XIII edizione del Premio letterario “RACCONTI TRA LE NUVOLE”, 2025 – Sezione “Aquile”
COMUNICATO STAMPA
nr 3 del 01 giugno 2025
L’HAG (Historical Aircraft Group) e VOCI DI HANGAR
sono lieti di annunciare che, dopo un lungo volo iniziato il 1 marzo 2025, la XIII edizione diRACCONTI TRA LE NUVOLE, sezione “Aquile” è felicemente atterrata.
Purtroppo non ci è ancora dato sapere il numero di racconti inviati alla Segreteria del Premio e conformi al bando di concorso. Quest’anno, a differenza della precedente edizioni, non sono giunti racconti a ridosso del termine ultimo di scadenza, viceversa, complice la congiuntura del 2 giugno, la nostra Segreteria è ancora impegnata nell’edificare i ponti e dunque … sarà nostra premura fornire dati e spigolature varie in occasione del prossimo comunicato.
Nel frattempo i giurati/e provvederanno a svolgere il loro difficilissimo compito: auguriamo loro una buona lettura e una valutazione secondo gusto e coscienza. Siamo certi che faranno tutti/e del loro meglio.
Per gli autori/autrici partecipanti l’appuntamento è fissato al 01 agosto 2025; in occasione di questa data verranno proclamati i 20 racconti finalisti.
Per l’intanto auguriamo loro una piacevole estate e il nostro proverbiale “in becco all’aquila”.
Sono echeggiate molte piccole appassionanti storie e anche qualche grande aeroplano nella Sala Convegni dell’Hotel Serena di Rieti sabato 24 maggio in occasione della presentazione nazionale del volume di Giancarlo Silva intitolato appunto “Piccole storie di grandi aeroplani”.
La locandina dellevento, prima uscita nazionale del volume di Giancarlo Silva restituito alla fruizione di tutta la comunità italiana dei piloti o dei semplici appassionati di volo. E da leggere ce ne saranno delle belle!
Con la sapiente regia della giornalista pubblicista aeronautica Federica D’Accolti, si sono succeduti sul palco dell’evento i diversi amici dell’autore mentre in sala era presente il figlio Michelangelo e, in remoto dalla California, la figlia Iris Irina.
La presentazione si è aperta con il saluto ai numerosi presenti in sala di Marco Forcina, ideatore e gestore del nostro sito web nonché fautore, assieme all’editore Logisma, del recupero e della ripubblicazione commerciale del libro stampato da Giancarlo Silva nel 2011 a beneficio dei soli amici prima di passare a miglior vita a causa di un male incurabile che già lo aveva pesantemente menomato.
Nelle intenzioni dell’autore, il volume costituiva idealmente una sorta di testamento ma anche e soprattutto il racconto disincantato, asciutto e a tratti finanche ironico rivolto da un nonno ai suoi nipotini ancora troppo piccoli per ricordarne i lineamenti e le sue esperienze di vita, non solo professionali.
Uno scorcio della piccola ma accogliente Sala Convegni dell Hotel Serena dove è avvenuta la presentazione foto del prof. Gianni Santonocito)
La presentazione che godeva del patrocinio dell’Aeroclub di Rieti (di cui il com.te Silva fu emerito socio) e dell’HAG – Historical Aircraft Group, è stato sostenuto economicamente dalla FISA – Fondazione Internazionale per lo Sviluppo Aeronautico il cui portavoce, prof. Fernando Ferrauti, ha aperto la successione degli interventi. Egli ha sottolineato lo stretto legame che intercorre tra il volo e il libro, apparentemente insospettabile eppure solido, nonché l’assenza di giovani che rimpinguino le schiere dei piloti sempre più anziani, che pure costituiscono il vero valore aggiunto della comunità dei praticanti di tutte le discipline aeronautiche in quanto memoria storica e fonti preziose di esperienze già vissute, nel bene e nel male.
L’apertura della presentazione del libro è stata appannaggio di Marco Forcina, ideatore e gestore di VOCI DI HANGAR nonchè promotore del recupero del libro di Giancarlo Silva e la sua pubblicazione. Ovviamente non è mancato l’aiuto di tanti amici, primi fra tutti la FISA – Fondazione Internazionale per lo Sviluppo Aeronautico (che ha sostenuto economicamente l’operazione) e di Logisma editore che ha provveduto alla stampa e alla distribuzione del volume. Hanno invece patrocinato la presentazione l’AeroClub di Rieti e l”HAG – Historical Aircraft Group. Sul palco dei relatori c’è anche Federica D’Accolti che li a poco prenderà la parola e la conduzione dell’incontro amichevole, rilassato, a tratti brioso e in alcuni momenti anche commovente.(foto di Federica D’Accolti)
Ovviamente anche il Presidente dell’AeroClub di Rieti, ing Enrico Bagnoli, non ha mancato di esprimere ai presenti il sentimento di entusiasmo per il volo che, a suo dire, l’autore è riuscito a trasmettere nel suo libro, lo stesso identico entusiasmo provato dai giovani piloti all’inizio del loro percorso esperenziale.
Ha dunque preso la parola il Com.te Stefano Gambaro che ha espresso parole di lode nei confronti di chi si è adoperato nella pubblicazione commerciale del libro di Silva in quanto definito “uno scrigno di ricordi che ci fa viaggiare nel tempo”, affermazione che assume grande valore giacché espressa da chi rappresenta un’associazione fondata e alimentata dal desiderio di mantenere viva la memoria storica aeronautica del nostro Paese attraverso il restauro e il mantenimento in attività di volo di macchine volanti storiche.
Un intervento altrettanto prezioso è stato quello del gen Vincenzo Parma che curò, assieme a Giannetto Valli, la trasformazione di una sequela di fogli dattiloscritti in quello che poi diventò la prima edizione del libro di Silva. Non a caso, il gen Parma ha curato la premessa di questa seconda edizione. Una sorta di passaggio del testimone fortemente voluta dall’editore Gherardo Lazzeri.
“Sono le storie che hanno portato avanti il mondo” si può riassumere in queste poche battute l’intervento del gen. Parma che si è presentato al palco dei relatori portando con sé la sua copia personale del libro nella sua prima versione.
L’acume della commozione generale è giunta però al termine dell’intervento del dott Gianfranco Ales, ex compagno di volo di Giancarlo Silva in quanto proprietario assieme a lui di uno splendido Piper Comanche 260 con il quale scorrazzarono per i cieli d’Italia e d’Europa come fosse dotato de “le ali della libertà”. Ancora oggi, perfettamente restaurato e in eccellenti condizioni di volo, quel velivolo testimonia il sentimento di amicizia che legò questi due grandi amanti del volo e del cielo giacché conserva in sé un po’ dell’essenza di Giancarlo Silva che tante ore di volo, assieme al suo amico, spese all’interno di quella macchina volante.
Ecco la famosa classifica finale che incorona il buon Giancarlo Silva come campione di Volo a Vela bel 1957 (foto proveniente dalla Riista “Volo a Vela” – 1957)
La “porta di platino” del Picchio è stato invece il tema del dell’intervento fuori programma di Luigi Aldini, noto costruttore amatoriale nonché custode della famosa porta di accesso alla cabina di questo altro velivolo che fu di proprietà di Giancarlo Silva e di Gianfranco Ales.
La presentazione del libro “Piccole storie di grandi aeroplani” è entrata nel vivo nel momento in cui Federica D’Accolti ha letto ai presenti la tenerissima dedica che l’autore scrisse a prologo della sua autobiografia e che rivolse ai nipoti e ai figli. Oggi come allora.
Una breve sintesi dei contenuti del libro ha preceduto la lettura di un breve stralcio del libro, “Il primo volo”, da parte della dott.ssa Rossana Cilli che ha curato per il nostro sito una dettagliatissima recensione di “Piccole storie di grandi aeroplani”.
L’editore Logisma, nella persona di Gherardo Lazzeri, ha dichiarato apertamente invece la facilità della scelta di pubblicare il libro di Giancarlo Silva in quanto ricco di contenuti, perfettamente in accordo con la linea editoriale della sua Casa editrice.
A testimoniare la presenza tangibile e attiva all’evento da parte dei figli di Gianfranco Silva, la presentatrice ha sorpreso non poco i presenti in sala procedendo alla lettura di un breve messaggio inviato loro dalla figlia Iris Irina, poche parole che hanno lasciato ben intendere il rapporto speciale intercorreva tra lei e il babbo Giancarlo. E’ per noi un grande privilegio riportarlo a beneficio dei nostri visitatori:
“Mio padre mi ha iniziata al volo alla tenera età di sette mesi quando decise di smontare il sedile di un monomotore e volare da Roma ad Asmara! Poi sempre, le mie conversazioni più importanti sono avvenute in rotta tra New York e Roma seduta al posto di un gentile pilota in pausa!
Mio padre mi ha trasmesso tutto ciò che è anticonformista anti borghesia e anti qualsiasi cosa che fosse collegato a ciò che lui considerava provinciale e di completa pigrizia!
Mio padre era un libertino rivoluzionario e questo sangue me lo ha trasmesso tutto! Sì è definito e reinventato infinite volte senza mai fallire di stupire e creare culture innovative! In California le persone come lui vengono definite “a renaissance man” perché poteva cambiare talento e come portava il suo cappello in ogni istante! Nel volo mio padre si collegava al suo misticismo completamente privo di dogmi o paure!
Mio padre mi disse una volta, quando era comandante del DC-9 e mentre sorvolava sopra il deserto del Sahara:
“Ricordati, noi siamo uno sputo nel cosmo! Noi piccoli uomini possiamo essere liberi solo se ci ricordiamo di restare umili!”
Questo messaggio l’ho portato con me in tutti i miei progetti e avventure! E quando volo, sono sempre con l’infinito e tutta la creatività che lui mi ha concesso di seguire e scoprire !
Grazie per questo bellissimo evento!
Love you dad”
Il Canadair CL-215, celebre velivolo anfibio “bombardiere d’acqua”, costituisce l’ultimo anello di una lunga catena di aeromobili a bordo dei quali Gianfranco Silva svolse la sua attività professionale. E’ qui ritratto nel suo ambiente naturale: in flottaggio su acqua (foto proveniente da www.flickr.com)
Brevissime sono state invece le parole del figlio Michelangelo, più che altro di ringraziamento per l’iniziativa di Marco Forcina e di chi lo ha sostenuto.
Campionati del mondo di volo a vela e Germania – 1960 sono stati al contrario i temi del racconto di Luigi Petrucci, allora giovanissimo assistente di Giancarlo Silva in occasione di quell’evento unico e memorabile. Un racconto denso di passione e di riconoscenza nei confronti di un uomo unico, maestro paziente e premuroso, sempre sorridente quale fu Giancarlo.
E’ stata poi la volta del com.te Mario Cattaneo che nel 1957 si trovò avversario di Giancarlo Silva, a Rieti, in occasione del I Campionato di Volo a Vela, peraltro vinto proprio da Giancarlo Silva. E’ stato dunque un lungo susseguirsi di ricordi ma che anche di una confessione: la famosa porta del Picchio fu disegnata proprio da un giovanissimo Mario Cattaneo che lavorò per cinque anni nello studio di progettazione dell’ing. Stelio Frati, ideatore del velivolo incriminato.
Il racconto del com.te Cattaneo si è perciò concluso con la rivelazione venata da un sincero rammarico che, in Alitalia, lavorarono assieme solo una volta nel corso di un volo Roma-New York a bordo del Jumbo.
“Il settimo lancio” è stato un altro piccolo stralcio del libro, abilmente curato dalla lettrice estemporanea Rossana Cilli, ormai conduttrice consolidata di Ameriaradio nonchè eccellente scrittrice. Il breve stralcio del libro del com.te Silva ha confermato l’incoscienza meditata dell’autore relativamente alla sua esperienza con i paracadute: da far accapponare la pelle!
Un capitolo assolutamente fondamentale dell’esistenza del com.te Silva e dunque anche della sua autobiografia è costituito dal mondo del Volo a Vela, dalle sue frequentazioni assidue in quel di Rieti, dalla sua vittoria al I Campionato italiano di Volo a Vela disputato proprio a Rieti nel 1957 nonchè la sua partecipazione ai Campionati del Mondo di Volo a Vela in Germania nel 1960. Questo fotogramma ritrae per l’appunto l’autore a bordo di un aliante veleggiatore biposto tipo Canguro sulla pista di Rieti, in attesa di essere trainato nei cieli reatini. Avete notato la persona che è stata ritratta acquattata a fianco dell’aliante? Si tratta di un allora giovanissimo Luigi Petrucci che, la fortuna ha voluto, sia stato anche un gradito ospite/relatore della presentazione del libro. Egli infatti fu lo squadrista di Silva in occasione dei Mondiali in Germania. Ovviamente con il termine gergale “squadrista”, ha spiegato Marco Forcina, non s’intende nulla di negativo bensì una sorta di assistente tuttofare del pilota che lo solleva da alcune imcombenze come la cura dell’aliante ma anche e soprattutto lo assiste in caso di smontaggio e rimontaggio dell’aliante a seguito di atterraggio “fuori campo”, ossia in una qualsiasi prato sufficientemente grande da ospitare l’aeromobile.
Mentre l’incontro volgeva inesorabilmente al termine, ecco la scelta strategica dei due presentatori nel proporre la parte finale della premessa scritta proprio del gen Parma. “Cieli blu”, letto con trasporto da Marco Forcina, è stato dunque il brano di commiato dai presenti e dal com.te Silva.
I ringraziamenti ai presenti e ai promotori dell’iniziativa nonchè la notizia in anteprima della pubblicazione, a breve, di un volume personale a firma proprio di Marco Forcina, hanno terminato l’incontro che si è svolto in un clima familiare, giocoso a tratti, sicuramente piacevole in cui la commozione si è unita al ricordo di una persona unica nel suo genere.
Un padre o un nonno, per i propri figli e nipoti, eroe e mito lo è per definizione, anche se non ha compiuto gesta mirabolanti. Ma se questo padre, o questo nonno, si è reso protagonista di cose che pochi nella vita possono dire di aver compiuto, sarà un eroe e soprattutto un esempio per molti altri anche al di fuori della sua cerchia familiare.
Ecco perché oggi parliamo di Giancarlo Silva. Ed ecco perché questa sua autobiografia vive una seconda vita editoriale.
Questa è un’autobiografia così ricca di eventi, riflessioni, accadimenti e opportunità di conoscenza, che sarebbe stato davvero un peccato lasciarla confinata al ristretto ambito della “lettera ai figli e ai nipoti” com’era nelle intenzioni dell’autore, e infatti qualcuno ha giustamente ritenuto opportuno proporla al vasto pubblico, nella certezza che avrebbe incontrato interesse e apprezzamento.
Io stessa di questo ne sono testimone.
Lo splendido libro di Giancarlo Silva prenderà ufficialmenrte nuova vita il giorno 24 maggio a Rieti, quella stessa Rieti che lo vide primo campione italiano di Volo a Vela nel 1957. I suoi familiari, gli amici, i suoi estimatori si ritroveranno presso la Sala Convegni dell’Hotel Serena di Rieti per parlare di Giancarlo sfogliando l’album dei ricordi contenuti nella nuova versione del volume ora fruibile dall’intera comunità dei piloti e appassionati di volo italiani. Nel febbraio 2011, data della prima stampa del volume, l’autore decise di farne un omaggio esclusivo ai nipoti e agli amici privandoci così di un testo piacevolissimo, a tratti spiritoso, scritto con la leggerezza e la sintesi tipica di un ingegnere talentuoso nella scrittura. Questo fino al 24 maggio appunto, quando l’editore Logisma in persona sarà lieto di fornire delle copie freschissime di stampa della rediviva autobiografia di Giancarlo Silva a chi gliene farà richiesta.
LoGisma, l’editore di questa nuova edizione, si sa, è un editore di nicchia, una nicchia invero ampia perché, tra le altre cose, si rivolge a quel nutrito gruppo di lettori che sono i piloti e tutti coloro che in un modo o nell’altro si occupano di aerei, volo, insomma, cieli. Io non sono certo tra questi, in altre parole, sono una lettrice comune, come i più, eppure, dopo aver superato le prime pagine un po’ tecniche, per una come me ma certo non per gli addetti ai lavori, ho goduto poi di una lettura non solo piacevolissima per la scrittura semplice e scorrevole che la caratterizza, ma anche perché ricca di spunti di riflessione, e soprattutto capace di coinvolgere e interessare le persone tutte, sia quelle che anagraficamente possono avere riscontri diretti, sia quelle più giovani che attraverso queste pagine possono se non riconoscere, senz’altro conoscere un’epoca che è sì tramontata, ma che è stata anche la più prodiga nel regalarci quel che costituisce la ragione ultima dell’esistenza: la scoperta.
Incontriamo subito un ragazzo nato “bene”, in una famiglia di un certo lignaggio, con un padre però troppo assente per via dei suoi impegni d’affari, e una madre al contrario troppo presente per via del suo carattere. Allora come fa quel ragazzo ad allentare la morsa che gli tarpa le ali? Va in Francia a studiare per diventare ciò che la famiglia si aspetta da lui, un ingegnere. Ma, guarda il destino, proprio a pochi metri da dove studia, lui fa la sua migliore scoperta, un campo di volo, gratuito! E cosa c’è di meglio per un ragazzo squattrinato e in cerca di libertà di volare?
Un fotoritratto dell’autore a dir poco vintage: Rieti – 1957. L’anno magico in cui, all’indomani della sorprendente vittoria di Giancarlo Silva nel Trofeo Bonomi (gara nazionale che valeva come I Campionato italiano di Volo a Vela), il campionissimo Walter Vergani sul periodico dei volovelisti italiani “Volo a Vela” così scrisse a proposito dell’autore: “Con Silva il Volo a Vela italiano ha acquistato un buon pilota che certamente farà parlare di sé; un pilota che ha l’aria di voler movimentare il libro d’oro dei primati italiani, senza atteggiarsi a unico depositario di virtù soprannaturali. Forse con Silva avrà termine il divismo volovelistico italiano”. Occorre aggiungere altro? (foto proveniente dalla rivista “Volo a Vela” – settembre 1957)
Così ha inizio una vita straordinaria. E, diciamolo pure, fortunata, molto fortunata. Per molte ragioni che il lettore scoprirà via via. Ma soprattutto perché una grave avversità, segretamente benedetta, occorsa all’azienda di famiglia nella quale, finiti gli studi, il nostro ragazzo era stato costretto a lavorare, sarà il suo lasciapassare per riprendere (e non smettere più) a volare dopo l’inevitabile interruzione.
Quando si dice che non tutti i mali vengono per nuocere!
Dice lui stesso in prefazione:
Dopo tanti anni di guerra, milioni di morti, povertà e fame, la gente aveva voglia di darsi da fare, di vivere. Tutto era facile allora: trovare lavoro, viaggiare, fare qualunque cosa. Credo di averne approfittato.
Eccome se lo ha fatto, è per questo che la sua storia superando ampiamente i confini del racconto privato, ci porta in quell’epoca magnifica di boom economico ed emotivo che inutilmente inseguiamo oggi, magari con l’ausilio dell’ingegno artificiale.
Ben altri furono gli ingegni allora, e tutti assolutamente naturali. Un esempio? Domanda: come trovare volando una città in un paese enorme e senza riconoscibilissime coste come le nostre italiane? Semplice. Basta costruire un’enorme freccia lunga almeno 100 metri sul fianco di una montagna con sotto la scritta Cannes.
Meglio di un radiofaro!
Ecco, sono perle così che si trovano in questo libro e che ricostruiscono lo spirito dei tempi. Quelli in cui si arrivava a Roma
sempre senza radio e senza bussola in un viaggio meraviglioso, grazie a un vecchio biplano di legno e tela che non ha mai perso un colpo.
Ebbene, quel biplano è uno dei grandi piccoli aerei che il titolo del libro richiama.
Ce ne furono molti nella vita di Silva.
Tutti con una storia degna d’essere conosciuta.
La quarta di copertina del volume “Piccole storie di grandi aeroplani” nella sua nuova veste grafica elaborata da Gherardo Lazzeri, alias Logisma editore. La stampa commerciale del libro autobiografico di Giancarlo Silva è avvenuta a coronamento di una lunga gestazione cominciata ben cinque anni prima. Tutto cominciò appunto nel 2020 quando, sventolando un trafiletto della rivista JP4, il mite Gianfranco Battisti, accanito lettore di testi aeronautici quanto appassionato volovelista romano frequentatore assiduo dei cieli reatini, si presentò da Marco Forcina non già per chiedergli un intervento tecnico sul proprio aliante bensì con una richiesta alquanto pornografica: procurargli una copia del libro di Giancarlo.Il manutentore reatino, noto “spacciatore di libri” a carattere aeronautico a beneficio di amici e clienti, accettò con disinvoltura la sfida non immaginando minimamente in quale vicolo cieco si fosse imbattuto. Grazie all’aiuto di tanti amici, primo fra tutti il dottor Gianfranco Ales (socio di Giancarlo Silva) e ovviamente della famiglia dell’autore, VOCI DI HANGAR è lieta di annunciarne finalmente la pubblicazione commerciale. Gianfranco Battisti sarai contento ora?
A me però ha colpito in particolare uno di essi, l’Aztec, che il nostro Giancarlo assieme all’inseparabile Carlo acquistò credo nel 1966, dopo aver dovuto a malincuore lasciare il precedente Aerocommander. La storia di questo Aztec – anzi di due – è affascinante perché affascinanti sono i luoghi che grazie ad essi Silva, i suoi amici e la sua famiglia hanno potuto raggiungere in tempi e modi a dir poco unici.
Per chi come me subisce da sempre il fascino del continente nero (e del mal d’Africa) e in particolare della civiltà nilotica e si è nutrita di storia classica sognando le isole greche sin da bambina (sia pur faticando molto poi con le traduzioni dal greco, dure come rocce e come, nomen omen, il relativo vocabolario che non per niente si chiamava Rocci), pensate quanto può essere grata a questo libro che cita nomi di città, oasi, eremi e regni che sedurrebbero chiunque abbia anche una minima cognizione del loro significato nella storia della civiltà umana.
In uno scatto relativamente recente, ecco l’autore e l’amatissima figlia Irina a bordo del velivolo di famiglia nel corso di una delle tante scorribande nei cieli itlaiani o forse europei. L’autobiografia è sempre una formula narrativa che nasconde il rischio concreto di autoincensarsi, di autoglorificarsi; di sicuro Giancarlo Silva non ha mai sfiorato minimamente questo rischio, sin dalla prima pagina del suo volume dove, come vuole la migliore tradizione editoriale, ha espresso “a chi” e “perché” del suo libro. Ecco la sua dedica: “Ai miei due figli: Irina e Michelangelo e soprattutto ai miei tre nipoti: Timoteo, Giacomo e Tommaso. Timoteo ha quattordici anni ma vive in America e ci siamo visti pochissimo, Giacomo non ne ha ancora dieci e Tommasino appena cinque. Pensando a voi mi sono reso conto che quasi non mi conoscete e così mi è venuta voglia di raccontarvi un po’ della mia vita e di dedicarvi questo piccolo libro. Almeno, se vi capiterà di pensare al “nonno”, ne avrete un’idea. Quindi questa è piuttosto una “lettera” che arriverà solamente fra qualche anno. Sono stato felice di scriverla, ho rivissuto momenti bellissimi.“ (foto proveniente da “Piccole storie di grandi aeroplani”)
E così I-BURY, il nome di questo esuberante bimotore con il quale volare era un gran piacere, conduce l’autore e il suo gruppo a visitare per esempio la Tunisia.
Leggendo questa parte mi è inevitabilmente venuto in mente il terribile destino dei cartaginesi; certo è che fra tutti i problemi che ebbe Annibale con i romani, di sicuro non ci fu quello di far marciare i propri mezzi di trasporto, quegli elefanti dotati di autonomia pressoché illimitata, problema che invece hanno avuto i nostri amici.
Perché il loro mezzo, l’aereo, c’è, i piloti pure, i passeggeri più che motivati anche, ma senza carburante si fa poco, e la benzina in Tunisia non si trova, neanche a Monastir: finiti i bei tempi degli omini della Shell. Ciò nonostante essi riescono a visitare gioielli come Monastir, Tozeur, persino un piccolo Colosseo romano, e poi non si perdono d’animo, soffrono un’ora, volano lungo una rotta calcolata in economia centellinando il carburante, arrivano di misura a Malta, fanno il pieno e finalmente tornano a Roma.
E pensare che conosco gente che non va in macchina dall’Eur a Ostia se non ha il pieno, tanto non gli va di rischiare di rimanere a secco!
Bè, pensate che dopo questo, i nostri amici lasciano perdere l’Africa? Ma certo che no.
Eccoli di nuovo sull’I-BURY alla scoperta delle oasi delle palme da dattero e della cerimonia del thè, che non c’è solo in Giappone.
La copertina della prestigiosa rivista “Volo a Vela” del settembre 1957 ritrae lo schieramento di alianti che avvenne sull’aeroporto di Rieti in occasione del “Trofeo Bonomi”, di fatto il I Campionato di Volo a Vela Italiano che vide il buon Giancarlo Silva prevalere su piloti ben più blasonati come Walter Vergani, Mario Cattaneo, Riccardo e Leonardo Brigliadori, Umberto Mantica o lo stesso Angelo Zoli, veri “manicacci” dell’agonismo praticato con gli alianti che negli anni a venire ascriveranno sempre il loro nome alle gare di Volo a Vela italiana più prestigiose. All’interno della rivista è presente un lungo resoconto e un articolo dello stesso Giancarlo, a dimostrazione di capacità narrative e di sintesi dell’ingegnere-scrittore che nella sua biografia troverà la sua massima espressione.(foto proveniente dalla rivista “Volo a Vela” – 1957)
Questi fortunati viaggiatori, badate bene, viaggiatori, non turisti, hanno visto paesi costruiti in modo che nessun occhio indiscreto possa penetrare all’interno delle case e che si dice abbiano ispirato il grande architetto Le Corbusier, hanno osservato genti di tante culture e incontrato tradizioni e stili di vita affascinanti e sorprendenti.
Tutto estremamente avvincente. Ma… ma anche in questo caso c’è un ma.
Ce lo racconta l’autore con queste parole: Volare tra un’oasi e l’altra è una questione di “fede”. Si parte pensando di seguire una strada asfaltata, ma dopo pochi chilometri la strada sparisce, coperta dalla sabbia o inghiottita dal deserto.
Era così che si volava allora, fidandosi dei propri calcoli e della bussola. Insomma, se non proprio da pionieri, qualcosa che gli somigliava molto.
Ma ve l’immaginate quale soddisfazione deve essere stato avvistare una macchia verde (Tamarrasset ai confini del Niger) e constatare che a dispetto della sabbia ininterrotta sorvolata (e sollevata) per ore, I- BURY anche in questa occasione non ha mai perso un colpo?
L’F-86 Sabre è uno di quei velivoli che rimase sempre nel cuore dell’autore, probabilmente perchè a bordo di questo ottimo caccia post II Guerra Mondiale compì una di quelle marachelle memorabili pagata a caro prezzo, è vero, ma che procurò all’autore una delle più grandi soddifazioni della sua vita. Quale? Beh, ve la racconterà lui stesso nel suo libro! E lo farà con l’ironia e la leggerezza del buontempone com’era solo lui (foto proveniente da “Piccole storie di grandi aeroplani”)
Sì davvero piccoli grandi aeroplani, capaci di affrontare con la stessa disinvoltura i climi torridi africani, ma anche la peggior tempesta degli ultimi cinquant’anni mai vista in Corsica. Però comandante, scambiare la fila di portaerei della VI Flotta americana per una linea di costa, sorvolarla e rischiare di farsi abbattere…
Bè, visto che l’ha raccontata, che dirle, complimenti!
Anche il gemello di I-BURY ha fatto però la sua parte. E che parte. Perché ha portato i protagonisti del libro a scoprire la culla della civiltà, sparsa su miriadi di isole e isolette in quell’Ellade che richiama fiumi di versi memorabili, da Omero a Saffo, da Pindaro a Euripide, fino alla terraferma, alla capitale di quel mondo simboleggiato dal tempio più perfetto, elegante e imponente dell’antichità, il Partenone di Atene. Evocando così a ogni riga personaggi e archetipi che dopo trenta secoli indicano ancora la strada del pensiero, della scrittura, della fede, e costituiscono i riferimenti immortali dell’essere esseri umani. Per lasciare ai lettori il piacere di scoprirli da sé, non racconterò qui i dettagli di quel peregrinare mozzafiato che, volando come farfalle tra un fiore e l’altro, li ha portati da un’isola all’altra di questo arcipelago unico, di cui già solo i nomi sono un brivido continuo: Corfù dal sapore veneziano, la romantica Cefalonia, Itaca, patria dell’astuto Ulisse e della paziente Penelope, Zante (come non ripensare all’immortale A Zacinto del nostro Foscolo) e poi ancora Creta e la sua reggia tutta d’oro, Mikonos e Santorini splendidi frammenti del mistero di Atlantide, Citera l’isola di Venere, Rodi e il suo colosso… ma su un momento di quel lungo peregrinare voglio soffermarmi un attimo in più, tanto è suggestivo e qui ben scritto.
Si tratta dell’incontro con i mulini. Antichissimi, autentici, non come quelli fantastici donchisciotteschi, ma altrettanto pieni di magia e suggestione.
Siamo a Kos, l’isola benedetta dal meltemi il vento che soffia forte per tutta l’estate venendo giù da Istanbul a ore fisse e che è una vera garanzia di lavoro per i tanti mulini disseminati sul suo territorio, e quindi una vera garanzia anche di avere grano, pane, cibo a volontà. Così l’autore.
Forse è proprio la sicurezza di avere a disposizione questa enorme energia che ha spinto alcuni uomini a inventarsi qualcosa per smettere di faticare come schiavi solo per un poco di farina, un bel marchingegno che funzionasse da solo. Non lo potevano ancora sapere ma stavano facendo nascere una nuova civiltà, quella delle macchine…
Vi fa venire in mente niente questo passaggio? No?
Allora ci facciamo aiutare ancora dall’autore, poco dopo leggiamo infatti:
Questi uomini straordinari avevano addomesticato la forza del vento anche se per secoli le vele latine avevano solcato i mari e rimontato il vento. Sfruttavano il vento per andare contro vento. Ma nessuno sapeva perché. Fino a quando tante piccole vele latine, montate come i petali di una margherita intorno a un pilone centrale, hanno cominciato a svelare il mistero. Guardando bene si scopre che la forma di un’ala di aeroplano, di una vela gonfiata dal vento e di una pala di mulino che gira, è la stessa. La forma: il colpo di genio della natura! Gli uomini che avevano lavorato ai mulini non lo sapevano, ma avevano addirittura scoperto una scienza nuova: l’Aerodinamica.
L’autore giustamente si rammarica che Leonardo si perse per un soffio la possibilità di volare con le sue straordinarie macchine solo perché si lasciò affascinare dal battere delle ali dei passerotti di casa sua e non andò a guardare invece i gabbiani, i falchi e le aquile veleggiare felici senza muovere le ali, mancando così la possibilità di capire meglio le potenzialità del vento, di cui pure aveva intuito la forza di muovere addirittura macine di pietra. Per fortuna però qualcun altro lo ha fatto successivamente.
Sono numerosi gli episodi a dir poco rocamboleschi in cui incappò e che visse intensamente il buon Giancarlo Silva nel corso della sua pluriennale carriera di pilota sportivo, militare e commerciale … e non abbiamo intenzione alcuna di accennarvene nemmeno uno giacché, disseminati all’interno di questo scrigno della memoria che è appunto “Piccole storie di grandi aeroplani”, rendono la narrazione dell’autore appassionante nonché singolare … come poi in definitiva è stata sua esistenza: articolata e unica. Leggere per credere. Al biplano ripreso in questa foto è legata uno di questi episodi memorabili (foto proveniente da “Piccole storie di grandi aeroplani”)
Ed ecco perché il nostro Giancarlo ha potuto scrivere uno dei capitoli più affascinanti di tutto il libro, quello che s’intitola Rieti. Ovvero il Volo a Vela.
Di tutti i piccoli aerei che si citano qui, l’aliante è quello forse più piccolo, e certamente più straordinario, perché non ha il motore. E perché il
pilota d’aliante si sgancia da quella specie di trattore che lo ha strappato dal suolo e diventa un uccello. Nessuno potrà mai spiegare a un profano cosa sia la sensazione di salire in una ascendenza, di guadagnare anche solamente qualche centinaia di metri, senza spendere una lira di benzina… Ecco che il pilota d’aliante si trasforma: non è più dentro un aliante, è lui stesso un aliante.
Lo lasciamo raccontare a lui stesso, nelle sue bellissime pagine, cosa è stata questa esperienza, ma noi, noi che l’abbiamo provata sia pure una sola volta, ci pare di vederlo Giancarlo ai comandi del suo aliante, immerso in un’esperienza alla quale alla fine non si vuole, né si può aggiungere aggettivi. Perciò citerò me stessa, quando fui io a provare quel tipo di volo proprio a Rieti e commentandolo dissi: quando si esce sconvolti dalla bellezza di un paesaggio naturale e mistico e dalla sua capacità di ritornare ogni volta in guise diverse, allora questa parola strana, sfuggente e talvolta paurosa, volare, diventa una parola dietro la quale intendiamo milioni di cose diverse, ciascuno la sua, e che tuttavia rimanda a un ricordo condiviso; questa parola ci dice quanto il mistero dell’arte di volare sia più forte di noi e interamente ci possieda.
Ma lassù non si sperimenta solo ciò che è all’esterno dell’aliante, ma si ha tutto il tempo anche di osservare ammirati l’uomo seduto al posto davanti al tuo, ai comandi, e anche quello suscita un’emozione infinita.
Si sperimenta l’esecuzione perfetta del decollo, il controllo continuo del volo.
Si percepisce che in ogni gesto dell’uomo ai comandi non c’è solo tecnica, studio, esperienza, ma anche il sogno, la notte, il mistero, la fiaba, il cuore, l’ignoto: ogni gesto rimanda a qualcosa che lui padroneggia con altissimo professionismo ma che soprattutto induce il fortunato passeggero a lasciarsi andare senza paura, fino a mettere in scacco le inevitabili incertezze che si provano un attimo prima di staccarsi dal suolo. Fino a che si prende coraggio e si chiede una virata più audace, un loop, un cambio di quota, una corrente ascensionale più generosa, per salire ancora di più, fino a dimenticare del tutto la terra di sotto, e magari a incontrare le poiane, i falchi e a eseguire gioiosamente assieme a loro una incredibile danza dell’aria. E un uomo che pilota così, secondo voi poteva non partecipare ai campionati mondiali di volo a vela?
Ve lo lascio scoprire da soli tra le pagine del libro.
A questo punto avete certamente capito che quest’uomo, Silva, se l’è veramente goduta questa sua capacità di pilotare ogni genere di aeroplano.
Ma probabilmente vi starete anche chiedendo, e il lavoro?
C’è, c’è, e tanto. In un certo senso il nostro autore comincia a lavorare sin dai tempi del servizio militare. Lo devo dire? In Aeronautica.
E lì ci sono tanti aneddoti e tanti episodi, alcuni che rasentano il tragicomico.
L’autore sarebbe mai riuscito a resistere alla tentazione di lanciarsi con il paracadute? Che ne pensate? Certo che no! Una tentazione che per un soffio a momenti gli costa la pellaccia! Praticamente un miracolato. (foto proveniente da “Piccole storie di grandi aeroplani”)
Ed è proprio nel mondo del lavoro che i piccoli aerei diventano grandi, addirittura grandissimi, come l’indimenticabile 747 o Jumbo che dir si voglia.
A Pratica di mare – perdonate il gioco di parole – il nostro fa pratica di volo come di più non si potrebbe, e già che c’è ci include un po’ di volo acrobatico (secondo voi se lo faceva mancare?). Coi giochi di parole si diverte però anche Giancarlo, e fa sorridere anche noi quando ci racconta come nell’etere si palleggiarono un Mambo e un Bombo… Che vuol dire? Lo scoprirete.
Ma eccoci alla svolta “seria”.
Arriva nella vita di Giancarlo l’Alitalia, la gloriosa compagnia di bandiera che, purtroppo, fu e non è più. E lì comincia subito con un aeroplano che proprio piccolo non è, si tratta infatti di un quadrimotore a elica di grande autonomia, un DC 6.
Arriva anche il Caravelle, sono gli anni Sessanta, e con quelli si toccano città che oggi sono sinonimo di guerra, oscurantismo, terrorismo, ma allora erano ancora epigono del fascino d’Oriente, Damasco, Bagdad, Teheran… roba da mille e una notte.
Tra una cosa e l’altra “capita” persino di farsi un voletto da Roma a Johannesburg con un Macchi AL-60, ed eccolo di nuovo un piccolo aereo, ma per un grande, grandissimo tragitto. Posso dirlo? Ma che invidia!
Della parentesi nell’azienda di famiglia ho già detto, ecco perché il sodalizio con Alitalia si interromperà; si riprenderà in seguito (al capitolo Alitalia 2), ma intanto si passa per Alisarda e altre vicende lavorative straordinarie che hanno travalicato l’età lavorativa e sono continuate in quella della pensione, trasformata da Silva nell’occasione per tornare a volare addirittura su aerei antiincendio!
Su Alisarda, o meglio sulla Sardegna, mi voglio soffermare un attimo in più perché lì subentra “la rossa”.
Ecco la sua descrizione originale.
Era una rossa. Passionale, nervosa, affettuosa, fedele, intelligente. Mi ha dato le più grandi emozioni che un uomo possa mai provare.
Era bella, agile e scattante, si muoveva con eleganza. Vibrava di energia, ansimava e gemeva di piacere. Mi faceva rizzare i capelli in testa e quando finalmente si fermava, in catalessi quasi, era come se si fermasse il mondo. Poteva durare un secondo, un minuto, un secolo. Non riuscivo più nemmeno a respirare. Mi domando come non abbia mai avuto un infarto tanta era l’emozione di quel momento. Il sudore freddo mi colava lungo la schiena e le mani mi tremavano…
Capito eh?
Ma no, che avete capito? Non si tratta di Rita Hayworth, si tratta di Tosca.
No, no, non la conturbante e focosa amante di Cavaradossi!
Ho capito. Ve lo faccio dire direttamente da Giancarlo chi era Tosca.
La mia indimenticabile, insostituibile spinona a pelo corto, colore rosso brizzolato, dai peli duri e pungenti come la schiena di un cinghiale. Quando era bagnata aveva un profumo indimenticabile. Quante volte abbiamo dormito insieme, in letti turchi o tunisini, o in tenda.
Ecco, ora ci siamo. Perché il nostro autore, studiava, lavorava, pilotava, viaggiava, e poi andava a caccia (e talvolta anche a pesca).
Le pagine che raccontano questi momenti sono indimenticabili.
Lo sono per il racconto vivido, la scrittura fluida e le immagini nitide, ma anche perché l’autore non perde l’occasione per fare profonde riflessioni sull’arte venatoria intrecciata in apparente contraddizione all’amore per gli animali. Questo mi fa ricordare anche qualche frecciatina dell’autore ai “Verdi”, quelli cioè che in nome del “politicamente ecologico” pensarono bene di far dipingere di verde i piloni dell’alta tensione che attraversavano i boschi. Un vero regalo ai piloti che sorvolandoli dovevano a tutti i costi evitarli!
Come avrete facilmente notato, questa è l’unica foto a colori recente presente in questa recensione. Ritrae il velivolo a bordo del quale Giancarlo Silva concluse la sua variegata carriera di pilota. Si tratta del “bombardiere d’acqua” Canadair CL-215 che era in forza anni orsono tra le fila del Servizio Antincendio italiano. Ed è lì che ci piace immaginarlo: a bordo di questo spartanissimo, rumorosissimo e puzzolentissimo anfibio. E se vi capiterà di vederlo scendere davvero dalla cabina, beh non vi spaventate: è il comandante Michelangelo Silva, il figlio di Giancarlo che svolge tuttora la sua attività professionale a bordo dei nuovi CL-415 come fosse l’eredità lasciata dal babbo. Ma questa è solo un’altra piccola storia di grandi aeroplani che vi racconterà il buon Giancarlo nel suo libro (foto proveniente da www.flickr.com)
In conclusione mi viene da dire che se è vero che «L’aviazione è l’arte di avere degli incidenti non mortali», questo pilota è consacrato di diritto Artista. Nessuno meglio di lui ha interpretato il volare come gioia, libertà, e insieme competenza e consapevolezza, forse perché non si è mai staccato del tutto da quella terra che sotto di lui gli ricordava anche quanto fosse pericoloso. Come avrebbe detto il grande Saint Exupery basta
un colpo di tosse del suo motore per ricordargli quanto fragile sia il sogno di Icaro e quanto debole la presa della sua mano sui comandi.
E inevitabile va il ricordo di Silva anche ai colleghi periti, perché volare, purtroppo ogni tanto costa anche qualche vita umana.
Ora ci congediamo sperando, con le nostre modeste parole, di aver fatto onore alle belle pagine di Giancarlo Silva, e che i suoi figli Irina e Michelangelo e i nipoti Tommaso, Giacomo e Timoteo ne siano contenti. Ma prima di lasciarvi alla lettura, è doveroso dire che la vicenda della nascita di questo libro è raccontata nelle due prefazioni, di Vicenzo Parma e Gianfranco Ales, e che se al termine della seconda leggiamo
Grazie di cuore a Marco Forcina, unico vero promotore di questa nobile e felice iniziativa,
un motivo per ringraziarlo a nostra volta ci sarà, no?
E’ con malcelato orgoglio che il nostro sito web, in collaborazione con la FISA (Fondazione Internazionale per lo Sviluppo Aeronautico) e il patrocinio dell’HAG (Historical Aircraft Group) nonché dell’Aeroclub di Rieti, ha il piacere di annunciare la presentazione del libro di Giancarlo Silva intitolato:
“Piccole storie di grandi aeroplani”.
La locandina dell’incontro in occasione del quale verrà presentato del volume, dopodichè sarà finalmente disponibile in tutte le librerie e/o piattaforme on-line. Chi sarà presente in sala potrà acquistarlo direttamente dall’editore Gherardo Lazzeri che ovviamente non potrà mancare alla presentazione dell’ultimo prestigioso libro della collana aeronautica Logisma.
L’evento si terrà presso la Sala Convegni dell’Hotel Serena di Rieti sabato 24 maggio, con inizio a partire dalle ore 17 e 30 e sarà condotto dalla brillante giornalista aeronautica Federica D’Accolti.
Ovviamente saranno presenti i familiari dell’autore, oltre ad amici di vita e di volo.
Grazie al fondamentale supporto dell’editore Logisma, questo splendido volume uscirà finalmente dall’anonimato delle polverose cantine o le nutrite librerie di amici e conoscenti del com.te Silva in quanto sarà finalmente fruibile da tutta la comunità dei piloti italiani, appassionati di volo o semplici curiosi del mondo del volo.
Appuntamento dunque a sabato, in presenza oppure in remoto per la presentazione di un libro che è certamente il racconto della vita molto variegata del comandante Giancarlo Silva ma anche e soprattutto un flash nella storia dell’Aviazione militare, commerciale e anzitutto sportiva del nostro Paese.
In attesa dell’incontro, siamo lieti di mostravi la copertina del volume mentre possiamo anticiparvi che a breve pubblicheremo nel nostro hangar una corposa recensione a cura della nostra “radiografica” redattrice Rossana Cilli.
La copertina del volume di Giancarlo Silva che, fatto salvo per i caratteri del titolo, riproduce fedelmente quella fu la copertina del libro stampato e mai pubblicato dall’autore. Ma questa è una storia che avremo occasione di raccontare della presentazione del volume …
A tutti i nostri ospiti, alle nostre gradite visitatrici o semplicemente alle persone curiose che daranno una sbirciata al nostro hangar, giunga il sincero augurio di una serena Pasqua e di una piacevole primavera: che sia per tutti/e loro un’occasione di vera rinascita.
La Redazione di VOCI DI HANGAR
Foto dell’operatore antincendio Luca Carloni (Aeroporto di Rieti all’inizio della primavera)
L'unico sito italiano di letteratura inedita (e non) a carattere squisitamente aeronautico.
Aforismi
Se vuoi sapere com\'è la vita nell\'aldilà, mettiti un paracadute, sali su un aereo, riempiti le vene di una buona dose d\'eroina, seguita immediatamente da un tiro di protossido di azoto e a quel punto salta. O, in alternativa, datti fuoco.
(Kurt Cobain)
aforismi.meglio.it
Q.T.B.
PILOTA: sospetta cricca nel parabrezza. MECCANICO: Sospetto corretto
(Suggerita da Herr Professor)
Check-In
PASSEGGERO allo sbarco: Però, signorina, la prossima volta parcheggiate l’aereo più vicino al pulmino!!!! HOSTESS: Sì, la prossima volta direttamente sotto casa sua, signore!