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Un passeggero scomodo


Arrivo all’aeroporto, il mio passeggero non dovrebbe tardare. Infatti, eccolo arrivare; si guarda attorno un po’ spaesato mentre attraversa il piazzale con gli aerei. Ora è nel mio regno, per la prima volta si deve fidare ciecamente di me.

Indossiamo i paracadute e chiamo la torre. Mi danno l’ok ed entriamo in pista.

Mi sento addosso uno strano spirito di rivincita: adesso ti faccio vedere come si fa!

In queste situazioni bisogna essere un po’ melodrammatici.

Controlli: “Comandi: gli alettoni ci sono, i pedali ci sono – strano -, la coda coi timoni l’ho vista prima, il filo di lana c’è, gli strumenti … anche, il traino è li, la manica a vento è abbracciata al suo palo, non ci sono peones sulla pista. Cappottina chiusa?”

“Eeeeh…!” Amorfo. Mi volto, la controllo, controllo anche la mia. “Chiuse. Non toccare i pomelli rossi: il sinistro apre la cappottina, il destro la sgancia.”

“Eeee?” Perfetto, capisce al volo ‘sto ragazzo.

Alzo il pollice. Mi alzano l’ala e il volo comincia. E anche lui: comincia ad urlare.

Ha vent’anni e buoni polmoni, e raglia come un asino incavolato. Urla per l’eccitazione di essere per la prima volta su un aliante, aeromobile così piccolo e maneggevole, nella cabina, con i comandi a portata di mano.

I comandi … “Mi lasci liberi i comandi per favore?”.

“Ah sì, scusa” e riprende a farneticare.

Dopo un po’: “Dove andiamo?”

“Dietro al traino”

“E perché non provi a superarlo?”

“Caz … dici?”

“E dove ci porta?”

“Dove gli ho detto” e di nuovo urla: “Cos’è questo? E quello? Questo qui che si muove? Ooops: mi è rimasto in mano …”

“Stai zitto!!”.

Arrivati in quota, sgancio, viro a destra e voliamo liberi. “Dove ti porto?”.

“Boh …”

“D’accordo: andiamo verso la città”. Trovo una termica dove volano decine di cornacchie. Strano, non mi risulta che siano grandi veleggiatrici … infatti: non si sale. Proviamo coi rondoni.

“Posso ordinare una pizza?”

“No”

“Perché? Ho il telefono”

“Primo perché non prende; secondo, perché dove te la fai portare?!”

“Aaaahheeee” urla.

“Basta!”

Urla ancora. In un attimo picchio, cabro e picchio ancora.

“Aargh, cosa succede?”

“Ti do un motivo per urlare.”

“Ma io ho battuto la testa!”

“Tira le cinture”. Rimbambito! … ecco le mie vendette.

Riprende a urlare. Mette la mano leggera sulla cloche, me ne accorgo. “Se vuoi pilotare dillo, adesso l’aliante è tuo, fai quello che vuoi … ma non stallare e non entrare in vite. Per favore”

“Cosa? Come si fa? No, non voglio!” e picchia.

Tiro leggermente la cloche “E vai dritto … non vedi che il filo non è centrato!?”

“Filo?”

“Quello rosso, davanti a te … e hai finito di strillarmi nelle orecchie?”

“Sì, prendilo tu!”

Prendo i comandi.

“E se stalla?”

“Così?” tiro leggermente e la velocità rallenta, rallenta, r a l l e n t a a a a …

“Fermaaaargh!”

“Sì, più o meno …” Carognata! E continuo: “Vabbé, adesso ti faccio vedere la vite”

“La che? Eeeeeeh …”

“ Ho detto: V I T E. Dopo lo stallo, incroci i comandi, un’ala stalla e … va giù.

“Uuuaaahaa, ancora!”

Lo sapevo. “No, adesso questo!” . Picchio per prendere velocità, poi cabro e viro.

“Uuuaauuu!”. Urla ancora. Che strazio! “Guarda l’ala ferma per terra … la vedi?”

“Uauauauau, iiiiiaaaaaha”.

Insopportabile.

“Ehi, ancora!”

”No, siamo bassi”. Balla colossale. E aggiungo: “Andiamo all’atterraggio, ma prima …”

“Uaaaa …”

In prenotazione metto l’aliante in virata bella stretta e tiro: urla meno, finalmente! “Ti piace?”

“B e l l o”, dice a denti stretti, strizzato sul sedile.

In sottovento la prova diruttori.

“Uahh!”.

Sì, ci sono. “Adesso zitto, se no ti porto sugli alberi”, gli ruggisco.

Vedendoli ora così vicini, non osa disturbare. L’atterraggio è silenzioso, ma dopo la toccata ricomincia ad urlare.

Schizzo fuori come una molla e lo lascio dentro.

Tirato fuori l’aliante dalla pista, vedo papà e con enfasi gli dico: “Portami via tuo figlio dalle mani, altrimenti gli tiro il collo: non sapevo che avesse tanto fiato, non l’avrei portato per aria!”

Mio padre sorride. E’ stato un pilota anche lui.

Il mio passeggero, bianco come un panno lavato in candeggina mi sussurra: “Dai, Diana, fammi scendere da ‘sto coso?! … per favore.”

In fin dei conti , è mio fratello … e gli slaccio le cinture di sicurezza.



# proprietà letteraria riservata #

§§    in esclusiva per “Voci di hangar”   §§


India

Un passeggero scomodo

angioletto su biplanoMeglio solo che male accompagnato“. Il proverbio non sbaglia … men che meno nella situazione narrata in questo racconto.

Finale a sorpresa dopo una serie di flash al limite dell’esilarante o dell’isterico. A seconda dei punti di vista.

Che altro aggiungere? … godibilissimo!!!!


Narrativa / Breve Inedito: in esclusiva per il sito “Voci di hangar”