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Magnificient desolation

titolo: Magnificient desolation. The long journey home from the moon – [Magnifica desolazione. Il lungo viaggio di ritorno dalla Luna]

autore: Buzz Aldrin e Ken Abraham

editore: Harmony Books

ISBN: 978-1-40880-710-1





Un altro libro di Buzz Aldrin, interessantissimo come gli altri. Qui l’autore narra sempre la stessa sua parte di vita ma, secondo la mia impressione, ha voluto condividere tanti elementi nuovi, per rendere ancora più chiaro il percorso difficilissimo che lo ha portato, dapprima fin sulla superficie della Luna, poi in fondo ad una sorta di abisso e, finalmente, ad una accettabile esistenza sulla Terra.

La copertina è prossechè la medesima sebbene il titolo del volume sia collocato in verticale anzichè in orizzontale … ma il volume è sempre a firma di Buzz Aldrin.

Non dimentichiamo l’intento che ha avuto sin dall’inizio: far conoscere il proprio disagio, sapendo che era anche lo stesso provato dai suoi colleghi astronauti, o piloti comuni. Ha messo a rischio la propria carriera, che infatti ne ha risentito, per  avventurarsi in un terreno sconosciuto e ancora tutto da esplorare, quello che lo avrebbe condotto, come sperava, verso la guarigione. In questo modo avrebbe indicato a tutti gli altri nella sua stessa condizione, la strada da seguire, sebbene questa fosse ardua quanto quella attraverso lo spazio fino alla Luna e ritorno.

La dedica recita: “To my fellow astronauts from the Mercury, Gemini, Apollo, and Skylab eras. Each one of these men possessed special talents that contributed to the success of human space exploration. I am proud that I had the privilege of joining these space pionneers who ventured outward to expand mankind’s presence beyond our planet Earth.

To my partner and great love in life, Lois, who sustained my efforts to chart future pathways to the stars”.

[Ai miei colleghi astronauti dell’era delle Mercury, Gemini, Apollo, e Skylab. Ognuno di questi uomini possedeva talenti speciali che hanno contribuito al successo dell’esplorazione umana della spazio. Sono orgoglioso di aver avuto il privilegio di aver fatto parte di questi pionieri dello spazio che si sono avventurati avanti per espandere la presenza umana al di là del pianeta Terra. Alla mia compagna e grande amore della mia vita, Lois, che ha sostenuto i miei sforzi per pianificare il percorso verso le stelle].

Già dalla dedica si capisce che il divorzio dalla storica moglie, Joan, con la quale aveva tre figli, lo ha condotto a un’altra donna.

Un’intensa foto di Buzz Aldrin che, alla vigilia della missione Apollo 11, è ritratto di profilo con lo sfondo della Luna. Uno scatto ad uso e consumo dei media dell’epoca – è vero – ma che oggi, a distanza di tanti anni, è divenuto memoria storica di un astronauta unico nel suo genere

Aldrin aveva messo in evidenza come la vita impegnatissima, fino all’esasperazione, alla quale gli astronauti erano costretti, e che li portava spesso a compiere parecchi viaggi in giro per i vari stati dell’America, richiedeva di poter trovare un po’ di relax, quando possibile. Del resto, come dice lui stesso, la loro condizione di astronauti li poneva in tale evidenza da avere intorno, nei vari party che si organizzavano qua e là, un gran numero di ragazze desiderose di conoscerli e di intraprendere qualche tipo di relazione con loro.

Aldrin dice che tra gli astronauti c’erano quelli che resistevano alle tentazioni e quelli che cedevano. E ammette senza mezzi termini di far parte della seconda categoria.

Aveva intrapreso una sorta di relazione con una certa Marianne, una ragazza di New York, che però aveva anche un altro uomo che insisteva per sposarla. Aldrin, dopo aver chiesto il divorzio a Joan, era andato a New York per sposare Marianne, ma lei lo aveva rifiutato e si era sposata con l’altro.

Questo aveva lasciato Aldrin, come la stessa Joan gli aveva augurato, con il sedere per terra.

E nello stesso periodo aveva anche fatto domanda di congedo dall’Aeronautica. Come dire due volte con il sedere per terra.

E’ possibile, come si intuisce, che queste decisioni siano state il frutto di un comportamento patologico dovuto alla depressione dalla quale non era affatto guarito come credeva.

In questo libro conosciamo anche la parte successiva. E scopriamo che ciò che segue non è facile per nulla.

Nel secondo capitolo troviamo la spiegazione del titolo del libro.

Aldrin scese dalla scaletta del LM (lunar module) per secondo. Guardandosi intorno, un pensiero attraversò la sua mente, di fronte al meraviglioso nulla, al grigio uniforme del suolo lunare: “magnificient desolation” – [“magnifica desolazione”]!

Che la Luna, agli occhi degli astronauti della missione Apollo 11, apparve desolata eppure magnifica, beh … non stentiamo a crederlo. Anche a noi, di fronte a questa immagine, seppure non così ravvicinata, la Luna ci appare magnifica e soprattutto desolata. Ma immaginiamo, solo per un istante, se il pianeta Terra non avesse mai goduto dell’esistenza del suo satellite … ne avrebbero risentito le maree – certamente – i licantropi (volgarmente detti “lupi mannari”) e le produzioni orticole (almeno a detta degli orticolltori); di sicuro avrebbe nuociuto ai poeti e ai cantori romantici che hanno sempre visto in questo pallido sasso  desolato un confidente silente delle proprie passioni o dei propri tormenti; non ultimo, dovre avremmo inviato gli astronauti delle missioni Apollo?  Su Marte, direttamente? … no! Mettiamola così: teniamoci ‘sta Luna, per quanto desolata eppure magnifica.

 

Nel luglio del 1969, l’immagine in bianconero di Aldrin che scendeva la scaletta, dopo essere arrivata all’ultimo scalino, fece una pausa. Neil Armstrong era già sceso. Non c’era motivo di diffidare della consistenza del suolo. Ormai si sapeva che lo spessore dello strato di polvere era contenuto. Allora perché quell’attimo di titubanza?

Perché, spiega l’autore, si era fermato per espletare una funzione corporale che non aveva potuto fare prima: la pipì. Gli astronauti avevano una specie di tubo che portava l’orina ad un sacchetto collocato un poco più in basso della vita, all’interno della tuta. Un sistema ben collaudato.

Molti piloti di aeroplano hanno l’abitudine di fare la pipì dietro la coda dell’aereo, prima di andare in volo. Forse oggi questo rito non è più seguito come nel passato, anche piuttosto recente. Ma parliamo del 1969. Era una specie di rito scaramantico. E anche una necessità, perché una volta in volo…

Ma c’è un’altra ragione, che Aldrin riporta spesso nei suoi libri come nelle sue conferenze e si trovano anche su YouTube, nelle interviste video pubblicate: se non poteva essere il primo a mettere piede sulla luna, poteva essere il primo a farci la pipì. Una maniera molto elevata di marcare il territorio.

Il terzo capitolo si intitola: Homeward bound – [Verso casa]. Il ritorno a casa.

E dal quarto in poi ritorna l’argomento più duro, quello del riadattamento alla vita comune.

Infatti il quarto capitolo si intitola subito: After the moon, what next – [Dopo la Luna, che altro c’è?] Un titolo molto illuminante.

Buzz Aldrin nella foto che, complice anche questa copertina del National Geographic”  (Vol. 136, No. 6 ) del dicembre  1969,  lo ha reso pressochè immortale e nella quale si scorge uno scorcio della sua Luna desolata

Passiamo attraverso capitoli come: Realignment, Flying high, flying low, duty and dilemma, uman side of hero, controlled alcoholic, turning point, reawakening – [Riallineamento, volando alto, volando basso, dovere e dilemma, lato umano di un eroe, controllo alcolico, giro di boa, risveglio], etc etc…

Molto viene dedicato al nuovo amore della sua vita: Lois. La biondissima Lois, che possiamo vedere insieme a Aldrin in molti filmati di YouTube.

Il libro prosegue il racconto di tutti gli anni a seguire, fino ai giorni nostri, o quasi, visto che l’edizione è del 2009.

Per comprendere l’entità delle dimensioni del Saturn V, il razzo vettore utilizzato per le missioni Apollo, è sufficiente confrontare i tre operatori ripresi sul lato sinistro del fotogramma rispetto ad uno degli stadi del colosso in attesa di essere trasferito dall’hangar alla piattaforma di lancio della NASA. Questo anche a dimostrare l’enormità di mezzi mesis in campo dall’amministrazione statunitense per raggiungere la superficie lunare.

E’ un racconto molto interessante, non si riesce davvero a staccare gli occhi dallo scritto, per vedere cosa succede dopo. Gli insegnamenti che si ricavano da questa lettura sono immensi e di immenso valore. Si ha l’impressione di vivere in America, ci si immerge in un ambiente e in una mentalità diversa dalla nostra, ma che sembra di conoscere già e qui la riscopriamo ad ogni pagina, consolidandone la conoscenza.

Non penso di rovinare nessuna sorpresa se anticipo che, come nelle migliori storie, anche quella con Lois finirà per andare in pezzi, con divorzio e controversie legali.

Oggi Buzz Aldrin è ancora in piedi. Più forte e determinato che mai, spinge con grande energia la corsa alle esplorazioni spaziali e alla colonizzazione di Marte.

Ha ideato un progetto per rendere possibile tutto questo. Un’idea complessa, che si condensa in una frase emblematica che troviamo dappertutto intorno a lui, come nelle magliette che il suo sito vende per e-commerce etc: Get your ass to Mars – [letteralmente: porta il tuo culo su Marte].

Buzz Aldrin oggi.

Anche questo si trova su internet, su Youtube e Facebook.

L’argomento è tutt’altro che esaurito e avremo modo di riparlarne.



 


Recensione a cura di Evandro Aldo Detti (Brutus Flyer)



Nota della Redazione

Tutte le fotografie presenti in questa recensione sono state prelevate gratuitamente dallo splendido sito web Apollo archive che vi invitiamo a visitare in lungo e largo. Troverete centinaia di scatti a colori e in bianco e nero che ripercorrono le missioni Apollo nonchè le pre e post Apollo. Ricco di didascalie e di ulteriore materiale collaterale, è un sito divulgativo cui non smetteremmo mai ti attingere. Perchè se è vero che la storia, per essere viva,  deve essere vissuta, ebbene siamo certi che questa è la migliore opportunità offerta a coloro che vogliano farlo davvero




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