Un volo drammatico

Ali di farfalla la quota di volo indefinita l’ambiente sconosciuto forse sto volando al consueto livello di crociera o forse no non capisco sono sul mare in un paesaggio quasi balneare dal colore azzurrino l’acqua trasparente lascia scorgere le rughe del morbido fondale sembra quasi che le increspature della sabbia riproducano perfettamente le piccole onde che lievemente muovono la superficie del mare memorie antiche del mare adriatico forse il lido di pescara o la spiaggia di francavilla ortona o forse vasto petali di biancospino un’acqua luminosa e turchina poco profonda e perfettamente chiara mi sorprendo per la lentezza del sorvolo a bassa quota la velocità è bassissima tutto è molto placido e strano da quest’altezza dovrei avere la sensazione di uno scorrimento rapidissimo delle immagini del suolo ma non è così un brivido di preoccupazione mi ghiaccia la schiena non ci sono ostacoli e il mare scorre a velocità lenta guardo gli strumenti sul pannello di controllo secondo i parametri di bordo l’aeroplano sta volando correttamente eppure ho l’impressione di veleggiare è come se stessi galleggiando pericolosamente nell’aria ho strane sensazioni di disagio ma il volo è tranquillo liscio e lieve davvero non capisco il mio disagio aumenta all’improvviso avverto un forte scossone accompagnato da un colpo secco come uno schiocco di frusta zolle di terra appena arata un fulmine una gigantesca scarica elettrica a ciel sereno guardo avanti con un presagio di catastrofe il mare blu dal fondo sabbioso il sole e l’azzurro tutto scomparso di fronte al musone del grosso quadrigetto ora vedo con sorpresa il buio nero più pesto ma quando un lampo abbagliante rischiara tutt’intorno è troppo tardi il fianco roccioso di una montagna mi compare minaccioso davanti e si avvicina celermente ho un lunghissimo istante per realizzare il senso di quello che mi sta capitando e comincio a ricordare dream sono decollato da milano otto ore fa con destinazione tokyo il volo verso oriente contrae il tempo perché la velocità del sole che ci viene incontro si somma a quella dell’aeroplano che avanza verso il sole si parte con la luce del giorno ma il buio sopraggiunge rapidamente sono un primo ufficiale di B747 in servizio di linea il comandante si è ritirato in cuccetta per un riposino le sue ultime parole mi hanno suggerito di non spegnere il radar abbiamo cumulinembi di prua ad alta quota poi il rollio dolce di una lieve turbolenza che preannuncia temporali lontani il buio del sole tramontato di fretta dietro uno strato spesso di nuvole nere il pennello verde dello schermo radar che disegna il contorno luminescente di grosse nubi all’orizzonte devo essermi assopito foglie d’ortica eleganti e carnose invitano alla carezza sono l’unico pilota ai comandi e sonnecchio lasciando abbandonato a se stesso l’aeromobile forse ho socchiuso gli occhi per sognare il ricordo mai sopito di una nostalgia struggente dev’essere accaduto così ho cominciato a percepire qualcosa che assomiglia all’umore che un tempo assai lontano annunciava i temporali di casa nella campagna d’abruzzo l’erba che sale fino alle narici il fragore delle nuvole basse che si affrettano all’adunata sul monte corno del gran sasso la valle della pescara che si adombra in vista della grande pioggia tutti dentro ché fra poco pioverà raccomanda la nonna colte di sorpresa le pecore si svegliano dal torpore della giornata al pascolo e indispettite rincasano mentre il nonno chiude la stalla le prime gocce cadono sempre troppo presto come troppo presto svanisce l’infanzia spensierata oggi a casa anzitempo per assaporare tutti insieme il profumo delle patate arrostite sotto il coppo e per parlare per ascoltare le preoccupazioni del nonno sui danni che il temporale farà sulla campagna l’anno passato non era piovuto quasi mai e il raccolto era stato magro quest’anno pioverà troppo se comincia così presto e la pescara strariperà raggiungendo il tratturo e inondando d’acqua e limo tutti i campi della piana il raccolto sarà di nuovo scarso la parete rocciosa di duro granito con quella sorprendente eleganza dei suoi ricami d’un candido rosato viene incontro a questo sogno infantile per infrangerlo trecentocinquanta passeggeri a bordo affidati ai miei sogni di bimbo infelice è la fine ho paura poche centinaia di metri mi separano ormai dalla catastrofe sadicamente illuminata da un lampo temporalesco tra le pieghe della dura roccia riesco a riconoscere alcune chiazze bianche di ghiacci d’alta quota e delle oasi di piante d’alto fusto conifere dai tronchi dritti e affusolati come alberi da vela un bel paesaggio davvero che sciocchezza sto per morire uccidendo trecentocinquanta passeggeri paganti e ignari e io mi godo il panorama olmi e ulivi salici e querce sono altrove la mia terra d’abruzzo è assai lontana il tempo sembra dilatarsi all’infinito come per darmi l’occasione di soffrire fino in fondo l’orrore d’una morte colpevole cerco nella mente il ricordo dei miei cari ma il pensiero s’inceppa e non riesco a rammentare i loro volti né i loro nomi mi ritrovo da solo con me stesso in un istante che sembra congelato flash di luce accecante e inutile per un attimo preferisco pensare di essere impegnato al simulatore di volo o di essere annebbiato dal sonno della stanchezza o dall’alcool ma io sono astemio e il pensiero consolatorio non funziona ritornano insistenti le parole del comandante sta’ attento ai temporali e tieni gli occhi aperti e il radar acceso sta’ attento ai pericoli del mondo riecheggia la voce dolce e premurosa della mia nonna contadina mentre mi stringe per l’addio e mi mette nella tasca un pugno di terra preziosa per non doverti separare mai da noi mi disse mi ero messo ad osservare quella catena interminabile di clusters che si muovevano come materia viva ad ogni passaggio del pennello elettronico intanto la fantasia si era abbandonata alle leggende che i piloti anziani raccontavano sui cumulinembi le fucine del cielo fabbricano blocchi di ghiaccio del peso di un grosso meteorite per poi sollevarli verso l’alto come foglie al vento i fulmini schioccano a ritmo incalzante rischiarando a giorno quello scenario infernale non succede niente dice la mamma al bambino spaventato e mentre le bombe esplodono incessanti io mi nascondo nel petto caldo della nonna buona che sa di latte i tuoni irrompono in cabina provocando terribili boati la pioggia diventa orizzontale a causa dell’enorme velocità dell’aereo e impatta i finestrini anteriori con rumore assordante il ghiaccio cattivo della pioggia sopraffusa rischia di bloccare le superfici di comando non voglio morire invoco dio mi ascolta scoppia il pianto dentro di me ma il mio volto resta immobile tutto nel breve volgere di un attimo addio mia terra lontana è l’inferno una ripetizione eterna dell’errore fatale senza avere la possibilità di cambiare niente mi affido all’onnipotente e inaspettatamente l’aeroplano s’impenna in una cabrata quasi verticale la vertigine mi prende lo stomaco è come se la pancia del grosso velivolo ormai prossima all’impatto si rifiutasse di scontrarsi con la roccia viva e all’ultimo momento trovasse una via di fuga in un baleno l’aria si rischiara in cielo terso sono riuscito non so come a svettare ora posso vedere la sommità del monte disseminata di macchie sempre più frequenti di verde erba di pascoli d’alta quota è la majella o il gran sasso con in cima il monte amaro o forse il monte corno ma cosa importa dove sono se il sereno d’improvviso torna a splendere dal finestrino di destra scorgo una chiesetta con il suo chiostro che ha tutta l’aria d’un piccolo convento di nuovo immagini familiari di vita antica ricordi struggenti dell’abbazia di santo spirito a majella o del santuario del volto santo in manoppello dio mi ha ascoltato e sono salvo ora posso finalmente svegliarmi dal mio ricorrente incubo notturno fiori amari e senza colori dentro la tomba sono terrorizzato dalla morte e felice della vita il mio pensiero corre al santuario di montagna e ringrazio dio per avermi consentito ancora una volta di ridestarmi dal mio brutto sogno ho scoperto che dio non vola soltanto per i cieli dell’abruzzo forte e gentile egli è dappertutto e veglia su tutti i piloti credevo di aver fermato il volo abbandonando l’aeroplano invece ho perso le ali lasciando manoppello troppo presto ho smarrito le mie colline ma è sempre troppo presto quando si parte dall’abruzzo adesso lo so e forse un giorno potrò continuare a vivere senza più scontare sulla terra le angosce di un pilota che troppo presto ha smesso di volare

Alla Cavalleria dell’aria. Con riconoscenza!


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Mario Trovarelli

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