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Ali di travertino

Ali di travertino copertinatitolo: Ali di travertino – Un cacciabombardiere allo Stato Maggiore

autore: Bruno Servadei

editore: SBC edizioni

collana: I luoghi & i giorni

anno di pubblicazione:  febbraio 2012

ISBN: 978-88-6347-254-7

 

A Roma, a ridosso della zona universitaria e della centralissima Stazione Termini, ha sede lo Stato Maggiore dell’Aeronautica (per brevità SMA).

L’edificio che lo ospita, realizzato durante l’epoca fascista, è talmente monumentale che non può non essere notato. Anche il passante più distratto o il turista interessato alle antiche vestigia romane piuttosto che all’architettura moderna, non può non notare l’enormità e la particolarità di quel palazzo: una gigantesca aquila con le lunghe ali adorna il tetto della facciata principale come a proteggere coloro che si trovano sotto di essa.

Come buona parte dei rivestimenti esterni dell’edificio, la colorazione bianco-grigiastra dell’animale lascia supporre che sia realizzato in travertino.

Stato maggiore Aeronautica frontale
La facciata principale del Ministero dell’Aeronautica, sede dello SMA, dominata dal motivo decorativo dell’aquila con le ali dell’idrovolante S 55, ossia le famose ali di travertino. L’immagine è stata tratta dallo splendido volume “Il palazzo dell’Aeronautica”, Editalia, ISBN: 88-7060-220-6

Che siano dunque queste le ali di cui parla Bruno Servadei nel suo libro intitolato appunto: “Ali di travertino – Un cacciabombardiere allo stato maggiore”? … ebbene sì, in parte … anche, ma non solo. Sveliamo dunque l’enigma.

La carriera di un pilota militare, salvo imprevisti, è quasi predeterminata sin dalle selezioni di accesso all’Accademia Aeronautica e, dopo aver svolto il servizio presso un reparto di volo ed essere transitati per la Scuola di Guerra Aerea di Firenze, prevede di approdare appunto allo SMA.

Anche Bruno Servadei, ha svolto questo percorso. Così, se nel suo primo libro: “Vita da cacciabombardiere” egli racconta le sue esperienze di pilota militare vissute durante la prima parte della sua carriera, era pressoché inevitabile, considerato il buon successo di critica e di lettori, che anche la seconda parte della sua vita professionale ci fosse svelata in forma più o meno narrativa. Tuttavia, se ci aspettiamo un volume monotono o un elenco asettico delle attività praticate all’interno del palazzone romano, rischiamo di cadere in un terribile errore.

Il racconto di Servadei invece, mette in luce una realtà sconosciuta al generico cittadino, al cosiddetto “uomo della strada” giacché gli svela una sorta di cronaca di “vita ignorata” all’interno del complesso monumentale.

In effetti lo SMA è quello che chiameremmo “la stanza dei bottoni” dell’Aeronautica Militare Italiana e le variegate attività che una parte del personale militare svolge al suo interno, sono spesso frenetiche. O perlomeno lo sono state quelle dell’autore.

Egli, nei tre anni di prevista permanenza, ha avuto modo di approfondire alcuni aspetti, ha svolto incarichi e instaurato contatti a tutti i livelli così intensi e frequenti da doversi portare il lavoro a casa e non avere il tempo di occuparsi dei problemi che aveva vissuto in prima persona durante il suo servizio come caccia-bombardiere. Problemi che – ce lo confida non senza malcelata amarezza – si era ripromesso di sanare una volto giunto proprio allo SMA.

Purtroppo ne esce fuori la descrizione di un luogo che è lo specchio, se vogliamo ancor più negativo, di una nazione – la nostra -, minata dal clientelismo, l’affarismo, e l’interesse personale. Per non parlare di una burocrazia ottusa e inutile.

Benché frequentato da molte persone di valore animate da sani principi morali, ecco che, a seguito dei vari episodi svelatici da Servadei, scopriamo uno SMA quale ricettacolo di cialtroni, di profittatori, di arrivisti ormai dimentichi del significato della divisa che indossano, di affaristi che si piegano alle proposte allettanti dell’industria bellica (aeronautica in particolare) invece di porle i requisiti stringenti cui ottemperare per conseguire commesse e forniture varie.

Insomma, al termine della lettura di questo libro, verrà spontaneo domandarsi come l’Aeronautica Militare che, istituzionalmente, “dovrebbe” difendere i cieli patri, possa farlo davvero con i mezzi (volanti e non) e soprattutto le risorse umane che ha sua disposizione. Questo in prima battuta … l’istante successivo sarà invece un moto di stupore misto a disgusto a salirvi dal profondo dell’animo perché la lettura di alcune vicende al limite del grottesco – non c’è che dire – vissute in prima persona dall’autore e non riportate “per sentito dire”, vi faranno apparire Bruno Servadei quale un testimone oculare impotente ma equo come solo potrebbe essere il famoso “uomo delle strada” il cui buon senso e non già una lunga e profonda preparazione tecnica – come nel caso dell’autore -, gli farà letteralmente urlare a pieni polmoni: scandaloso!

Ad ogni modo, è risaputo che noi abitanti del suolo italico riusciamo a intravvedere il sereno pure attraverso il cielo più cupo … cosicché, anche il nostro ex ufficiale, non venendo meno a questa proverbiale dote, dopo aver dipinto lo sfacelo e il malaffare più torbido, alla fine vi strapperà un sorriso riportando quella battuta ricorrente che i suoi colleghi gli rivolgono stupiti negli uffici e nei corridoi dello SMA: “Mica vorrai fare la guerra sul serio?”

Ali di travertino retrocopertina
La retrocopertina di “Ali di travertino” che contiene una breve biografia dell’autore, una brevissima sinossi e fotografia in biano e nero che lo ritrae accanto ad uno dei jet che pilotò prima di approdare allo Stato Maggiore

Maurizio de Rinaldis, autore della prefazione, tenta di fornirci una sua personale chiave di lettura a questo libro e, nel tentativo di stemperare i contenuti delle pagine a seguire, dichiara:

“[…] Ali di travertino non è una critica, non esprime il pensiero di chi non condivide alcune scelte indotte da una politica di difesa troppo condizionata da quella industriale, non vuole essere una macchia di inchiostro caduta da una penna difettosa o peggio ancora un evidenziatore giallo di problemi o malfunzionamenti di un sistema. Questo è il libro del vecchio saggio guerriero che ha speso gran parte della vita combattendo sui campi di battaglia. Combattendo dapprima in situazioni operative con vere bombe e cannoni ed un po’ più tardi con appunti e riunioni. Il tutto con un solo fine: quello di onorare, proteggere e migliorare l’Aeronautica Militare e la propria Patria.[…]”

Onestamente, a noi, questo libro è apparso ben di più: un libro di denuncia a tutti gli effetti. Uno di quelli che, se fosse stato pubblicato negli Stati Uniti, avrebbe sicuramente provocato un terremoto nelle stanze del palazzo e – non stenteremmo a crederlo – finanche l’eliminazione fisica dell’autore.

E in Italia? Figuriamoci! … in Italia, sorniona e indifferente a tutto e a tutti, al contrario, questo volume costituisce un titolo di genere; ad oggi, può essere considerato come il classico testo scritto da un militare rinnegato da dare in pasto ai pacifisti inveterati o agli anarchici, insomma a quei simpatizzanti che sono contro le istituzioni dello stato, specie se militari. Qualcuno potrebbe interpretarlo addirittura come un resoconto velenoso di un ex Aeronautica Militare che, ormai in pensione, si è voluto togliere qualche sassolino dalla scarpa. Che, per inciso, a nostro parere, poi tanto “ino” non è.

Per questo motivo non ci siamo stupiti affatto quando, cercando delle spigolature in rete, ci siamo imbattuti in alcune interviste dell’ex gen Servadei interpellato ad arte a proposito del tanto “chiacchierato” programma di acquisto degli F35.

Ali di travertino copertina interna
La copertina interna del volume

Ebbene il professionista ha risposto da par suo spiazzando completamente chi si aspettava una risposta scontata … ma questa è un’altra vicenda che esula dal libro in oggetto.

Di sicuro dobbiamo riconoscere al sanguigno Servadei di aver avuto il coraggio di scrivere un libro verità e dunque di aver reso noto un malcostume manifesto eppure tollerato in un ambiente dove, per antonomasia, dovrebbe vigere sovrano il rigore e la lealtà. Perché il malcostume deve essere condannato e non già la schiettezza di un ufficiale che, suo malgrado, non è riuscito a cambiare il sistema agendo dal suo interno.

Tornando al libro, anche lo stesso autore, consapevole della bontà ma anche dei limiti del suo volume, nella postfazione dichiara che:

“[…] di certo queste pagine non potranno attirare l’attenzione degli appassionati di volo come le precedenti”

intendendo quelle del suo primo libro “Vita da cacciabombardiere”. Poi, riferendosi sempre a questa sua ultima fatica letteraria e lasciandosi ad una riflessione amara, ammette che:

“[…] è la visione un po’ delusa e amareggiata di un giovane tenete colonnello, pieno di belle speranze e la voglia di risolvere i problemi rilevati al reparto […]”.

Infine conclude con un messaggio dal quale traspare tutta l’italica fiducia in un futuro migliore:

“[…] Mi fa piacere sperare che chi mi ha sostituito nelle mansioni che ho svolto nello SMA alla fine degli anni ’70 oggi possa godere di maggiore credito di quello che mi è stato riservato […]”

E a quest’augurio ci uniamo compatti in qualità di semplici cittadini contribuenti, di appassionati di aviazione e di ammiratori silenziosi del personale tutto dell’Arma Azzurra, soprattutto dei piloti.

Dal punto di vista della lettura, sotto gli occhi di un generico lettore, il testo scivola che è un piacere, fatto salvo per alcuni rari passaggi ove la prosa si fa un po’ meno scorrevole del solito, tuttavia ci teniamo a precisare che non si tratta di un libro riservato ai tecnici del settore, semmai ad appassionati di volo  o di aviazione e, non ultimi, a coloro che osteggiano le Forze Armate, altrimenti chiamati “pacifisti”…

La veste grafica è curata e assai gradite sono le foto che, a mo’ di piccoli francobolli, adornano qua e là il testo. Esse consentono al lettore meno navigato in questioni aeronautiche di vedere il velivolo oggetto o citato nel corso della narrazione.

A piè di pagina, forse sarebbero risultate utili delle note esplicative di alcuni termini tecnici ma l’autore, senza farcene rendere conto, ce ne spiega già il significato nel corso della narrazione e dunque risultano quasi superflue.

Azzeccata la copertina e assolutamente esplicativa la retrocopertina; strepitoso il titolo; forse un po’ lenta la prefazione nella sua parte iniziale, decisamente necessaria la postfazione.

Un libro da leggere e rileggere, da tenere in libreria e prestare agli amici in attesa di affiancargli gli altri volumi che, nel frattempo,  ci ha regalato Bruno Servadei.

In verità, proprio perché – nonostante tutto – abbiamo letto con piacere questo libro e dunque abbiamo apprezzato lo scrivere leggero sebbene tecnico dell’ex generale, non possiamo fare a meno di augurargli di aumentare la propria autonomia (di volo, s’intende) e di superare i confini del genere letterario in cui – fino ad ora – ha “volato”, quello dell’autobiografia, appunto.

Per esempio saremmo davvero lieti di apprendere che, finalmente impostata senza indugio alcuno una virata stretta in direzione del cielo sconfinato della narrativa aeronautica, il l’ex generale abbia finalmente intrapreso il sorvolo di un terreno per lui inesplorato in cui esperienze vissute, una buona dose di fantasia e un talento verace trovano la coniugazione perfetta: il romanzo a carattere aeronautico.

Buon vento, generale, e a presto rileggerci.




Recensione a cura della Redazione



NOTA della Redazione:

dello stesso autore è presente in hangar il racconto: “Coppia” che ha partecipato alla I edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” .




Un pilota a palazzo

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Vita da Cacciabombardiere

Deci 83-86. I Ricordi di "Tiro 0"

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