soggetto del libro: la mancanza di professionalità, il pressapochismo, l’improvvisazione, la mentalità del ruba galline, elementi di quella degenerazione che ha invaso ogni realtà, ogni ambiente. Nel mondo intero.

Certamente non mancano elementi positivi, come l’esperienza, la conoscenza di paesi, popoli, realtà di ogni tipo. Nel libro accompagneremo l’autore in tutti questi avvenimenti. Con il suo modo di scrivere ci farà sentire come se fossimo lì insieme a lui, perfino in cabina di pilotaggio.

Sono libri preziosi, questi. Offrono la possibilità a chi non è un pilota di linea, a chi non ha girato il mondo, di chiudere il libro e sentirsi come se avesse vissuto proprio quel ruolo. Questi libri arricchiscono. Aprono la mente. Aiutano a comprendere le nuove realtà. A capire in che direzione stiamo andando.

Avevo detto, all’inizio, di conoscere tanti aspetti della narrazione di Anzellotti.

Il primo aspetto riguarda il suo luogo di nascita: Roma. Ma non Roma in generale. E’ nato a cinquanta metri dal portone di casa mia. E’ vissuto nel mio quartiere.

Ha volato all’aeroporto dell’Urbe, dove anch’io volo dall’inizio del lontano 1973.

Un enorme cumulo minaccia di degenerare e diventare dunque un temibile cumulonembo; sembra avvicinarsi lento e inesorabile ai velivoli Alitalia in sosta nel piazzale di un qualche aeroporto italiano. Sembra l’evocazione di quanto accadrà alla Compagnia di bandiera del nostro paese che, dopo una serie infinita di cumulonembi ha avuto la peggio ed è stata alfine annientata, personale navigante compreso. (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

Volava con il vecchio MD-80. Lo stesso tipo di aereo con il quale andavo e tornavo dagli aeroporti dove lavoravo come controllore del traffico aereo. Forse ho perfino volato con lui e magari, qualche volta, gli avrò dettato la clearance, o  lo avrò autorizzato al decollo. Chissà.

Le vicende relative alla radiazione dell’MD-80, alle varie ristrutturazioni dell’Alitalia, seppure avvenute in un altro ambito del Traffico Aereo, hanno interessato anche il nostro, quello del Controllo. Conosco tanti piloti E le loro storie.

E poi c’è il mondo del volo. Quello degli Aeroclubs. Aviazione Generale invece che Aviazione Commerciale. O Aviazione Militare.

Ma sempre di Aviazione si tratta.

E anche l’Aviazione generale ha visto mutare gli ambienti sotto la spinta della modernizzazione, accompagnata, purtroppo, da quella degenerazione di cui ho parlato sopra. Hanno fatto la loro comparsa personaggi inadeguati che hanno preso le redini di Aeroclubs, istruttori pieni di sé, che non conoscono le regole ufficiali e che impongono le proprie in quella che considerano la LORO linea di volo, che non seguono una progressione didattica ufficiale, ma solo la propria. Ho visto Aeroclubs chiudere per questi motivi, nei decenni scorsi.

Una volta si chiedeva di non calpestare le aiuole per non danneggiare il prato o i giovani virgulti appena messi a dimora, oggi lo stesso cartello può essere utilizzato a proposito di tutti i lavoratori o comunque di talune categorie di lavoratori dipendenti, non ultimi i piloti commerciali che – occorre ricordarlo – hanno sempre svolto la loro professione in una condizione privilegiata; forse proprio per questo hanno accusato maggiormente il colpo quando le impietose leggi di mercato e gli squallidi accordi contrattuali li hanno riportati alla terribile realtà – quella del mondo del lavoro – in cui già da anni gli altri lavoratori annaspavano impotenti (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

Nella piccola realtà degli Aeroclubs troviamo le stesse dinamiche che Anzellotti descrive nei suoi libri e che riguardano grandi compagnie aeree. Un cattivo Comandante, che domanda al suo secondo la differenza di lunghezza tra l’aereo sul quale stanno volando e un altro modello, o che annaspa alla ricerca di un comando sul cruscotto, non è tanto diverso da un istruttore che, invece di spiegare e formare gli allievi secondo la normativa ufficiale, impone metodi propri alla luce del “si fa così perché lo dico io…“.

Poi, quando avvengono incidenti, difficilmente si arriva alla ricostruzione precisa, quella che spiegherebbe l’interazione tra causa ed effetto. Ho visto anche accadere brutti incidenti per questi motivi.

Spesso si seguono criteri di risparmio a tutti i costi, si risparmia sulle manutenzioni, sulla formazione del personale, sul benessere del personale, sul riposo necessario fra un turno e l’altro, sul costo di un corso comando per permettere la carriera dei piloti che da troppo tempo siedono a destra in cabina di pilotaggio. Si preferisce prendere comandanti già fatti da altre compagnie. E si costringono gli eterni secondi a lasciare la Compagnia per cercarne una migliore. Ricominciando da capo, però.

Siamo arrivati all’assurdo: ho sentito dire che ora si pensa addirittura ad un solo pilota a bordo. Sarebbe un bel risparmio, pagarne uno invece di due…

Piloti e controllori sono due parti diverse dello stesso mondo. Quando ho detto che conoscevo ogni cosa descritta da Anzellotti nei suoi libri intendevo che ci sono passato attraverso anche dalla mia parte ed ho osservato i tempi mutare insieme a lui.

Un ultimo fatto, stavolta decisamente simpatico. Sulla pagina Facebook di Ivan Anzellotti ho visto le foto di una mongolfiera atterrata in piena città, in un incrocio tra tre strade, proprio dietro casa mia, negli anni ottanta. Aveva avuto un’avaria in volo ed era finita lì. Nelle foto Anzellotti aveva circa 14 anni e compare in due immagini.

Capita, a volte capita, e a Ivan Anzellotti è capitato e questo scatto lo testimonia … cosa? Il regalo speciale di un giovanissimo passeggero che, oltremodo riconoscente per l’ottimo servizio prestato, ha omaggiato il suo pilota con un suo personalissimo disegno. Da notare l’assetto del velivolo che non minaccia nulla di buono! E’ comunque con questa dimostrazione di affetto che preferiamo chiudere la recensione, giacché testimonia il grande affetto che tutti noi passeggeri nutriamo nei confronti dei piloti, specie quelli come Ivan Anzellotti che, nonostante tutte le vicissitudini vissute e subite, continuano a volare con passione. Grazie a nome di tutti. (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

Una rivelazione. Ecco, di questo fatto non avevo mai saputo nulla.

Questi libri costituiscono una eccellente divulgazione di cose aeronautiche senza la quale molti non saprebbero mai nulla di tutto ciò. Ma non ci sono solo i libri. Anzellotti ha anche un canale YouTube attraverso il quale la sua opera divulgativa continua.

Non è rivolto solo a chi già fa parte del mondo del volo. I suoi video sono di straordinario interesse e sono rivolti a tutti.

Proprio a tutti.

Con malcelata soddisfazione concludiamo questa recensione informando i visitatori del nostro hangar che, a partire dal novembre 2023, i due volumi sono disponibili anche in lingua inglese. Una nota di merito va espressa a favore all’editore che si è reso disponibile nell’effettuare un’operazione inusuale nel panorama editoriale italiano ma che è anche il giusto riconoscimento a un autore meritevole di credito illimitato.





Recensione di Brutus Flyer (Evandro Detti) e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR





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