Ustica, i fatti e le fake news

titolo: Ustica, i fatti e le fake news

autore:  Franco Bonazzi – Francesco Farinelli

editore: Logisma

anno di pubblicazione: 2019

ISBN: 978-88-94926-18-7

 





 

Sono rimasto sorpreso nel vedermi capitare fra le mani un ennesimo libro sul tragico epilogo del volo del DC9 Itavia che precipitò in mare dalle parti dell’isola di Ustica nel 1980. Avevo letto diversi libri sull’argomento. Ognuno prendeva in esame la notevole mole di elementi relativi, non solo al volo, ma anche a tutta la situazione politica internazionale di quel momento. Ognuno cercava di formulare delle ipotesi plausibili, ma nessuno riusciva a mettere esattamente a fuoco la vera causa del disastro. Ogni libro indicava una delle cause possibili come quella più probabile e utilizzava gli elementi disponibili in modo da poterla sostenere. E le cause possibili erano già diverse sin dall’inizio.

Si pensava ad una guerra aerea avvenuta nel mediterraneo, con caccia di diverse nazionalità che inseguivano un caccia libico, un MIG 23, che si era messo in formazione sotto l’aereo civile dell’Itavia per non farsi vedere dai radar. Il suo scopo era quello di attraversare abusivamente lo spazio aereo italiano e raggiungere la Libia, proveniente dalle officine aeronautiche che avevano sede nella Yugoslavia.

Giusto per ricostruire la dinamica di quanto avvenne … che è anche quello che tentato di fare, in particolare, uno degli autori,Francesco Farinelli. Egli è dottore di ricerca in storia. Ha iniziato a occuparsi del caso Ustica nel 2010, durante le ricerche per la sua tesi di dottorato presso l’Università di Bologna dal titolo: “La drammatizzazione della storia”. È autore di articoli e saggi in tema di radicalizzazione e terrorismo. Lavora come direttore di ricerca per la European Foundation for Democracy di Bruxelles ed è membro del pool di esperti RAN, Radicalisation Awareness Network, istituito dalla Commissione europea.

Una cosa possibile. Ma sommersa da una gran mole di dichiarazioni e smentite che, di fatto, lasciavano tutto allo stato, appunto, di ipotesi.

Si pensava ad una bomba a bordo, ma anche questa possibilità aveva sostenitori e oppositori, che usavano gli stessi elementi per sostenerla o negarla. Potenza della dialettica…

Qualcuno aveva messo in evidenza le condizioni economiche della società Itavia. Gli aerei non ricevevano le dovute manutenzioni e proprio quel DC9, in un precedente volo, aveva manifestato problemi di forti vibrazioni. Le vibrazioni, per una macchina che vola, sono una cosa deleteria, specie se superano certi valori e persistono a lungo. Ma è anche vero che la robustezza di un aereo di linea è notevole. Difficile che si possa smantellare in volo come se fosse esploso.

Qualcun altro aveva ipotizzato che il Mig 23 potesse aver superato il DC9 per sfuggire ai caccia nemici, coinvolgendolo così nella propria turbolenza di scia, notoriamente temibile. Ma per quanto temibile, la turbolenza di un aereo non potrebbe certamente smembrare un liner. Altrimenti che ne sarebbe di qualunque aereo passeggeri in caso di attraversamento di uno spazio aereo interessato da condizioni di turbolenza in aria chiara (C.A.T. che sta per Clear Air Turbolence), la peggiore esistente?

Il volume intitolato: “USTICA, I FATTI E LE FAKE NEWS – Cronaca di una storia italiana fra Prima e Seconda Repubblica” si aggiunge alla chilometrica lista di libri (nonché film, inchieste giornalistiche televisive e addirittura canzoni) dedicate alla strage di Ustica. I-TIGI, queste le marche del DC-9 Itavia, al momento della sua disintegrazione, volava a circa 7000 m di quota e a una velocità di crociera di 800 km/h. Nell’incidente morirono tutti gli 81 occupanti dell’aeromobile, tra passeggeri ed equipaggio.  La foto ritrae la parte frontale del velivolo così come lo ha visto, seppure attraverso l’occhio digitale di una fotocamera,  Christian Boltanski che ha visitato, a Bologna, il  27/06/2007 il sito ove è stato traferito al termine della lunghissima inchiesta della magistratura.  Ricorreva il 27mo  anniversario della strage e il museo veniva aperto al pubblico per l’inaugurazione, presenti il sindaco Sergio Cofferati, il ministro Giovanna Melandri e la senatrice Daria Bonfietti.

Per ognuna di queste ipotesi esistevano forti indizi nella situazione di quel periodo. Si poteva sostenere tutto e il contrario di tutto.

L’ipotesi della bomba a bordo era stata subito fatta, ma era stata anche accantonata, per lasciare il posto ad ipotesi più evidenti, forse, oppure più convenienti, o solo più “suggestive”. E le fazioni politiche che avevano interesse a far prevalere una teoria piuttosto che un’altra si diedero subito da fare.

Il velivolo dell’Itavia si disintegrò e cadde in un braccio di mare del Tirreno meridionale compreso tra le isole di Ponza e Ustica a circa una sessantina di kilometri in linea d’aria dalle coste siciliane. In quel tratto la profondità del Tirreno supera i 3000 metri e questo costituì per anni il notevole impedimento per il recupero dei rottami del velivolo. Ci si mise di mezzo anche una sedicente società di recupero francese in odore di essere gestita dai servizi segreti francesi: l’ennesimo depistaggio, l’ennesimo tentativo di insabbiare quanto accadde.

Sin dall’inizio la faccenda divenne un guazzabuglio infernale, di proporzioni sempre maggiori.

Nel libro tutte queste teorie sono ben presenti e analizzate, messe in luce sotto diversi punti di vista.

In questo nuovo libro ho ritrovato gran parte delle cose che già sapevo, per aver letto gli altri libri e per motivi personali.

I motivi personali riguardano il fatto che nel 1980 avevo appena lasciato l’Aeronautica Militare. Ero fuori, facevo un altro lavoro, ma ero rimasto sempre nell’ambito aeronautico e, ovviamente, conoscevo tante persone, molti controllori del traffico aereo, compresi alcuni di quelli coinvolti, in modi diversi, in questo fatto. Alcun di loro frequentavano la mia famiglia e quindi ero stato davvero a contatto con la vicenda.

L’articolo con cui il quotidiano di Roma annunciava quella che poi fu definita una strage. L’indagine lunghissima e travagliatissima riempì i quotidiani e i telegiornali per molti anni a seguire, per non parlare di reportage giornalistici più o meno sensazionalistici che periodicamente apparirono in tv. Per i ragazzi nati nel nuovo secolo è però solo un eco lontano di qualcosa di torbido mai chiarito ancora oggi, una delle tante pagine oscure della storia italiana recente.

Però nessuna di queste persone ha mai detto di conoscere la causa del disastro. Nessuno sapeva davvero cosa fosse successo. Anzi, proprio loro avrebbero voluto ardentemente saperlo.

Ognuno conosceva la propria piccola parte.

Si era perso un aereo. Era scomparso dai radar. Erano state avviate le procedure di ricerca previste in questi casi. Di più non si sapeva.

Nei giorni successivi tutti noi cercavamo sulle pagine dei quotidiani gli sviluppi delle ricerche, in attesa di conoscere la verità.

Quella che ancora oggi manca all’appello.

Non senza difficoltà, dopo che il 96% dei rottami del velivolo erano stati recuperati e riassemblati in un simulacro presso un hangar dell’aeroporto militare di Pratica di Mare; una volta terminate le inchieste e le indagini tecnico-scientifiche, nel 2006 il velivolo fu trasferito e sistemato, grazie al contributo dei Vigili del Fuoco di Roma, nel Museo della Memoria di Ustica, approntato appositamente a Bologna, la città da cui il velivolo era decollato. Questa foto ritrae proprio quel luogo.

Diciamo subito che in questo libro la verità non viene rivelata. E, per ammissione degli stessi autori, non è questo lo scopo che si erano prefissi nello scriverlo.

Il loro intento è contenuto nelle ultime tre righe della presentazione della quarta di copertina: “Questo libro vuole ripercorrere quanto accaduto dal 1980 a oggi separando i fatti dalle false notizie. Perché non può esistere alcuna verità laddove il verosimile viene confuso con il vero e le opinioni tradiscono le fonti documentali della storia”.

Ho letto tutto il contenuto con grande interesse e posso dire che lo scopo di separare i fatti dalle false notizie, quelle che oggi si chiamano “fake news”, è stato raggiunto. Gli autori hanno sistematicamente preso in esame ogni singolo elemento, spiegandolo con la perizia che soltanto uno storico e un pilota sperimentale, uniti nel compito, possono fare. Hanno separato i fatti dalle chiacchiere di corridoio, che nel corso degli anni avevano assunto il rango di fatti inconfutabili, ad opera dei media e della loro autorevolezza. Hanno indicato, dove possibile, quali interessi politici avevano sostenuto le varie tesi, anche quando queste erano perfino assurde.

Il velivolo Douglas DC-9 della compagnia aerea italiana Itavia, identificato come volo IH870, era decollato dall’aeroporto di Bologna – Borgo Panigale e stava volando all’interno dell’aerovia denominata “Ambra 13” diretto all’aeroporto palermitano di Punta Raisi; perse il contatto radio con il controllo del traffico aereo sito sull’aeroporto di Roma-Ciampino, responsabile in quel settore e scomparve anche dagli schermi radar degli operatori dei centri radar Poggio Ballone, Grosseto, Ciampino e Licola che ne potevano osservarne la condotta di volo.

Hanno addirittura messo in luce l’opera dei cosiddetti periti, che veri periti non erano, ma che hanno prodotto documenti autorevoli, usati in tempi successivi come riferimento per ulteriori “analisi”.

Ci sono volute tutte le 368 pagine del libro per passare in rassegna la gran quantità di fango che si era accumulato nel corso dei decenni.

Gli autori sembrano orientati verso una delle ipotesi, quella della bomba a bordo. Anche se si sa chi potrebbe aver avuto interesse a compiere una cosa del genere, si sapeva anche all’epoca, nessuno ha mai rivendicato nulla e con gli elementi disponibili non si può provare veramente alcunché.

Tutte le ipotesi restano ancora aperte e lo resteranno finché qualcosa di nuovo, di risolutivo, non verrà fuori.

Non so se l’ipotesi della bomba sia quella giusta oppure no. Come ripeto, ad oggi la verità è ancora celata chissà dove. Non so nemmeno se verrà mai fuori.

Però, per chi fosse interessato a vedere un po’ più chiaramente i fatti, ben separati dalle fake news, questo libro è indispensabile.

Dopo, ognuno si potrà fare la propria idea personale.

 



Recensione a cura di Evandro A. Detti (Brutus Flyer).

Didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR


Ustica, i fatti e le fake news

Ustica, i fatti e le fake news





3 commenti su “Ustica, i fatti e le fake news”

  1. Volavo come pilota della Air Sardinia nell’ 89- 90.con me volava un pilota degli antisom il quale a proposito mi dice di aver sorvolato e intravisto intatto sotto il pelo d’acqua il DC 9 Itavia il giorno dell’ ” incidente”. Dieci anni dopo sono stato intervistato dai servizi segreti italiani a proposito del pilota libico trovato sui monti Calabresi, con varie domande ( tra le altre :conoscevo il pilota di cui mi mostravano il casco ?_ ma i piloti su jet non volavano a Sebha) a proposito della mia permanenza a Sebha in Libia come istruttore di volo nell’anno dell'”incidente” Itavia. E inoltre cercate su internet la dichiarazioni del pilota pattuglia acrobatica italiana, morto durante una isibizione della pattuglia a Ramstein, inviato da Grosseto. nella zona di Ustica il giorno
    dell’incidentee facenti riferimento a scenari di guerra! Mi sembra chiaro che in Italia c’è chi sapeva la verità è non la vuole divulgare

  2. Interessante…una notizia in volo, ho visto una rivista notevole, da vedere , “Ali di gloria” I libri “, “Progetti e progettisti italiani “, Delta Editrice, rivista bimestrale, guarda tu…..ciao 🙂

    Mara

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