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Norme Dattilografiche

Meccanico con ElicaNon pretendiamo che diventiate delle provette dattilografe, certo che no … ma che adottiate delle sane norme dattilografiche, certo che sì. Lo diciamo nel vostro interesse e soprattutto in quello dei vostri lettori.

E non nascondetevi dietro l’alibi dello stile personale: esistono delle convenzioni universali di scrittura di un testo che devono essere rispettate inderogabilmente. Sempre nel caso in cui desideriate ottenere un aspetto finale accettabile. Se invece vi prefiggete il disorientamento spazio-temporale di chi darà una sbirciata al vostro testo … beh, riuscirete facilmente nel vostro intento, non abbiamo dubbi al riguardo.

Certo, avere dimestichezza e fare buon uso dei programmi di videoscrittura vi permetterà di raggiungere subito ottimi risultati, tuttavia alla base ci sono sempre le solite, ancestrali norme di estetica dattilografica. Sì, esatto, avete intuito bene: quelle nate con l’avvento della scrittura sulle  tavolette di cera, migliorate poi dagli amanuensi medioevali, industrializzate dai tipografi del ‘400 e infine riammodernate con l’avvento delle  prime macchine da scrivere. Oggi come ieri, anche se vi servirete di un pc di ultima generazione, sempre con loro dovrete avere a che fare. Dunque rassegnatevi.

Oh, naturalmente dimenticate la scrittura tipica degli SMS o dei messaggi inviati a mezzo  social network o messaggeria istantanea: quella non è scrittura … è un linguaggio criptato. In letteratura non si usa.






Le norme dattilografiche sono elementari quanto fondamentali. Eccole qui:



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Scegliete un font (tipo di carattere) estremamente diffuso come: “times new roman” o “arial” e che comunque non affatichi la lettura.

Sì, i caratteri che riproducono la scrittura a mano sono tanto  belli quanto illegibili. Riguardo quelli arabescati sono molto esotici, è vero, ma non si abbinano granché al contenuto del vostro romanzo.

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Non utilizzate la funzione di sillabazione automatica: alcune parole potrebbero rimanere irrimediabilmente troncate in due spezzoni (specialmente nel caso di modifica delle dimensioni della pagina o del carattere).

 Il programma di videoscritture distribuirà il vostro amato testo nell’ambito di ciascuna riga, della pagina, del capitolo e dell’intero libro meglio di quanto possiate fare voi. Fidatevi!

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Prediligete la formattazione “giustificato”: la riga si riempirà quanto basta senza lasciare vuoti.

Inutile risparmiare spazio: è già pagato. Usatelo tutto e la pagina non apparirà seghettata e disordinata bensì bella pienotta. Crepi l’avarizia!

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Non andate a capo a fine riga: lo farà automaticamente il vostro programma di videoscrittura. Salvo che non vogliate andare “punto e a capo”.

Se siete nati nell’epoca delle macchine da scrivere quando un campanello vi avvisava dell’imminente fine della riga, beh … avrete la tentazione di andare a capo, è normale. Tranquilli: i pc non hanno campanelli né leve a molla per far muovere il rullo della carta. Provvedono da soli. Volete provare?

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Prestate attenzione alla scrittura di formule matematiche: all’occorrenza usate la funzione “apice” e/o “pedice”.

No, non sono parolacce … è roba per matematici, ingegneri, fisici e via discorrendo. Tutta gente con la quale non dovrete mai avere a che fare. A voi interessano solo lettori ed editori.

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Ci sono dei caratteri di punteggiatura che devono essere attaccati alla parola che li precede e separati da quella che segue. Essi sono:

– il punto (.)

– il punto e virgola (;)

– la virgola (,)

– il punto esclamativo (!)

– il punto interrogativo (?)

– il simbolo di percentuale (%)

– l’apostrofo (‘)

– gli apici o virgolette chiuse (“)

– le parentesi tonde ) e quadre ] chiuse

– il segno di uguale (=)

Tutto chiaro? Volete scrivervi un promemoria da attaccare sul bordo del monitor? Fate pure … non c’è nulla di scandaloso in questo.

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I caratteri di punteggiatura che devono essere attaccati alla parola che li segue e separati da quella che li precedono sono:

–    apertura di apici o virgolette (“)

–    parentesi tonda ( e quadra aperte [

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Non usate l’apostrofo per accentare le vocali minuscole come: a,e,i,o,u. La scrittura corretta è: “à, è, é, ì, ò, ù”, mentre la scrittura: “a’, e’, i’, o’ u’” non va mai usata.

La tastiera standard italiana è già dotata di vocali minuscole accentate: usatele! Sono pagate.

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Il discorso diretto può essere introdotto con il trattino (-) o con le virgolette (“). E’ assolutamente vietato l’uso dei doppi segni matematici di “maggiore di” (>>) o quelli di “minore di” (<<).

Le freccette usatele nei pub nel corso di tornei all’ultimo punto … in letteratura non si usano. Pungono. Inoltre esteticamente sono orribili, inguardabili.

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Nel caso del trattino, possiamo permetterci di non chiudere il discorso diretto con un’altro trattino a fine riga, ma solo se quella successiva comincia con un altro discorso diretto.

Esempio:

– Buongiorno, dottore.

– Buongiorno a lei, dottoressa.

Dite la verità: dopo aver letto questa norma dattilografica è diventato un buongiorno anche per voi?

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Nel caso delle virgolette dovranno essere aperte e chiuse delimitando il discorso diretto, altrimenti lasceranno interdetto il lettore. Fate attenzione nel mettere quelle di apertura attaccate alla parola che le segue mentre quelle di chiusura dovranno essere attaccate alla parola che le precede.  Ad esempio:

“Buongiorno, dottore!”, esclamò entusiasta la giovane ortopedica mentre il luminare delle ossa replicò annoiato:

“Buongiorno a lei, dottoressa”

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I puntini di sospensione possono essere collocati indifferentemente attaccati alla parola che li precede o li segue, oppure essere separati da queste tramite uno spazio.

Personalmente trovo questa ultima soluzione (rendere equidistanti i puntini dalla parola che li precede e da quella che li segue) crea ancora più sospensione, non credete? … creano attesa … una pausa di riflessione … ma non occorre esagerare … altrimenti diverrà un salto tra i puntini.

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Il testo deve avere una sua estetica armoniosa, a prescindere dal contenuto. 

Un blocco monolitico contenente un fiume di parole difficilmente giova alla lettura. Il lettore deve avere il tempo di respirare, di elaborare quanto gli occhi hanno visionato affinché si generino nella sua mente quelle sensazioni che l’autore intende trasmettergli. Ammucchiare le parole non produce un ritmo narrativo più incalzante. Inoltre i costi di stampa non diminuiranno  granché.

Vi siete resi conto che abbiamo volutamente compresso i suggerimenti? E non è un bel leggere … 

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Andare a capo indiscriminatamente non renderà più lungo il testo. 

Se il vostro racconto/romanzo è striminzito non allungate il brodo.

Un consiglio: lasciate da parte la vostra composizione e raccogliete le idee.

Soprattutto leggete, leggete, leggete e poi, se proprio avete desiderio di farlo, riprendete a scrivere.

Forse siamo andati a capo un po’ troppo spesso!

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La “d” eufonica va inserita (in genere) solo quando due parole finiscono/cominciano con la stessa vocale. “Solo” dove occorre, non deve cadere ovunque indiscriminatamente come il prezzemolo. 

Ed ecco un esempio di d eufonica corretta”. 

Non scrivereste mai: “e ecco”, giusto? 

Ed allora perché la piazzate ovunque’?” Vi risulta che la vocale “E” di “ed” sia la stessa vocale di “allora”?

Altri esempi:

Ad amministrare la d eufonica non è facile. Tutti concordi. E invece voi che fate? Eccola spuntare a ogni dove!

Nuovo Manuale del Volovelista

titolo: Nuovo Manuale del Volovelista – Guida al conseguimento della Licenza di Pilota di Aliante

autore: Guido Enrico Bergomi

editore: Veant

anno di pubblicazione: 1996

ISBN: 8887125058





Se il volo a vela fosse una fede, il “Nuovo manuale del volovelista” sarebbe la sua Bibbia.

Non c’è pilota di aliante che, in Italia, non lo abbia letto, riletto, sottolineato e stropicciato. Non fosse altro perché da molti anni, tutti gli Aeroclub italiani lo utilizzano quale insostituibile libro di testo. E c’è di più: nella fraseologia degli allievi, viene sovente additato come “il Bergomi” intendendo il prezioso volume anziché l’autore. Un po’ come accade per “Il Trebbi”, rimanendo nel settore delle scuole di volo.

Il perché del notevole e durevole successo di questo volume è presto detto: chiunque, anche senza un titolo di studio, senza alcuna esperienza di volo, senza alcuna attitudine matematica, riuscirà a comprendere i principi che sono alla base del volo. Non solo. Conoscerà finalmente le criptiche regole dell’aria, imparerà ad esprimersi secondo la bizzarra fraseologia aeronautica o si cimenterà nell’uso degli strumenti di bordo di un aliante. Poi apprenderà i principi di una disciplina alquanto affascinante come la meteorologia, si renderà edotto circa le manovre di pilotaggio, dalle più semplici alle più complesse. E ancora: avrà modo di conoscere i sani principi della medicina aeronautica o della regolamentazione aeronautica, le procedure operative a terra e in volo, comprenderà i vari aspetti della

Libro Il Nuovo Manuale del Volovelista di Guido Enrico Bergomi
Copertina del “Il Nuovo Manuale del Volovelista”

navigazione aerea e si renderà conto di quanto siano meravigliose e geniali le macchine volanti. Il tutto con un approccio estremamente semplificato eppure mai superficiale che si concede pochissime formule matematiche e ricorre invece – praticamente in ogni pagina – a disegni altamente esplicativi.

In definitiva, l’ambiziosa intenzione dell’autore, a nostro parere, è raggiunta: se l’allievo pilota di aliante farà tesoro di ogni riga di questo prezioso volume poco o nulla dovrà integrare l’istruttore di volo sottoforma di lezioni teoriche. Ne sono conferma le centinaia di piloti che nel corso di tanti anni hanno fatto ricorso a questa guida assai esauriente e mai prolissa.

Aggiungiamo che è un testo consigliabile a chiunque nutra una minima curiosità riguardo l’inavvicinabile (solo in apparenza) mondo del volo. Dunque lo consigliamo agli studenti degli istituti tecnici ad indirizzo aeronautico come pure agli appassionati di modellismo aereo, agli accaniti praticanti del volo simulato e perché no? … a certi sedicenti giornalisti (o scrittori in genere) che sovente si cimentano in questioni aeronautiche senza avere la benché pallida idea di cosa stanno scrivendo.

Naturalmente si tratta di un manuale e dunque il lettore non pretenda di leggere un romanzo … tuttavia, niente paura: a questa aspettativa il Bergomi (inteso come autore) ha sapientemente risposto regalandoci ben quattro volumi nei quai ripercorre – qui sì in chiave di narrazione autobiografica – i suoi trascorsi di pilota e di uomo. E si tratta di trascorsi piuttosto singolari.

Leggere per credere!





Recensione della Redazione






Avventure di un Pilota nella Compagnia di Bandiera - Guido Enrico Bergomi - Copertina
Avventura di un pilota nella compagnia di bandiera negli anni 60-70
Vivo per Miracolo - Guido Enrico Bergomi - Copertina
Vivo per Miracolo

Mario Trovarelli

spirit of san louis

Vivo la Vita con stupore e con paura. Con rabbia e con amore.

Sono il poeta della campagna.

Disteso sulla terra morbida guardo il mondo e ricordo quando il nonno raccontava le storie di eroi e di battaglie, di viaggi e di notti magiche illuminate da mille e mille fuochi.

Ho volato.

Dalla campagna al mare, dai monti alle metropoli. Ho volato. Ora scrivo per curare.

Mi piace stupire.

Amo comunicare fino in fondo per esprimere me stesso senza veli. Scrivo per commuovere. E per piangere.

Scrivo per dare un volto ai dispiaceri degli uomini che soffrono. Per trasformare in lacrime il loro dolore.

Scrivo per sognare.

Sono il poeta del vento.

Mi stupisco del cristallo che rende azzurro il cielo e bianche le nuvole d’ovatta.

Luminose le stelle.

Scrivo i sogni mai sognati. Offro l’affetto mai provato.

Scrivo per cantare e per lenire il dolore mai sofferto dai prigionieri del pensiero.

Dono me stesso a tutti. Uomini e donne. E mi sento onnipotente. Per questo sono insoddisfatto. E torno a scrivere. Per dare. Per prendere.

Sono il poeta del volo.

Mi tuffo giù in picchiata nelle valli di lacrime e m’impenno su in cabrata per le vette alte dei successi fugaci. Sorvolo campi e boschi.

A volte passo a sfiorare le piccole onde ballerine dei laghi di montagna e attraverso la spuma bianchissima dei ruscelli di campagna. A volo radente.

Posso spingermi fino all’orizzonte estremo dove il mare blu s’incontra col cielo azzurro.

Un giorno punterò dritto le ali in cabrata con manetta avanti a tutto motore. Salirò verso l’alto finché l’elica non avrà più respiro. Né aria da mordere.

Un palpito estremo di vita, prima del grande trapasso. E ancora più su. Fino alle sorgenti della luce, dove non si ha più voglia di tornare indietro.

Scrivo per guarire, e per imparare a volare. Scrivo per guarire.

E per amare.



Per inviare impressioni, minacce ed improperi all’autore:  axter(chiocciola)tin.it, oppure visitate il suo sito personale: www.narrare.it


Nel sito sono ospitati i seguenti racconti:

Triplano Barone Rosso
Il primo Volo

Un aeroplano per amico

Calanchi

E' scritto nel vento

Il primo volo

Rischio di collisione

L'ultimo volo

Il volo delle pojane

Un volo drammatico
Foto in copertina di Michele Travierso

Il primo volo



Un grosso temporale s’annuncia a nord-est. Nubi alte e cupe s’addensano a ridosso del Monte Calvario.

Il pilota si leva presto al mattino per non perdere il fascino della magnifica preparazione.

Il cielo sta organizzando il suo funerale. Non sarebbe carino perderlo.

Ormai da troppo tempo aspetta il momento propizio: l’incontro con le nubi temporalesche, l’interminabile acrobazia inebriante, la lenta discesa sulla spiaggia (in vite rovescia col motore in fiamme). E finalmente lo schianto.

La morte trionfale!

Un fenomeno della natura trasformato in sinfonia maestosa.

Il pilota scende dalla casa di campagna e imbocca il viale delle Mimose. Varca la soglia del sacro aerodromo. E si sofferma ad ammirare il suo biplano stupendo.

Il vento è forte e mutevole.

Docilmente il fido velivolo si lascia preparare per l’evento. Poi inizia a rullare velocemente, con l’ansia di partire. S’allinea in pista e decolla controvento.

Una rapida salita.

E finalmente l’avvicinamento al cuore del nuvolone. Un gigantesco cumulonembo, fucina di mille temporali.

Momenti sublimi d’eccitazione elettrizzante. Il pilota precede il volo col cuore.

La grande nube avanza rapidamente. Cuore e motore pulsano assieme. In sincronia perfetta. Ma nel momento in cui l’anima assapora l’attimo di gloria, un ricordo improvviso entra nella mente.

Una donna lontana.

L’unica che il pilota abbia mai amata. L’unica dalla quale egli si sia sentito veramente amato.

L’egoismo e la sete di gloria gli avevano dato l’oblio. Ma ora la fata gli torna alla memoria. E la sua volontà vacilla.

Sicché alla turbolenza della prossimità temporalesca fa eco il suo animo inquieto e smarrito.

La mano è salda sulla cloche. Ma il cuore tentenna.

Un lampo accecante lo restituisce alla realtà.

Il pilota è ormai sulla soglia. Folgori spettrali svelano spaventose voragini di niente.

Un attimo d’esitazione senza pensare. Poi d’improvviso pianta una virata a coltello e inizia a lottare col vortice ingordo. Che ormai vuole ingoiarlo.

Come un vecchio asino viene disturbato da un comando inatteso, così il piccolo biplano sembra contrariato dalla brusca virata.

E si oppone decisamente all’istinto del pilota. Scivola, si contorce, oscilla paurosamente. Ma il motore romba strepitoso.

Il pilota rinforza la potenza e afferra saldamente la cloche tra le mani.

La sfida vede fasi alterne. Ora sembra vincere il buio. Ma presto la prua viene domata da una virata di scampo seguita da rovesciamento.

La Fata e la Morte combattono a lungo. Per la vita del pilota.

Forze titaniche. Ma intanto, all’orizzonte lontano, un piccolo lume ha smascherato la notte.

E’ l’aurora.

Il pilota invoca la fata. E finalmente vince sulla tenebra.

Il nero gigante ora s’allontana.

Il fascino della morte è superato. E con esso la paura.

All’alba il pilota rientra alla base. Scende dal suo nobile biplano.

E bacia il suolo accogliente del sacro aerodromo.

Poi, lentamente, s’avvia verso casa.

Nel cuore … la fata.






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Mario Trovarelli
Foto in copertina di NAndy Leonard