La voce di Badger


 

“In un caldo pomeriggio estivo un pilota mostra ad un amico l’aereo che ha da poco acquistato ed illustra le tante possibilità offerte dalle avioniche digitali. “Gli manca solo la parola” commenta l’amico. Questa frase porta il pilota a realizzare un dispositivo che, interfacciato con il glass cockpit dell’aereo, consente una interazione vocale. Tutto funziona ma… quali funzioni affidare a questo “grillo parlante” perché si renda utile prima, durante e dopo un volo?”

Un esempio di cruscotto di un moderno velivolo che adotta l’apparato citato dall’autore nel suo racconto. Da notare che i due ampi schermi a disposizione di pilota e copilota forniscono, da soli, tutto quanto necessita loro per la condotta del velivolo. A completamento si può riconoscere l’ampio display posto in verticale che riproduce, emulo dei diffusissimi navigatori per uso stradale ormai collocati nelle automobili anche di fascia economica, i dati cartografici in chiave aeronautica. Relegati in basso a sinistra, al solo scopo di sicurezza ridondante, sono infine presenti i due strumenti principi del volo: anemometro e altimetro. Sicuri al 100% perché completamente analogici e meccanici. E bisognosi solo di aria per il loro funzionamento.


Roberto Guidorzi così sintetizza il contenuto del suo racconto intitolato “La voce di Badger” con il quale ha partecipato alla V edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole” organizzato dal nostro sito e dai nostri amici dell’HAG.

La giuria del Premio, purtroppo, non lo ha ritenuto meritevole di accedere alla fase finale e dunque alla pubblicazione nell’antologia del Premio tuttavia, come da regolamento, VOCI DI HANGAR ha il piacere di ospitarlo in un angolino del suo grande hangar.

La schermata dell’apparato Skyview in tutta la sua bellezza. La voce che l’autore gli ha conferito non possiamo fornirvela per evidenti motivi ma – ne siamo certi – egli non esiterà a farvela ascoltare, magari abbinata ad un bel volo turistico a bordo del velivolo su cui è installata. O si tratta di una voce solo per pochi eletti?

Nel leggerlo, ci siamo resi conto che, almeno nella parte inziale, il racconto ha una sua valenza letteraria, il testo è fluido e piacevole, sussiste un’alternanza equilibrata del discorso diretto rispetto a quello indiretto, lo stile è moderno e dal sapore piacevolmente giornalistico-narrativo. Anche in termini di trama, si crea nel lettore una sana aspettativa in quanto l’autore riesce a catturare l’attenzione del lettore … purtroppo nel suo svolgimento centrale il racconto scivola in una sorta di resoconto tecnico, una specie di guida per apprendisti elettrotecnici che vogliano far parlare l’avionica del proprio aeroplano.

Ancora un possibile allestimento del cruscotto di un ULM ultimo grido. Tenuto conto dell’elevata affidabilità e della notevole qualità raggiunta, gli apparati “glass cockpit” (letteralmente: “cruscotto di vetro”) possono asservire completamente in un unico grande display tutte le necessità del pilota e del copilota; gli strument a capsula sono superflui e rimane, visibile al centro del cruscotto, la necessità di disporre solo un semplice apparato VHF-COMM per le comunicazioni radio.

Ora, lungi da noi esprimere considerazioni circa la scelta praticata da molti piloti proprietari di velivoli ultraleggeri di dotare la propria macchina volante di costosissimi apparati elettronici, riteniamo invece che stilare la radiocronaca passo passo di quanto operato per creare la “voce di Badger” … beh – in tutta onestà – non si tratti di narrativa di sommo livello. Peccato. Perché neanche l’invenzione del nomignolo e qualche battuta arguta presente nella seconda metà del testo riescono a risollevare il giudizio sul racconto. Che si fa leggere, intendiamoci, ma sempre con maggiore fatica da parte di chi pensava di trovarsi di fronte un racconto di volo, di cielo e di aria e poi, con rammarico, incappa in un “tutorial” per installatori elettroavionici fai-da-te.

Ecco come potrebbe apparirci, visto da terra, un vero velivolo ULM (ultraleggero), ossia coerente con la filosofia cui si ispira il suo nome: leggero, essenziale, spartano, praticamente un semplice attrezzo sportivo che, al pari di una racchetta da tennis o dei pattini a rotelle, consenta di praticare uno degli sport più entusiasmanti eppure così lontani dalla nostra dimensione terrestre: il volo. Dovrebbe essere e che, realisticamente, non è più da anni. Se infatti i primi ULM erano davvero fin troppo leggeri, essenziali e spartani, già da parecchi anni si è giunti a velivoli ben poco leggeri, tutt’altro che essenziali e fuorché spartani. Sicuramente ne ha giovato la sicurezza e l’affidabilità tuttavia, si può ancora avere il coraggio di chiamarli ULM?

Per carità, l’autore non ci deve convincere di conoscere a fondo il suo mestiere: ne siamo certi! E non ci deve neanche convincere di essere ferrato in grammatica o sintassi: lo dimostra ampiamente … certo avremmo sperato da parte sua la scelta di un tema più originale, magari sempre legato alla voce sintetica del suo velivolo; insomma, quantomeno, avremmo caldeggiato uno sviluppo diverso della storia in quanto, onestamente, l’idea di base non è malvagia e avrebbe potuto toccare diversi aspetti ai margini dei quali spesso divampano feroci discussioni tra i piloti “all’ombra del gelso”, “sotto il gazebo” o dentro la club-house che dir si voglia (a seconda dei casi). Questo perché, a prescindere dai nomi dei luoghi o delle latitudini, in qualunque aeroporto, aviosuperficie o campo di volo che si rispetti, ricorre ovunque l’eterna contrapposizione tra chi pratica il volo per il piacere di farlo e chi vola perché costituisce uno status symbol, chi vola volentieri con macchine di basso profilo tecnologico purché si voli e chi non decolla senza aver avviato tutta la strumentazione modello centrale termonucleare, e ancora: ci sono coloro che, purché si vada per aria, farebbero volare una scopa con le ali e coloro che si portano appresso due “televisori” anche se non osano andare oltre il cielo campo, oppure chi spende i propri quattrini per trascorrere in volo più tempo possibile e chi a lustrare il proprio velivolo e magari ha il terrore di sporcarlo con il fango della pista.

Ecco come ci apparirebbe un velivolo ULM da vicino. Non si tratta di una macchina volante ancora in fase di costruzione, né di un eccesso provocatorio bensì l’incarnazione del concetto di ULM.

In definitiva – e lo scriviamo con rammarico – questo ci appare un po’ il racconto delle occasioni mancate. Ma siamo certi che l’autore ci darà modo e occasione per ricrederci. Non vediamo l’ora … praticamente non più tardi della prossima edizione del Premio “Racconti tra le nuvole”. Intesi Badger?

 

Recensione  a cura della Redazione


Narrativa / Breve

Inedito;

ha partecipato alla V edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole” – 2017;

in esclusiva per “Voci di hangar”

NOTA: in copertina lo Zigolo Mg12 della AVIAD del giovane Francesco Di Martino. La piccola azienda italiana ha lo fatto volare per la prima volta nell’aprile 2014 riscuotendo un buon successo di vendite (anche in kit). E’ definito un aeroplano “minimalista”

 


 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.