Riccardo Baldinotti

elicottero a pallaL’autore è arrivato qui in maniera ignota, per cui non sa come andarsene. Passa il tempo a lanciare appelli del tipo: “Se trovassi la porta per uscire, prometti che mi avviserai”, e tale appello pure qui rinnova. Gli piacciono le nuvole, i fiori, i cuccioli di mammifero, la musica di Mahler e i Gentle Giant. Però non sa volare, non ha il pollice verde, non tiene (né procrea) cuccioli di alcun genere, e neppure sa suonare. È riuscito finora a evitare molto di quel che non gli piaceva ma sfortunatamente, in questo modo, ha evitato anche molto di quel che gli piaceva, e ne ha tratto così un’esperienza: che non tutto il male vien per nuocere, e che non tutto il bene vien per favorire. È convinto di scrivere cose allegre, anche se alcune suonano tristi, e gli piace sognare, ad occhi aperti o chiusi, soprattutto ascoltando la musica o guardando il cielo. Del mondo che ha trovato qua, dice: “Ohibò” e, interrogato sul senso dell’esclamazione, guarda con aria assente e chiede: “Perché, tu ci capisci  qualche cosa?” Ciononostante, detesta i fricchettoni, i disimpegnati, i qualunquisti, e quelli che la libertà se la trovano sopra un albero o in una barca a vela. Massime, gli stanno in uggia i disfattisti e gli egocentrici (come è lui). In un momento di euforia, ha gridato: “Sì, ridete pure, stelle, di noi. Più forte rideremo, quando con voi giocheremo a palla”. Gli piace pure citare la seguente frase, messa in bocca ad un suo personaggio: “Le tradizioni sono solo il modo in cui i vostri antenati sbagliavano. Non che voi siate migliori, ma non vi piacerebbe sbagliare a modo vostro?”. Chiede umilmente, a qualunque agenzia spaziale, che gli facciano fare un giro su un’astronave.

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Mio figlio, il pilota

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