Mission to Mars

titolo: Mission to Mars. My vision for Space Exploration – [Missione verso Marte. La mia visione dell’esplorazione dello Spazio]

autore: Buzz Aldrin e Leonard David

prefazione di: Andrew Aldrin (figlio di Buzz)

editore: National Geographic Society

ISBN: 978-1-4262-1018-1





Questo libro di Buzz Aldrin è l’ultimo che ho letto in ordine di tempo. E forse è anche l’ultimo che ha scritto. Aldrin è nato nel 1930. Nonostante la veneranda età ha ancora molto entusiasmo e un inesauribile interesse per lo Spazio, per i viaggi spaziali in generale e per la conquista del pianeta Marte in particolare. Infatti non perde occasione per promuovere iniziative in tal senso. Partecipa a conferenze, incontri, manifestazioni, gestisce un apposito sito Internet e scrive libri.

Questo libro, in particolare, è diverso dagli altri scritti precedentemente. Gli altri erano autobiografie, resoconti di missioni nello spazio e del primo allunaggio.

Qui, sin dalle prime pagine, si comprende che l’argomento non riguarda il passato, ma il futuro.

Sono otto capitoli densi di tecnica, scienza, finanza, politica, progetti veri e propri di conquista, utilizzo, sfruttamento delle risorse energetiche di Luna, asteroidi e del pianeta rosso.

Non si tratta di studi dell’ultima ora, ma di un resoconto finale del lavoro costante e certosino di un’intera esistenza.

Quel satanasso di Buzz Aldrin, alla sua venerabile età (è un classe 1930!), non si risparmia un solo istante e non perde neanche un’occasione nel promuovere le sue convinzioni circa la necessità di un insediamento umano permanente sul pianeta rosso. Anche la maglietta che indossa immancabilmente in tutte le occasioni pubbliche cui partecipa non viene meno al suo spirito guasconesco. A tradurla esattamente vuole dire: “Porta il tuo culo su Marte!”. Più chiaro di cosi?!

Già da studente si era laureato in scienze aerospaziali al famoso MIT, la prestigiosa università con sede a Boston. Al Massachusetts Institute of Technology aveva discusso una tesi sulle tecniche di aggancio e sgancio di due navicelle spaziali fuori dall’atmosfera terrestre. Un argomento che gli si rivelò oltremodo utile per essere assunto alla NASA. Quest’ultima aveva iniziato a reclutare piloti militari, ponendo come requisito essenziale che fossero tutti piloti collaudatori (test pilots).

Il primo gruppo, infatti, proveniva dalla base dell’aeronautica di Edwards, dove era la sede del reparto sperimentale. Erano tutti esperti test pilots.

Aldrin non lo era. Al primo tentativo fu rifiutato, proprio per questo motivo. Ma ripresentò la domanda, mettendo in risalto l’argomento della sua tesi di laurea e stavolta lo accettarono.

Come tutti gli autori che si rispettino, anche Buzz Aldrin si è impegnato in un’intensiva campagna promozionale del suo libro: “Missione su Marte. La mia visione dell’esplorazione dello spazio”. Era presente anche a Milano, in occasione dell’ultima giornata del Wired Next Fest, non più tardi del 28 maggio 2017. Nella città meneghina il “lunatico” Buzz è stato letteralmente sommerso dagli applausi dai numerosi presenti. Naturalmente il buon Buzz ha preso la parola e ha proclamato: “Marte andrebbe occupato con missioni continue che si possono succedere a distanza di anni per sostituire i coloni: dobbiamo andare e restare, non solo lasciare impronte e bandiere.” Inoltre ha aggiunto: gli Stati Uniti devono guidare una coalizione di nazioni: in 8 anni potremmo tornare sulla Luna per assemblare gli habitat e i lander riutilizzabili e da lì andare su Marte.” Poi, un poco melanconico ha concluso: “Ai nostri tempi non avevamo davvero un piano, stavamo rincorrendo la tecnologia”. E i sovietici – aggiungiamo noi -.

Come ben si sa, la tecnica di rendezvous è stata l’elemento chiave di tutte le missioni Apollo.

Dopo l’Apollo 11, quello del primo sbarco sulla Luna nel 1969, per Aldrin cominciò una vita difficile (curiosamente, prima di congedarsi dall’Aeronautica fece in tempo a prestare servizio come comandante della USA Test Pilot school Air Force base di Edwards, California), ma nel corso dei decenni successivi, pur con tutti i problemi di vita personale, non ha mai cessato di cercare un progetto in ambito spaziale al quale dedicarsi con impegno. Sembra che tutti gli astronauti avessero un bisogno psicologico di sostituire lo scopo elevatissimo appena raggiunto con uno altrettanto elevato, se non addirittura superiore.

Aldrin ha scelto la conquista di Marte.

Dopo il 1972, anno dell’ultima missione sulla Luna, l’Apollo 17, sono seguiti decenni di relativamente basso profilo, in ambito spaziale. Ci si è limitati a restare poco fuori dall’atmosfera, alcune centinaia di chilometri appena. Si è costruita la ISS (International Space Station), la Stazione Spaziale Internazionale e si è sviluppato lo Shuttle per i collegamenti con essa.

Niente più viaggi nello Spazio profondo.

Una cartolina da Marte

Andrew Aldrin, il figlio di Buzz, così scrive nella prefazione di questo libro:

This book represents a journey of its own. It began the moment my father set foot back on Earth. Since that time he has been constantly thinking about how people from Earth will inhabit another planet – [“Questo libro rappresenta un viaggio esso stesso. Cominciò nel momento in cui mio padre tornò sulla Terra. Da allora non ha fatto altro che pensare a come i terrestri avrebbero potuto colonizzare un altro pianeta]”.

Andare su Marte richiede mesi di viaggio. Dai sei agli otto, con la tecnologia attuale. Ma secondo Aldrin non ha molto senso andarci giusto per piantare una bandiera e tornare indietro con un fagotto di pietre, come è stato per la Luna. La sua idea non è una corsa tra nazioni, per stabilire chi ci arriva prima. Lui pensa che questo modo di fare sia ormai retaggio del passato, andava bene giusto all’epoca della Guerra Fredda. Oggi si deve pensare ad una collaborazione tra nazioni, al contributo che ognuna può apportare allo sforzo economico richiesto da un’impresa simile, allo sfruttamento congiunto delle risorse energetiche contenute nel sottosuolo degli asteroidi, delle cosiddette lune di Marte e nel sottosuolo e nell’atmosfera di Marte stesso. E bisogna abbandonare l’antica idea del coinvolgimento unico dei governi dei paesi partecipanti, lasciando campo aperto alle iniziative delle imprese private, comprese quelle turistiche. I viaggi intorno alla Luna possono essere organizzati per scopi turistici, come quelli verso la Stazione Spaziale Internazionale o addirittura verso una serie di Hotels spaziali costruiti allo scopo. In questo modo viene coinvolta l’intera umanità.

E se si va su Marte, ci si deve andare per restare. Lo scopo deve essere quello di colonizzarlo.

I tempi sono maturi, secondo Aldrin, per pensare alla specie umana che vive su più pianeti.

Questo libro, comunque, non è un libro di teorie più o meno ardite.

La retrocopertina dell’audace ex astronauta Buzz Aldrin

Aldrin presenta in queste pagine lo studio di tecniche perfettamente attuabili adesso, come lo studio dell’Aldrin Cycler.

Di cosa si tratta?

Spiegarlo in poche parole sarebbe troppo riduttivo. In estrema sintesi, si tratta di un veicolo spaziale, assemblato nello Spazio come la ISS, di ampie proporzioni per essere vivibile e confortevole. Una volta pronto, questo Cycler viene accelerato ed inserito in un tipo di traiettoria perenne che si snoda attraverso il sistema solare, tra la Terra e Marte. Per mantenere velocità e traiettoria viene sfruttata l’energia gravitazionale dei pianeti e per le necessarie e periodiche correzioni richiede l’impiego di poco carburante.

Quando il veicolo si trova a fare il giro intorno alla Terra può essere raggiunto da un altro veicolo apposito che può trasportare merce, carburante e persone e si può agganciare al primo con la tecnica del rendezvous.

La stessa cosa avviene nell’orbita marziana. Un veicolo che si sgancia e scende sulla superficie porta rifornimenti e persone. Ma un altro veicolo può partire da Marte e andare ad agganciarsi al Cycler per tornare verso la Terra. Dove scenderà mentre un altro salirà, e così continuativamente.

Geniale.

Sul libro tutto quello che ho ristretto in poche frasi è invece descritto nei minimi particolari. Ma la genialità non finisce qui. Aldrin non pensa ad un semplice spostamento di uomini e cose verso Marte. Piuttosto considera questo come la meta finale di un viaggio più lungo.

La Luna, per esempio.

Tornarci ha senso?

No, se ci si torna solo per passeggiarci sopra per ore o giorni.

Si, se si considera invece la costruzione di insediamenti definitivi allo scopo di sfruttarne le risorse del sottosuolo o altri tipi di opportunità, non ultimi, come ho detto, quello turistico.

Copertina e II di copertina di  Mission To Mars firmata dall’autore

Ormai si sa che sulla Luna c’è acqua, sebbene sia depositata, sotto forma di ghiaccio, all’interno di alcuni crateri, tanto profondi da essere sempre al riparo dei raggi solari in qualunque periodo dell’anno e in qualunque punto della sua traiettoria. Una risorsa praticamente inesauribile.

E’ necessario collocare alcuni satelliti stazionari che orbitino intorno alla Luna per consentire le comunicazioni costanti con la Terra e magari con altri veicoli spaziali.

Si, perché secondo Aldrin è possibile collocare veicoli spaziali opportunamente concepiti in ben determinati punti dello Spazio dove restano in equilibrio gravitazionale (sempre con minima richiesta di energia per correggere la propria posizione, quando serve).

E alcuni appositi veicoli spaziali potrebbero portare materiali ed equipaggi sulle lune di Marte, specialmente su Phobos, quella più vicina al pianeta, ma anche l’altra, Deimos, non è meno interessante e sfruttabile. Aldrin spiega in questo libro che per costruire gli insediamenti sul pianeta rosso si dovrebbero impiegare dei robot.

Da Phobos sarebbe possibile telecomandare le operazioni dei robot, in tempo reale ed immediato, senza dover fare i conti con il ritardo temporale del comando inviato dalla Terra. Nel caso di Marte, sia pure alla velocità della luce, un comando impiega una ventina di minuti per raggiungere il robot che opera sul suolo marziano. Troppo.

Il pluriottantenne Buzz Aldrin mentre firma una copia del libro oggetto di questa recensione. Da notare che, sul giubetto che indossa, fa bella mostra di sé la patch della missione Apollo 11 di cui fu membro. Immancabile, inoltre, la t-shirt un pochino scurrile – non c’è che dire – che invita a recarsi su Marte. E senza indugio alcuno – aggiungiamo -.

Solamente dopo aver realizzato questi insediamenti preliminari sulle lune di Marte, si potrà procedere alla colonizzazione permanente del pianeta rosso. Perché allora tutte le infrastrutture saranno pronte ad accogliere i primi occupanti.

Ho detto che l’idea di Aldrin è quella di un coinvolgimento globale di tutti gli stati e delle imprese private. Tuttavia, considerato che la Luna è stata conquistata dall’America, deve essere questa ad avere, di diritto, la leadership di tutte le operazioni spaziali. E questa idea, secondo me, potrebbe divenire quella meno condivisa…

Il libro contiene foto, schemi, disegni, che nel kobo non rendono al meglio.

Tuttavia, dal momento che questa carenza si può integrare con Internet e poiché su Youtube ci sono innumerevoli video di Aldrin e delle sue vicende, molte delle quali ricalcano proprio il contenuto dei suoi scritti, non esito ad esortare chiunque abbia un kobo o un altro tipo di ebook reader e una minima conoscenza della lingua inglese ad acquistare e leggere questo ebook.

E’ veramente illuminante.



 


Recensione a cura di Evandro Aldo Detti (Brutus Flyer)


No dream is too high

Magnificient desolation

Return to Earth



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