autore: Bruno Servadei
editore: Amazon
anno di pubblicazione: dicembre 2018
ISBN: 179041332X oppure 978-1790413324
pag: 314
Il sesto libro di Bruno Servadei, pur non essendo l’ultimo, conclude però il racconto della sua vita professionale in Aeronautica Militare, come scrive lui stesso nella prefazione. In circa sei pagine introduce il lettore a quello che sarà il contenuto del libro. Tanto che, volendo, potrei copiare quelle pagine e otterrei già un’ottima recensione. Ma questo libro merita molto di più.
Merita di più perché nelle sue 314 pagine, suddivise in 25 capitoli, tratta argomenti inediti e sensazionali. Leggendo i suoi libri precedenti avevo già conosciuto la sua carriera di pilota operativo, trattata magistralmente nei libri “Vita da cacciabombardiere” e “Deci 83-86“. Negli altri, in “Ali di travertino” e in “Ali diplomatiche” avevo conosciuto le sue vicende più specificamente rivolte verso una carriera diplomatica.
Nei tre anni trascorsi presso il Quirinale come Consigliere Militare del Presidente della Repubblica e narrati nel suo libro “Un pilota a Palazzo“, Servadei svolgeva compiti più vicini al mondo diplomatico che a quello del volo operativo. Dopo quel periodo, infine, giunse in un altro ufficio, denominato “Ufficio Cooperazione Internazionale”.
“Ali in valigia” tratta proprio di questo periodo della carriera militare dell’autore.
Inizialmente le mansioni che questo ufficio deve svolgere non appaiono molto chiare nel libro. Ma pian piano si fanno sempre più evidenti. E si rivelano decisamente interessanti.
Servadei descrive ogni aspetto del suo nuovo lavoro.
Possiamo così conoscere la ragnatela di legami che intercorrono tra moltissimi Stati esteri. Tra questi e le industrie. E tra gli Stati, le industrie e le forze armate. Una rete fittissima di interessi, di comunicazioni, di normative, di legami e di cerimoniali.
Negli anni in cui Servadei ha fatto parte di questo mondo diplomatico sono avvenuti fatti che, per la loro importanza, sono diventati di pubblico dominio. Abbiamo conosciuto i fatti riportati dalla cronaca, ma non sapevamo molto dei vari retroscena.
Retroscena che, molto opportunamente, sono contenuti in questo libro.
Dopo aver letto alcuni capitoli mi sono trovato a dover riconsiderare la qualità di alcuni aerei che mi avevano fatto sognare all’epoca.
Parlo del Tornado, del G-91, del P-180 Avanti della Piaggio e dell’AMX.
E purtroppo, ho dovuto ridimensionare anche l’opinione che avevo nei riguardi di certe industrie, che consideravo non solo al passo con i tempi, ma addirittura molto avanti, avveniristiche sotto molti aspetti. Invece…
Per fare un esempio, quanto siamo stati fieri della nostra linea di produzione su licenza del famoso F 104! Un grande aereo, non c’è dubbio. La FIAT lo ha prodotto fino a non molto tempo fa.
Un giorno il famoso Gen. Chuck Yeager si trovava in Italia e fece una visita alla FIAT, a vedere proprio quella linea di produzione. Rimase interdetto, poi disse:
“Incredibile. Mi sembra di essere tornato indietro agli anni cinquanta…”.
L’F-104 è stato sostituito dal Tornado. Ma quest’ultimo era già superato ancora prima di entrare in servizio.
Un libro illuminante, questo.
Come ho avuto modo di dire in un’altra recensione, i libri di Servadei sono unici. Trattano aspetti della vita militare di un pilota che nessuno ha trattato mai. E’ pur vero che Servadei ha fatto una carriera particolare, riservata a pochi. E questo lo ha portato a girare il mondo intero e a frequentare ambienti particolari. Non so se qualcun altro abbia avuto la fortuna di accumulare tanta esperienza di vita diplomatica come ha fatto lui. Ma di certo, se altri personaggi lo hanno fatto, non hanno poi scritto alcun libro.
Ho già detto, e lo ribadisco, che i libri di Servadei dovrebbero essere utilizzati in alcuni corsi di laurea. Con uno stile semplice e lineare, con una narrazione vivida e autorevole, che sembra tenere conto di tutti i criteri essenziali della metodologia didattica, questi libri mostrano al lettore il funzionamento della diplomazia che sta alla base del funzionamento del mondo. Questo è un libro che insegna. Come lo sono anche gli altri.
Chiunque leggerà questi libri capirà cosa intendo.
Il ventiquattresimo capitolo si intitola: “L’addio”.
Arriva un po’ troppo presto, perché a quel punto si vorrebbe che il libro continuasse. Infatti continua per un altro capitolo, molto opportuno, che ci porta nientemeno che negli Emirati Arabi …
Ma solo per poche pagine ancora.
Tornando all’addio, c’è una cosa di cui vorrei parlare.
Dopo l’immancabile cerimonia, appunto, di addio, perché anche per Servadei era arrivato il giorno della pensione, lui torna a casa e, come tutti i giorni, va in camera per cambiarsi. Aveva i gradi di Generale di Brigata, ricevuti proprio quel giorno, come era consuetudine.
Scrive Servadei:
“Finiti i saluti tornai a casa. Appena arrivato me ne andai nella mia camera da letto per spogliarmi. Mi apprestavo a togliere la giacca della divisa quando passai davanti al grande specchio dell’armadio guardaroba: vedendomi mi resi improvvisamente conto che quanto stavo per fare non era il rituale passaggio dalla divisa alla tenuta borghese che si era succeduto per tutti gli anni precedenti. Questo era un atto definitivo, un momento unico, irripetibile”.
Così indugia un po’, prima di togliersi la divisa. E rivive mentalmente tutte le fasi della vita che in quella divisa aveva vissuto.
“Attimi di nostalgia, subito superati da un ritorno ad una realtà che queste emozioni aveva ormai archiviato da anni. Basta, mi dissi, questa volta è veramente finita; domani comincia un’altra vita. E senza fretta mi spogliai definitamente di quella divisa che avevo orgogliosamente portato per trentasette anni”.
Nel capitolo successivo dichiara che per i primi dieci giorni non aveva la percezione chiara della sua nuova condizione. Sembravano dieci giorni di licenza.
Ho vissuto le stesse emozioni. Le conosco. Anche se nella mia vita operativa di controllore del traffico aereo sono riuscito a non fare mai neanche un giorno di scrivania. Ho sempre voluto essere operativo.
Il giorno del mio pensionamento, in Torre di controllo, all’ora stabilita, ho fatto la mia ultima comunicazione, ho posato il microfono, passato le consegne al collega e me ne sono andato. Al piano di sotto abbiamo fatto un rinfresco. Poi me ne sono tornato a casa.
E per i primi dieci giorni non mi sembrava di essere in pensione. Da turnista, con diversi giorni liberi dopo il turno, mi pareva sempre di essere in uno dei giorni liberi.
Ci ho messo un bel po’ a rendermi conto della mia nuova condizione.
Il volo, però, quello non si abbandona. Nel mio caso, dal 1973 ad oggi, non ho mai smesso di volare.
Servadei, lasciati dietro di sé i jet militari, approda fortunosamente al volo ultraleggero. Un capitolo della sua vita che ha descritto nel suo ultimo libro, “Un mondo ultraleggero“, di cui potete leggere la recensione in VOCI DI HANGAR (come degli altri volumi sopracitati).
Ho l’impressione che la vera pensione comincerà il giorno in cui smetteremo di volare.
Prima o poi arriverà. Ma non so quando.
Invece, mi domando se arriverà, prima o poi, un nuovo libro di Bruno Servadei.
Ho fatto una breve indagine presso i soliti bene informati.
Non posso anticipare nulla. Ma sembra che….
Recensione di Brutus Flyer (Evandro Detti) e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR
Dello stesso autore sono disponibili le recensioni di:
Ali di travertino
Un pilota a palazzo
Un mondo ultraleggero
Vita da Cacciabombardiere
Deci 83-86. I Ricordi di "Tiro 0"
Ali diplomatiche. In Svezia con le cordelline
Essendo l'autore del libro, non posso che ringraziare per la recensione che certamente magnifica il libro piu' di quanto meriti. Grazie ancora e "alla prossima".