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Condividere il dolore

E’ notte fonda mi chiamo Franco e mi trovo in sala operativa a svolgere le mie mansioni di “Duty Controller” (responsabile della Difesa dello Spazio Aereo Nazionale) e poiché l’orario lo consente, visto che il traffico aereo di notte diminuisce sensibilmente, scambio qualche parola con i colleghi che come me, anche se con mansioni diverse, vegliano sulla sicurezza della nostra bella nazione.

La sala è in penombra e viene illuminata da una luce soffusa e dai monitor della varie postazioni di lavoro dove viene visualizzata la RAP (Recognized Air Picture) cioè il traffico aereo significativo ai fini della Difesa Aerea che i reparti dipendenti trasmettono.

La nostra attenzione è così abituata a osservare quei piccoli monitor con quei simboletti strani che anche se chiacchieriamo, siamo sempre in grado di tenere la situazione sotto controllo: è la forza dell’abitudine. Nel giro di pochi secondi, infatti, possiamo riconoscere una situazione di traffico regolare da una situazione anomala; basta solo guardare la forma del simbolo della traccia e leggerne i parametri di volo.

Così, tra un’interruzione ed un’altra, iniziamo a scambiarci delle confidenze.

Luigi, così si chiama il mio “Fighter Coordinator” (coordinatore degli intercettori d’allarme), comincia a parlare di sé e della sua vita, passando con semplicità logica da un discorso relativo all’attività faticosa da noi svolta alle problematiche che ne derivano per la famiglia e per i figli.

E’ alto, magro, capelli brizzolati con una parlata tipica romana: infatti è originario di Rieti. Trasferitosi per lavoro in Emilia si è sposato con una ragazza del posto. Poi, si sa come vanno certe cose, col passare degli anni, finisce la passione e si rientra nell’abitudine quotidiana. Ci si rispetta fino a quando un nuovo incontro, per l’uno o per l’altro, non accende una nuova fiamma di passione. Forse è una definizione riduttiva della vita di coppia, ma il valore della famiglia ha subito (e ancora subisce) attacchi sociali pesanti ed incontrollabili in un mondo dove ormai tutto viene vissuto secondo un criterio di “usa e getta”, purtroppo.

Così è successo a lui quando si è invaghito di un’altra donna che aveva conosciuto durante una lunga missione all’estero. A seguito di tale relazione, ha deciso di separarsi e di andare a convivere, rientrato in Italia, con la nuova compagna abbastanza lontano dalla sua prima famiglia.

Questo fatto, ovviamente, gli ha impedito di mantenere dei rapporti regolari con le figlie. Inizialmente, a dire il vero, le incontrava spesso e sembrava che non ci sarebbero stati problemi di sorta. Un po’ alla volta, però, la situazione è degenerata. Per vari motivi, ed in particolare per il fatto che le figlie vivevano con la mamma, non è più riuscito ad avere un regolare rapporto con loro. Gradualmente le ragazze, tutte maggiorenni, hanno finito per schierarsi dalla parte della mamma.

Tale cosa gli ha procurato e ancora gli procura un grande dolore.

La situazione, all’improvviso, è precipitata quando l’anno scorso una delle figlie, quella che più aveva sofferto per la sua lontananza, è morta. Questo tragico evento lo ha fatto quasi impazzire per il dolore. Non è riuscito a farsene una ragione ed è ancora convinto che la colpa dell’accaduto sia tutta sua e che se fosse rimasto vicino alla figlia forse lei ora sarebbe ancora in vita.

Spesso, mentre si chiacchiera tra colleghi, sembra che la sua mente sia lontana e, chiaramente, si capisce che annuisce senza aver capito niente di quello che si sta dicendo.

Dopo i funerali, non è più riuscito ad andare, per vari motivi, al paese dove è sepolta la figlia e questo fatto l’ha condotto in una profonda situazione di tristezza e, ormai, è molto raro vederlo sorridere. Da qualche turno lo vedo molto depresso e mi sembra che con questo suo atteggiamento mi stia comunicando il desiderio di parlare con me.

Tra un’interruzione ed un’altra, mentre rispondiamo ai reparti dipendenti o riceviamo le condizioni  meteo delle basi aeree, finalmente si apre.

Viene fuori tutto il suo dispiacere e il suo senso di colpa che non lo lascia un attimo.

Continuando mi dice: “Sai la settimana scorsa, finalmente, sono riuscito ad andare a pregare sulla tomba di mia figlia, ho provato un po’ di sollievo e l’ho sentita, finalmente, vicino a me”.

A questo punto tira fuori dalla tasca della tuta di volo un foglietto piegato dove aveva scritto alcuni versi a seguito della visita alla tomba della figlia.

Luigi, infatti, si diletta a scrivere poesie, che gli danno molta soddisfazione interiore, con le quali riesce a tirare fuori dal suo animo i suoi sentimenti migliori.

In preda ad una forte emozione, quasi come se vedesse la figlia davanti a lui, comincia a recitare:

“E’ quasi un anno

da quando l’ultimo saluto ti lasciai

e d’allora solo la mente mia e il tuo spirito

quotidianamente han ragionato.

Ora, finalmente, il fato m’ha concesso

di sostar sul tuo sarcofago

ove il tuo corpo giace immobile.

Quel corpo che tante volte ho difeso,

a cui non diedi la forza vitale,

insita nella natura umana,

che a te fu negata.

Breve e pur sofferta la vita tua,

quando, pur volendo, non riuscivi a fare

ciò che era semplice per altri della tua età.

Eppure con tenacia e costanza

sei riuscita a raggiungere ambìti traguardi

senza il mio aiuto, senza di me,

lontano per sempre in altri lidi dove il destino

aveva indirizzato il mio futuro.

Padre spezzato, padre a metà per te sono stato,

anche se il tuo spirito, più vivo che mai

ben sa quanto t’ho amata e quanto ancora io t’ami”.

L’emozione gli blocca in gola le ultime parole mentre una timida lacrima, appena visibile nella penombra della Sala Operativa, gli solca lentamente il viso. Cerca di riprendere il suo normale atteggiamento, ma si vede chiaramente che soffre per quella sua figlia che il destino prematuramente ha voluto. Faccio finta di non accorgermi della sua profonda emozione per non imbarazzarlo ulteriormente.

“Luigi, Luigi” – dico intanto tra me e me – “se non ti conoscessi così determinato nello svolgimento della tua attività, non crederei a quello che i miei occhi stanno vedendo”.

Giunge improvvisa, a rompere l’incantesimo di quel momento d’emozione, la chiamata di un reparto dipendente che ci pre-allerta in merito ad un velivolo di linea non autorizzato che da piano di volo dovrebbe entrare nello Spazio Aereo Nato.

Di colpo, il suo volto cambia aspetto e riprende la professionalità che gli è solita mentre parla al telefono con le basi d’allarme per acquisire gli ultimi dati meteo in previsione di un possibile “scramble  (decollo rapido) degli intercettori teso a  verificare l’identità di quel velivolo.

Le telefonate cominciano ad intrecciarsi a vari livelli per risolvere la situazione operativa.

Il Controllore del Traffico Aereo conferma che il velivolo, pur non autorizzato intende passare sul nostro territorio. Lo scramble è inevitabile e in qualità di Duty ordino lo scramble agli intercettori della base più idonea per il riconoscimento del velivolo non autorizzato.

Ormai i pensieri di Luigi sono lontani dall’emozione di pochi minuti prima e il suo unico obiettivo è quello di metter gli intercettori nella condizione più idonea per intercettare e riconoscere il velivolo non autorizzato.

Appena decollati li affida al sito radar più vicino per un controllo corretto. All’improvviso, però, succede una cosa inaspettata: il velivolo non autorizzato cambia rotta e decide di circumnavigare il nostro territorio (la Sicilia) rendendo quasi inutile lo scramble. Cosa fare? Poche parole tra Luigi e me e, sapendo che il velivolo doveva dirigere comunque verso est, decido di far dirigere gli intercettori verso Malta da dove doveva passare il velivolo.

La situazione è quasi al limite.

Luigi decide per l’Hand Over (passaggio di controllo) al Centro di Controllo più vicino all’area di possibile intercettazione.

Gli intercettori hanno ormai lasciata la Sicilia e stanno per entrare nella FIR (Flight Information Region) di Malta che, allertata, autorizza l’ingresso dei nostri intercettori.

Il contatto radio comincia a diventare difficoltoso e a tratti intermittente. Luigi mantiene il collegamento con il centro radar che conduce la missione e, quando gli viene riferito che il Controllore d’intercettazione ha perso il contatto radio con gli intercettori, subito me lo riferisce e si concentra sui segnali radar in arrivo che mostrano gli intercettori in avvicinamento al velivolo sconosciuto.

Passano i minuti (solo pochi, ma sembrano interminabili) senza alcuna notizia di contatto radio del guida caccia con gli intercettori.

Sono momenti terribili. Sapendo di essere responsabili dell’Azione Tattica sia Io che Luigi ci guardiamo dalle rispettive posizioni esterrefatti.

Continuiamo a guardare la RAP e sembra che gli intercettori (riconoscibili dai loro codici) stiano dirigendo verso la Sicilia. Il contatto radio però è ancora negativo.

Pur essendo bassa la temperatura, Luigi sente caldo ed è vistosamente impallidito.

All’improvviso, finalmente, la comunicazione dal Centro Radar che il contatto radio con gli intercettori è positivo porta un po’ di serenità in lui.

Subito chiede il carburante rimanente degli intercettori e fa comunicare loro le informazioni necessarie per un sicuro rientro.

Il velivolo è stato riconosciuto e sarà posta in essere la prevista procedura per il suo comportamento contrario alle norme vigenti.

Gli intercettori sono al limite con il carburante per fare rientro alla base e, nonostante le meteo sulla base di partenza siano buone, Io e Luigi rimaniamo in apprensione fino al loro atterraggio.

Che sospiro di sollievo in quel momento.

Di colpo, noto che Luigi si siede e tiene la testa tra le mani segno che sta cercando di ritornare almeno per un attimo all’emozione precedente.

Quel breve momento di forte emozione, però, ormai è andato via nel cielo scuro di quella notte insieme ai sogni di buona parte delle persone che stanno riposando le stanche membra mentre il loro subconscio  puntualmente proietta, come in un film, in modo indecifrabile e caotico la somma delle loro esperienze e dei loro sentimenti.

Incrociamo per un attimo i nostri sguardi e mi rendo conto che il suo volto è più sereno e rilassato e forse contento di aver condiviso con me questa sua terribile angoscia e di essersi liberato del senso di solitudine che attanagliava la sua anima.

L’indomani mattina dopo il passaggio di consegne con il turno montante, recandoci lentamente verso il parcheggio delle auto, Luigi mi dice: “Grazie, Franco per avermi ascoltato”.

Accenno un timido sorriso, mentre il caldo sole di giugno illumina i nostri volti stanchi: siamo già proiettati con la mente verso casa


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Dirigibile
Raffaele Carlino

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caccia con postbruciatoreDurante un turno di servizio in sala operativa Franco (Duty Controller) e Luigi (Fighter Coordinator) si scambiano alcune confidenze. In particolare, Luigi, colpito recentemente da una disgrazia familiare (la perdita prematura di una figlia) è sempre triste e sembra assente durante i suoi rapporti con gli altri. Quella sera però sembra pronto a parlare con Franco per condividere il suo dolore e dare uno sfogo alla sua situazione psicologica.

Mentre si trova al culmine del suo racconto, un evento operativo interrompe la forte condizione d’emozione venutasi a creare. La professionalità, però, prende il sopravvento e il racconto di Luigi sembra dissolversi nel cielo con gli intercettori fatti decollare per una missione operativa di riconoscimento di un velivolo civile non autorizzato a sorvolare lo spazio aereo Nato.

Alla fine, però, Luigi, pur stanco, sembra contento sia per la buona riuscita dell’attività operativa che per la possibilità che ha avuto di poter condividere il suo dolore con Franco. Prova ne è il complice scambio di sguardi, completato da un timido sorriso tra i due, mentre si avviano verso il parcheggio delle auto per fare rientro a casa dopo il lungo e proficuo turno di servizio notturno.



Narrativa / Medio-breve Inedito; ha partecipato alla IV edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole” – 2016; in esclusiva per “Voci di hangar”

Una notte da dimenticare

Settembre è un mese gradevole sotto vari punti di vista. Non è caldo come in luglio e agosto, le giornate sono ancora lunghe e si possono fare ancora delle belle passeggiate per godere il tiepido vento di scirocco, che spira quasi costantemente nella Sicilia occidentale. Quando si è giovani, poi, tutto è bello e anche gli episodi negativi, che entrano nella memoria con violenza e cinica realtà, pur lasciando un solco profondo nella vita di chi li subisce, col passare degli anni leniscono la loro crudezza e lasciano solo un forte dolore nello spirito di un giovane.

Un mio amico qualche tempo fa mi ha parlato di una sua terribile avventura di quando era giovane ufficiale con l’incarico di Controllore d’intercettazione in un Centro Radar. Il suo lavoro gli piaceva molto e vi si dedicava con zelo e professionalità.

A volte, però, queste caratteristiche non sono sufficienti per evitare situazioni di pericolo, specialmente quando c’è un concorso di cause nell’evento.

Dicevo settembre perché il racconto inizia proprio in quel mese in una bella città della Sicilia occidentale.

Raf, così lo chiamavano e lo chiamano gli amici, era tutto eccitato perché in quei giorni si stava preparando per una importante esercitazione/valutazione che era un punto d’arrivo nel suo lavoro e, contemporaneamente, una nuova partenza verso altri ambiti traguardi.

Nei giorni che precedettero l’evento da dimenticare, a volte, guardava verso ovest il sole tramontare e, con una certa tristezza premonitrice, sentiva una stretta al cuore. Pensava dentro di sé che tale stato di tensione era forse dovuto all’impegno che stava per affrontare per la prima volta e così, cercando di farsene una ragione, continuava nel suo addestramento con maggior impegno e continuità.

Spesso cercava di distrarsi con gli amici, trascorrendo delle serate in attività di diporto nella ridente città. Anche la sua ragazza, una splendida bionda con occhi azzurri e un fisico mozzafiato, si accorse di questa sua particolare tensione e cercò di distrarre la sua attenzione dal prossimo evento, almeno, quando era fuori servizio. Raf era molto innamorato e accondiscendeva sempre a tutte le sue richieste.

In fin dei conti, per lui era un toccasana liberare un po’ la mente e Sara, anche lei molto innamorata, per distrarlo un giorno gli diceva: “Raf mi accompagni all’atelier di Trapani, devo comperare un nuovo vestito per il matrimonio della mia cara amica Rosalba”. Un altro giorno gli chiedeva di accompagnarla dal meccanico perché la sua auto aveva bisogno di urgente manutenzione e poi dall’orefice per comperare una nuova parure da abbinare al vestito e così via giorno dopo giorno. Raf la guardava, sorrideva e le diceva: “Va bene Sara”. Erano gli unici momenti in cui il suo pensiero smetteva di pensare al lavoro.

Intanto, erano arrivate le disposizioni per l’attività da svolgere e Raf le studiò con attenzione cercando di memorizzare anche le eventuali azioni alternate da porre in essere. Si sentiva sereno ed eccitato nello stesso tempo.

L’attività di volo si doveva svolgere durante un solo giorno in tutta Italia e, perciò, era necessario uno stretto coordinamento anche con gli altri Centri Radar limitrofi e con le basi aeree a loro collegate: era la simulazione di attacchi da varie posizioni verso il territorio nazionale.

Era una Valutazione Tattica Nato dei reparti della Difesa Aerea Nazionale.

E’ opportuno ricordare che a quei tempi i coordinamenti e le trasmissioni dati erano tutti via telefono/cuffia; non esisteva ancora la trasmissione automatica dati via computer.

Arrivò il grande giorno e tutto era pronto. La sala operativa era a pieno organico, compreso il Comandante, il Capo Ufficio operazioni e il Capo Servizio tecnico. Inoltre c’era il team di valutazione composta da personale Nato e personale nazionale per i necessari coordinamenti relativi all’esercitazione.

Il Capo Controllore della Sala Operativa coordinava l’attività di volo attraverso i suoi assistenti ed assegnava gli intercettori ai Controllori d’intercettazione che ricoprivano due postazioni. In una di queste postazioni sedeva Raf con il suo assistente che provvedeva a fornirgli i dati necessari per l’attività.

Il tutto cominciò intorno alle ore 19:00 quasi in contemporanea in tutta Italia. I Capi Controllori potevano impiegare dei velivoli intercettori (F104S) in volo (Combat Air Patrol – CAP, ndA) per avere un margine di vantaggio sui target che potevano giungere in qualsiasi momento, da ogni direzione e a qualsiasi quota.

La prima CAP toccò a Raf che la mantenne, come ordinatogli, 10 miglia nautiche (NM, nautical miles, ndA) a nord dell’aeroporto di Trapani Birgi, in attesa di un target da intercettare.

Non aspettò molto. Il Capo Controllore gli assegnò un bersaglio proveniente da est, a circa 80 NM. Immediatamente Raf ordinò agli intercettori sotto il suo controllo di dirigere nella direzione del target.

Mentre gli intercettori si stavano avvicinando (circa 40 NM), il Capo Controllore diede l’ordine di interrompere la missione in quanto il velivolo indicato era stato identificato come traffico aereo civile.

Raf ordinò l’interruzione dell’intercettazione e il ritorno nella posizione di CAP. Nel frattempo il numero due, poiché aveva perso il contatto con il leader, chiese a Raf delle indicazioni di azimuth e distanza per riportarsi sul suo numero uno. Il numero due si trovava dietro il leader a circa 15 NM.

Raf iniziò a fornire le necessarie informazioni fino a quando il gregario non informò il Controllore d’Intercettazione di avere il contatto radar sul numero uno. Proprio in tale momento il Capo Controllore ordinò a Raf di dirigere verso un nuovo target a circa 50 NM proveniente da Nord con direzione 180°.

Gli intercettori sotto il controllo di Raf si trovavano quasi su Palermo e subito eseguirono l’ordine.

Il momento era abbastanza concitato perché sarebbe stata la prima missione effettiva della valutazione.

I piloti eseguirono l’ordine e giunsero in breve tempo in posizione idonea per intercettare il target ed effettuare l’abbattimento simulato come da procedura.

Appena completata tale procedura, il leader della formazione chiese: “Potete darmi delle informazioni sul numero due in quanto non lo vedo?”.

Raf, che non aveva avuto altre richieste dal numero due per ricongiungersi con il leader, era convinto che i due fossero in formazione; di rimando chiese: “Perché non siete in formazione?” In quel preciso momento, Raf ebbe la sensazione che qualcosa di grave era successo.

Cominciò a chiamare il numero due sulla frequenza operativa per varie volte senza ricevere alcuna risposta. Intanto, con i suoi giovani occhi, cercava sullo schermo radar dell’UPA-35 possibili tracce da ricollegare al velivolo. Erano quasi le 22:00.

Cominciò a chiamarlo anche sulle frequenze di guardia e, anche, tramite il leader: nessuna risposta.

Raf non voleva credere a un possibile incidente e continuò a chiamare il velivolo in tutti i modi possibili. Venne definita l’area di perdita di contatto radio/radar e il leader, fino al raggiungimento del bingo fuel (esaurimento del carburante, ndA), continuò a scandagliare la stessa.

Purtroppo, l’esito fu negativo e il leader, suo malgrado, fu costretto a rientrare sull’aeroporto di Birgi.

Nel frattempo, serata nefasta, furono riportati altre due incidenti di volo: uno a Brindisi ed uno a Grazzanise.

Messi davanti a tale situazione, il Control Team della valutazione decise con effetto immediato di sospendere l’attività di volo.

Si rafforzava, laddove fosse stato necessario, in Raf la percezione che il velivolo sotto il suo controllo radio/radar era precipitato. Non ci poteva credere. Non era possibile che un tale evento fosse capitato proprio a lui.

Intanto, era stato allertato il Soccorso Aereo (SAR, ndA) che dopo circa un’ora raggiunse l’area per osservare a bassa quota eventuali rottami nell’area indicata.

Raf rimase in contatto con tale elicottero per fornire possibili indicazioni. Intanto il Capo Controllore e i suoi assistenti facevano delle ipotesi sulle aree da esplorare.

La mente di Raf era in tilt. Guardava il monitor ma i suoi pensieri andavano al pilota di cui ormai da più di tre ore non si sapeva più niente.

Contemporaneamente, come dei “flash”, il suo pensiero gli poneva davanti il volto di Sara, triste per l’accaduto, alla quale stava raccontando la triste storia. Si sentiva in colpa, pensava che forse avrebbe dovuto fare qualcosa di più e nel profondo dell’anima provava un senso di rimorso e piangeva, piangeva con singhiozzi sentendo tutto il peso dell’accaduto sulle sue spalle.

Rimase, in uno stato semi-confusionale, attaccato all’UPA 35 fino all’alba, sperando in un ritrovamento in vita del giovane pilota. Niente da fare. Non fu trovato neanche un minimo indizio in merito all’accaduto e alla possibile posizione del velivolo e del pilota. Tutti erano andati via e, ormai, la sala operativa era in normale assetto notturno.

Arrivò un altro collega a sostituirlo verso le sette del mattino. Raf non voleva andar via ma fu convinto che era meglio che andasse a riposare un po’.

Dopo circa due ore, senza dormire ma solo pensare e pensare, sentì il bisogno di incontrare Sara per avere un po’ di conforto e ritornare mentalmente alla realtà; Raf, infatti, si trovava con la sua testa ancora davanti al monitor.

Sara non sapeva cosa dire: era completamente a digiuno del lavoro svolto da Raf. Cercò di distrarlo in qualche modo e, quando sembrava di esserci riuscita, ecco arrivare la camionetta dei Carabinieri: “Signor tenente, deve venire con noi presso la base operativa per delle dichiarazioni in merito all’incidente”.

Raf senza parlare lasciò la mano di Sara guardandola con profonda tristezza come se fosse l’ultima volta. Si sentiva come un condannato a morte.

Era il tardo pomeriggio e, anche se il cielo era sgombro di nuvole, a lui sembrava di un grigio cupo come quando in sospensione nell’aria, portata dal vento di scirocco, c’è tanta sabbia mischiata alle goccioline di pioggia pronte a precipitare e sporcare tutto.

Ovviamente, era stata avviata un’inchiesta interna all’Aeronautica Militare tesa ad accertare l’accaduto. Insieme ad altri colleghi ascoltò e riportò per iscritto le registrazioni audio dalle quali emerse che Raf aveva svolto correttamente il suo lavoro e che la possibile causa dell’incidente era dovuta ad un guasto tecnico del velivolo.

I piloti degli altri due velivoli incidentati si salvarono. Del pilota controllato da Raf, purtroppo, non se ne seppe più niente.

Questo evento sconvolse profondamene Raf che per alcuni giorni provò un senso di paura inconscia nell’avvicinarsi al monitor di controllo. Aiutato psicologicamente dal suo Capo Ufficio Operazioni e dai colleghi, però, riuscì a vincere il timore che si portava dentro da quella sera e ricominciò a lavorare con maggior zelo e continuità. Non smise, però, mai più di pensare a quella notte e a quel ragazzo, che aveva la sua stessa età, di cui non seppe più niente.

Ancora oggi, dopo più di quarant’anni, mentre mi raccontava la storia, traspariva dalla sua voce, un po’ più roca, il suo forte coinvolgimento e il ricordo ancora vivo nella sua mente. Il sole era quasi all’imbrunire e lui d’istinto diresse lo sguardo in quella direzione come se aspettasse il rientro del pilota di quella sera e che qualcuno lo svegliasse da quel terribile sogno e gli dicesse: “Raf, svegliati … devi andare in sala operativa per l’esercitazione”.

Sara era diventata sua moglie e, durante il racconto, si sentì coinvolta emotivamente come quando l’evento era accaduto, manifestando una profonda commozione.

Subito dopo, in linea con il suo carattere gioviale e cordiale, cercò di riportarci fuori dal passato verso la realtà in una giornata calda di settembre con un gradevole vento di scirocco, offrendoci un bicchierino di Rosolio di sua zia.



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Raffaele Carlino

Una notte da dimenticare

In una calda giornata di settembre, Raf, partecipa ad una esercitazione Nato per la prima volta. E’ molto preparato e nello stesso tempo teso e preoccupato.

L’esercitazione ha un tragico epilogo: tre velivoli caduti quasi contemporaneamente.

Il primo è quello di Raf il cui pilota, purtroppo avrà anche la peggiore sorte. L’esercitazione viene annullata e Raf soffre e cerca di capire i motivi di questo avvenimento guardando dentro se stesso per capire se l’evento poteva essere evitato. Rimane molto scosso e, anche, dopo tanti anni, mentre lo racconta ad un suo caro amico, si sente coinvolto emotivamente e spera ancora che qualcuno lo svegli da quel brutto sogno.

 



Narrativa / Medio-breve Inedito; ha partecipato alla III edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole” – 2015; in esclusiva per “Voci di hangar”.

Nel sito sono ospitati i seguenti racconti:

Emergenza in volo

E’ una splendida giornata di primavera, i faggi cominciano a rivestirsi di foglie e l’aria è piena dei profumi della natura incontaminata della “Foresta Umbra” sita nel parco nazionale del Gargano.

E’ un luogo fuori dal comune dove puoi ritrovare la serenità dello spirito e vivere in stretto contatto con la natura durante tutto l’anno, fatta eccezione solo nei mesi di luglio e agosto, quando i turisti in cerca di frescura invadono le aree da picnic della Foresta, creando intasamento di traffico e sporcando senza preoccuparsi più di tanto del male che fanno alla natura e ai residenti. Per fortuna il periodo di tale invasione è breve.

Giovanni lavora presso il Gruppo Radar dell’Aeronautica Militare in qualità di “Capo Sezione Addestramento” ed è ben contento di lavorare in tale luogo, anche se il Gruppo è posto lontano dai centri urbani che possono offrire maggiori comodità ed una vita più intensa. A lui interessa la serenità dell’anima, una vita regolare nell’ambito della sua famiglia che lo sostiene e lo aiuta a mitigare lo stress del suo impegnativo lavoro.

Mentre l’autobus lo conduce presso l’area operativa del Gruppo Radar, il suo pensiero torna indietro ad un mese prima quando fu inviato in missione presso l’aeroporto di Pisa per partecipare ad una riunione relativa ad un’esercitazione nuova e molto impegnativa per le attività del suo reparto.

L’ordine gli fu comunicato una mattina di marzo mentre stava svolgendo la sua normale attività. Doveva recarsi con un velivolo di una squadriglia collegamenti – MB 326 – condotto da un collega pilota – Walter- che doveva partecipare per il suo Comando a detta riunione. L’incontro con Walter doveva avere luogo presso la base aerea di Amendola e da lì si sarebbero recati direttamente a Pisa.

Tutto si svolse come previsto. La giornata era splendida, nell’aria si avvertivano i primi segni del risveglio della natura dal torpore invernale e già si intravedevano nel cielo le prime rondini volteggiare felici.

Walter, in qualità di responsabile del volo, spiegò a Giovanni come doveva comportarsi durante il volo stesso e cosa fare in caso di emergenza, chiarendo che, in caso di necessità di paracadutarsi, il primo a lasciare l’aereo doveva essere Giovanni che stava seduto nel sedile posteriore e subito dopo sarebbe stata il suo turno. Aggiunse, inoltre, che non doveva preoccuparsi più di tanto in quanto il velivolo era in perfette condizioni e che le condizioni meteo, almeno per quel giorno, garantivano un volo tranquillo.

Ciò detto si sistemarono nel velivolo posizionando in posizione idonea il piccolo bagaglio che erano autorizzati a portare in volo.

Da lassù, vista la bella giornata di sole, tutto era meraviglioso e per Giovanni che volava per la prima volta con un piccolo jet, tutto era doppiamente eccitante. Aver visto, poi, la Foresta Umbra dall’alto con un passaggio mozzafiato sul suo amato reparto, gli diede un enorme piacere e, tra sé e sé, provò un senso di orgoglio per il fatto di appartenere all’Aeronautica Militare.

Walter, mentre erano in volo, fece da Cicerone a Giovanni che provava sempre più piacere per quel volo non programmato. Il viaggio proseguì senza problemi e atterrarono a Pisa in tempo per sbrigare le pratiche burocratiche e fare una puntatina in città per vedere la piazza dei Miracoli.

L’emozione provata nel trovarsi in quella piazza piena di arte e fare un giro sulla famosa torre pendente che vedeva per la prima volta, quasi, lo annichilì e i suoi occhi giravano in continuazione come un radar allo scopo di non perdere alcun angolo di tale beltà.

La riunione, svoltasi il giorno dopo, fu molto interessante e i particolari discussi ben evidenziarono l’importante impegno che attendeva il suo reparto durante quell’esercitazione. Era contento anche per questo in quanto partecipare a simili importanti riunioni operative lo inorgogliva e lo faceva sentire parte viva dell’Aeronautica Militare.

Durante la sera non vi fu alcunché di importante da segnalare, tranne il fatto che Walter manifestò un senso di preoccupazione per le condizioni meteorologiche del giorno dopo. Con una battuta delle sue, però, rasserenò Giovanni e così chiacchierando, chiacchierando giunse l’ora del riposo notturno.

Il programma per il giorno dopo era: decollo da Pisa per Ciampino, riunione allo SMA e, infine, partenza da Ciampino per Amendola, dove Giovanni avrebbe terminata la sua avventura sul piccolo jet. Questo il programma, ma come si sa non sempre le cose vanno come si pianifica.

Il dubbio, manifestato da Walter la sera prima circa le avverse condizioni meteo, ora era una realtà: nubi dappertutto e di sole neanche un piccolo raggio. I piloti, comunque, sono abituati a volare in sicurezza in tutte le situazioni e così a Walter toccò l’onere di rasserenare Giovanni che non era così esperto di volo con condimeteo avverse. A dire il vero Giovanni, in qualità di Controllore d’intercettazione, più di una volta aveva assistito aerei in difficoltà perché in condizioni di volo avverse, però si rese conto, come d’altronde sapeva per sentito dire, che trovarsi coinvolto direttamente era tutta un’altra storia.

Effettuati tutti i controlli pre-volo il velivolo iniziò il rullaggio e decollò regolarmente.

Il controllore del traffico aereo assegnò al velivolo “Flight Level” (FL) 260. Nonostante la completa immersione nelle nuvole, tutto sembrava procedere per il meglio, ma attraversando FL 140 un forte e improvviso rumore scosse il velivolo in assetto di salita. Non era una tipica scossa da turbolenza era qualcosa di più anche perché il velivolo cominciò a perdere quota e per pochi istanti diede l’impressione che il motore non girasse più bene.

Giovanni si guardò nello specchietto che aveva di fronte e si ricordò dell’avventura capitata a un suo collega che al primo volo su un jet fu costretto a lanciarsi col paracadute. Sicuramente non fu un bel ricordo per lui in quel momento.

Mentre era assorto in tali pensieri fu di colpo riportato alla realtà da Walter che disse: “Giovanni, cosa hai toccato?”. Giovanni pallido in volto e con il casco di traverso sulla testa dal quale fuoriusciva un ciuffo di capelli rispose:”Niente, ti giuro non ho toccato niente”. Non ci furono altre comunicazioni da parte di Walter.

Giovanni continuava a guardarsi nello specchietto e cominciava a sudare freddo, mentre i suoi pensieri, per quanto confusi e impreparati all’evento, vedevano un’imminente necessità di eiettarsi, così come per precauzione gli era stato detto all’imbarco ad Amendola.

Non voleva crederci, però, e sperava, sperava in cuor suo che la cosa si sarebbe risolta nel migliore dei modi.

Walter, intanto, parlava concitatamente con la torre della base aerea di Grosseto, spiegando di avere dei problemi con il motore del velivolo e chiedeva priorità per l’atterraggio in emergenza.

Quella fu la parola che fece capire a Giovanni la gravità della situazione, laddove ce ne fosse ancora bisogno.

Volavano ancora completamente immersi nelle nuvole, quando la voce di Walter ruppe il silenzio e disse: “Giovanni abbiamo avuto uno stallo al motore. Non ti preoccupare, però, perché ho intravisto un foro nelle nubi e mi sto dirigendo in quella direzione per raggiungere condizioni buone di visibilità. Anche se il motore ci dovesse lasciare in questo momento, metteremo, comunque , le ruote sulla pista di Grosseto”.

Queste parole, rincuorarono non poco Giovanni che in cuor suo aveva pregato tutti i Santi per la loro salvezza.

Il motore, intanto, aveva ripreso a girare quasi regolarmente e l’atterraggio si svolse senza ulteriori problemi.

Appena atterrati, il velivolo fu condotto nell’hangar per un primo controllo allo scopo di verificare, di massima, la causa dell’evento. La sentenza fu: velivolo fermo a causa di stallo meccanico del motore.

Il viaggio di Giovanni finì in quel momento e, mentre Walter fu costretto a rimanere a Grosseto per le azioni di competenza, Giovanni si fece condurre alla stazione FS di Grosseto da dove proseguì il suo viaggio per far ritorno in Foresta Umbra.

Ovviamente era frastornato e pieno di pensieri in testa che sembravano una tempesta senza soluzione di continuità che l’accompagnò per tutto il viaggio.

L’autista dell’autobus con una battuta di spirito lo risveglia dal ricordo di quei momenti concitati e pieni di paura e lo riporta scherzosamente nel mondo reale quando gli dice “Comandante siamo arrivati in zona operativa. Che fa’ scende o fa’ un altro giro?”

Accenna un sorriso all’autista e si alza dal suo posto lentamente ancora in preda ai ricordi per raggiungere, dal corpo di Guardia, il suo ufficio.

Lungo la discesa, che lo conduce verso il bunker della sala operativa, alza lo sguardo al cielo e, seguendo il volo acrobatico delle rondini, viene catturato dalle scie di condensazione dei velivoli di linea che passavano in quel momento nell’aerovia Blue 23 che passa sul VOR di Vieste. Giunge, infine, nel suo ufficio e la routine del lavoro lo assorbe immediatamente chiudendo alla mente il suo ricordo avventuroso.


Narrativa / Medio-Breve Inedito; ha partecipato alla II edizione del premio letterario “Racconti tra le nuvole”, 2013-2014; in esclusiva per “Voci di hangar”

Dirigibile
Raffaele Carlino