Una notte da dimenticare

Settembre è un mese gradevole sotto vari punti di vista. Non è caldo come in luglio e agosto, le giornate sono ancora lunghe e si possono fare ancora delle belle passeggiate per godere il tiepido vento di scirocco, che spira quasi costantemente nella Sicilia occidentale. Quando si è giovani, poi, tutto è bello e anche gli episodi negativi, che entrano nella memoria con violenza e cinica realtà, pur lasciando un solco profondo nella vita di chi li subisce, col passare degli anni leniscono la loro crudezza e lasciano solo un forte dolore nello spirito di un giovane.

Un mio amico qualche tempo fa mi ha parlato di una sua terribile avventura di quando era giovane ufficiale con l’incarico di Controllore d’intercettazione in un Centro Radar. Il suo lavoro gli piaceva molto e vi si dedicava con zelo e professionalità.

A volte, però, queste caratteristiche non sono sufficienti per evitare situazioni di pericolo, specialmente quando c’è un concorso di cause nell’evento.

Dicevo settembre perché il racconto inizia proprio in quel mese in una bella città della Sicilia occidentale.

Raf, così lo chiamavano e lo chiamano gli amici, era tutto eccitato perché in quei giorni si stava preparando per una importante esercitazione/valutazione che era un punto d’arrivo nel suo lavoro e, contemporaneamente, una nuova partenza verso altri ambiti traguardi.

Nei giorni che precedettero l’evento da dimenticare, a volte, guardava verso ovest il sole tramontare e, con una certa tristezza premonitrice, sentiva una stretta al cuore. Pensava dentro di sé che tale stato di tensione era forse dovuto all’impegno che stava per affrontare per la prima volta e così, cercando di farsene una ragione, continuava nel suo addestramento con maggior impegno e continuità.

Spesso cercava di distrarsi con gli amici, trascorrendo delle serate in attività di diporto nella ridente città. Anche la sua ragazza, una splendida bionda con occhi azzurri e un fisico mozzafiato, si accorse di questa sua particolare tensione e cercò di distrarre la sua attenzione dal prossimo evento, almeno, quando era fuori servizio. Raf era molto innamorato e accondiscendeva sempre a tutte le sue richieste.

In fin dei conti, per lui era un toccasana liberare un po’ la mente e Sara, anche lei molto innamorata, per distrarlo un giorno gli diceva: “Raf mi accompagni all’atelier di Trapani, devo comperare un nuovo vestito per il matrimonio della mia cara amica Rosalba”. Un altro giorno gli chiedeva di accompagnarla dal meccanico perché la sua auto aveva bisogno di urgente manutenzione e poi dall’orefice per comperare una nuova parure da abbinare al vestito e così via giorno dopo giorno. Raf la guardava, sorrideva e le diceva: “Va bene Sara”. Erano gli unici momenti in cui il suo pensiero smetteva di pensare al lavoro.

Intanto, erano arrivate le disposizioni per l’attività da svolgere e Raf le studiò con attenzione cercando di memorizzare anche le eventuali azioni alternate da porre in essere. Si sentiva sereno ed eccitato nello stesso tempo.

L’attività di volo si doveva svolgere durante un solo giorno in tutta Italia e, perciò, era necessario uno stretto coordinamento anche con gli altri Centri Radar limitrofi e con le basi aeree a loro collegate: era la simulazione di attacchi da varie posizioni verso il territorio nazionale.

Era una Valutazione Tattica Nato dei reparti della Difesa Aerea Nazionale.

E’ opportuno ricordare che a quei tempi i coordinamenti e le trasmissioni dati erano tutti via telefono/cuffia; non esisteva ancora la trasmissione automatica dati via computer.

Arrivò il grande giorno e tutto era pronto. La sala operativa era a pieno organico, compreso il Comandante, il Capo Ufficio operazioni e il Capo Servizio tecnico. Inoltre c’era il team di valutazione composta da personale Nato e personale nazionale per i necessari coordinamenti relativi all’esercitazione.

Il Capo Controllore della Sala Operativa coordinava l’attività di volo attraverso i suoi assistenti ed assegnava gli intercettori ai Controllori d’intercettazione che ricoprivano due postazioni. In una di queste postazioni sedeva Raf con il suo assistente che provvedeva a fornirgli i dati necessari per l’attività.

Il tutto cominciò intorno alle ore 19:00 quasi in contemporanea in tutta Italia. I Capi Controllori potevano impiegare dei velivoli intercettori (F104S) in volo (Combat Air Patrol – CAP, ndA) per avere un margine di vantaggio sui target che potevano giungere in qualsiasi momento, da ogni direzione e a qualsiasi quota.

La prima CAP toccò a Raf che la mantenne, come ordinatogli, 10 miglia nautiche (NM, nautical miles, ndA) a nord dell’aeroporto di Trapani Birgi, in attesa di un target da intercettare.

Non aspettò molto. Il Capo Controllore gli assegnò un bersaglio proveniente da est, a circa 80 NM. Immediatamente Raf ordinò agli intercettori sotto il suo controllo di dirigere nella direzione del target.

Mentre gli intercettori si stavano avvicinando (circa 40 NM), il Capo Controllore diede l’ordine di interrompere la missione in quanto il velivolo indicato era stato identificato come traffico aereo civile.

Raf ordinò l’interruzione dell’intercettazione e il ritorno nella posizione di CAP. Nel frattempo il numero due, poiché aveva perso il contatto con il leader, chiese a Raf delle indicazioni di azimuth e distanza per riportarsi sul suo numero uno. Il numero due si trovava dietro il leader a circa 15 NM.

Raf iniziò a fornire le necessarie informazioni fino a quando il gregario non informò il Controllore d’Intercettazione di avere il contatto radar sul numero uno. Proprio in tale momento il Capo Controllore ordinò a Raf di dirigere verso un nuovo target a circa 50 NM proveniente da Nord con direzione 180°.

Gli intercettori sotto il controllo di Raf si trovavano quasi su Palermo e subito eseguirono l’ordine.

Il momento era abbastanza concitato perché sarebbe stata la prima missione effettiva della valutazione.

I piloti eseguirono l’ordine e giunsero in breve tempo in posizione idonea per intercettare il target ed effettuare l’abbattimento simulato come da procedura.

Appena completata tale procedura, il leader della formazione chiese: “Potete darmi delle informazioni sul numero due in quanto non lo vedo?”.

Raf, che non aveva avuto altre richieste dal numero due per ricongiungersi con il leader, era convinto che i due fossero in formazione; di rimando chiese: “Perché non siete in formazione?” In quel preciso momento, Raf ebbe la sensazione che qualcosa di grave era successo.

Cominciò a chiamare il numero due sulla frequenza operativa per varie volte senza ricevere alcuna risposta. Intanto, con i suoi giovani occhi, cercava sullo schermo radar dell’UPA-35 possibili tracce da ricollegare al velivolo. Erano quasi le 22:00.

Cominciò a chiamarlo anche sulle frequenze di guardia e, anche, tramite il leader: nessuna risposta.

Raf non voleva credere a un possibile incidente e continuò a chiamare il velivolo in tutti i modi possibili. Venne definita l’area di perdita di contatto radio/radar e il leader, fino al raggiungimento del bingo fuel (esaurimento del carburante, ndA), continuò a scandagliare la stessa.

Purtroppo, l’esito fu negativo e il leader, suo malgrado, fu costretto a rientrare sull’aeroporto di Birgi.

Nel frattempo, serata nefasta, furono riportati altre due incidenti di volo: uno a Brindisi ed uno a Grazzanise.

Messi davanti a tale situazione, il Control Team della valutazione decise con effetto immediato di sospendere l’attività di volo.

Si rafforzava, laddove fosse stato necessario, in Raf la percezione che il velivolo sotto il suo controllo radio/radar era precipitato. Non ci poteva credere. Non era possibile che un tale evento fosse capitato proprio a lui.

Intanto, era stato allertato il Soccorso Aereo (SAR, ndA) che dopo circa un’ora raggiunse l’area per osservare a bassa quota eventuali rottami nell’area indicata.

Raf rimase in contatto con tale elicottero per fornire possibili indicazioni. Intanto il Capo Controllore e i suoi assistenti facevano delle ipotesi sulle aree da esplorare.

La mente di Raf era in tilt. Guardava il monitor ma i suoi pensieri andavano al pilota di cui ormai da più di tre ore non si sapeva più niente.

Contemporaneamente, come dei “flash”, il suo pensiero gli poneva davanti il volto di Sara, triste per l’accaduto, alla quale stava raccontando la triste storia. Si sentiva in colpa, pensava che forse avrebbe dovuto fare qualcosa di più e nel profondo dell’anima provava un senso di rimorso e piangeva, piangeva con singhiozzi sentendo tutto il peso dell’accaduto sulle sue spalle.

Rimase, in uno stato semi-confusionale, attaccato all’UPA 35 fino all’alba, sperando in un ritrovamento in vita del giovane pilota. Niente da fare. Non fu trovato neanche un minimo indizio in merito all’accaduto e alla possibile posizione del velivolo e del pilota. Tutti erano andati via e, ormai, la sala operativa era in normale assetto notturno.

Arrivò un altro collega a sostituirlo verso le sette del mattino. Raf non voleva andar via ma fu convinto che era meglio che andasse a riposare un po’.

Dopo circa due ore, senza dormire ma solo pensare e pensare, sentì il bisogno di incontrare Sara per avere un po’ di conforto e ritornare mentalmente alla realtà; Raf, infatti, si trovava con la sua testa ancora davanti al monitor.

Sara non sapeva cosa dire: era completamente a digiuno del lavoro svolto da Raf. Cercò di distrarlo in qualche modo e, quando sembrava di esserci riuscita, ecco arrivare la camionetta dei Carabinieri: “Signor tenente, deve venire con noi presso la base operativa per delle dichiarazioni in merito all’incidente”.

Raf senza parlare lasciò la mano di Sara guardandola con profonda tristezza come se fosse l’ultima volta. Si sentiva come un condannato a morte.

Era il tardo pomeriggio e, anche se il cielo era sgombro di nuvole, a lui sembrava di un grigio cupo come quando in sospensione nell’aria, portata dal vento di scirocco, c’è tanta sabbia mischiata alle goccioline di pioggia pronte a precipitare e sporcare tutto.

Ovviamente, era stata avviata un’inchiesta interna all’Aeronautica Militare tesa ad accertare l’accaduto. Insieme ad altri colleghi ascoltò e riportò per iscritto le registrazioni audio dalle quali emerse che Raf aveva svolto correttamente il suo lavoro e che la possibile causa dell’incidente era dovuta ad un guasto tecnico del velivolo.

I piloti degli altri due velivoli incidentati si salvarono. Del pilota controllato da Raf, purtroppo, non se ne seppe più niente.

Questo evento sconvolse profondamene Raf che per alcuni giorni provò un senso di paura inconscia nell’avvicinarsi al monitor di controllo. Aiutato psicologicamente dal suo Capo Ufficio Operazioni e dai colleghi, però, riuscì a vincere il timore che si portava dentro da quella sera e ricominciò a lavorare con maggior zelo e continuità. Non smise, però, mai più di pensare a quella notte e a quel ragazzo, che aveva la sua stessa età, di cui non seppe più niente.

Ancora oggi, dopo più di quarant’anni, mentre mi raccontava la storia, traspariva dalla sua voce, un po’ più roca, il suo forte coinvolgimento e il ricordo ancora vivo nella sua mente. Il sole era quasi all’imbrunire e lui d’istinto diresse lo sguardo in quella direzione come se aspettasse il rientro del pilota di quella sera e che qualcuno lo svegliasse da quel terribile sogno e gli dicesse: “Raf, svegliati … devi andare in sala operativa per l’esercitazione”.

Sara era diventata sua moglie e, durante il racconto, si sentì coinvolta emotivamente come quando l’evento era accaduto, manifestando una profonda commozione.

Subito dopo, in linea con il suo carattere gioviale e cordiale, cercò di riportarci fuori dal passato verso la realtà in una giornata calda di settembre con un gradevole vento di scirocco, offrendoci un bicchierino di Rosolio di sua zia.



§§§ in esclusiva per “Voci di hangar” §§§

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Dirigibile
Raffaele Carlino

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