Archivi categoria: Manuali di Volo

Recensione dei Libri aeronautici

Un dono d’ali

Un dono d'ali - Richard Bach - Copertina

titolo: Un dono d’ali

autore: Richard Bach

editore: Rizzoli

anno di pubblicazione:  1987

ISBN versione cartacea: 9788817851060





Richard Bach ha scritto parecchi libri. Il primo è stato subito un successo. Si tratta di “Il gabbiano Jonathan Livingston”. Poi ne sono seguiti altri, tutti bellissimi.

Insieme a “Biplano”, questo è forse il mio preferito.

Un dono d'ali - Richard Bach - Copertina
La copertina del libro semplice ed evocativa: in uno sfondo piuttosto scuro, l’unico bagliore di cielo chiaro avvolge il biplano in volo

“Un dono d’ali” contiene i punti salienti di quindici anni di vita di Bach. Lui ha imparato a scrivere intanto che imparava a volare.

Non è un libro riservato a chi vola. Però chi vola capisce immediatamente ogni parola, ogni sillaba di questo libro.

Gli altri, quelli che non volano, sono forse coloro che più possono beneficiare della lettura di “Un dono d’ali”, perché saranno portati alla comprensione della gioia e del significato del volo. Ne conosceranno gli ingredienti straordinari fatti di avventura, libertà, ricerca della perfezione, tecnica e filosofia della vita.

Il lettore verrà proiettato in un mondo fatto di persone un po’ “speciali”, che potrebbe incontrare nella vita di tutti i giorni senza riconoscerle. Dal fornaio, al supermercato o all’ufficio postale, l’uomo tranquillo che sta facendo la fila potrebbe essere un pilota appena sceso da un mondo fatto di nuvole e sole, orizzonte piatto o montagne altissime, che sotto di lui apparivano come un’increspatura della terra.

Bach stesso incontra una di queste persone, su un aereo di linea che attraversava l’America da S. Francisco a Denver. Per novecento miglia l’uomo gli racconta della sua vita di pilota, della guerra, dei trasporti di soldati, di Iwo Jima etc. Poi, in cinque secondi gli liquida i ventitré anni passati dopo la guerra, a fare il commesso viaggiatore.

Perché volare è una passione fortissima, talmente forte che a volte si considera questa come l’unica ragione di vita.

Bach dice:

”Chiedimi perché volo e non saprei cosa dire. Invece, potrei portarti su un aeroporto, un sabato mattina, alla fine di agosto….”

E’ quello che facciamo noi piloti. Non possiamo spiegare la passione per il volo, ma spesso portiamo qualcuno con noi in aeroporto, andiamo in volo e dopo, forse, il nostro passeggero ha un’idea più chiara del perché voliamo.

Un dono d'ali - Richard Bach - Retro
La retrocopertina del libro con l’elenco degli altri volumi di questo autore, informazione assai utile per chi voglia leggerli o collezionarli.

Ogni capitolo contiene un pezzettino di spiegazione del perché amiamo così tanto questo mondo fatto di macchine di legno e tela, o di metallo lucidissimo, di motori che hanno ognuno la propria voce caratteristica, fatto di odori tipici, di olio e benzina, fatto di racconti, di meccanici sui quali riponiamo una fiducia assoluta, fatto di comunicazioni radio, fatto di numeri e sistemi di misura aeronautici, di vento, di temporali, piste, circuiti di traffico, navigazione…

Ogni capitolo trasferisce nella mente del lettore un po’ della mente di un pilota. Alla fine il lettore non diventerà pilota, ma comprenderà meglio la sua mentalità.

I libri di Bach non sono difficili da trovare. Basta entrare in qualunque libreria e se proprio non lo troviamo da soli, chiedere al commesso … sicuramente ve ne troverà una copia.



Recensione a cura di Evandro Detti

Biplano - Richard Bach - Copertina
Biplano
Un dono d'ali - Richard Bach - Copertina
Un dono d'ali

Biplano

Biplano - Richard Bach - Copertina

titolo: Biplano

autore: Richard 1981

editore: Rizzoli

anno di pubblicazione: 1981

ISBN versione cartacea: non disponibile





All’inizio degli anni sessanta Richard Bach possedeva un meraviglioso aeroplano Fairchild 24 del 1946, modernissimo per l’epoca. Era completamente rifatto, come nuovo di zecca, anzi, meglio che nuovo di zecca.

Biplano - Richard Bach - Retro
La retrocopertina del libro di una delle prime edizioni in italiano. Da notare il prezzo ancora espresso in lire.

Con quella macchina meravigliosa aveva volato per migliaia di chilometri per tutti Gli Stati Uniti. Da solo o con la famiglia, a bordo di quell’affidabile aeroplano era andato ovunque senza il minimo problema.

Un giorno si mise alla ricerca di un vecchio biplano e alla fine lo trovò.

Era un Parks P-2A. Anzi, per dirla tutta era uno Speedster Detroit-Ryan 1929, modello Parks P-2A.

Un vecchio aeroplano.

Dopo una amichevole trattativa concluse l’affare. Avrebbe preso il biplano scambiandolo con il Fairchild. Una vera follia.

Il biplano apparteneva ad un certo Evander M. Britt, il quale non era neanche troppo convinto di fare un gran buon affare, ma gli aerei vennero scambiati. Bach partì quindi dalla costa Est degli Stati Uniti per portarsi a casa il biplano, fino alla costa Ovest. Un viaggio di più di cinquemila chilometri.

Il libro parla di questo viaggio.

Ma un aereo può non essere semplicemente un mezzo per andare da un posto all’altro. Spesso è molto di più.

Anche questo “molto di più” costituisce il contenuto del libro. Come al solito lascio a chi legge il piacere di scoprire di cosa si tratti.

La bella copertina dell’edizione pubblicata nel 2012 del libro di Richard Bach

Posso solo aggiungere che in questo caso il viaggio si sdoppia. Oltre a quello attraverso gli spazi immensi dell’America c’è un altro viaggio attraverso il tempo. Il biplano è del 1929 e insieme a lui Bach ha comprato la tecnologia del 1929, i problemi, i criteri, il rumore del motore del 1929, gli odori della cabina, della tela e dei coloranti e delle colle del 1929 e così via.

Pian piano, lungo questi due viaggi paralleli, il biplano riporta in vita una gran quantità di elementi di cui si era perduta la memoria. Sono tutti lì, nel libro, ed emergono uno alla volta, ininterrottamente, sorprendendo anche noi piloti che ci crediamo tanto esperti.

Il motore, ad esempio, è un cinque cilindri stellare, senza cappottatura, la corrente per il suo funzionamento è assicurata da due magneti, anch’essi esterni e quindi poco protetti. In caso di pioggia, se i magneti si bagnassero, il motore si pianterebbe. E sul fatto che il motore si pianti, prima o poi e per un motivo o per un altro, ci si può contare. Dunque, secondo la mentalità dei piloti del 1929, durante il volo la rotta deve necessariamente andare da un campo atterrabile ad un altro. E se la distanza tra due campi atterrabili fosse troppa, allora bisogna salire di quota, per avere comunque una planata utile per raggiungere un punto dove posarsi sani e salvi.

Biplano - Richard Bach - Copertina
La copertina del libro. Si notino i segni di consuzione, dimostrazione di quante volte il libro sia stato letto dalla medesima persona

L’aereo teme il vento laterale all’atterraggio.

Se si rompe qualcosa bisogna sapere come riparare il danno, secondo le tecniche del 1929.

La potenza è quella che è. Il motore gira a 1750 giri al minuto, con il suo caratteristico rumore che richiama la sequenza degli scoppi nei cilindri: 1 3 5 2 4. Basta pronunciare questi numeri in sequenza ripetutamente per “sentirne” il rumore, la voce del Parks.

Indubbiamente una macchina di gran fascino. Anche se questo, per le nostre menti moderne, non spiega come si possa scambiare un Fairchild con un Parks.

Bach stesso è consapevole di fare una follia, ma in poche parole riesce a darcene una sorta di ragione. Dice:

“So soltanto che voglio questo biplano. Lo voglio perché voglio viaggiare attraverso il tempo e voglio pilotare un aereo difficile e sentire il vento mentre volo, e che la gente guardi, veda, sappia che la gloria esiste ancora. Voglio esser parte di qualcosa di grande e di magnifico”.

Ci riuscirà? Se leggerete il libro lo saprete, ma aspettatevi di passare attraverso un mare di disavventure insieme a Bach.

Di solito non si dice mai come una storia va a finire. Stavolta farò un’eccezione. Volete sapere quali sono le parole che chiudono il libro?

Sono quattro: ne valeva la pena.



Recensione a cura di Evandro Detti

Un dono d'ali - Richard Bach - Copertina
Un dono d'ali

Storia di un Aeroporto – Da Roma Littorio a Roma Urbe

Storia di un aeroporto - Da Roma Littorio a Roma Urbe - Alfredo Stinellis - Copertina Fronte

titolo: Storia di un aeroporto – Da Roma Littorio a Roma Urbe

autore: Alfredo Stinellis

editore: IBN editore

anno di pubblicazione: 2007

ISBN versione cartacea: 978-8875650391





Ogni aeroporto ha una storia. E spesso si tratta di una lunga storia, intrisa di fatti e avvenimenti che si intrecciano con l’intera storia di una nazione e del mondo intero.

Molti aeroporti erano, all’origine, semplici campi pianeggianti, neanche troppo ampi, dove, agli albori della storia dell’aviazione, fragili accrocchi di legno e tela avevano avuto l’ardire di staccarsi da terra per pochi istanti.

Storia di un aeroporto - Da Roma Littorio a Roma Urbe - Alfredo Stinellis - Copertina retro
Il retro del libro con una serie di fotografie che lasciano presagire le molteplici attività svolte nell’aeroporto cittadino nel corso degli anni. Sono tutte raccontate all’interno delle 255 pagine di questo lodevole volume

Dopo, quei campetti erano cresciuti, in dimensioni e dotazioni tecniche, man mano che le necessità operative aumentavano di giorno in giorno. Il loro sviluppo ha seguito di pari passo quello degli aeroplani, fino ai giorni nostri e ancora continua.

Altri aeroporti, inclusi gli idroscali (e soprattutto gli attracchi per i dirigibili) sono stati abbandonati. E oggi di loro resta ben poco se non niente. Nel nostro paese sono in stato di abbandono parecchi siti che hanno un altissimo valore storico. Solo per nominarne alcuni: Centocelle a Roma, Vigna di Valle sul lago di Bracciano, Furbara, Orbetello, ma anche Gorizia etc. Ma potrei continuare per una pagina intera.

L’aeroporto dell’Urbe, ormai divenuto il city airport di Roma, ha seguito la stessa evoluzione.

Un sito storico per eccellenza, ha visto scorrere la storia della nostra aviazione adeguandosi e pagandone le conseguenze: inondazioni da parte del vicinissimo Tevere, lavori mal eseguiti, bombardamenti e mala gestione, ma anche tanta autentica passione per il volo e dedizione da parte di personaggi illustri che hanno lottato per preservarlo. Ebbene questi sono i fatti salienti che lo hanno portato fin qui.

Oggi l’aeroporto dell’Urbe funziona ancora, vi risiedono diverse scuole di volo, un reparto volo della Guardia Forestale e altre società che operano con elicotteri. Infatti l’aeroporto dell’Urbe guarda ora al futuro più come eliporto. E questo tende a nasconderne il glorioso passato.

Per fortuna esistono persone che, dopo aver attraversato la storia da protagonisti, prendono una penna e un pacco di carta, oppure afferrano la tastiera di un computer e scrivono le loro memorie. Di solito si tratta di persone generose che vogliono condividere la loro conoscenza con altri che vorrebbero conoscerla, ma non ne avrebbero la possibilità. Spesso sono collezionisti che per anni e anni accumulano in una stanza o in un garage ogni genere di documento. E poi un giorno rispolverano tutto e pubblicano un libro.

Uno di questi è un mio collega, controllore del traffico aereo, attualmente in pensione, ma che all’Urbe ha lavorato qualche decennio proprio in Torre di controllo.

Lavoravamo insieme, in turno e spesso lo vedevo trafficare con pacchi di fogli scritti e documenti. Nelle pause di lavoro si metteva a scrivere e a correggere. Un giorno non ho resistito alla curiosità: gli ho chiesto cosa stesse facendo. Scriveva la storia dell’aeroporto dell’Urbe.

Storia di un aeroporto - Da Roma Littorio a Roma Urbe - Alfredo Stinellis - Copertina Fronte
In copertina l’ingresso monumentale dell’aeroporto. Lo stile umbertino  della colossale porta di accesso oggi spicca più che mai lungo l’austero muro di cinta dell’area aeroportuale, diventato il margine di  separazione da un’arteria trafficatissima come la strada consolare SS-4 Salaria.

 “Storia di un aeroporto” è nato così.

Alfredo Stinellis è un collezionista e anche un grande appassionato di storia. Fa parte della storia del controllo del traffico aereo e di quella dell’Urbe. Nessuno meglio di lui poteva scrivere un libro simile.

Pur non avendo il brevetto volava spesso con qualcuno di noi piloti, come passeggero, ma un passeggero molto autorevole. Quando sorvolavamo il Tevere, noi piloti vedevamo il fiume. Lui vedeva invece i punti del fiume dove ammaravano gli idrovolanti quasi un secolo fa, i punti di attracco e gli scivoli dai quali gli idro scendevano in acqua o risalivano sulla terraferma anche a mezzo di una gru. Oggi non resta più nulla di tutto ciò, ma lui conosceva la storia e i documenti fotografici in suo possesso. Per questo i suoi occhi potevano vedere tanto più dei nostri. Ne ebbi la conferma quando, un giorno in una escursione sull’argine, ritrovammo i resti della gru sepolti sotto la vegetazione.

Nel libro ha inserito una mole di documenti notevole, moltissimi inediti e quindi interessantissimi.

Ha narrato aneddoti inediti e documentati, molti dei quali sarebbero andati perduti per sempre, se non li avesse condivisi con noi.

Per inciso, è stato grazie a questo libro che ho scoperto un fatto straordinario: l’aeroporto dell’Urbe è stato intitolato (per un certo periodo) a Cesare Carra. Così, anche stimolato dal libro dell’amico Stinellis, e dopo ulteriori ricerche, ho potuto scrivere la biografia di questo pilota, vero pioniere dell’idroaviazione.



Recensione a cura di Evandro Detti

Didascalie delle foto a cura della Redazione


Cieli e Mari – Le grandi crociere degli idrovolanti italiani (1925-1933)

Cieli e Mari - copertina

titolo: Cieli e mari – Le grandi crociere degli idrovolanti italiani (1925-1933)

autore: Ranieri Cupini

editore:  Mursia

anno di pubblicazione:  1973

ISBN versione cartacea: non disponibile





Questo è uno dei tanti libri che ho scoperto per caso, o meglio, per il gradito suggerimento di un appassionato di storia che me lo ha segnalato in quanto contenente notizie relative a  Cesare Carra, pilota di idrovolanti, del quale avevo appena pubblicato una breve biografia.

Cieli e Mari - premessa
Onde evitare equivoci o strumentalizzazioni gratuite, l’autore chiarisce in modo ineccepibile lo spirito ispiratore del suo libro. Ecco la premessa che si trova a pagina 5 del volume

Per fortuna esistono personaggi che, oltre ad aver “fatto la storia”, si sono anche preoccupati di scriverla. Così oggi è possibile, per chiunque voglia leggerla, riviverla, ripercorrerla ed impararla. Altrimenti andrebbe perduta.

La storia dell’aviazione italiana ha percoso alcune fasi. Inizialmente, quando si sapeva poco a livello scientifico, ci furono le primissime fasi di sperimentazione dei vari modi di stare per aria, o poco più. Il pallone aerostatico sembrò l’unico modo di volare abbastanza a lungo, ma non era possibile dirigerlo in una direzione voluta. Il dirigibile, ideato poco dopo, questo sì che si poteva dirigere (spiegazione del nome che gli è stato attribuito) e conseguì un notevole successo. Molti dei nostri primissimi aviatori sono, infatti, “nati” come dirigibilisti.

Ma poi il velivolo si è evoluto. L’ala fissa prometteva di andare più veloce. E in Italia, ma non solo, la grande disponibilità di specchi d’acqua, veri e propri aeroporti già pronti, fece sviluppare l’idrovolante prima e più presto del contemporaneo sviluppo dell’aeroplano (inteso come velivolo solo terrestre).

Cieli e Mari - quarta copertina
La retrocopertina di “Cieli e Mari” ritrae la sfilata trionfale che, prima dell’impresa di Balbo, gli americani avevano concesso solo a Charles Lindbergh, il primo trasvolatore atlantico. Balbo rimase nei cuori dei newyorkesi al punto che gli dediarono una strada assai importante della città

Ecco perché la storia della nostra aviazione è costellata grandi imprese che vedono protagonista proprio l’idrovolante. Le grandi crociere, quelle del Mediterraneo prima, alle quali anche Cesare Carra ha preso parte, e quelle dell’Atlantico dopo, furono organizzate facendo ricorso agli idrovolanti. Si pensava che con tanta acqua da sorvolare fosse meglio potercisi posare sopra in caso di emergenza. Ed infatti la storia del periodo è costellata di molti ammaraggi di emergenza. Anche se poi, l’affidabilità dei motori fece sviluppare molto di più l’aeroplano, molto più prestazionale rispetto all’idrovolante.

“Cieli e mari”, scritto da Ranieri Cupini, ufficiale della Regia Aeronautica e pilota di idrovolanti che partecipò a quegli eventi, narra proprio lo svolgimento di queste crociere. Lui c’era. Pilotava un idro al fianco di Italo Balbo.

Chi legge questo libro, scritto in maniera scorrevole e mai pesante, ha l’impressione di essere con lui dentro quella storia e di viverla attraverso il suo racconto.

Anche questo è un libro che il lettore non si riuscirà a chiudere fino a quando gli occhi si rifiuteranno, purtroppo, di proseguire.

Le imprese di Italo Balbo andrebbero insegnate nelle scuole. Andrebbero inserite nei programmi di studio delle scuole di management.

Cieli e Mari - terza copertina
Nella III di copetina di “Cieli e mari” è presente la sinossi del libro nonchè la breve biografia dell’autore

Chi leggerà il libro si renderà conto che un uomo così grande come Balbo, così capace di ideare, organizzare e condurre imprese simili (ancora oggi ineguagliate, nonostante i mezzi moderni), non poteva che riscuotere ammirazione e stima in tutto il mondo.

Il libro contiene la testimonianza dell’entusiasmo e del consenso che tutto il mondo gli ha tributato. Non solo quello dei popoli delle nazioni che le Grandi Crociere di Balbo avevano idealmente e realmente unito, in special modo gli italiani che vivevano in quei paesi, ma tutti, proprio tutti i paesi del mondo intero.

Ranieri Cupini riporta in “Cieli e Mari” moltissimi telegrammi e messaggi che raggiungevano Balbo e i suoi piloti ed equipaggi durante gli spostamenti nelle varie tappe.

Lascio al lettore scoprirli e rendersi conto di persona del loro significato. Ma se mi è concesso riportare le mie proprie impressioni, ho letto in quei messaggi solamente attestati di stima per l’Italia, come culla della civiltà, come paese che ha irradiato la civiltà al resto del mondo, stima ed ammirazione per le capacità organizzative degli italiani, per l’ingegno indiscutibile e l’ardimento degli italiani, per l’eroismo e per il carattere innato di scopritori, ieri come oggi e sicuramente anche domani, dei popoli italici.

A questi messaggi si mescolano purtroppo, troppo frequentemente, i messaggi del capo del governo Mussolini, che non fa menzione di quanto sopra, ma sempre parla di sè stesso, che ha ordinato le Crociere, espressione del fascismo, della potenza dell’Italia fascista, ecc. In uno dei messaggi, rivolto agli Italiani all’estero, parla del destino ineluttabile dell’Italia, che nel futuro li coinvolgerà e li renderà oltremodo fieri di essere italiani.

Cieli e Mari - copertina
Non potevano mancare gli drovolanti  Savoia Marchetti S.55 utilizzati nelle trasvolate atlantiche. Un fotomontaggio abbastanza scadente è stato utilizzato quale copertina del volume. Possibile che l’autore o l’editore non ne avessero di migliori per contenere le 319 pagine di questo bel libro?

Visti gli esiti della guerra che scoppierà di lì a poco, non occorrono altri commenti.

Invece concedetemi un breve inciso. Alcuni anni fa, ad una lezione di psicologia all’Università, un’insegnante parlava del diverso approccio di un maschio e una femmina di fronte ad un problema. Questa lezione mi è rimasta impressa, perché all’epoca è stata per me una sorta di rivelazione. Dopo, ho ritrovato e riconosciuto sempre questi elementi, quando me li sono trovati davanti.

Una donna si dispone subito alla risoluzione del problema.

Un uomo si dispone subito all’affermazione di sé.

Ciò premesso e tornando allo specifico dei messaggi di Mussolini, essi rivelano sicuramente una connotazione molto virile.

Un altro insegnamento contenuto in “Cieli e Mari”, sempre a mio avviso, è il seguente: a nessun parroco fa piacere avere un santo nella propria parrocchia.

Ranieri Cupini, in fondo al libro, riporta asetticamente le promozioni al grado successivo dei partecipanti alla II Crociera Atlantica.

A Balbo (san Balbo) il Capo del Governo (parroco della parrocchia) riserva molto più di un passaggio di grado. Lo nomina addirittura Governatore della Libia. S’intende che è una promozione all’italiana: un modo subdolo per allontanarlo dalla “parrocchia romana”.

Qui si aprirebbe un altro universo. Ma il libro si chiude in questo punto. E chiudiamo qui anche la recensione.



Recensione a cura di Evandro Detti

Didascalie delle foto a cura della Redazione


Oltre le nubi il sereno – L’uomo che visse tre volte

Copertina del libro "Oltre le nubi il sereno"

titolo: Oltre le nubi il sereno – L’uomo che visse tre volte

autore: Alberto Briganti

editore: Gino Rossato editore

anno di pubblicazione: 2003

ISBN versione cartacea: 978-8881300877





Da molti anni, ormai, mi interessa la storia della nostra aviazione. Per questo, ogni volta che mi imbatto in un libro che in qualche modo ne parla, lo compro. La mia libreria personale ormai scoppia. Quasi potrei mettere una scritta “LIBRERIA” sopra la porta d’ingresso e dedicarmi agli affari. Eppure spesso mi capita qualche nuovo libro, anzi, qualche vecchio libro, di cui non sapevo nulla. E quello mi porta alla conoscenza di un altro e così via. Non si finisce mai. Per fortuna. Stavolta mi è stato consigliato da un amico il libro del generale Alberto Briganti dal titolo: “Oltre le nubi il sereno”, con il sottotitolo: “L’uomo che visse tre volte”, editore Gino Rossato.

Di Briganti devo aver già letto molte cose, essendo stato un protagonista della storia che abbraccia tanti decenni. Però spesso i nomi non ci dicono niente, a meno che non si conosca già il personaggio. Infatti non conoscevo la sua storia … solo leggendo il volume mi sono accorto di conoscere tutti i fatti da lui narrati per averli già “visti” con gli occhi di qualcun altro, qualche altro protagonista che era passato attraverso gli stessi avvenimenti che oggi sono storia. Storia dimenticata, vorrei anche aggiungere.

Purtroppo la storia della nostra aviazione, dalla sua nascita fin oltre la II Guerra Mondiale, ricalca un’altra storia, tragica e per questo scomoda, che è quella del fascismo. E’ comprensibile che la gente abbia voluto rimuovere con tutte le forze il ricordo di quell’epoca. Ancora oggi c’è qualcuno che chiede la distruzione di qualche simbolo fascista rimasto in giro attraverso gli anni. Ma chi promuove queste richieste non deve averci riflettuto granché. Il neofascismo e anche il neonazismo dimostrano che non è sufficiente rimuovere qualche statua o qualche edificio per difenderci da certe piaghe. Il discorso è più complesso. Invece sarebbe meglio studiare bene la storia e capire la genesi dei fenomeni sociali; soprattutto sarebbe meglio cercare di far emergere dalla melma dei decenni bui l’eroismo di persone che con il fascismo sono coinvolti solo perché il periodo era quello e non era possibile evitarlo. L’indottrinamento continuo e la mancanza di mezzi di riscontro (i pochi media erano controllati dal regime) hanno fatto sì che molti credessero in buona fede in certe dottrine.

Ma in mezzo a tutto ciò c’erano un gran numero di persone di altissimo valore. Piloti di assoluta capacità, di immensa generosità, di indiscusso valore, hanno tracciato la propria strada nella storia, camminando insieme ad altri – troppi – che eccellevano invece solo per cialtroneria, vigliaccheria e squallore morale. E purtroppo questi ultimi, anche loro, hanno fatto la storia, deciso gli avvenimenti, commesso danni irreparabili che sono costati la vita di migliaia e migliaia di persone. Si sono presi meriti che non avevano offuscando l’immagine di quelli buoni.

Copertina del libro "Oltre le nubi il sereno"
La copertina del libro “Oltre le nubi il sereno”. Il fotomontaggio, anche se ottenuto con risorse tecnologiche moderne, appare piuttosto improbabile. Altrettanto discutibile la IV di copertina che è costituita da un anonimo fondo azzurro. Possibile che l’autore o l’editore non avessero a disposizione una consunta fotografia dell’epoca meritevole di apparire nel libro?  Confidiamo in una I ristampa con copertina e retrocopertina riviste e corrette. Il libro lo merita

Italo Balbo, per esempio, è stato soprattutto un grandissimo organizzatore di Trasvolate Atlantiche, uno sportivo per eccellenza.

Era stimato in tutto il mondo, ma pochi conoscono la sua storia. Poiché le sue gesta si sono svolte in quel ventennio, viene associato ad una parte di storia che non era proprio la sua. E osteggiato anche oggi. Difatti, l’idroscalo di Orbetello, il luogo dal quale le trasvolate sono partite – quattro e non due -, oggi viene tenuto in uno stato di totale abbandono. Quasi non esiste più. Invece avrebbe dovuto essere riportato in vita come un prezioso museo di storia della nostra Aeronautica, perché in quel luogo si è svolta una storia unica ed irripetibile. Invece, la casa nella quale Italo Balbo aveva vissuto mentre era ad Orbetello, la stessa nella quale anche Briganti ha vissuto successivamente, è stata di recente devastata e al suo interno sono state date alle fiamme le poche cose che vi si trovavano. Cioè qualche tavolo e qualche materasso buttato sul pavimento, abbandonati lì da qualche senzatetto. Queste informazione la gente, in genere le ignora. Per conoscerle occorre cercarle, studiare la storia e soprattutto ricercarla, la storia. Leggere, leggere tutto, anche quello che ci fa male e non vorremmo sapere. Purtroppo la storia che la gente crede di conoscere è quella dei luoghi comuni ma se domandiamo a cento persone se i campi di concentramento tedeschi erano decine, centinaia o migliaia, pochi daranno la risposta giusta. Troppi risponderanno che erano una decina, invece erano parecchie migliaia. E nessuno – o quasi – è a conoscenza delle gesta mirabolanti che hanno compiuto i nostri piloti, nel corso della storia della nostra aviazione.

Anche Briganti è passato dentro quei decenni. Leggere il suo libro è come avere un tavolo con tante foto gettate qua e là e vederle muoversi da sole per sistemarsi al posto giusto andando a ricomporre tutta la storia. Così, mentre ricercavo le notizie per scrivere la biografia di Cesare Carra, anche lui pilota di idrovolanti come Briganti, avevo trovato molti elementi, come persone, luoghi, scuole di volo, tipi di aerei, aeroporti, avvenimenti storici, che ora ho ritrovato in questo libro.

In poco più di trecento pagine, dense di immagini fotografiche dell’epoca, Briganti svolge il suo filo degli avvenimenti; una vita – la sua -, intrecciata con la vita di tanti altri nomi che allora erano importanti e oggi quasi nessuno più conosce. Leggere questo libro è irrinunciabile per chiunque abbia una minima passione per il volo o per la storia del nostro paese.

I fatti contenuti nel libro sono a volte esaltanti, a volte comici, a volte tragici. Definire tragiche tre fucilazioni alle quali è scampato Briganti è forse un po’ limitativo. Ma non temano i sensibili di stomaco: l’autore ha un modo di scrivere estremamente delicato, quasi asettico e non genera malesseri.

I luoghi cui accennavo sono quelli che molti di noi conoscono per altri motivi, senza immaginare che proprio gli stessi luoghi siano stati teatro di avvenimenti complessi e drammatici solo una manciata di decenni fa. Proprio di recente avevo fatto un giro in Istria, passando in cittadine turistiche, come Pola, Fiume, Basilica, Porenzo, ecc. vedendo solo mare, sole e belle ragazze, mangiando in ameni ristorantini. Al ritorno ho cominciato a leggere questo libro, ritrovando gli stessi nomi di luoghi, ma connessi con avvenimenti ben diversi.

Il contenuto del libro lo lascio, come sempre, ai lettori. Fin qui ne ho voluto semplicemente evidenziare il valore. Aggiungo che per averlo bisogna cercare un po’, ma la ristampa dovrebbe essere disponibile nelle librerie specializzate. Buona ricerca e buona lettura.



Recensione a cura di Evandro Detti

Didascalie delle foto a cura della Redazione