Archivi categoria: Manuali di Volo

Recensione dei Libri aeronautici

Gagarin

gagarin copertinatitolo: Gagarin

autore: Lev Danilkin

editore: Castelvecchi

collana: Storie

anno di pubblicazione: 2013

nr pagine: 520

ISBN: 978-8876157073






“Che cos’è che spinge un uomo a prendere posto in cima a un enorme fuoco d’artificio come un razzo Redstone, Atlas, Titan o Saturn, e attendere che qualcuno accenda la miccia? (Tom Wolfe, La stoffa giusta)”

Lev Danilkin ci condurrà per mano attraverso la storia del primo uomo andato nello spazio, analizzando la sua vita con lo stile del giornalista investigativo che vuole fare emergere la realtà dei fatti, portando alla luce le falsità e le incongruenze della propaganda sovietica.

Nato nel 1974, laureato in Filologia all’Università di Mosca MGU, vive e lavora nella capitale russa. Critico letterario, scrittore e traduttore russo, è autore di libri sulla letteratura russa contemporanea. La sua biografia di Gagarin, pubblicata in Russia nel 2011 dalla celebre e autorevole casa editrice moscovita Molodaja Gvardija Press, famosa per la collana di biografie d’autore “Vite di personaggi eccezionali”, è il suo primo libro edito in Italia ad aprile 2013 dalla Castelvecchi (marchio di Lit Edizioni Srl) con traduzione dal russo a cura di Alessandra Carbone.

L’autore analizza la vita di Gagarin dalla sua infanzia fino al 27 marzo 1968, giorno del tragico e assurdo incidente aereo nel quale perse la vita il primo uomo a volare nello spazio. Lo fa raccogliendo tutto il materiale esistente su quanto già hanno scritto di lui sia in patria che all’estero, intervistando i protagonisti di quegli anni che sono ancora in vita, studiando i documenti che ora sono accessibili e quanto riportato sulla stampa estera. Il tutto è perfettamente incastonato nel contesto storico-politico-culturale del tempo, arricchito di riferimenti alla vita, struttura sociale e al pensiero dell’URSS in quegli anni.

gagarin sinossi
La breve sinossi del volume

Questa biografia, presenta al lettore una storia al di fuori dei cliché ideologici ai quali altri biografi e scrittori qualificati hanno dovuto sottostare, e ci fa ripercorrere 34 anni di storia contemporanea a 50 anni di distanza, ridando il giusto ruolo e significato sia alle persone che agli avvenimenti.

Questo però non deve indurci a pensare che Danilkin voglia in qualche modo distruggere il mito di Gagarin. Al contrario, quello che ne viene fuori è la figura di un uomo sicuramente ambizioso, ma non arrogante; che ha saputo intuire, capire, sfruttare le situazioni e le opportunità che gli si sono presentate rivolgendo a suo favore gli eventi e che con tenacia ha perseguito i suoi obbiettivi.

Rimarremo stupiti nell’apprendere che per poco Gagarin non fu espulso dalla scuola di volo dell’Accademia per problemi nel pilotaggio del MIG-15. Riguardo poi al volo … quel 12 aprile di 55 anni fa sembra che nulla andò per come pianificato. Ci furono tanti episodi singolari, a cominciare dalla partenza:

[…] ‘Serjapin! Dove diavolo sono i cosmonauti? Perché sono in ritardo? […] Li trovi […]’ […] Viene fuori che per poco German Titov non aveva mandato all’aria l’intera operazione di lancio: si rifiutava risolutamente di indossare lo scafandro da cosmonauta, dicendo: non vedo perché me lo devo mettere,adesso, visto che è deciso che sia Jurij a volare!.

Per poi proseguire con il volo:

“[…] Dopo l’atterraggio sentii la necessità di rivelare tutto quello che mi era successo durante il volo, anche perché dopo di me sarebbero ben presto dovuti altri cosmonauti […]”

Gagarin informa Korolëv (responsabile del progetto delle missioni spaziali) delle anomalie occorse durante il volo e della sua intenzione di citarle nel suo rapporto, quest’ultimo gli rispose:

“[…] se di ciò che è successo a bordo ne verranno a conoscenza i vertici (sia tecnici che politici), il nostro grande progetto di conquista dello spazio ne sarà molto danneggiato […]Jurij, agisci come credi! […] ti do la mia parola che arriverò alla causa del malfunzionamento avvenuto durante il tuo volo […] e ti riferirò le misure che adotterò personalmente.” Il rapporto ufficiale riporterà: “[…] Il volo è andato normalmente, le apparecchiature hanno funzionato benissimo.[…]”

Infine all’atterraggio:

“[…] Incontro al cosmonauta erano state dispiegate le significative forze dell’Aviazione Sovietica[…] Sotto il controllo del Kgb erano stati formati gruppi di ricerca e salvataggio. […]A causa del fatto che la comunicazione dell’avvenuto distacco della navicella fu dato con un certo ritardo, slittò anche l’orario previsto dell’atterraggio […] In più l’orbita della capsula si rivelò essere non quella calcolata; l’apogeo fu più alto di quello previsto per cui Gagarin non potè atterrare là dove l’aspettavano […]” “[…] La confusione cominciò la mattina presto del 12 aprile. All’aerodromo del villaggio di Kljaz’, prepararono al decollo in fretta e furia l’aereo con i medici. Ma quello si bloccò nel pantano dell’aerodromo fin sopra il carrello. Allora i soccorritori furono costretti a partire su un comune Il-14. Arrivarono dunque al presunto punto di atterraggio di Gagarin decisamente in ritardo. Ma il Vostok di Gagarin atterrò comunque in tutt’altro luogo […]” “Nonostante l’enorme portata e le infinite possibilità, tutto questo massiccio dispiegamento di forze non riuscì a portare a termine l’importante missione di salvataggio. Cosa che il comando dell’Aviazione Militare e il Ministero della Difesa non desideravamo certo ammettere. Da lì partirono tutti gli inganni e le balle nei quali venne coinvolto Jurij Gagarin”

L’URSS aveva mandato per prima un uomo nello spazio ma faceva fatica a recuperarlo sulla Terra.

gagarin biografia autore
La breve biografia dell’autore che si trova nel risguardo interno della copertina

In questa biografia il lettore conoscerà un aspetto della vita di Gagarin: “il dopo 12 aprile 1961”. In patria Gagarin è acclamato come un eroe ma ben presto anche le altre nazioni lo accoglieranno come tale, con grande disappunto degli Stati Uniti. Gagarin sarà trasformato in “uomo immagine” dell’URSS, un prodotto che poteva essere presentato all’estero come risultato, e quindi validità, del socialismo sovietico. Si lasciò usare.

“[…] Jurij non aveva assolutamente il diritto di disporre del suo tempo, delle sue azioni. Gli veniva ordinato di partecipare a innumerevoli iniziative socio-politiche in Patria e fuori, e tutto ciò era per lui un dovere”

La sua morte, avvenuta tragicamente e troppo presto, ha suggellato per sempre l’immortalità di Gagarin, un eroe, un mito che non ha avuto il tempo di degradarsi. Una morte che quasi sembra essergli venuta incontro per evitargli di dover dividere il palcoscenico con il primo uomo ad andare sulla Luna: questa volta sarebbe stato un Americano. Gagarin sarà sempre ricordato con la gioventù dei suoi 27 anni e il suo sorriso.

La lettura, nonostante le 467 pagine, scorre piacevole, sono presenti dialoghi e vengono riportate con il discorso diretto le varie testimonianze, quasi sembra leggere un romanzo piuttosto che una biografia. Al termine del libro troviamo: l’indice delle fonti, molto ricche, suddivise per capitoli richiamate nel testo con numeri tra parentesi tonde (xx), e le note che sono indicate nel testo con numeri in apice. E’presente inoltre un breve riepilogo delle date più importanti della vita di Gagarin.

Non vi sono fotografie, l’unica è quella di copertina, a colori. Forse la scelta di non arricchire il libro con foto non è stata casuale, ma voluta affinché al lettore rimanga impressa quell’immagine che ci mostra il viso di Gagarin all’interno del suo casco da cosmonauta, e la sua espressione enigmatica (quasi come il sorriso della Gioconda):

“[…] Quando Gagarin entrò nel razzo, a che pensava? […] La cosa più probabile di tutte è che avesse una paura tremenda”

gagarin retrocopertina
La retrocopertina della biografia di Gagarin che, a dimostrazione del molto “mestiere” da parte dell’autore, assume quasi i connotati del romanzo.

Il 12 aprile 1961 è stato lanciato un seme nello spazio, che ha resistito alle vicende terrene; oggi la Guerra Fredda la studiamo sui libri di storia, il muro di Berlino è caduto, l’URSS e il blocco dei paesi dell’Est non esiste più, USA e Cuba hanno riallacciato relazioni diplomatiche, ma “La via del cosmo” tracciata da Gagarin è sempre lì.

Altri Cosmonauti e Astronauti, uomini e donne, l’hanno percorsa e la percorreranno per costruire una cooperazione pacifica tra le nazioni…







Recensione a cura di Franca Vorano

Elisa Deroche alias Raymonde De la Roche

elisa deroche copertinatitolo: Elisa Deroche alias Raymonde De la Roche

autore: Enrico Grassani

editore: Editoriale Delfino

collana: Le edizioni tascabili

anno di pubblicazione: 2015

ISBN: 978-88597323-46-4

pagine: 369






Elisa Deroche alias Raymonde de Laroche – La presenza femminile negli anni pioneristici dell’aviazione” edito da Editoriale Delfino nel 2015, è un saggio di Storia dell’Aviazione nel quale l’autore Enrico Grassani ripercorre i primi anni 1900 – 1920 con l’intento di dare onore, nome e storia all’altra metà del cielo che, sin dagli inizi, fu presente sui campi di volo.

La storia della prima donna, appunto Elisa Deroche, a conseguire il brevetto di pilota l’8 marzo 1910 con il n. 36, morta in un incidente aereo il 18 luglio 1919, si intreccia con gli avvenimenti di quegli anni: la Belle Epoque, le prime Olimpiadi dell’era moderna, la I Guerra Mondiale. Ma sono anche gli anni in cui le donne in tutto il mondo cominciano a rivendicare in maniera sempre più pressante i loro diritti di eguaglianza nel campo sportivo così come anche in quello politico.

elisa deroche sottocopertina
La copertina rigida riporta l’immagine puntiforme della protagonista del volume. Anche da questo piccolo particolare si nota la sua elevatissima qualità tipografica.

L’Aero Club di Francia sarà il primo a istituire il brevetto di pilota di aeroplano e, sempre in Francia, nasce il primo Aero Club Femminile “Stella”:

“[…] Pur non sposando una logica femminista radicale, le aderenti all’Aero Club Stella seppero dare alla loro azione un’impronta che andò oltre la semplice appartenenza di genere, senza però negarla, bensì rivendicandone l’ottica del tutto particolare […]”.

I primi 12 capitoli del libro ci descrivono quegli anni di intenso fervore e gioia di vivere, di radicali cambiamenti nella società.

“[…] L’Aero Club Femminile Stella vedeva nella donna pilota il senso dei tempi, caratterizzati da sfrontatezza, elevazione e fermezza. Una donna sicura di non vacillare e di non restare senza fiato […]”.

Dal capitolo 13 iniziano le vicende di Raymonde de Laroche con il suo esordio nel campo dell’aviazione. Contemporaneamente sia in Francia che in altri paesi europei e in America le donne si stavano affacciando al mondo dell’aviazione conseguendo il brevetto di pilota, e ben presto si sarebbero sfidate nelle competizioni e nei tentativi di records.

“[…] La nascente industria aeronautica sfruttò a suo beneficio l’estensione alle donne della possibilità di alzarsi in volo, sottolineando commercialmente come il fatto dimostrasse la sicurezza e l’affidabilità delle macchine volanti […]”.

Nei successivi capitoli l’autore riporta le imprese di queste prime donne, dei loro successi ed insuccessi e del tributo di vite che anche loro dovettero pagare, al pari dei piloti uomini.

Il libro non può considerarsi una biografia, come il titolo potrebbe indurre a pensare, ma un attraversare gli anni pioneristici dell’aviazione. L’Autore purtroppo si limita, spesso, a riportare date, nomi ed eventi in maniera distaccata ed in molti casi didascalica, senza dare mai voce alle protagoniste, alle loro emozioni e sentimenti, al loro essere donne.

Si parla molto delle prime macchine volanti e degli uomini che le idearono e le volarono. Se si pensa di leggere del volo al femminile, si rimane molto delusi.

L’Autore, pur avendo operato una grande ricerca di materiali dell’epoca, non riesce a far rivivere l’emozioni e il sentire di queste donne che per prime si sono avventurate nel fantastico mondo del volo. Che non solo hanno sfidato la legge di gravità, ma anche le convenzioni sociali e le relazioni uomini-donne:

“[…] Ciò che l’uomo giunge a conquistare grazie alla sua forza muscolare e alla sua resistenza fisica, la donna lo conquista grazie alla sua volontà, alla sua tenacia e al suo coraggio […]”.

Per quanto concerne l’aspetto editoriale, il libro si presenta in un edizione di pregio su carta patinata in formato medio-grande con copertina rigida. Inoltre è ricco di immagini fotografiche dell’epoca corredate da didascalie esplicative.

In appendice al volume si trovano le sintesi cronologiche, ben curate, degli eventi che hanno visto per protagoniste le donne

La bibliografia ricca, e anch’essa ben curata, risulterà sicuramente interessante per chi voglia approfondire l’argomento.

In copertina viene riportata un foto d’epoca di Elisa Deroche ai comandi di un Biplano Voisin. Il retro copertina risulta scarno di informazioni. La seconda e la terza di copertina rimangono vuote, quando invece potevano essere utilizzate per riportare informazioni biografiche sull’Autore. Informazioni che sono praticamente inesistenti per quanto esigue. Da una ricerca sul web troviamo che Enrico Grassani è consulente industriale in materia di sicurezza sul lavoro e ha scritto diversi manuali tecnici. Non abbiamo informazioni riguardo i suoi interessi ed hobby, che possano aiutarci a capire il perché di questo testo. E’ un appassionato di aviazione? Nulla ci è dato di sapere. Questa possiamo considerarla anche una mancanza dell’Editore, che avrebbe dovuto pretendere maggiori informazioni dall’Autore stesso.

elisa deroche retrocopertina
La IV di copertina che riporta una brevissima autobiografia dell’autore nonchè la consueta sinossi del volume. Originale la presenza della firma autografa della protagonista di questa biografia

La lettura è fluida, salvo alcuni paragrafi come ad esempio: Il pesante tributo di vite umane (cap. 15); le altre vittime dell’anno (cap. 16); gli incidenti mortali (cap. 18), nei quali l’Autore si dilunga in un elenco di nomi di vittime di incidenti aerei.

Il libro, sia pur lodevole nell’intento, non fa nascere alcun sentimento nel lettore. Non è una biografia, non è un romanzo. Possiamo posizionarlo tra la saggistica/manualistica, per quelli appassionati del volo: che se ne parli bene o se ne parli male, purché se ne parli.







Recensione a cura di Franca Vorano

La mia parte di cielo

la mia parte di cielo - copertinatitolo: La mia parte di cielo

autore: Claudio di Blasio

editore: Lettere Animate editore (www.lettereanimate.com)

anno di pubblicazione: 2016

ISBN: 978-88-68826-24-6

pagine: 312




“La penna è, per il pensare, quel che il bastone è per il camminare; ma l’incedere più agile è quello senza l’aiuto del bastone e il pensare più perfetto si compie senza penna. Soltanto quando incominciamo ad invecchiare, ci serviamo volentieri del bastone e della penna”.

Era il 1851 quando Arthur Schopenhauer, eminente filosofo tedesco, sintetizzò in questa perla di saggezza un fenomeno che ha contraddistinto la letteratura mondiale sin dai suoi primordi: la narrativa della memoria, la letteratura per ricordare.

Molte sono le motivazioni che stanno alla base del cimentarsi nell’arte dello scrivere e, tra queste, il voler fissare su carta (oggi diremmo: nel disco rigido di un pc) le proprie esperienze, vicissitudini, momenti piacevoli ed episodi travagliati che hanno costellato il nostro vivere.

Ed è proprio questo desiderio, forse addirittura una vera e propria necessità che, immaginiamo, abbia spinto Claudio di Blasio a sedersi un giorno davanti a una tastiera e a un monitor per riversare le sue innumerevoli esperienze professionali (e non solo), vissute in quella che – inutile nasconderlo – è la dimensione a lui più congeniale: il cielo.

la mia parte di cielo - copertina interna
La copertina interna del libro. Semplice e funzionale come nella migliore tradizione editoriale

Da questo impegno di ricostruzione dei ricordi è nato: “La mia parte di cielo”, uno scrigno ove egli ha raccolto le gioie e le paure, le soddisfazioni come pure le delusioni che hanno contraddistinto i suoi molteplici voli.

Non fraintendiamoci: non stiamo dando del “matusa” al povero Claudio di Blasio, egli non è bisognoso del bastone – giammai – invece stiamo giusto affermando che un pilota e un tecnico di volo come lui non poteva non confidarci una parte della propria esistenza trascorsa a bordo di aeroplani (per diletto) e di elicotteri (per professione).

E’ pur vero che, nel suo aforisma assolutamente condivisibile, Schopenhauer non accenna affatto ad un aspetto altrettanto fondamentale: chi si serve della penna perché attraversa l’età della piena maturità dopo aver accumulato tanta esperienza, consente a noi lettori giovincelli (magari!?) di vivere le medesime esperienze che furono dell’autore … questo grazie a quella grande magia che va sotto il nome di: narrativa.

D’altra parte lo stesso autore confessa nella prefazione:

“Questo lavoro vuol essere la testimonianza della mia passione per il volo […]” e aggiunge: “[…] Anche se non ho avuto la fortuna di volare con jet militari, la mia esperienza aeronautica è stata senza dubbio positiva […]”.

In effetti la prefazione sembra più che altro un manifesto di programma dell’intero libro giacché, spiegando meglio di quanto potremmo fare noi, l’autore candidamente dichiara:

“ […] In queste pagine ho cercato di trasmettere al lettore cosa significhi il volo: felicità, passione ma anche dura preparazione, in altre parole disciplina e impegno […]”

C’è da aggiungere dell’altro? Ebbene sì.

Ad esempio riteniamo importante riportare la premessa che si trova alla base della narrativa aeronautica e che Claudio di Blasio così riassume:

“[…] Ogni volo è una storia a sé, come lo è la vita: un’esperienza unica e irripetibile … per questo vale la pena di essere vissuto completamente […] ”

… e raccontato, aggiungiamo noi.

Ovviamente non vi sveleremo le storie che troverete nel volume – ce ne sono decine – né degli spaccati di varia umanità che emergono da queste pagine, ma possiamo accennarvi alla storia di un ragazzino che vive sulle sponde del lago Trasimeno, non lontano da un ex aeroporto militare; possiamo anticiparvi di un operatore al verricello che, a mo’ di direttore di orchestra, coordina i piloti in una rischiosa missione di recupero in montagna; che dire poi dello stupore infantile di tutto un equipaggio di fronte alla maestosità del Cervino? O del volo di rientro al cardiopalma dopo l’inseguimento in mare aperto di una nave e la sua scia oleosa? Tutto questo e molto altro lo troverete in quella perla di ricordi che è proprio “La mia parte di cielo”.

La prosa del libro è estremamente scorrevole benché l’uso pressoché continuo della narrazione in prima persona, alla lunga, faccia calare sul testo una certa monotonia. In effetti, se non fosse stato diviso abilmente in capitoli/episodi, il libro sarebbe risultato un lungo monologo. A questo si aggiunga poi che il lungo fiume di vicissitudini è inframezzato solo da brevi scambi di battute tra i vari personaggi e il protagonista o dalle riflessioni a voce alta sempre dell’autore.

la mia parte di cielo locandina
La locandina che pubblicizza il libro. Assieme al segnalibro “Remove before flight” sono un’intuizione geniale di Claudio di Blasio.

E’ pur vero che questi sono i limiti dell’autobiografia che, per quanto esaltante e variegata, non potrà mai essere pirotecnica al pari di un romanzo ove una buona dose di realtà si mescola alla fantasia dell’autore.

Il testo, che si concretizza in 312 pagine stampate con interlinea ampia e con caratteri di buona dimensione, non è particolarmente tecnico. Ci sono diversi vocaboli tipici del mondo aeronautico ma l’autore ne spiega il significato nel corso della narrazione o – soluzione assai gradita dai neofiti – rimanda alle note a piè di pagina facendo sì che la lettura possa riprendere senza alcuna interruzione.

In un certo senso, “La mia parte di cielo” può facilmente diventare anche la “nostra parte di cielo” in quanto si tratta di un libro dal contenuto anche divulgativo. Con il pretesto del racconto delle esperienze del protagonista, viviamo assieme a lui il mondo dell’aviazione da Aeroclub, siamo con lui a bordo dell’elicottero in missione di ricerca e soccorso o del velivolo da turismo che egli stesso pilota. Insomma è un libro che si presta bene ad instillare la passione per il volo a chi è solamente curioso mentre, in chi mostra appena i primi sintomi, nutre e fa radicare in profondità il morbo incurabile che è l’amore per tutto ciò che di meccanico si libri nell’aria.

Lo stile dell’autore è asciutto, diretto. Non si lascia facilmente andare a elucubrazioni di carattere estetico o filosofico seppure le occasioni, volendo, non mancherebbero. La sua natura di persona concreta e di tecnico manutentore si manifestano chiaramente nella narrazione giacché le avarie e gli imprevisti frequenti che costellano la quotidianità dell’autore, vengono vissute con un approccio che lascia poco spazio al destino avverso o alla fatalità.

Intendiamoci, quello che emerge dal libro non è un personaggio freddo e distaccato, un Claudio imperturbabile e indifferente a tutto e a tutti, questo no … di sicuro è un professionista che svolge il proprio incarico adottando metodica e logica e che, all’occorrenza, al fine di risolvere situazioni impreviste, sa anche inventare.

Insomma, per essere il libro di esordio, non possiamo che essere benigni nei confronti dell’autore e pertanto gli perdoneremo alcune sbavature di gioventù (letteraria, s’intende) come l’elicottero definito “velivolo” o alcuni accenti e virgole mancanti. Forse il sacro fuoco di dare alle stampe il manoscritto ha impedito all’editore Lettere Animate di eseguire le opportune riletture tuttavia, confidiamo che, nelle prossime ristampe, si ovvierà a questi piccoli nei che, lo sottolineiamo, non compromettono assolutamente il valore complessivo del volume.

Geniale l’idea di accludere al libro un segnalibro che riproduce il classico nastro rosso con su scritto “Remove before flight”: i lettori che riceveranno la copia del volume direttamente dall’autore lo apprezzeranno di sicuro tanto quanto un suo autografo. Buona la qualità della carta e del progetto grafico che abbiamo trovato semplice ma funzionale; bella e pertinente la copertina, sicuramente utile la retrocopertina che contiene la canonica biografia dell’autore e una brevissima sinossi del libro; forse un tantino eccessivo il costo del volume cartaceo mentre decisamente abbordabile è quello dell’e-book .

la mia parte di cielo - retrocopertina
La retrocopertina del volume. Da notare la foto dell’autore che lo ritrae pressochè in incognito, “mascherato” com’è dal casco di volo.

In ultima analisi, occorre precisare che l’autobiografia risolve quasi completamente la questione “contenuti” perché trama e personaggi non devono essere inventati mentre lo stile non si delinea in modo così chiaro.

D’altra parte è risaputo che la stragrande maggioranza dei libri di esordio è un’autobiografia o ha un preponderante taglio autobiografico. Dunque, poiché anche Claudio di Blasio non è venuto a questa sacra regola, ci auguriamo che egli raccolga la nostra piccola provocazione e che, per la sua seconda fatica letteraria, adotti un’altra formula narrativa diversa dall’autobiografia.

Che poi questo novello autore abbia una giusta dose di talento unita ad un minimo di dimestichezza con l’arte scrittoria, beh, ce l’ha già dimostrato … come? Semplice: partecipando alla III edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole” 2015 con il racconto intitolato: “Verso lo spazio”. Ebbene in quel racconto, con il quale si è classificato in VI posizione, egli è già riuscito ad affrancarsi dalle proprie esperienze professionali e a creare un’ambientazione lontana dal mondo elicotteristico. Soprattutto ha avuto il merito di dare vita al personaggio del pilota-astronauta collaudatore, quel pilota che Claudio ha sognato di diventare ma che non è mai stato nella realtà.

Quando i sogni diventano scrittura creativa.







Recensione a cura della Redazione





Ali di fantasia

Emozioni in volo

Nuvole

Fuoco dal cielo

fuoco dal cielo copertina

titolo: Fuoco dal cielo

autore: Pierre Clostermann

editore: Longanesi & C.

collana: Le edizioni tascabili

anno di pubblicazione: 1971

ISBN: non presente






Ho ripreso dalla libreria un vecchio libro. Un’ antica conoscenza. Avevo cominciato a leggere questo libro qualche decennio fa, ma lo avevo abbandonato quasi subito.

Dopo aver letto “La grande giostra”, dello stesso autore, questo mi era sembrato scialbo, indefinibile, quasi incomprensibile. Inoltre, la guerra di cui vi si narrava era ambientata in Algeria, un paese di cui avevo appena sentito parlare, i nomi dei luoghi e delle città erano troppo strani, il “nemico” non aveva una connotazione inconfondibile come “i tedeschi” o “i giapponesi”. I nemici, qui, erano “i Fellagha”, insorti o ribelli che dovevano essere scovati e poi attaccati con modalità sconosciute. Niente di paragonabile alle tipiche operazioni militari così consolidate durante la Seconda Guerra Mondiale.

hawker tempest
L’Hawker Tempest, il modello di aeroplano pilotato da Clostermann nel corso del II conflitto mondiale. Si noti la tipica architettura di aeroplano da caccia con un possente motore e armamento pesante per attacchi al suolo

Clostermann era un veterano delle F.A.F.L. ovvero le Forze Aeree Francesi Libere, che combattevano a fianco dei piloti della R.A.F (Royal Air Force britannica) e delle Forze Aeree Americane di stanza in Inghilterra. Volava inizialmente con uno Spitfire, mitico caccia inglese che tante vittorie aveva conquistato nei cieli europei e non solo. Poi aveva volato sul Typhoon e infine sul Tempest, uno dei più micidiali aerei della Seconda Guerra Mondiale, sia per potenza del motore che per potenza di fuoco.

Broussard Max Holste MH.1521C
Il Max Holste MH.1521C Broussard dell’Esercito Francese fotografato sull’aeroporto di Toussus-le-Noble nel 1965 (foto di Wikipedia, https://en.wikipedia.org/wiki/Max_Holste_Broussard)

In Algeria l’autore si ritrova a volare su un aereo sconosciuto, piccolo, di scarsa potenza, lento, quasi un aereo da turismo. Una delusione anche il nome: Broussard. Mai sentito prima. Era anche piuttosto bruttino nella forma.

E che cosa faceva con questo aeroplanetto? Volava raso terra per vedere con i propri occhi gli insorti e riconoscerli dai comuni civili, per poi segnalarli ai caccia a reazione che volavano in alto, affinché scendessero ad attaccarli. Lui si doveva occupare di sganciare una bombetta fumogena per segnalare la posizione dei ribelli. Intanto, però, questi “Fellagha”, che stavano ben nascosti, sparavano a lui mentre li sorvolava.

Dalle stelle alle stalle. Che brutta fine aveva fatto! Lui che aveva abbattuto decine di aerei e distrutto treni, navi, ponti, mitragliato aeroporti, truppe, carri armati etc.!

Ma perché un asso come lui si ritrovava in quella parte di mondo a svolgere un lavoro tanto pericoloso e di così basso profilo?

fuoco dal cielo retrocopertina
La retrocopertina del volume “Fuoco dal cielo”di cui è impossibile non notare lo stato di usura, segno evidente che è stato letto e riletto più volte

La risposta è lui stesso a darcela nelle prime pagine del libro. In estrema sintesi, dopo la fine della guerra, dopo aver corso mille pericoli in azione, non poteva smettere subito, di colpo, per tornare ad una vita normale. Così si era cercato e trovato un altro teatro di guerra. La Francia aveva le colonie, dove i fermenti per conquistare l’indipendenza andavano sedati. Dove si combatteva per questo. Molti veterani, nel mondo, si erano cercati un’altra guerra. Ne avevano bisogno perché non potevano smettere di colpo, per motivi psicologici e anche fisici. Avevano forse un estremo bisogno di quelle scariche di adrenalina che erano diventate la loro droga. Una sorta di dipendenza che aveva portato tanti americani ad andare a combattere in Corea, o in Israele, o in Africa.

Clostermann, francese, era andato in Algeria. E lì aveva incontrato altri francesi, anche piloti, che avevano combattuto con lui in Europa.

Il libro non è scritto in prima persona. Ha preferito raccontare le avventure di guerra aerea attraverso un altro personaggio: Dorval. Chi è Dorval? E’ un pilota, ex combattente con le FAFL durante la Seconda Guerra Mondiale etc. etc.

Dice Clostermann:

“[…] non si tratta di un’autobiografia né di un’opera letteraria di fantasia. Sotto forma di racconto storico, è piuttosto un reportage fotografico nel quale le parole tentano di sostituirsi alla pellicola. I principali episodi delle missioni ivi narrati sono autentici e io li ho vissuti. I paesaggi li ho sorvolati e i personaggi, per immaginari che siano, li ho veramente conosciuti: ho incontrato in Algeria diversi Dorval, che pensavano ed agivano come lui […]”.

I francesi leggerebbero un libro come questo con un altro spirito e probabilmente, alla fine, direbbero che è loro molto piaciuto. Noi italiani non sappiamo un granché dell’Algeria e delle sue guerre interne. A noi queste avventure sembrano strane, aliene, perfino incomprensibili. Ma devo dire che, alla fine, dopo aver terminato la lettura, ho scoperto un altro mondo, ampliato la mia conoscenza, scoperto un altro pezzo di storia.

Il libro si trova sulle bancarelle, ma è piuttosto comune. Ancora meglio si può acquistare su Internet.

Queste vecchie edizioni della Longanesi, che risalgono agli anni settanta, sono volumi usati e riusati. E’ bene non attendersi copertine pulite e senza segni di usura. Spesso anche le pagine interne sono ingiallite e le rilegature possono presentare segni di cedimento dovuti al peso del tempo e delle riletture. Ma tutto ciò costituisce semmai un valore aggiunto e nulla toglie alla qualità del contenuto.

Consiglio di comprarlo e di leggerlo. Dopo potrà prendere il suo posto nella libreria in attesa di essere riletto, prima o poi. E anche quegli strani nomi, quelle località, quelle città, pian piano durante la lettura, diventano meno aliene, anzi, quasi familiari. Nella nostra era, volendo, possiamo sempre aprire Google Maps o meglio Earth e andarle a cercare, per vederle a volo di uccello come le ha viste Clostermann, senza neanche il timore che ci sparino addosso.







Recensione a cura di Evandro A. Detti







La grande giostra

La guerra nell'aria

Ali di travertino

Ali di travertino copertinatitolo: Ali di travertino – Un cacciabombardiere allo Stato Maggiore

autore: Bruno Servadei

editore: SBC edizioni

collana: I luoghi & i giorni

anno di pubblicazione:  febbraio 2012

ISBN: 978-88-6347-254-7

 

A Roma, a ridosso della zona universitaria e della centralissima Stazione Termini, ha sede lo Stato Maggiore dell’Aeronautica (per brevità SMA).

L’edificio che lo ospita, realizzato durante l’epoca fascista, è talmente monumentale che non può non essere notato. Anche il passante più distratto o il turista interessato alle antiche vestigia romane piuttosto che all’architettura moderna, non può non notare l’enormità e la particolarità di quel palazzo: una gigantesca aquila con le lunghe ali adorna il tetto della facciata principale come a proteggere coloro che si trovano sotto di essa.

Come buona parte dei rivestimenti esterni dell’edificio, la colorazione bianco-grigiastra dell’animale lascia supporre che sia realizzato in travertino.

Stato maggiore Aeronautica frontale
La facciata principale del Ministero dell’Aeronautica, sede dello SMA, dominata dal motivo decorativo dell’aquila con le ali dell’idrovolante S 55, ossia le famose ali di travertino. L’immagine è stata tratta dallo splendido volume “Il palazzo dell’Aeronautica”, Editalia, ISBN: 88-7060-220-6

Che siano dunque queste le ali di cui parla Bruno Servadei nel suo libro intitolato appunto: “Ali di travertino – Un cacciabombardiere allo stato maggiore”? … ebbene sì, in parte … anche, ma non solo. Sveliamo dunque l’enigma.

La carriera di un pilota militare, salvo imprevisti, è quasi predeterminata sin dalle selezioni di accesso all’Accademia Aeronautica e, dopo aver svolto il servizio presso un reparto di volo ed essere transitati per la Scuola di Guerra Aerea di Firenze, prevede di approdare appunto allo SMA.

Anche Bruno Servadei, ha svolto questo percorso. Così, se nel suo primo libro: “Vita da cacciabombardiere” egli racconta le sue esperienze di pilota militare vissute durante la prima parte della sua carriera, era pressoché inevitabile, considerato il buon successo di critica e di lettori, che anche la seconda parte della sua vita professionale ci fosse svelata in forma più o meno narrativa. Tuttavia, se ci aspettiamo un volume monotono o un elenco asettico delle attività praticate all’interno del palazzone romano, rischiamo di cadere in un terribile errore.

Il racconto di Servadei invece, mette in luce una realtà sconosciuta al generico cittadino, al cosiddetto “uomo della strada” giacché gli svela una sorta di cronaca di “vita ignorata” all’interno del complesso monumentale.

In effetti lo SMA è quello che chiameremmo “la stanza dei bottoni” dell’Aeronautica Militare Italiana e le variegate attività che una parte del personale militare svolge al suo interno, sono spesso frenetiche. O perlomeno lo sono state quelle dell’autore.

Egli, nei tre anni di prevista permanenza, ha avuto modo di approfondire alcuni aspetti, ha svolto incarichi e instaurato contatti a tutti i livelli così intensi e frequenti da doversi portare il lavoro a casa e non avere il tempo di occuparsi dei problemi che aveva vissuto in prima persona durante il suo servizio come caccia-bombardiere. Problemi che – ce lo confida non senza malcelata amarezza – si era ripromesso di sanare una volto giunto proprio allo SMA.

Purtroppo ne esce fuori la descrizione di un luogo che è lo specchio, se vogliamo ancor più negativo, di una nazione – la nostra -, minata dal clientelismo, l’affarismo, e l’interesse personale. Per non parlare di una burocrazia ottusa e inutile.

Benché frequentato da molte persone di valore animate da sani principi morali, ecco che, a seguito dei vari episodi svelatici da Servadei, scopriamo uno SMA quale ricettacolo di cialtroni, di profittatori, di arrivisti ormai dimentichi del significato della divisa che indossano, di affaristi che si piegano alle proposte allettanti dell’industria bellica (aeronautica in particolare) invece di porle i requisiti stringenti cui ottemperare per conseguire commesse e forniture varie.

Insomma, al termine della lettura di questo libro, verrà spontaneo domandarsi come l’Aeronautica Militare che, istituzionalmente, “dovrebbe” difendere i cieli patri, possa farlo davvero con i mezzi (volanti e non) e soprattutto le risorse umane che ha sua disposizione. Questo in prima battuta … l’istante successivo sarà invece un moto di stupore misto a disgusto a salirvi dal profondo dell’animo perché la lettura di alcune vicende al limite del grottesco – non c’è che dire – vissute in prima persona dall’autore e non riportate “per sentito dire”, vi faranno apparire Bruno Servadei quale un testimone oculare impotente ma equo come solo potrebbe essere il famoso “uomo delle strada” il cui buon senso e non già una lunga e profonda preparazione tecnica – come nel caso dell’autore -, gli farà letteralmente urlare a pieni polmoni: scandaloso!

Ad ogni modo, è risaputo che noi abitanti del suolo italico riusciamo a intravvedere il sereno pure attraverso il cielo più cupo … cosicché, anche il nostro ex ufficiale, non venendo meno a questa proverbiale dote, dopo aver dipinto lo sfacelo e il malaffare più torbido, alla fine vi strapperà un sorriso riportando quella battuta ricorrente che i suoi colleghi gli rivolgono stupiti negli uffici e nei corridoi dello SMA: “Mica vorrai fare la guerra sul serio?”

Ali di travertino retrocopertina
La retrocopertina di “Ali di travertino” che contiene una breve biografia dell’autore, una brevissima sinossi e fotografia in biano e nero che lo ritrae accanto ad uno dei jet che pilotò prima di approdare allo Stato Maggiore

Maurizio de Rinaldis, autore della prefazione, tenta di fornirci una sua personale chiave di lettura a questo libro e, nel tentativo di stemperare i contenuti delle pagine a seguire, dichiara:

“[…] Ali di travertino non è una critica, non esprime il pensiero di chi non condivide alcune scelte indotte da una politica di difesa troppo condizionata da quella industriale, non vuole essere una macchia di inchiostro caduta da una penna difettosa o peggio ancora un evidenziatore giallo di problemi o malfunzionamenti di un sistema. Questo è il libro del vecchio saggio guerriero che ha speso gran parte della vita combattendo sui campi di battaglia. Combattendo dapprima in situazioni operative con vere bombe e cannoni ed un po’ più tardi con appunti e riunioni. Il tutto con un solo fine: quello di onorare, proteggere e migliorare l’Aeronautica Militare e la propria Patria.[…]”

Onestamente, a noi, questo libro è apparso ben di più: un libro di denuncia a tutti gli effetti. Uno di quelli che, se fosse stato pubblicato negli Stati Uniti, avrebbe sicuramente provocato un terremoto nelle stanze del palazzo e – non stenteremmo a crederlo – finanche l’eliminazione fisica dell’autore.

E in Italia? Figuriamoci! … in Italia, sorniona e indifferente a tutto e a tutti, al contrario, questo volume costituisce un titolo di genere; ad oggi, può essere considerato come il classico testo scritto da un militare rinnegato da dare in pasto ai pacifisti inveterati o agli anarchici, insomma a quei simpatizzanti che sono contro le istituzioni dello stato, specie se militari. Qualcuno potrebbe interpretarlo addirittura come un resoconto velenoso di un ex Aeronautica Militare che, ormai in pensione, si è voluto togliere qualche sassolino dalla scarpa. Che, per inciso, a nostro parere, poi tanto “ino” non è.

Per questo motivo non ci siamo stupiti affatto quando, cercando delle spigolature in rete, ci siamo imbattuti in alcune interviste dell’ex gen Servadei interpellato ad arte a proposito del tanto “chiacchierato” programma di acquisto degli F35.

Ali di travertino copertina interna
La copertina interna del volume

Ebbene il professionista ha risposto da par suo spiazzando completamente chi si aspettava una risposta scontata … ma questa è un’altra vicenda che esula dal libro in oggetto.

Di sicuro dobbiamo riconoscere al sanguigno Servadei di aver avuto il coraggio di scrivere un libro verità e dunque di aver reso noto un malcostume manifesto eppure tollerato in un ambiente dove, per antonomasia, dovrebbe vigere sovrano il rigore e la lealtà. Perché il malcostume deve essere condannato e non già la schiettezza di un ufficiale che, suo malgrado, non è riuscito a cambiare il sistema agendo dal suo interno.

Tornando al libro, anche lo stesso autore, consapevole della bontà ma anche dei limiti del suo volume, nella postfazione dichiara che:

“[…] di certo queste pagine non potranno attirare l’attenzione degli appassionati di volo come le precedenti”

intendendo quelle del suo primo libro “Vita da cacciabombardiere”. Poi, riferendosi sempre a questa sua ultima fatica letteraria e lasciandosi ad una riflessione amara, ammette che:

“[…] è la visione un po’ delusa e amareggiata di un giovane tenete colonnello, pieno di belle speranze e la voglia di risolvere i problemi rilevati al reparto […]”.

Infine conclude con un messaggio dal quale traspare tutta l’italica fiducia in un futuro migliore:

“[…] Mi fa piacere sperare che chi mi ha sostituito nelle mansioni che ho svolto nello SMA alla fine degli anni ’70 oggi possa godere di maggiore credito di quello che mi è stato riservato […]”

E a quest’augurio ci uniamo compatti in qualità di semplici cittadini contribuenti, di appassionati di aviazione e di ammiratori silenziosi del personale tutto dell’Arma Azzurra, soprattutto dei piloti.

Dal punto di vista della lettura, sotto gli occhi di un generico lettore, il testo scivola che è un piacere, fatto salvo per alcuni rari passaggi ove la prosa si fa un po’ meno scorrevole del solito, tuttavia ci teniamo a precisare che non si tratta di un libro riservato ai tecnici del settore, semmai ad appassionati di volo  o di aviazione e, non ultimi, a coloro che osteggiano le Forze Armate, altrimenti chiamati “pacifisti”…

La veste grafica è curata e assai gradite sono le foto che, a mo’ di piccoli francobolli, adornano qua e là il testo. Esse consentono al lettore meno navigato in questioni aeronautiche di vedere il velivolo oggetto o citato nel corso della narrazione.

A piè di pagina, forse sarebbero risultate utili delle note esplicative di alcuni termini tecnici ma l’autore, senza farcene rendere conto, ce ne spiega già il significato nel corso della narrazione e dunque risultano quasi superflue.

Azzeccata la copertina e assolutamente esplicativa la retrocopertina; strepitoso il titolo; forse un po’ lenta la prefazione nella sua parte iniziale, decisamente necessaria la postfazione.

Un libro da leggere e rileggere, da tenere in libreria e prestare agli amici in attesa di affiancargli gli altri volumi che, nel frattempo,  ci ha regalato Bruno Servadei.

In verità, proprio perché – nonostante tutto – abbiamo letto con piacere questo libro e dunque abbiamo apprezzato lo scrivere leggero sebbene tecnico dell’ex generale, non possiamo fare a meno di augurargli di aumentare la propria autonomia (di volo, s’intende) e di superare i confini del genere letterario in cui – fino ad ora – ha “volato”, quello dell’autobiografia, appunto.

Per esempio saremmo davvero lieti di apprendere che, finalmente impostata senza indugio alcuno una virata stretta in direzione del cielo sconfinato della narrativa aeronautica, il l’ex generale abbia finalmente intrapreso il sorvolo di un terreno per lui inesplorato in cui esperienze vissute, una buona dose di fantasia e un talento verace trovano la coniugazione perfetta: il romanzo a carattere aeronautico.

Buon vento, generale, e a presto rileggerci.




Recensione a cura della Redazione



NOTA della Redazione:

dello stesso autore è presente in hangar il racconto: “Coppia” che ha partecipato alla I edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” .




Un pilota a palazzo

Un mondo ultraleggero

Vita da Cacciabombardiere

Deci 83-86. I Ricordi di "Tiro 0"

Ali diplomatiche. In Svezia con le cordelline

Ali in valigia