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Spionaggio nei cieli

aero fumetto Così l’autore commenta la sua composizione: “Questo racconto fantastico ed inverosimile mette in evidenza la presunzione che a volte ammalia gli esseri umani nella lusinghiera sicurezza di saper controllare ogni situazione. Penso che a tutti sia capitato di prendere “lucciole per lanterne” o di sentirsi al di sopra di alcuni pericoli ostentando un “a me non sarebbe mai successo! ” .Il gioco di coincidenze in cui si trova il protagonista di questo breve racconto fà riflettere e invita a non sentirsi mai troppo sicuri di sè e, come in questo caso, l’insidia si nascode sotto le misteriose sembianze di una bella donna e la “bastonata” è dietro l’angolo o in un “sottovento”! Buona lettura.


Narrativa / Breve Inedito; ha partecipato alla II edizione del premio letterario “Racconti tra le nuvole”, 2013-2014; in esclusiva per “Voci di hangar”

 

 

Scricciolo

extra300 ala battenteGigi è un papà normale, che lavora e vive insieme alla piccola figlia adolescente, Mara, purtroppo la moglie Giulia era morta giovane, lasciando smarrite e confuse le due persone, chiuse nel loro dolore. Gigi non sa capire la figlia ,e Mara ,d’altra parte, vede il papà lontano , estraneo a lei, non comprende dubbi e perplessità di una ragazza che cresce. Lui vive nel ricordo della moglie tanto amata , ma cerca un punto di contatto e di complicità ,anche fragile, con Mara , per ricominciare a vivere con serenità. Lo troverà nel volo ( era una passione che li legava ,lui e Giulia), nel il piccolo ‘Scricciolo’, con cui voleranno insieme, finalmente uniti , nell’azzurro del cielo, un cambio di prospettiva nuova oltre le nuvole verso la vita.


Narrativa / Breve Inedito; ha partecipato alla II edizione del premio letterario “Racconti tra le nuvole”, 2013-2014; in esclusiva per “Voci di hangar”

 

 

Stasera l’aria è fresca

Ricordo quando ero un ragazzino, non ricordo con esattezza quanti anni avevo, forse nove o forse dieci … ma ricordo con estrema chiarezza questo particolare momento della mia vita che, probabilmente, determinò il primordiale leitmotiv per il quale sono qui a raccontarvi di me e della mia intramontabile passione per l’aeronautica. Ho provato più di una volta a lambiccarmi il cervello per cercare di rammentare in quale ricorrenza si verificò tale circostanza, senza però ottenere lauti risultati. “Sarà stato a Natale …”, pensai, “… sì, può darsi … proprio in un Natale di tanti anni fa, ma non ne ho la certezza …” Nostro zio regalò a me e a mio fratello due kit di aerei da montare in scala 1/72, uno splendido idrovolante Short Sunderland III per me, ed un Boeing B-29 Superfortress per mio fratello. Ricordo ancora quella magnifica scatola di montaggio, riesco tuttora a visualizzarne l’illustrazione che mostrava quello splendido idrovolante sorvolare un tratto di mare … e le stampate ad iniezione interamente in plastica bianca, che meraviglia per i miei occhi di fanciullo !!! Una volta aperta la scatola, cominciai ad esaminare con attenzione il foglio delle istruzioni di montaggio, le varie fasi di assemblaggio, le colorazioni da adottare e, infine, le decals (decalcomanie) da applicare a modello finito. Ma c’era qualcosa in quel kit che non mi quadrava … era come se mancasse qualcosa, qualcosa di estremamente importante … ma non riuscivo a capire cosa!!! Sfogliai e risfogliai in continuazione le istruzioni di montaggio per effettuare un controllo incrociato dei pezzi, fra quelli elencati sul foglio delle istruzioni e quelli ancora attaccati allo sprue (scheletro al quale sono fissati tutti i pezzi del kit) … “Ma certo!!!”, esclamai stupefatto, “… mancano i trasparenti!!!”, che guaio … mancavano proprio i trasparenti, cioè tutti i finestrini laterali e le sfinestrature anteriori dell’abitacolo che, in quel modello, erano davvero numerosi. Mentre mio fratello era tranquillo e contento, lì ad assemblare il suo maestoso B-29, io rimasi a contemplare i pezzi del mio modello per giorni, forse per settimane, consapevole del fatto che non avrei mai portato a termine il mio Sunderland per la mancanza di quei dannati trasparenti. “Ma dai, non disperare … costruisci lo stesso il tuo modello”, esclamò mio fratello, “… tanto, male che va, ai due piloti in cabina gli metti una sciarpa per proteggersi dall’aria fresca che entra dai fori dei finestrini, ah, ah, ah !!!”, rideva, e come si divertiva a prendermi in giro !!! “Sì, sì … ridi, ridi …”, gli dicevo dispiaciuto e poi, come se non bastasse, era diventata una consuetudine-tortura quotidiana canticchiarmi il ritornello della canzone “Stasera l’aria è fresca” del cantante Goran Kuzminac, un vero e proprio tormentone ante-litteram!!!

Il mio sfortunato Sunderland rimase per sempre una scatola di montaggio-deposito, i suoi pezzi furono debitamente cannibalizzati per realizzare parti di altri modelli che realizzai in seguito nella stessa scala, mentre i due semigusci di fusoliera e le semiali rimasero per anni attaccati allo sprue.

Alcune settimane dopo quel Natale, nel giorno del mio compleanno, suonarono al campanello di casa. “Chi è ??”, chiesi prima di aprire, come consuetudine. “Sono Anna, tanti auguri per il tuo compleanno!!!” Anna era la signora del portone affianco e conosceva bene la mia passione per gli aerei. Aprii la porta e la gentile vicina mi consegnò un pacchetto che non esitai ad aprire. “Grazie!!!”, esclamai contento … “Woooow, un Fouga Magister!!!”, il pacchetto conteneva un modellino di aereo da montare in scala 1/72, un addestratore a getto biposto in tandem di costruzione francese Fouga CM-170, proprio quello con i caratteristici impennaggi a V.

Tolsi il nastro adesivo che sigillava la scatola di montaggio, rovistai nella busta che conteneva i vari pezzi del kit ed urlai: “…trovati !!!”

Quella volta i trasparenti del modellino non mancavano, i piloti nella carlinga potevano fare a meno delle sciarpe !!!


 # proprietà letteraria riservata #


Luigi Orlandi

16 maggio 2008 – Dismissione KC707A

L’odore del mare … eh, sì, l’odore del mare, e il grande cielo senza ostacoli sopra la testa, e la brezza, e il verde, e l’odore di cherosene.

Bentornato a Pratica di Mare. Cuore che batte, nel profondo. Il G91 all’ingresso, gli alloggi Ufficiali, il Circolo. Pratica di Mare: la mia casa; la mia casa per 12 anni!!!!

La mia compagna rispetta il mio silenzio, io guardo, penso, ricordo.

Ricordi che emergono dal profondo della psiche richiamati dalla vista. Eventi, facce, avventure, storie. Tasselli di quel puzzle che è la vita di ognuno di noi. L’invito a venire a Pratica in occasione della dismissione del tanker è del Gruppo che ho comandato, 15 comandanti fa – ho contato le targhette!! Prima di uscire ho indossato la cravatta blu del Gruppo, i copribottoni dorati, un po’ “diversi” ma col Cavaliere, ho indossato lo stemmino dell’8° sul bavero della giacca e, infine, imponente nelle dimensioni anche come spilletta, sotto il gruppo ho appuntato il B707.

Sono uscito da casa felice e curioso di tornare, di camminare di nuovo su quei tasselli che hanno composto un importante pezzo della mia vita: il comando dell’8° Gruppo e il successivo comando del Nucleo Addestramento Tanker, l’ultimo incarico operativo.

Così oggi sono qui, facce conosciute che hanno subito, come me, la sferza del tempo. Linee nuove sui visi, capelli che hanno cambiato colore oppure che han deciso di abbandonare il titolare, ma negli occhi quella luce di forza e di esperienza che accompagna lo scorrere della vita e ci rende maturi e belli dentro.

Dopo gli abbracci, i riconoscimenti, e gli sguardi alle fotografie … andiamo sul piazzale.

Tocca a Sergio fare l’ultimo volo. E’ il più anziano (lui ci tiene a sottolineare che non è l’età).

Il vecchio tanker avanza verso il punto attesa, ed io solo a guardarlo vengo proiettato nella dimensione temporale. E’ una sensazione stranissima, come se il tempo non ci fosse più: torno ai comandi, quello che mi ferma il respiro è il ricordo del decollo. Un ricordo diverso da qualsiasi altro aeroplano che ho volato, sono seduto ai comandi e rivivo …

E’ un mastodonte, avanza lentissimo verso il punto attesa … si muove come se fosse conscio delle sue capacità, che non è accelerare rapidamente e scomparire nel cielo, che non è manovrare leggero allietando chi lo guarda, ma è stare tanto tempo in aria. Il suo compito è attraversare lo spazio, andare lontano, portando dentro sè il suo carico. Ma non è semplicemente un volo di lungo raggio …. Non è semplicemente mettere 70 tonnellate di benzina e partire.

E’ la consapevolezza che attraverserai gli stati, i mari, che sotto di te scorreranno i fronti meteorologici, e che quando atterrerai sarai in un mondo diverso. La consapevolezza che non porti solo un carico o le persone, ma altri aeroplani verranno con te – affidati a te, dipenderanno da te, li osserverai nei monitor di bordo, ascolterai le loro voci, li incoraggerai nel momento del contatto. Rifornimento in volo: un nearmiss controllato … altri ricordi …

Io sono stato poco tempo sul tanker, un paio d’anni, di velivoli ce ne erano solo due allora, ma il ricordo dell’inizio è talmente gratificante che rimango un po’ attonito mentre il “vecchio” continua il suo rullaggio.

Mi tornano in mente i fogli in Excel per i primi calcoli sul rifornimento in volo, la prima trasvolata a Lajes con Bruce in ala. Qualsiasi cosa era una novità, ogni momento era qualcosa di nuovo … Oggi celebro dentro di me tutte queste emozioni.

E’ il momento del decollo … Sergio con innata maestria lo porta verso di noi, il saluto del gigante, quanto rumore, al limite del sopportabile ….

Una ultima virata, si staglia nel cielo, le grandi ali a freccia, i 4 motori, enorme gabbiano seguito da una scia nera … Socchiudo gli occhi, lascio che l’immagine si imprima nella memoria, respiro a fondo questa brezza di mare.

I ricordi, quelli che nutrono le emozioni vanno e vengono, onde potenti che si infrangono sul richiamo alla realtà.

Una realtà che ricorda che è ora di tornare alla quotidianità e di rivolgersi al futuro, incapace di aspettare e che richiede tutta la nuova attenzione.

Grazie 8° Gruppo, grazie 14° Stormo, grazie Pratica di Mare.


# proprietà letteraria riservata #

Hangar con Biplano e Honda - Nate Stevens
Paolo Vittozzi

Strisce di nuvola

Delle linee bianche che tagliano il turchese del cielo: un aereo che in alta quota lascia dietro di sé delle strisce di vapore. Gli inglesi le indicano con una sola parola “contrails”, in italiano si chiamano scie di condensazione, ma in un cielo invernale come quello di oggi, limpido fino all’inverosimile, anche senza conoscerne il nome rimarrebbero uno spettacolo meraviglioso.

Su questa collina fa freddo, ma il sole e’ un caldo sollievo sul viso. Sono qui ed aspetto; aspetto che il vento diventi giusto per poter decollare. Le mie ali sono una semplice tela colorata alla quale mi appendo con un seggiolino imbottito. Una strana attrezzatura che indossata a terra mi da’ l’aspetto di una lumaca che trascina il suo guscio. No, con questa imbracatura non si e’ agili a terra, ci si muove con passi corti e un incedere incerto, attenti ad evitare di calpestare i cordini che sostengono la vela. Quello che conta però, non e’ come si e’ ora a terra, ma come si sarà più tardi in volo. Una volta che i piedi avranno lasciato il suolo tutto cambierà: non ci saranno più movimenti goffi e andature stentate, tutto si trasformerà in virate armoniose e leggere planate. Niente più peso sulle spalle, ma, al contrario, una forza trasparente capace di farti salire senza fatica e che, se ben domata, ti farà stare a lungo lontano dalle cime degli alberi.

Ecco cosa aspetto qui seduto: il momento giusto per volare, il giusto grado di riscaldamento del terreno, la brezza perfetta che, dopo pochi passi di rincorsa, mi aiuti a staccare i piedi da terra. Così nell’attesa, che in questo posto che domina la valle rappresenta di per sé un piacere, guardo queste candide strisce nel cielo, prodotte dai motori di un aereo. Già se guardo attentamente riesco a distinguere il numero dei motori: “… quattro, un 747, un gigante del cielo. Chissà dove andrà?” mi chiedo a voce alta.

Fino a qualche tempo fa guardare queste strisce era un momento importante per me. Mi ricordo quando mi fermavo a guardarle e mi lasciavo fantasticare su dove l’aereo che le tracciava stesse andando, su come sarebbe stato bello essere lì su, da passeggero. Avere un orizzonte vastissimo sotto di sé e volare nel sole verso un’altra città, magari un altro stato. Quelle linee bianche erano simboli di libertà. La mia fantasia si agganciava a quelle traiettorie di vapore per generare fughe ideali da quello che era allora la mia realtà.

La realtà: l’università’ prima, con gli studi ostici che a volte erano riusciti a rendere triste persino la bellissima città dove li frequentavo; poi il lavoro e un’altra città: difficili entrambi, voraci di tempo e di energie. Già, “le difficoltà di una vita normale”, ti dice qualcuno. Ma certo, una vita normale, quella che fanno tutti. E sapere questo dovrebbe farti stare meglio?

Meglio guardare il cielo. Nelle giornate invernali di alta pressione, con il cielo limpido e azzurro, le scie di condensazione mi guidavano fuori da tutto, cancellavano gli umori foschi e mi proiettavano in un altro posto dove, nelle mie fantasie, ero un turista senza legami. Altri paesi, altra gente, una lingua diversa, magari una vita diversa.

E’ strano realizzare come certi pensieri, senza ne’ capo ne’ coda, senza il minimo fondamento se non il traballante sostegno della fantasia, possano aiutarti. Le strisce di nuvola per me erano proprio questo, un aiuto. Non erano solo una fantasia terapeutica per i momenti di depressione, erano piuttosto lì a mostrarmi una via che aspettava di essere percorsa.

Non so se accada a tutti che osservando a lungo qualcosa alla fine ci si trovi un significato recondito e ci si convinca che ciò che si sta osservando contenga un significato che va oltre l’oggetto in sé. Lo si guarda e ci si trova riflessi, lo si guarda e ci si legge un messaggio preciso.

Scie di condensazione: linee rette, sottili e ben definite al principio, cominciano ad allargarsi e a perdere consistenza con il passare del tempo. Trasportate dal vento creano ampi archi ben definiti o si disfano lasciando solo un’opaca traccia della loro presenza. A volte vengono ondulate dai rotori del vento e sembrano onde spumeggianti, altre volte rimangono lì a lungo, sospese fino a quando lentamente si allargano sempre di più fino a diventare pallide nuvole impalpabili …

Così guardando le scie di condensazione io leggevo la mia vita: una linea dritta, calibrata dalle motivazioni, puntata sull’obiettivo finale sin dal principio. Poi la retta, nell’impatto con la realtà, si stava curvando, piegata dal vento della consuetudine o, peggio, silenziosamente modellata dai bisogni e dalle necessità della vita di altri. In qualche modo, così come le scie di condensazione, tracciate con decisione, alla fine si rivelano inconsistenti, in balia del vento in quota, così io, determinato e deciso all’inizio, ero ora in balia della mia vita, e subivo gli effetti uniformanti che lenti mi avrebbero portato alla dissolvenza: grigio su sfondo grigio.

Quelle scie di libertà paradossalmente si rivelavano impietose rappresentazioni di una lenta agonia. Strisce di nuvola che descrivevano un naufragio silenzioso ed inesorabile. No, non poteva essere così, e se non potevano tradirmi in questo modo meschino, trasformandosi da fate in streghe, complici crudeli nel trasformare i sogni in illusioni.

“E’ impossibile che tanta bellezza possa tradirti così!” Leggi meglio, lasciati guidare; lascia andare il passato. Pensa al presente, pensa al di là di quello che loro ti hanno già detto; leggi oltre, non fermarti alla superficie, scava e cerca quello che veramente vogliono dirti; amiche così non tradiscono.”

Ma certo! Quelle amiche che hanno a lungo accompagnato la tua fantasia, sono lì per mostrarti che loro stesse sono quello che cerchi. Non devi andare in nessun luogo lontano, non devi varcare dei confini geografici, devi solo capire che quello che vuoi; la svolta, i nuovi orizzonti sono qui sopra di te.

Così grazie ad uno zaino pieno di tela colorata, moschettoni, tuta e scarponi, la mia vita è cambiata. Ma non e’ stato come si vede nei film; non c’è stata una fuga, non c’è stata una famiglia abbandonata da qualche parte, né un lavoro piantato all’improvviso e neanche c’è stato un viaggio favoloso stile Fandango. C’è stata una semplice, lineare, candida scelta: iniziare a volare.


# proprietà letteraria riservata #


Claudio Palmieri