In un cielo di guai

titolo: In un cielo di guai

autore: Alessandro Soldati 

editore: Amazon

pagine: 192)

anno di pubblicazione: 2022 (tascabile e e-book)

ISBN: 979-8849987729




Erano anni che lo aspettavo e – in tutta sincerità – ormai disperavo di poterlo leggere. Mi ero quasi convinto che colui che tanto mi aveva stupito con il suo romanzo di esordio “Andrà bene di sicuro“, fosse impegnato in qualcosa di meglio che soddisfare i desideri morbosi e pretenziosi di un insignificante lettore; in effetti già me lo immaginavo in qualche paradiso caraibico attorniato da una selva di donzelle adoranti, intento a godersi i proventi di vendite impreviste e imprevedibili. Sì, quelle che, tra capo e collo, gli sono cadute sicuramente addosso nel 2014 (anno di pubblicazione del primo volume) così come raramente cadono addosso a un autore principiante ma estremamente talentuoso baciato dalla fortuna nell’essere incappato – non lo sapeva neanche lui – in un editore lungimirante e nell’aver mietuto una platea smisurata di ammiratori nell’ambito di un genere letterario di nicchia. E invece …

Il ritratto dell’autore quando militava tra le file del 154° Gruppo Cacciabombardieri del 6° Stormo di Ghedi (i mitici “Diavoli Rossi”), immortalato a bordo di un Tornado dell’Aeronautica Militare Italiana (foto proveniente dalla pagina della Hito, la società presso la quale Alessandro Soldati svolge la sua attività professionale). Nella sua scheda personale leggiamo: “Attualmente ha un incarico di docenza presso un’università e svolge con passione il ruolo di istruttore di corsi teorici presso una scuola di volo.
Quando può, si rilassa in mountain bike, o in motocicletta, o lavora in un fazzoletto di terreno in collina.
Queste tre attività sono state citate in ordine decrescente di fatica.”. Non abbiamo dubbio alcuno che queste note biografiche se le sia scritte da solo …

Confesso che quando ho intercettato “In un cielo di guai” nel calderone del più grande bazar digitale della rete, non credevo ai miei occhi; per un istante ho pensato a un caso di omonimia ma l’istante dopo mi sono scoperto a cliccare in modo compulsivo sul tasto “acquista subito”, dopodiché ho consultato con impazienza la tracciatura del pacco fino a strappare con irrefrenabile cupidigia l’involucro che – appena consegnato – conteneva proprio il secondo volume della produzione letteraria di Alessandro Soldati.

A quel punto, leggerlo tutto d’un fiato è stato un piacere e un dovere; ammetto che ho addirittura trascurato il mio lavoro pur di leggerlo e, complice un provvidenziale black-out elettrico pomeridiano sul luogo di lavoro (erano anni che non accadeva), sono rientrato a casa anzitempo pur di conoscerne tutto il contenuto …

Che dire?

Bellissimo? … no, troppo banale definirlo con un solo aggettivo.

Sublime? … no, prevedibile.

Alessandro Soldati oggi. Dopo essersi congedato dall’AMI e aver svolto la professione di pilota di linea per la defunta Compagnia di bandiera italiana, ha conseguito la laurea in Scienze e tecniche Psicologiche. Ora è una delle colonne portanti di Hito, una società che organizza corsi di formazione di Human factor. Il suo curriculum e la sua biografia dettagliatissima sono presenti nel sito di questa società a dimostraziojne dello spirito di trasparenza che lo contraddistingue (foto proveniente dalla pagina https://www.hitoconsulting.org/)

Un’occasione di riflessione? … certo, ma non in modo cervellotico.

Una denuncia in forma narrativa? … anche, ma non solo.

Un modo originale per informare l’uomo della strada di come funziona l’Aviazione commerciale? … sicuramente, ma anche di più.

Uno spaccato verace di un mondo – quello de piloti  commerciali – una volta dorato e oggi banalizzato? … fuori ogni dubbio.

Una grande burla per impaurire i passeggeri brontoloni? … non proprio.

Verosimilmente “In un cielo pieno di guai” è l’insieme di tutto questo e anche di più, ivi compreso quello che lo stesso autore dichiara in copertina: 

“Il libro che nessun passeggero avrebbe voluto leggere (a dirla tutta anche nessun pilota)” 

In effetti è lo stesso autore che nella prefazione intitolata: “Del perché ho scritto questa vicenda” sintetizza in modo mirabile il senso di questo volume e, in particolare, perché non ha concesso un seguito naturale alla vicenda narrata nel primo romanzo benché:

“molto amici mi hanno chiesto perché mai avessi deciso di farla finita […] ebbene […] ho voluto permettere a quel ragazzo di morire quando era ancora vivo”.

In altre parole, Sanzo Ottaviano, il personaggio che anima il primo romanzo, non è volutamente presente in questo secondo giacché:

“probabilmente avrebbe finito per entrare in qualche Compagnia aerea civile e, francamente, una persona così bella non so lo meritava […] e avrebbe finito per spegnersi, proprio come è successo a molti di noi”.

Il sogno malcelato delle Compagnie è quello di non avere più piloti dipendenti, ossia da addestrare e soprattutto da pagare profumatamente a prescindere. Invero le Compagnie low-cost ci sono parzialmente riuscite scaricando sui piloti almeno l’addestramento iniziale e stipulando con le maestranze dei contratti capestro tipo “a chiamata” o “a cottimo”, emuli del mondo della ristorazione, agricolo o del più bieco commercio. Estremizzando, se i velivoli non avessero più piloti a bordo, le Compagnie massimizzerebbero i loro profitti abbattendo nettamente i costi del personale navigante. Fantasie? Forse … intanto nell’ambiente del trasporto aereo si vocifera già come in divenire la riduzione dell’equipaggio a un solo pilota anziché due. Staremo a vedere. Intendiamoci: anche i dinosauri si sono estinti e non erano certo contenti quando è accaduto loro ma voi – sinceramente – ce lo vedete un pilota che vende a provvigione i gadget più disparati ai passeggeri di un volo commerciale? Mai dire mai … (foto proveniente da www.flickr.com)

Da queste poche righe, apparentemente criptiche, intuiamo subito che in questo secondo volume l’autore si toglierà di sicuro qualche macigno dalle scarpe – eccome se lo toglierà! – rendendo così questa prefazione una specie di vademecum del romanzo, una sorta di chiave di lettura del testo vero e proprio. E ce lo conferma subito una con una frase a dir poco emblematica:

“A pochissimi importa oggi di formare Aviatori perché non sono Aviatori quelli che le Aziende cercano ma appunto Operatori di sistema”.

Ovviamente l’autore si riferisce alla tendenza, ormai radicata presso le Compagnie aeree di tutto il mondo, di convertire i piloti a dei meri esecutori di operazioni schedulate e standardizzate. Alla stregua degli automi, questi pseudo piloti:

“permetteranno a un tubo di metallo di andare praticamente da solo per aria da un luogo all’altro con un ragionevole margine di sicurezza”.

Inutile svelare che il tubo in questione chiamasi aeroplano per trasporto passeggeri …

Come nella migliore tradizione editoriale, la IV di copertina del volume contiene una breve sinossi e una telegrafica biografia dell’autore corredate da una fotografia che ritrae il viso sorridente – e nel caso specifico anche un po’ stralunato – dell’autore

Il dente avvelenato di Alessandro Soldati si rivela però in tutta la sua ferocia quando ricorre a un esempio illuminante: il gioco grafico,  dei punti numerati spesso presente nelle riviste di enigmatica o passatempo. Come funziona? Semplice: occorre collegare  i puntini secondo l’ordine crescente di numero affinché appaia un disegno di senso compiuto. Chissà quante volte vi sarete cimentati in questo giochino … confessate!

Ebbene Alessandro Soldati ci fa notare che quasi chiunque è in grado di unire i puntini ma ciò non significa necessariamente che costui sappia disegnare; inoltre si presuppone che qualcuno li abbia disposti anticipatamente quei puntini stabilendone posizione e progressione. Di certo l’espediente consente di ottenere disegni di qualità accettabile e con poco sforzo (economico, s’intende) in quanto realizzati da individui non particolarmente  talentuosi o qualificati nelle arti grafiche.

A detta di Alessandro Soldati quelli ritratti in questo scatto non sono degli Aviatori bensì degli Operatori di Sistema. Come biasimarlo? E’ pur vero che, per anni, i piloti commerciali hanno vissuto nella bambagia, ossia costituivano una casta alla stregua dei medici, dei notai, dei politici. Non a caso, quello del pilota era una delle professioni meglio pagate in termini squisitamente numerici a fronte però di notevoli responsabilità, un duro, lungo e costante addestramento. Oggi si è passati quasi all’eccesso opposto e i piloti di linea sono – come tutti i gli altri lavoratori – appesi al filo dei licenziamenti e della produttività   (foto proveniente da www.flickr.com)

Mutuando questo esempio geniale al mondo dell’Aviazione commerciale, l’autore ci consente di comprendere che, ormai da tempo, la scelta delle Compagnie aeree è quella di far tracciare i puntini (applicare le procedure e le normative) non a opera di disegnatori creativi (i piloti di vecchia generazione, attivi e pensanti) bensì da parte di Operatori di Sistema (i piloti di nuova generazione, esecutori passivi) che sono in grado di unire diligentemente i puntini producendo un disegno (il trasporto dei passeggeri) dignitoso – è vero – benché spigoloso e preconfezionato. Il tutto spendendo poco nell’addestramento e soprattutto nella retribuzione dei loro sedicenti “disegnatori”.

L’autore affonda l’ultimo colpo prevedendo che questi giovani (piloti e non) saranno facilmente sostituibili, sottopagati e ricattabili. Che è giusto appunto la condizione in cui vivono, loro malgrado, i piloti commerciali da qualche decennio a questa parte. E non solo loro: tutti i lavoratori dipendenti!

C’è una via d’uscita a questo processo apparentemente inarrestabile in quanto sostenuto dal vessillo della estrema “sicurezza del volo”? L’autore ci concede una flebile speranza: si può e si deve tornare indietro per merito di chi, provenendo da una scuola diversa, non si accontenterà più di unire semplicemente i puntini ma vorrà tornare a disegnare istintivamente, pur rispettando le regole base dell’arte figurativa.

In altri termini, a detta dell’autore, occorre addestrare i piloti intensivamente, attribuendo loro la discrezionalità di operare non secondo delle rigide procedure ma lasciando loro un certo margine di azione che consenta di far volare le macchine volanti in modo ragionato e non solo automatizzato.

Ecco allora spiegata la dedica che precede il testo del romanzo:

“Ai sognatori, agli irriducibili e ai ribelli poiché, da adesso in poi, siamo davvero nelle loro mani”

Senza sconfinare necessariamente nella fantascienza, ormai da diversi anni la tecnologia aeronautica consente alle macchine volanti di autogestirsi, ossia di decollare, atterrare, volare e diagnosticarsi in piena sicurezza senza il cosiddetto “ausilio” umano o comunque la supervisione di piloti a bordo … rimane irrisolto un dettaglio non trascurabile: i passeggeri salirebbero a bordo di un velivolo consapevoli che non ci sono piloti in cabina o che solo qualcuno non meglio definito controlla la macchina volante in remoto, alla stregua di un semplice drone? Una sorta di Flight Simulator che diventa la realtà?  Bah … E’ pur vero che già da anni alcune metropolitane delle grandi città sono prive di conduttore e addirittura le automobili di ultima generazione potrebbero percorrere talune strade senza essere guidate manualmente. D’altra parte, con l’avvento dell’industrializzazione, occorre ricordare che prima le macchine semplici e i robot poi hanno sollevato l’uomo dallo svolgimento di lavori pesanti, pericolosi e difficili da eseguire limitando il suo impegno lavorativo al controllo/supervisione delle attività meccanizzate/automatizzate. Tutto in virtù di una maggiore sicurezza sul posto di lavoro ma anche e soprattutto di una maggiore produttività e dunque maggiori profitti. In aviazione, generalmente molto reattiva a recepire determinate innovazioni tecnologiche come pure altrettanto refrattaria a innovazioni azzardate, potrebbe davvero accadere lo stesso fenomeno? E, semmai accadesse, quando? A detta di Soldati è già in atto … (foto proveniente da www.flickr.com).

Una volta letta questa prefazione ciò che segue è solo un formidabile valore aggiunto al libro, un modo esplicativo per dare consistenza alle affermazioni fin qui espresse in chiaro (ma forse non troppo chiare a tutti i lettori, specie quelli estranei al mondo del volo). D’altra parte non si possono comprende a pieno problematiche così articolate se non ricorrendo a esempi pratici, reali, a una sorta di parabola di biblica memoria. E in questo – occorre sottolinearlo – Alessandro ci riesce egregiamente. Perché cosa ci può essere di più esplicativo se non il racconto di un qualunque giorno di lavoro di un pilota commerciale?  Appunto …

In verità la scelta dell’autore è decisamente strategica ed è sapientemente sintetizzata in quarta di pagina cui vi rimandiamo.

Dunque la trama del romanzo è tutta lì e non ritengo opportuno anticiparvi o aggiungere altro. Posso solo indugiare su un aspetto: si tratta di una vicenda alla “Alessandro Soldati maniera”, ossia scritta con leggerezza, sottile ironia, un po’ surreale, comica e tragica al contempo; una vera goduria per gli occhi e la mente che spiega la facilità con cui divorerete le pagine di questo romanzo. E anche se il primo capitolo (quello dello zio anacronistico) scorre appena un po’ più lento degli altri, l’anello si chiuderà – e sarà un anello perfetto alla Giotto – al termine di una giornata memorabile per la protagonista, per lo zio  e anche per il lettore, ovvio.

Le “note a margine”, presenti in coda al romanzo, si ricollegano idealmente alla prefazione e spiegano il perché di alcune forzature:

“lo dico soprattutto per avere almeno una flebile speranza di non venire denunciato”

E non mancano le rassicurazioni rivolte ai passeggeri:

“[…] con tutti i nostri difetti, siamo pur sempre quelli che statisticamente combinano meno disastri […]”

consolidata da un’ultima considerazione arguta e sincera che spiega perché, sempre secondo l’autore, i piloti non raccontano o scrivono le loro innumerevoli, rocambolesche esperienze professionali:

“gli aviatori adorano raccontare quanto sono stati bravi a limitare i danni e gli inconvenienti, solo che mentre li limitano, non hanno modo di raccontarlo. Perciò fidatevi e sappiate che comunque ci stanno provando.

Sono lì apposta”

La degna chiusura di un libro notevolissimo!

Confesso però che, dopo aver girato con rammarico l’ultima pagina del libro, qualche perplessità mi è rimasta: possibile che quanto di funambolico narrato nel volume possa accadere a un pilota nel corso della sua pluriennale carriera? Possibile che l’autore non abbia deliberatamente calcato la mano narrando quegli eventi? Possibile che non li abbia costruiti ad arte e a suo favore?

Sebbene lo stesso Alessanro Soldati ammetta apertamente di aver forzato i tempi e i modi … parrebbe di no … e non lo afferma il sottoscritto che – lo ammetto – conosce marginalmente il mondo dell’Aviazione commerciale bensì un nostro consulente speciale, una sorta di agente segreto che, invece di esercitare la sua attività spionistica all’Avana, ha lavorato per anni in ATI e successivamente in Alitalia, peraltro sugli stessi MD-80 su cui ha “esercitato” il buon Alessandro. Come Alessandro, anche il nostro pilota di fiducia conosce perfettamente quelle dinamiche per averle vissute sulla sua pelle (in cabina di pilotaggio, s’intende).

L’autore immortalato nel corso di una sua qualche lezione. Egli indica sullo sfondo una foto in cui è presente e che, a giudicare dal muso del Fiat G-91 T sullo sfondo, risale al periodo della sua formazione professionale in AMI. Un abile modo per mettere a loro agio i suoi studenti: parlare di sé e dei suoi trascorsi. Strategico! (foto proveniente dalla pagina https://www.hitoconsulting.org/),

E allora, vigorosamente chiamato a rapporto, dopo la lettura volontaria quanto fulminea del volume (una sola lunga serata), il nostro consulente  mi ha confermato che quanto narra il suo collega di cloche è terribilmente verosimile e purtroppo reale, fin troppo reale.

Ad ogni modo, nonostante questa ferale informazione, rimangono irrisolti i quesiti che volano nevroticamente nella mente del famoso e fantomatico uomo della strada che poco o nulla conosce del mondo dell’Aviazione commerciale. Aviazione che, verosimilmente, avrà uno sviluppo esponenziale di passeggeri nei prossimi anni, crisi economica, pandemie e guerre permettendo. E questi quesiti nascono vieppiù numerosi dalla lettura di “In un cielo di guai”. Ecco dunque l’occasione di riflessione stimolata dal libro e, nello stesso tempo, di divulgazione e denuncia di una situazione dai risvolti un poco inquietanti che mi sono solo limitato ad accennare.

Ma torniamo al libro.

A proposito della prosa, dell’inventiva, della tecnica narrativa di Alessandro Soldati non c’è nulla da dire: strepitoso. Forse un po’ meno spontaneo rispetto al libro di esordio, meno caricaturale nel tratteggiare i personaggi, ma sempre un’ottima penna dalla quale attendiamo con impazienza il terzo volume. Perché non c’è due senza tre, vero Alessandro?

Promosso su tutta la linea.

E benché le aspettative fossero molto alte, non le ha tradite. Si nota che la sua scrittura si è fatta più adulta, più ragionata ma non per questo meno valida.

Aggiungo che in alcuni punti i dialoghi tendono a scorrere meno fluidi e in un capitolo – solo uno  – l’autore cede alla tentazione di uno “spiegone” di cui – è vero – possono beneficiare i lettori assolutamente astemi di Aviazione ma che per gli altri, desiderosi di conoscere i risvolti successivi della vicenda, costituisce un ulteriore rallentamento. E comunque nulla di intollerabile o di scandaloso. Ti vogliamo bene, Alessandro, comunque!

Tornando agli aspetti squisitamente editoriali del libro, se da un lato posso tranquillamente esprimermi in modo favorevole circa la qualità della carta utilizzata per la stampa (opaca e anche fin troppo bianca), dall’altra non posso fare a meno di dichiarare delle riserve sulla scelta operata circa la foto di copertina che ritengo abbastanza anonima, forse affrettata, generica, senza una diretta logica con il titolo e il contenuto del libro. Peccato. Magari un’altra copertina per una seconda edizione? Magari la stessa seconda edizione con qualche didascalia o note a piè di pagina a uso e consumo dei lettori meno aeronautici? Vedremo, anzi, leggeremo …

Era il 1967 e questo era l’equipaggio del DC-8-33 della compagnia SAS,  compagnia aerea di bandiera di Danimarca, Norvegia e Svezia. Il velivolo era appena atterrato al Galeão International – Antonio Carlos Jobim International Airport GIG di Rio de Janeiro in Brasile. Oggi sarebbe impensabile avere una simile schiera di persone a bordo: due piloti, un ingegnere di bordo, un marconista, il motorista e uno stuolo di assistenti di volo. (foto proveniente da www.flickr.com)

Eccellente il titolo.

Purtroppo, già alla prima pagina di testo, mi è apparsa in tutta la sua infelicità l’uso di un carattere di stampa troppo minuto, sicuramente al di sotto delle dimensioni standard per i libri tascabili. No, non sono “ciecato”, come soleva proclamare il personaggio televisivo della grandissima Anna Marchesini … è proprio piccolo, fidatevi, non sono ciecato. Circa la scelta del font diverso dall’usuale potrei essere benigno ma sulle dimensioni, mi spiace, caro Alessandro, chi ha preferito la copia cartacea del tuo libro – come il qui presente – è costretto a una faticaccia ingiustificata, specie se considerata l’impostazione grafica (anche in questo caso singolare) di porre una riga vuota ad ogni capoverso; trattasi di una nuova estetica dattilografica? Un modo per enfatizzare ciascun periodo? Chissà … sì, certo, noi lo adottiamo in questa recensione … ma non per nostra scelta bensì a causa di un sistema appunto automatizzato che non ci consente di fare diversamente. Il solito programmatore ottuso che ha ideato WordPress – non il nostro, per carità –  lo ha previsto e non riusciamo a fare di meglio.

Ad ogni modo il dettaglio che più mi è stato sgradito all’occhio è la presenza dei segni “<<” e “>>” per aprire e chiudere il discorso diretto: una vera frecciata al cuore! Ma il trattino o le virgolette non sono più di moda?

Voglio sperare che queste soluzioni, riprendendo il contenuto del romanzo, siano avvenute in automatico per mano di un qualche scaltro Operatore di Sistema editoriale e non dall’autore perché, non solo in Aviazione, ma anche in editoria, l’automazione partorisce dei mostri e l’impaginazione discutibile di questo libro potrebbe esserne la conferma.

Quanto al prezzo di copertina non posso che spendere apprezzamenti: onesto e sotto la media di quello di volumi di pari dimensioni pubblicati in regime di autopubblicazione; ottima la scelta di rendere disponibile la versione in ebook o, secondo un altro punto di vista, di farne ancora una versione cartacea.

In conclusione: un libro da acquistare e leggere con la stessa convinzione, certi che – parafrasando i titoli dei due libri di Alessandro Soldati – anche in cielo pieno di guai … andrà bene. Di sicuro!

Buona lettura





Recensione e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR





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Un commento su “In un cielo di guai”

  1. Grazie infinite per l'apprezzamento, per le parole, e soprattutto per le critiche! Sono praticamente le stesse che mi avevano mosso i responsabili di Carta bianca, casa editrice che ha preso il libro sotto la sua ala, e lo ha migliorato esattamente in questi aspetti, dimostrando, se mai ci fosse stato bisogno, la precisione chirurgica delle tue recensioni. Da oggi il libro è fuori, con lo stesso titolo, ma nella sua nuova veste, decisamente più professionale.
    Alessandro Soldati

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