titolo: Avventure in punta di ali
autore: Evandro Detti
editore: Logisma
anno di pubblicazione: 2016
nr pagine: 185
ISBN: 978-88-97530-72-5
Se pensate che non sia possibile provare l’esperienza del volo virtuale seduti in poltrona leggendo un libro … beh ricredetevi. Evandro Detti in “Avventure in punta di ali” vi porterà in volo nel fantastico scenario del lago di Garda.
L’autore, pilota di aereo e di aliante, istruttore di volo a vela, traspone tutta la sua esperienza e saggezza in questo racconto. Utilizzando il modulo narrativo della favola, vi farà veleggiare sotto le nubi e quando sarete un po’ più abili affronterete il volo di costone, per arrivare poi al volo … ma questo lo scoprirete leggendo.
In questo corso di volo, ma soprattutto di vita, sarete accompagnati dal gabbiano Libero che volerà alla vostra destra, sempre pronto a incoraggiarvi e sostenervi; mentre voi non farete fatica a riconoscervi nel ruolo della papera Gegè e negli atteggiamenti, paure, vezzi e debolezze tipiche solo del mondo umano.
La grande magia racchiusa dentro questo libro è che anche voi, al pari di Gegè, capirete come si possa volare senza sbattere le ali; comprenderete che il sole, un costone roccioso e il vento sono regali della natura che consentono il volo veleggiato; guarderete il cielo con gli occhi di chi è alla ricerca delle nubi che segnalano le ascendenze. Scorrendo le pagine una dopo l’altra, sarete spaventati da ciò che vi è ignoto, avvertirete la fatica e il dolore, trepiderete di fronte ai pericoli, proverete lo sconforto dei fallimenti e la gioia dei successi … volerete.
Chi una licenza di volo l’ha già conseguita sorriderà ai borbottii della papera Gegè, ripensando al suo corso di volo e a quante volte ha avuto gli stessi pensieri; gli istruttori apprezzeranno la pazienza del gabbiano Libero ripensando ai loro allievi.
Molte sono le chiavi di lettura, diversi i significati che possiamo attribuire a questo testo perché, in fin dei conti, a questo servono le favole: a far riflettere. Mentre si leggono e quando si è chiusa l’ultima pagina.
Si parla di volo come metafora della vita: lezioni di volo ma anche lezioni di vita; istruttore di volo ma anche insegnate di vita; allievo pilota ma anche voglia di migliorarsi; abilità ma anche accettazione delle diversità.
Della trama molto viene anticipato nella sinossi presente nella IV di copertina e, moltissimo nella prefazione del libro. Entrambe sono a cura di Gherardo Lazzeri, che è anche editore del volume con il nome LoGisma.
L’impianto narrativo cattura l’attenzione e la curiosità del lettore dalla prima all’ultima pagina senza mai annoiarlo, con una prosa molto fluida e gradevole, nonostante la notevole componente divulgativa della cultura aeronautica
Il volume è ben curato, in copertina, a colori, sono rappresentati i due protagonisti un gabbiano e una papera, al suo interno è però avaro di disegni. Al termine di alcuni capitoli sono presenti miniature a matita, in bianco e nero, raffiguranti i due protagonisti.
Il racconto meriterebbe di essere arricchito da disegni illustrativi delle scene, incastonate nel testo. Un libro che incuriosirà i bambini, solleticherà i ragazzi, farà riflettere gli adulti.
“Ognuno di noi ha un paio d’ali ma solo chi sogna impara a volare: chi rinuncia ai sogni è destinato a morire.”(Anonimo)
Recensione a cura di Franca Vorano
Richard Bach negli Stati Uniti con il Il gabbiano Jonathan Livingston, Luis Sepùlveda in Cile con Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, Antoine de Saint-Exupéry in Francia con Il piccolo principe e ora, in Italia, Evandro Detti con Avventure in punta di ali.
Non si tratta di un’affermazione gratuita dai toni maldestramente trionfalistici, né di una provocazione dal sapore squisitamente campanilistico … il libro Avventure in punta di ali ha davvero tutti i requisiti che gli consentono di collocarsi a pieno titolo tra le tre perle della letteratura mondiale. Non fosse altro perché le accomuna lo stesso modulo narrativo: la favola.
Al pari delle altre già molto famose, quella di Evandro Detti è infatti una favola di ragguardevole spessore che si presta a molteplici chiavi di lettura.
Premesso che il testo, per così come appare ad una prima sbirciata, sembra essere destinato ad un pubblico infantile, diversi sono i piani narrativi che un lettore adulto e – aggiungiamo – un tantino smaliziato, può intuire in funzione della propria sensibilità; diversi i significati che assumono le vicende narrate e i personaggi che le animano. E in questo la favola dimostra in sé tutta la propria versatilità, tutta la propria forza evocativa: ciascuno interpreta a modo suo la ricca simbologia che la contraddistingue, ciascuno trova la morale che, in cuor suo, immagina sia custodita tra le sue righe, in attesa solo di essere svelata.
Ma lasciamo le caratteristiche intrinseche della favola e veniamo al libro specifico.
Il pretesto narrativo su cui si avvia il volume è l’incontro tra un gabbiano, Libero, e una papera, Gegè. Lo scenario è quello splendido del lago di Garda e dei luoghi incantati che si affacciano sulle sue rive.
I due protagonisti, in modo del tutto casuale, si trovano a battagliare a colpi di becco per conquistare i pezzetti di pizza che i turisti lanciano dalle barche in uscita dal porticciolo di Bardolino. Mentre però Libero è un abile e scaltro procacciatore di cibo perché del volo ha fatto un’arte, Gegè è una paperella vezzosa che pone il cibo come suo unico scopo di vita e dunque il volo come mezzo per nutrirsi, nulla di più. Quando il funambolico Libero, per l’ennesima volta, sottrarrà il cibo a Gegè ad un palmo dal becco, saranno inevitabili le starnazzanti proteste della papera e da qui un battibecco in piena regola dal quale scaturirà una vera e propria sfida: una gara di velocità da Bardolino a Riva del Garda.
Sarà una corsa al fulmicotone che darà la stura ad una serie di avventure di volo e sancirà il prologo di un rapporto di amicizia fatto di alti e bassi oltre che di un gioco psicologico di tira e molla tra due specie di uccelli morfologicamente diversi e che hanno un modo di volare decisamente diverso.
Circa la trama, non aggiungeremo altro perchè le favole, al pari dei romanzi gialli o di spionaggio, non possono essere svelate … altrimenti si perderà l’effetto sorpresa. Nel caso specifico della favola di Evandro Detti, la sinossi presente nella IV di copertina e la prefazione del libro – a nostro parere – rivelano fin troppe informazioni. Ma questo non vuol essere un ingiusto rimprovero rivolto al loro autore, Gherardo Lazzeri, cui viceversa, va reso il merito di averle scritte in modo impeccabile giacché è riuscito a condensare in poche righe tutte le 185 pagine del libro. E non solo. Egli è anche editore del volume nelle celate vesti dell’editore Logisma. A lui dobbiamo dunque concedere anche la nostra riconoscenza nell’aver riservato spazio (o meglio, carta) al manoscritto di Evandro Detti, altrimenti destinato all’oblio di un cassetto polveroso o al gelido anonimato del disco rigido di un pc. Lode dunque all’iniziativa editoriale di Logisma che – ne siamo certi – l’ha intrapresa senza nulla chiedere, diversamente da quanto accade ormai quasi sempre con pubblicazioni a carico dell’autore.
Se poi Avventure in punta di ali diventerà un best seller della letteratura mondiale alla stregua di La collina dei conigli di Richard Adams o a La fattoria degli animali di George Orwell … beh, non ci è dato saperlo a priori. Questo lo diranno solo i lettori. A parer nostro – e lo ribadiamo, a costo di essere ripetitivi – il romanzo di Detti non ha nulla da invidiare a quei volumi ormai blasonati.
Che poi l’autore nutrisse una particolare attenzione nei confronti del mondo dei volatili ce n’eravamo accorti: nel libro Zingari del cielo egli racconta di un’infanzia trascorsa ad osservare gli uccelli che nidificavano nella cascina paterna, oppure nel racconto con cui ha partecipato alla I edizione del Premio letterario “Penna Alata”, il protagonista è proprio un uccello che abita nell’albero di fronte alle finestre dell’autore. E anche nel racconto partecipante alla III edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole”, Evandro Detti accenna alla prodigiosa capacità degli uccelli di orientarsi.
Dunque da navigato pilota a vela e a motore come sappiamo essere, egli conserva lo stupore di chi riconosce negli uccelli le migliori macchine volanti, checché ne dicano le più prestigiose Accademie aeronautiche o i più audaci studi di progettazione aeronautica.
Ad ogni modo, non fatevi ingannare: Avventure in punta di ali non è una favola a sfondo ornitologico; il gabbiano Libero e la papera Gegè sono solo un pretesto, diciamo un “prestito” del mondo animale, utile a raccontare atteggiamenti, paure, vezzi e debolezze tipiche solo del mondo umano. L’evoluzione biologica infatti, ha reso la papera tozza e poco armoniosa nel volo che compie sempre e solo battendo le ali. Il gabbiano invece, è un uccello veleggiatore che sfrutta, anche il più insignificante refolo di aria ascendente muovendosi quasi sempre con l’ala rigorosamente tesa. Ma occorre leggere un po’ più in là della semplice dimensione naturalistica.
Tornando infatti al discorso delle chiavi di lettura, ebbene, vi domandiamo: in Libero non vi sembra di riconoscere, per caso, il classico istruttore di volo e in Gegè il classico allievo pilota? Oppure, altra chiave di lettura, la papera non incarna forse l’individuo desideroso di apprendere benché frenato dalle proprie paure? E il gabbiano, toh, non è stranamente il maestro che con pazienza e misurato rigore cerca di trasmettere la sua conoscenza? Magari vi ritroverete con quest’altra chiave di lettura: la papera simbolo di quella schiera di soggetti che, non domi del loro status, esplorano altre vie, vivono altre esperienze, sebbene la società imponga loro comportamenti e modelli di vita radicati. Il gabbiano, da par suo, potrebbe tranquillamente incarnare il tipico modello dell’individuo dall’indole schiva e solitaria ma depositario di grandi doti, disposto a concedersi solo a chi è fortemente motivato ad apprenderle. Insomma il classico mentore con il suo discepolo.
Non contenti, avremmo altre possibili interpretazioni. Quali? Per esempio potremmo pungolarvi suggerendovi la metafora di un’amicizia travagliata che si corona con il successo del più sprovveduto grazie all’aiuto del più abile. Oppure vogliamo accennare alla morale del tipo: chi la dura la vince? Altrimenti alla parabola che: se si desidera fortemente qualcosa, nonostante tutte le vicissitudini, lo scopo verrà raggiunto. E ancora: che l’istinto può essere domato solo dalla forza di volontà.
In definitiva, molte sono le chiavi di lettura, diversi i significati che possiamo attribuire a questo testo piacevolissimo e leggero come i due protagonisti. Ed è per questo motivo che vi esortiamo a trovarne degli altri perché questo esercizio è proprio lo scopo ultimo delle favole: indurci alla riflessione, a vedere oltre le apparenze della storia pura e semplice, a leggere tra le righe e oltre.
La prosa di Evandro Detti è semplicemente eccellente, non c’è altro modo per definirla. Dopo aver scritto una raccolta di racconti aeronautici autobiografici come Zingari del cielo, un asettico manuale di addestramento per i piloti di volo a vela come il Manuale di pilotaggio dell’aliante veleggiatore e la biografia rigorosa di un personaggio storico dal titolo: Cesare Carra, una vita troppo breve dedicata al volo, dobbiamo ammettere che mai e poi mai lo avremmo immaginato capace di scrivere in modo così leggiadro eppure profondo … invece Evandro Detti c’è riuscito e ci ha sorpreso molto, molto favorevolmente. Dunque una sorpresa e al contempo una conferma.
L’intreccio delle avventure narrate nel volume mantiene in tensione il lettore dalla prima all’ultima pagina senza mai annoiarlo; scorrendo le pagine una dopo l’altra voleremo, avremo paura, avvertiremo la fatica e il dolore dell’ala contusa, trepideremo alla vista della poiana come se fossimo noi i veri protagonisti della storia e quasi non ci sembrerà di leggere un libro bensì di vivere un’esperienza reale (alla faccia degli ologrammi digitali o della realtà virtuale).
Insomma: un libro scritto benissimo da promuovere e far conoscere al di fuori della cerchia degli appassionati di volo tra cui, sicuramente, farà molti proseliti. Un libro da regalare a bambini e ragazzi; gli adulti – ne siamo certi – saranno ben felici di leggere un testo così gradevole e in tal modo potersi estraniare da una realtà che, probabilmente, non è così piacevole come quella che si vivrebbe volando alla sommità del Monte Baldo o della scogliera di Giannutri.
Un volume che – occorre ricordarlo – cotituisce un formidabile quanto piacevole veicolo di diffusione della cultura aeronautica, anche e non solo ad uso e consumo degli allievi piloti di aliante. Per questo motivo andrebbe fornito loro abbinandolo a il Manuale di pilotaggio dell’aliante veleggiatore sempre di Evandro Detti, oltre al canonico libro di testo di Enrico Bergomi Il nuovo manuale del volovelista.
Il grande potenziale letterario di questo libro è riposto nella capacità di coinvolgervi a tal punto che, senza accorgervene, anche voi, al pari di Gegè, capirete come si possa volare senza sbattere le ali (ossia senza l’ausilio di un motore); comprenderete assieme a Gegè che il sole, un costone roccioso e il vento sono regali della natura che consentono il volo ad “emissione zero” (volendo usare un’espressione tanto in voga); guarderete il cielo, allo stesso modo in cui farà la nostra eroina, cioè con gli occhi curiosi di chi è alla ricerca delle prodigiose nubi lenticolari, segno mirabile di un potentissimo flusso di aria ad alta quota.
Insomma, se eravamo a caccia di un’ulteriore chiave di lettura, potremo sostenere, senza ombra di smentita, che Avventure in punta di ali è anche un manuale di addestramento al volo veleggiato. Occulto, ma pur sempre un manuale.
In effetti, questo è un libro che, nella biblioteca di un pilota di aliante, non può mancare. Non fosse altro perché Evandro Detti è uno di loro e tanti ne ha istruiti, non fosse altro perché il gabbiano è universalmente conosciuto come il simbolo del volo a vela.
Forse – ma qui avanziamo una deliberata provocazione – questo volume dovrebbe trovare posto addirittura nella scrivania di tanti giornalisti (o sedicenti tali) che sono sempre prodighi di notizie sensazionalistiche allorquando un pilota è costretto ad un atterraggio fuori campo, oppure quando un aliante impatta rovinosamente su un costone montagnoso o infine allorché, molto molto raramente, si verificano incidenti luttuosi e non. Avventure in punta di ali dovrebbero tenerlo come prontuario per la stesura della notizia. Rileggendo le illuminanti pagine di questo libro, ricorderebbero che i piloti di aliante non sono dei visionari che amano sfracellarsi su un costone ripido alla ricerca di qualcosa d’invisibile, che non prediligono “cadere” in mezzo all’unico campetto atterrabile, che non disturbano impunemente la quiete dei Parchi nazionali e quindi la riproduzione di tale o tal altra specie protetta. I piloti di volo a vela decollano nelle ore più roventi dell’estate oppure all’alba delle più fredde e ventose dell’inverno … semplicemente perché inseguono lo stesso desiderio di Gegè. E lo fanno con macchine volanti silenziose e dalle lunghe ali bianche, proprio come quelle di Libero.
Sotto il profilo tipografico, il volume è ben curato seppure di taglio economico. La copertina a colori è flessibile e lucida, la carta adoperata è bianchissima e relativamente opaca, tuttavia non disturba la lettura perché la dimensione dei caratteri è adeguata e le righe hanno una spaziatura standard. Anche le dimensioni del volume sono standard sebbene auspichiamo future ristampe in formato tascabile e in brossura.
In effetti, come tutte le favole, anche questa meriterebbe un formato ancora più grande, magari destinato ad un pubblico infantile e, soprattutto, meriterebbe di essere illustrata senza indugio alcuno. Già immaginiamo le sapienti mani di una giovane acquarellista che, con minuti tocchi di colore, raffigurerà le decine e decine di scene chiave del libro. Già intravediamo le tavole che ritraggono l’evoluire di Gegè e di Libero attorniate dal testo che racconta l’episodio. E se ci dicessero che qualche società di animazione cinematografica fosse interessata a mettere in video la favola di Evandro Detti … beh, non ce ne stupiremmo. Semmai chiederemmo per quando è prevista l’uscita nei cinema.
Per dovere di verità, alla fine quasi tutti i capitoli del libro, il testo è già impreziosito da un disegno tipo a matita, in bianco e nero, che ritrae i due protagonisti e i luoghi rivieraschi ove si svolge la storia … tuttavia è solo un assaggio esplorativo di quello che potrebbe essere e – ce lo auguriamo – sarà nella prossima edizione.
Intanto compriamo questa edizione e regaliamola alle persone care. Rassicuratele però: non è un libro che parla di volo fine a sé stesso … pungolateli con la questione delle chiavi di lettura e vedrete che, dopo aver letto il libro, vi ringrazieranno.
In conclusione, non possiamo che ringraziare noi e salutare noi Evandro Detti assieme alla sua creatura letteraria augurando loro non il nostro proverbiale “in becco all’aquila” bensì un ben più aereo: buon vento! … ma non prima di aver riportato la breve frase firmata da Libero, il gabbiano, che apre il libro:
“Un uccello veleggiatore non parte e non arriva, piuttosto è sempre in viaggio”.
Lunghi voli alle favole!
Recensione a cura della Redazione
Cesare Carra - Una vita troppo breve dedicata al Volo
Zingari del Cielo
FRANZ STIGLER E CHARLIE BROWN
Franz Stigler e Charlie Brown
Ho letto il libro “Avventure in punta d’ali” di Evandro Detti e, da appassionato fruitore di letteratura aeronautica, devo dire: è davvero bello.
Una storia simpatica e delicata, scritta molto bene, sia nelle scene d’acqua, che in quelle d’aria (alcune davvero magistrali).
Molto bella la visita di Libero a Giannutri, ed emozionante l’avventura di Gegè sul fianco della montagna.
Il tutto raccontato con il tono pacato, esperto e discreto che, come ben sa chi lo conosce personalmente, contraddistingue l’autore.
Ma, in un certo senso, questo libro non è solo una storia di fantasia; è anche un manuale di secondo periodo per il volo a vela.
Non tanto, e non solo, per le descrizioni del volo in termica, del volo di pendio e del volo d’onda, quanto per lo spirito che trasmette.
Siamo tutti, chi più, chi meno, come la papera Gegè. Pieni di entusiasmo, che ci spinge a provare, ma anche di timori, che ci inducono ad accontentarci di quello che abbiamo raggiunto.
Così, dopo aver letto questo libro, il pilota timido sentirà dentro di sé la voce di Libero che dice:
“… Il volo in certe condizioni è difficile. Il segreto è la costanza. Solo chi insiste e non molla ce la fa. Qual è il premio lo sai” (pag. 117).
E’ vero: senza forzare, ma evitando di rinunciare alle prime difficoltà, si vola lontano. E si raggiunge il sogno.
Grazie Evandro!
Aspettavo con ansia l’arrivo del libro “Avventure in punta di ali” di Evandro Detti, alias Brutus Flyer. Finalmente, dopo tanta attesa, è arrivato! Appena giunto nelle mie mani, ho avuto modo di apprezzarne la copertina, semplice e graziosa. Sul retro, oltre a una breve sintesi del testo, vi è riportata la brillante biografia dell’autore, figura di notevole spessore. Oltre ad essere stato controllore del traffico aereo, egli ha, infatti, alle spalle una grande esperienza nel pilotaggio di velivoli a motore e di alianti dei quali è anche istruttore. Evandro, inoltre è autore di opere e manuali in campo aeronautico. Mi sono completamente immerso nella lettura, tanto da non riuscire a staccarmi, rimanendo affascinato e coinvolto fin dai primi capitoli. La scrittura è fluida e denota la mano di una “penna” abile ed esperta come lo è nel pilotaggio. Molto bella anche l’ambientazione sul lago di Garda del quale l’autore descrive in modo preciso i paesi, le caratteristiche delle coste e il monte Baldo. Anche gli scenari, la luce del sole al tramonto con i suoi riflessi sul lago, assumono una connotazione dolce, quasi poetica. La sua esperienza di pilota lo porta a descrivere con precisione l’aria, le sue correnti, sia ascendenti sia discendenti, utili e pericolose per un volo leggiadro quale quello di un aliante. Gli episodi si succedono tra una termica e l’altra, fino ad attraversare l’Appennino, raggiungere l’isola di Giannutri, l’Argentario per poi puntare a nord-est fino a Grado. Una bella storia che coinvolge un gabbiano e un’anatra. Il primo un esperto veleggiatore, la seconda più pesante ma tenace, tanto da riuscire, con il passare del tempo, a eguagliare il gabbiano. L’autore riesce a far parlare i due protagonisti, in un intreccio di dialoghi dolci e garbati, come fossero persone, tessendo una bella storia di volo e di avventura. Chi meglio di lui poteva fare ciò? Gli spunti che si possono trarre dalla lettura del libro sono vari. Emerge l’amore per il volo, i rapporti di amicizia che si possono creare, ad esempio, tra istruttore e allievo. Non solo! Direi di più! C’è anche una bella lezione di vita, utile anche a noi umani. Dopo una grossa caduta, ci si può rialzare e con tenacia andare avanti! Un gran bel libro la cui lettura suggerirei a un’ampia platea di lettori: dai più grandi ai più piccoli di età, facendoli così approcciare al meraviglioso mondo del volo, un mondo in cui rimangono vivi valori molto importanti quali i sentimenti, la fratellanza, la fiducia uno dell’altro. Caro Evandro, ho apprezzato molto questo libro e lo custodirò gelosamente nella mia piccola raccolta di testi. Spero di poterti un giorno incontrare per farti a voce le mie congratulazioni e avere la tua dedica scritta. Lo spero!
Un libro che piacerà a chiunque ami il volo per le sensazioni che può dare, per lo sguardo che ci consente di gettare in noi stessi, per lo stupore che chiunque impari a volare prova quando improvvisamente si rende conto di trovarsi in un elemento riservato dalla natura ad altre specie.
Un libro che piacerà soprattutto a chi vola senza un motore, fidando solo nelle sue ali.
Un libro che fin dall'inizio si colloca sulle orme del gabbiano più famoso della letteratura, Jonathan Livingston. Il gabbiano protagonista di questa storia, Libero, lo ricorda molto da vicino, soprattutto nelle prime pagine. Ma l'Autore sa staccarsi dall'ingombrante modello e trovare la sua strada narrativa.
Più che un percorso di elevazione solitaria e di perfezionamento di sé con stoica disciplina, quella di Libero è una vicenda di condivisione dell'amore per il volo, di volontà di trasmettere le scoperte e le conoscenze che si sono acquisite nella propria esperienza di volatore.
Quando Libero conosce un uccello di altra specie, una papera, Gegè, che non sa nulla del volo veleggiato, è preso dal desiderio, puro e schietto, di insegnargliene i fondamenti.
E da qui si snoda una amicizia fatta dell'incontro di due diversità che possono fondersi in un unico intento, un'unica passione.
Nelle varie fasi di questo addestramento cui Libero sottopone Gegè, senza insistenza, senza forzature, facendo leva sull'anelito di scoprire e di imparare, si sente la mano e il metodo dell'istruttore Evandro Detti, che, con l'espediente narrativo del modulo maestro-allievo, spiega in modo chiaro per chiunque, e mai fastidiosamente didascalico, i meccanismi del volo veleggiato. Ma soprattutto fa sentire, come meglio non si potrebbe, le emozioni che prova chi è intimamente mosso dalla volontà di capire il volo e progredire in esso, fino - come dice Libero - a volare con arte.
Evandro Detti, bontà sua, mi ha regalato una copia di "Avventure in punta di ali" e io per gratitudine l’ho messo in cima alla pila di libri che da anni devo leggere. Quando ho visto che si trattava di una papera che imparava a volare ho pensato per associazione al libro di Luis Sepùlveda "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare", ma i due testi non stanno affatto insieme.
Il volo per Sepùlveda e il volo per Evandro condividono lo stesso nome ma non hanno gli stessi contenuti. Per Sepùlveda il volo è una categoria vuota riempita di poesia, per Evandro sono ore annotate sul libretto della vita di un poeta. I risultati sono del tutto incomparabili, come l’acqua e l’acqua di colonia. Sfogliando le "Avventure in punta di ali" di Evandro si respira l’acqua di colonia!
Il libro di Evandro è insieme tecnico e struggente ed è questa, forse, la vera poesia.
Il volo si presta volentieri a farsi portatore di poesia, troppo spesso in modo scontato, ma nelle pagine di Evandro non ci sono gli augelli che solcano il cielo azzurro a vantaggio di una candida astrazione bensì un gabbiano che incurva le proprie ali per volare alla stessa efficienza di una papera cui sta teneramente insegnando a trascendere la propria natura per veleggiare assieme in onda, un fine in sé che supera gli scopi biologici per riposare nell’immenso.
Voglio qui dare un unico giudizio affinché possa avere tutta la forza che a mio parere merita: Evandro ha scritto un libro bellissimo
Lorenzo Carrozzoni.