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Tu-22, ovvero: cosa potrebbe mai andare storto?


Probabilmente solo alcuni cultori della storia dell’Aviazione ricorderanno la vicenda di Mathias Rust, il giovanissimo pilota della Germania dell’Ovest che nel 1987, in barba a tutto e a tutti, raggiunse indenne la piazza antistante il Cremlino a Mosca atterrando con il suo innocuo Cessna 172 nel luogo simbolo del colosso sovietico.

A distanza di tanti anni di quell’evento se ne sta perdendo letteralmente la memoria benché all’epoca ebbe una ridondanza mondiale al punto da costituire idealmente il punto di avvio di un processo di rinnovamento della superpotenza – la famosa perestrojka di Gorbaciov – ma anche e soprattutto di un terremoto nell’ambito delle gerarchie militari dell’Aeronautica militare sovietica (con un ridimensionamento netto e un avvicendamento generalizzato degli ufficiali, ministro della difesa compreso) che trova qualcosa di paragonabile solo con le famose “purghe” di epoca staliniana.

 

Da diversi anni a questa parte, esemplari statici di Tu-22 si possono visionare in tutta la loro radiosa bellezza aerodinamica presso diversi musei dell’aria disseminati nel territorio sovietico. Quello ritratto si trova al Museo centrale delle Forze aeree della Federazione Russa di Monino situato presso l’omonimo aeroporto di Monino, 40 km a Est di Mosca dove gli fanno compagnia ben altri 170 velivoli (e anche più) del corposo parco macchine volanti sovietiche e russe costruite fino a oggi.  Secondo il sito web https://tu22.ru/(che vi invitiamo a visitare in quanto ricco delle informazioni più disparate): “Il Tu-22 era un aereo difficile da utilizzare, sia sotto gli aspetti tecnici che di volo. In generale, in 30 anni, oltre 60 veicoli su 311 costruiti sono stati prematuramente ritirati (schiantati, bruciati al suolo o completamente guasti) per vari motivi.” Se lo dicono loro … (foto proveniente da www.flickr.com)

Ma a proposito di questa vicenda non aggiungeremo altro se non il titolo di uno splendido racconto a firma di Massimo Conti che, in occasione della X edizione di RACCONTI TRA LE NUVOLE presentò ben due racconti il peggiore dei quali – si fa per dire – era intitolato appunto: “Non rimpiango niente. Atterraggio sulla Piazza Rossa” e aveva come protagonista proprio Mathias Rust, voce narrante del suo volo memorabile. Il racconto, non avendo goduto dei favori della Giuria di quella edizione, divenne subito ospite del nostro hangar e potrete leggerlo all’indirizzo:

 

https://www.vocidihangar.it/w/non-rimpiango-niente-atterraggio-sulla-piazza-rossa/

 

Un elemento universalmente identificativo del Tu-22 Blinder è  la collocazione dei due notevoli motori turbogetto alla base della grande deriva di cui è dotato. Se infatti l’ala a freccia (di 55° ) era assai comune ai velivoli dell’epoca in quanto consentiva loro una bassa resistenza alle velocità transoniche ma induceva a una velocità di atterraggio piuttosto elevata e una lunga corsa di decollo (che nel Tu-22 circa 2700 metri!), un’altra caratteristica di progettazione dell’azienda Tupolev era il carrello di atterraggio principale: montato in una coppia di alloggiamenti carenati posti sul bordo di uscita di ciascuna semiala. Che dire poi del sistema d’ingresso dei tre membri dell’equipaggio in cabina? Pilota, navigatore e addetto alle armi venivano letteralmente issati verticalmente a bordo con un sistema a montacarichi attraverso dei portelli collocati nel ventre della fusoliera, seduti ciascuno sul proprio sedile eiettabile. (foto proveniente da www.flickr.com)

Sì, d’accordo – vi domanderete – perché tutta questa digressione chilometrica? Perché le sorti del racconto di Massimo Conti sono identiche a quelle occorse al racconto: “Tu-22, ovvero: cosa potrebbe mai andare storto?” di Andrea Pirani che è stato ugualmente giudicato non meritevole di accedere alla fase finale del premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE, ma stavolta della XII edizione. E non solo. Anche il racconto di Andrea Pirani narra in modo più o meno giornalistico una vicenda che ha dell’incredibile e che si consumò sul suolo sovietico o forse, più correttamente, nei cieli dell’allora URSS con la differenza sostanziale che detta vicenda rimase del tutto ignorata, anzi secretata ferocemente, fino a qualche anno orsono quando divenne finalmente di pubblico dominio grazie a siti web in lingua russa e dunque pressoché ignorata da buona parte del mondo occidentale.

Ma – vi domandiamo – a un sovietologo del calibro di Andrea Pirani poteva sfuggire una così singolare vicissitudine? Poteva il nostro fido autore appassionato di aviazione con la stella rossa rimanere indifferente a una simile chicca storica? Certo che no … ed ecco allora che lo scrittore milanese, profondo conoscitore dell’Unione Sovietica all’epoca della Guerra Fredda, costruisce una storia che ha più il sapore divulgativo piuttosto che narrativo e che lui stesso definisce:

“una storia così surreale, irreale, impossibile che è vera”.

Ebbene quella storia è ora ospite nel nostro hangar e potete leggerla con tutta la comodità e il senno di poi dei quasi quaranta anni trascorsi.

Non si tratta di una foto particolarmente ben riuscita – penserà qualcuno – e non potremmo certo biasimarlo, tuttavia provate voi a scattare un’immagine a bordo di un caccia intercettore F-104G Starfighter danese e inquadrare correttamente il vostro “scramble” costituito da un Tu-22 Blinder che ha invaso proditoriamente lo spazio aereo del vostro paese!  In realtà si tratta di una di quelle foto storiche che, ne siamo certi, finì sui tavoli di fior fiore di analisti militari e di esperti di costruzioni aeronautiche militari delle nazioni occidentali durante il periodo della Guerra Fredda. Tutti alla ricerca di quei dettagli tecnici sfuggiti agli agenti dei servizi segreti occidentali e assai preziosi per definire le potenzialità belliche di una macchina volante assolutamente temibile. Almeno all’epoca (foto proveniente da www.flickr.com)

Ma di cosa si tratta effettivamente? Oseremmo dire: un evento rocambolesco che … anzi, sapete cosa? … ce lo faremo riassumere proprio dall’autore:

 

“Si parla di un un’esercitazione in cui accade di tutto: un aereo fuori rotta, che sconfina due volte dalla Russia in Iran e dall’Iran in Russia, inseguito due volte dai caccia e mai raggiunto. L’equipaggio si salva ma le conseguenze per ben 2.000 persone relazionate a quell’episodio sono molto pesanti.”

 

Forse abbiamo svelato troppo? No, abbiamo semplicemente dato voce a un testo unico nel suo genere nel panorama italiano giacché la cronaca in lingua originale si può leggere solo a questo indirizzo:

 

https://tu22.ru/lyudi/41-veterany-samoleta-tu-22/stroevye-letchiki-i-tekhniki/187-merzlikin-vyacheslav-ivanovich

 

La pulizia penetrante delle linee del Tu-22 Blinder è esaltata da questo scatto. La progettazione del Tu-22 progetto iniziò  nell’agosto 1955  e nell’agosto  1957 fu completata  la costruzione del  primo  prototipo di cellula; nell’estate  del 1958  furono installati i motori sul prototipo e iniziarono i test statici, quindi fece il suo primo volo. Entrò in servizio nel 1963 ma fu assillato da notevoli problemi tecnici oltre a una congenita difficoltà di pilotaggio ed elevati costi di manutenzione. Cessò di volare definitivamente nel 1994 a seguito degli accordi del  Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa di Engels.(foto proveniente da www.flickr.com)

previo attrezzarsi di un buon traduttore o, per i più fortunati, di una traduttrice alta, bionda e dai lineamenti tipici delle gentildonne dell’ Est Europa. Con il rischio che, di traduzione in traduzione, possiate rimanere affascinati da una tale bellezza esotica (almeno per noi occidentali) al punto di non poterne fare più a meno …

Scherzi a parte, il racconto di Andrea – ne siamo certi – vi lascerà basiti e anche se la trama non è avvincente al pari di un film del tipo “Mission Impossibile” o del migliore James Bond … beh, non stentiamo a credere che un moto di stupore si manifesterà sul vostro volto unita a una sottile smorfia di paura per il terribile pericolo scampato. Quello di una Terza Guerra Mondiale che, potenzialmente, sarebbe potuta scoppiare per la leggerezza di un sistema – quello militare – assolutamente fallibile benché altamente tecnologico e professionale.

A proposito di “TU-22 …”possiamo solo aggiungere che ci spiace non abbia potuto accedere alla fase finale di RACCONTI TRA LE NUVOLE ma che al contempo siamo onorati e compiaciuti di poterlo ospitare nel nostro hangar.

A proposito dell’autore invece non possiamo che spendere parole di apprezzamento perché Andrea è ormai un veterano del Premio o, come recitavano i versi di una gloriosa canzone di Francesco De Gregori,

il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette

e dunque, prima o poi riuscirà a dare l’assalto al podio del Premio, certi che lo farà con uno dei suoi racconti alla sovietica maniera. E se anche non dovesse accadere … beh, saremo lietissimi di pubblicare i suoi racconti! Perché c’è necessità di fare divulgazione storica, perché c’è necessità di conoscere cosa accadde al di là della Cortina di ferro.

Troppi anni sono trascorsi e storie come quelle del maggiore Chizhov Mikhail Fedorovich meritano assolutamente di essere raccontate.

Ancora una bella immagine del Blinder (secondo la classificazione NATO) ripreso probabilmente quando era ancora in servizio operativo (foto proveniente da www.flickr.com)

Comunque sia andata con “Tu-22, ovvero: cosa potrebbe mai andare storto?” per noi è stato un successo, al di là del mancato ingresso nella rosa dei venti racconti finalisti. Perlomeno in termini di divulgazione della misconosciuta cultura aeronautica dell’ex blocco sovietico. E se poi il mondo russo, erede di quello che fu il colosso sovietico, non gode oggi granchè simpatia nel mondo occidentale, beh … poco ci importa: è comunque storia!

Grazie Andrea.




Narrativa / Lungo

Inedito

Ha partecipato alla XII edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” – 2024


Recensione e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR


 

TU-22, OVVERO: COSA POTREBBE MAI ANDARE STORTO?


Quando ero piccolo c’era un cartone animato che si chiamava Mr. Magoo. Costui era un vecchietto con grossi problemi di vista a cui, ciononostante, per una serie di incredibili e assurde coincidenze, andava tutto bene.

La storia è pressappoco questa con la differenza che Mr. Magoo era un cartone animato ma il Maggiore Mikhail Chizhov è stata una persona in carne e ossa.

Perché questa è una storia vera. Verissima. Desecretata solo dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Non è molto pubblicizzata, visto la pessima figura che hanno fatto, e in giro si trova pochissima documentazione che è, ahimè, perlopiù in lingua russa.

Era il 24 aprile 1983 e, come spesso accadeva in quei tempi, c’era stata un’esercitazione che aveva coinvolto ben sette reggimenti di bombardieri strategici. L’operazione era stata un successo. Erano andati a “distruggere” in maniera fittizia un bersaglio ed erano tornati tutti insieme all’aeroporto di Mozdok. In ogni caso, trasferire sette reggimenti in un aeroporto remoto da diverse basi permanenti non è un compito facile. E diventa ancora più difficile nel momento in cui, oltre agli equipaggi e ai tecnici, c’è una pletora di ispettori con vari gradi e posizioni, compresi numerosi Colonnelli e Generali.

Insomma: c’era la crème dell’«intellighenzia» sovietica, più per mettersi in mostra che per una reale necessità.

E cosa si fa dopo un successo? Si bevono fiumi di vodka! In fin dei conti cosa potrebbe mai andare storto?

Ma lasciamo perdere la parte politica e occupiamoci della parte operativa: in particolare seguiamo uno dei tanti Tu-22, bombardiere strategico con base a Baranovichi, Bielorussia, che faceva parte del 203imo reggimento.

Apriamo una piccola parentesi sulla storia di questo reggimento che non era ben visto in generale dagli altri piloti per i suoi passati. Prima era stato nominato “reggimento sotto spirito” a causa del fatto che i Tu-22 avevano una riserva di 160 litri di alcool necessaria al funzionamento dell’aria condizionata. Molti equipaggi, durante i voli, la tenevano spenta e pativano il caldo pur di non consumare l’alcool. La parte non usata durante il volo veniva spesso contrabbandata a terra come vodka. E da questo fatto nacque il nomignolo di “reggimento sotto spirito”.

Poi, durante un atterraggio di fortuna, uno dei Tupolev, sempre del 203imo reggimento, si scontrò contro un treno che portava delle galline surgelate, distruggendolo completamente e carbonizzando i poveri animali già morti. Da quel momento il 203imo reggimento divenne per tutti il “reggimento alla griglia”. Ma tutte queste strane avventure non sarebbero bastate: stava per accadere qualcosa di veramente assurdo.

Torniamo al nostro aereo, un grosso bombardiere strategico con tre uomini di equipaggio.

Il Tu-22 che ci interessa aveva a bordo un operatore radio, il Sottotenente Merzlikin Vyacheslav Ivanovich, un navigatore, il Capitano Drozdetsky S.M. e infine il pilota, il Maggiore Chizhov Mikhail Fedorovich.

Tra tutti gli equipaggi, gli ispettori e i rappresentanti politici, come detto prima, la vodka scorreva a fiumi.

– Maggiore: ancora un bicchiere? – chiese il Capitano Drozdetsky.

– No, grazie. Sono a posto.

– Maggiore, forza! Brindi con noi: l’esercitazione è finita. Cosa potrebbe mai andare storto?

– Nulla, naturalmente. Solo che devo scrivere un po’ di scartoffie per il Partito. Sai: le solite cose.

– E non si può aspettare domani?

– No: i rappresentanti partiranno domattina all’alba e noi nel pomeriggio. Quindi devo fare tutto entro stanotte.

– Capisco: prima il dovere. – e mentre diceva questa frase il Capitano Drozdetsky alzò il suo bicchiere e bevve.

Nella grande sala festosa, a un certo punto, salì su di una sedia il Colonnello Tatarchenko: – Un attimo di silenzio per favore. – gridò a voce alta.

Tutti si zittirono.

– Devo fare un importante annuncio. Come prima cosa vorrei complimentarmi con tutti voi per l’incredibile performance della precedente esercitazione.

Dal pubblico partì un applauso e grida di gioia.

– Silenzio, per favore. Pur essendo stata solo un’esercitazione mi preme mettervi nuovamente tutti alla prova. Nella realtà potrebbe accadere che il nemico si sia riorganizzato nello stesso giorno con una portaerei nel mar Caspio. Il vostro compito sarà quello di andare lì e distruggerla. Il vento sta cambiando direzione rapidamente ma, se non ci saranno variazioni, partirete da Ovest e vi sarà dato un piano di volo da seguire alla lettera. Ora potete andare a riposarvi brevemente: il Generale Efimov è già in volo qui da noi e inizieremo quando lui sarà arrivato.

Nella platea era calato il silenzio misto a delusione: un’altra esercitazione.

L’operatore radio Merzlikin disse allora al Maggiore Chizhov: – Questa non ci voleva. Speravo proprio di tornare a casa domani.

– Tranquillo Ivanovich: faremo bene anche questa prova e dopodomani saremo a casa: cosa potrebbe mai andare storto?

– Ha ragione, Maggiore.

– Bene: ora tu e il Capitano andate a dormire un po’. Io scrivo qualche rapporto e poi vi raggiungo. L’appuntamento è per l’una e mezza di notte nella sala tattica. Riposatevi che domani la nottata sarà lunga.

– Non si stanchi troppo Maggiore.

Il Maggiore Chizhov scrisse diverse relazioni consegnandole ai vari politici lì presenti. Alle 22:00 precise raggiunse i suoi due compagni di volo e si addormentò come un sasso.

Arrivò anche il 24 aprile 1983: notte fonda. I controllori di volo diedero il piano dell’esercitazione a tutti. Senza troppa fretta, tutti gli equipaggi si avviarono ai rispettivi velivoli. Ed ecco il primo problema: in quelle zone il vento cambia il verso in cui soffia in maniera molto repentina ed è molto intenso. E così accadde. Il servizio di navigazione e la direzione del reggimento pensarono bene di modificare le istruzioni di prevolo.

Dunque, a causa del vento, venne decisa una variazione di rotta solo al decollo: il resto sarebbe rimasto uguale. Nulla di strano; anzi, tutto nella norma. Ciò che non era nella norma fu il modo in cui venne notificato questo cambio, ovvero a voce, a piedi, correndo dietro agli equipaggi.

Da lontano, mentre il navigatore stava parlando di cose frivole con gli altri due, uno degli addetti che dovevano avvertire di tale cambiamento urlò: – Equipaggio del numero 63: dopo il decollo virate a Est e non più a Ovest. Capito?

Il navigatore, che non aveva prestato assolutamente attenzione a quanto avesse detto quel controllore di volo, rispose: – Grazie. Ci vediamo presto.

Il Comandante chiese: – Cosa ha detto? Con tutto quel rumore non ho capito nulla.

– Niente di importante, Maggiore. Ci ha augurato buon viaggio e buona fortuna.

Questo secondo volo avrebbe dovuto svolgersi in rigoroso silenzio radio, conformemente al compito dell’esercitazione e ciò spiegava e giustificava il fatto di aver comunicato la variazione solo a voce e di persona.

Purtroppo, il navigatore, il comandante e l’operatore radio del nostro Tu-22, per la negligenza del Capitano Drozdetsky, non recepirono tale cambiamento.

Quindi, l’incuranza del navigatore fece sì che la rotta impostata sarebbe stata speculare rispetto alle modifiche, con un errore di 180 gradi esatti.

Ed ecco il secondo problema con una piccola spiegazione: in quegli anni l’aviazione sovietica, per le rotte, non usava il sistema di gradi rispetto al Nord magnetico ma un loro sistema chiamato “ortodromico”. Ovvero il punto di partenza, qualunque esso fosse stato, diventava il Nord relativo e tutte le rotte sarebbero partite da questo punto fittizio.

Il volo prevedeva lo svolgimento in silenzio radio e quindi nessuno era a conoscenza dei cambiamenti né nessuno li avrebbe mai avvertiti.

L’ora “X” si avvicinò e tutti gli squadroni erano pronti alla partenza.

Ogni aereo, al decollo, avrebbe seguito semplicemente la scia luminosa dei reattori del velivolo precedente e si sarebbe levato in cielo e non ci sarebbe stato nessun problema.

In fin dei conti che cosa sarebbe potuto andare storto?

Dietro agli schermi radar dell’aeroporto si trovavano i Generali e gli ispettori che erano venuti per sorvegliare l’esercitazione. I veri controllori del traffico aereo erano stati allontanati per permettere a tutti questi ficcanasi di assistere allo spettacolo.

Il dubbio, più che lecito, era: ma costoro, i Generali e gli ispettori, dove stavano guardando? Nessuno si era accorto che tutti gli aerei si stavano dirigendo a Nord tranne uno, che si stava dirigendo a Sud?

Ormai la frittata era fatta; un solo Tupolev era in volo da quasi un’ora, nella direzione sbagliata.

I Generali e gli ispettori a Mozdok non se ne erano resi conto ma il centro radar di Tbilisi, sì: se ne era ben accorto! Che cosa ci faceva questo aereo senza transponder acceso, da solo, nel nulla, a quest’ora della notte?

Alle ore 2 e 48 minuti del 24 aprile 1983, il centro di controllo del traffico aereo di Tbilisi informò il posto di comando della difesa aerea della presenza di un velivolo non identificato.

Alle ore 2 e 53 minuti i caccia decollarono dall’aeroporto di Saidar per intercettarlo.

Intanto a bordo del Tu-22, il Comandante, guardando il suo orologio, disse: – È ora di far partire le contromisure elettroniche, come da programma.

– Ma chi vuole che ci segua a quest’ora? – replicò il navigatore.

– Non importa: il programma dice così e noi faremo così. Contromisure!

L’operatore radio impostò il sistema: – Interferenza passiva KDS-16 TM con programma continuo, intervallo 0,3 attivato, Signore.

– Molto bene.

Esattamente in quel momento, i due piloti da caccia che stavano inseguendo il Tu-22, che era quasi sul radar dei loro missili aria-aria, non riuscirono più a localizzare l’aereo intruso e, dopo qualche minuto, abbandonarono il bersaglio.

Continuando (senza saperlo) sulla rotta sbagliata, il Tu-22, alle ore 2 e 58 minuti attraversò in tutta sicurezza la frontiera di stato tra URSS e Iran.

Dopo aver passato il confine, il velivolo finì esattamente, per puro caso, sull’aerovia internazionale e quindi nessuno prestò molta attenzione a quello che poteva essere benissimo un aereo civile diretto da qualche parte.

– Ragazzi: come va laggiù? – chiese il Comandante.

– Bene. Un po’ assonnati ma bene. D’altronde: cosa potrebbe mai andare storto?

– Già: una passeggiata. Su: cercate di non dormire che tra un po’ finiremo questa esercitazione.

Raggiunto il waypoint (sbagliato) il navigatore ordinò la virata e poco dopo passarono sopra una grande città illuminata.

– Siamo sopra Kursk. – disse il Comandante – Navigatore: ormai ci siamo. Tracciami una nuova rotta per il bersaglio, lo bombardiamo e ce ne torniamo a casa.

– Agli ordini, Maggiore.

– Comunque me la ricordavo diversa Kursk. – aggiunse il Comandante.

Ed era ovvio che se la ricordasse in maniera differente dato che si trovavano sopra Teheran e non a Kursk. Ma a “Mr. Magoo” Chizhov ancora una volta la fortuna arrise. In quel giorno a Teheran, c’era stata una grandissima festa pubblica e, diciamolo, i controllori di volo, specie a quell’ora della notte, non è che si stessero ammazzando di lavoro dato che ignorarono bellamente il nostro Tu-22 che proseguì verso il suo “bersaglio”.

Dopo un po’ l’aereo sorvolò la base aerea iraniana di Mishhad (senza immaginare di esserci sopra) e qui il navigatore si preparò per l’esercitazione.

Ma non tutti facevano festa come a Teheran: infatti la cosa non passò inosservata alla difesa aerea iraniana.

– Velivolo sconosciuto in area. Tutti ai posti di combattimento. Pronti con i missili terra aria. Identificare le coordinate del bersaglio e abbatterlo. Svelti! – urlò ai suoi uomini il Capitano responsabile della contraerea di Mishhad.

Ma ci fu un nuovo colpo di scena: in quel preciso momento, alle 3:30 di notte, in quella zona, si verificò un tremendo terremoto e, per volontà del destino, il Tu-22 continuò il suo assurdo volo. Gli iraniani pregarono Allah e chiesero di non far più tremare la terra, dimenticandosi dell’intruso.

A bordo, invece, non sospettando nulla, nessuno pregò nessuno.

Tanto: cosa potrebbe mai andare storto?

Qui il navigatore diede l’ordine di cominciare la discesa e di dirigersi nella zona, pensando di trovarsi vicino a Baranovichi, dove avrebbero dovuto trovare il bersaglio.

Ma il comandante disse: – Montagne? Non dovrebbero esserci le montagne a Baranovichi. C’è qualcosa che non quadra: non scendiamo finché non avrò capito dove siamo.

Nella mente del Maggiore Mikhail Chizhov cominciarono a venire i primi dubbi sulla posizione e infatti diede l’ordine di girare in tondo finché non si fosse chiarito il tutto.

– Rompiamo il silenzio radio. Ivanovich: accendi tutto e inizia a chiamare.

E fu così che l’operatore radio ruppe il silenzio imposto e provò a chiamare sul canale 1, sul 5 e sul 20.

Nessuno rispose.

Il motivo? Era semplice: si trovavano in Iran e non in Russia.

– Ivanovich: prova con la procedura “Komet”. Sai cos’è, vero?

– Sì, Comandante. Serve per le navi e gli aerei che sorvolano il Polo Nord. Grazie alla triangolazione, riescono a darti una posizione approssimativa.

– Scusa Ivanovich: è ovvio che tu lo sappia. Sei l’operatore radio. Perdonami: è la stanchezza.

– Nessun problema, Comandante.

– Riprova ancora una volta, riprova due volte, riprova tre volte e, se servisse, riprova cento volte.

– Sì, Comandante.

Intanto l’aereo continuava a girare in tondo e il tempo passava.

E si cominciavano a vedere i primi bagliori dell’alba.

L’alba? Beh, sì: ormai erano quasi le 5 del mattino.

Ma che diamine! Il sole stava sorgendo a Ovest!

E questo è impossibile!

– Ragazzi: – disse il Comandante – non so cosa stia succedendo ma se quello è l’Ovest che in realtà è l’Est significa che stiamo andando maledettamente verso Sud. Ora noi mettiamo la prua a Nord e ci allontaniamo il più possibile. Non so come ma siamo finiti dalla parte opposta.

Il navigatore rimase zitto e non disse una parola.

– Ivanovich: prova tutte le frequenze normali, d’emergenza, civili e la Komet.

– Sì, Comandante. – rispose l’operatore radio mentre chiamava ancora e ancora e ancora attraverso tutti i canali, chiedendo aiuto a tutti coloro che potevano ascoltarli.

Ma dall’altra parte c’era solo silenzio.

Fortunatamente per loro qualcuno, alla fine, rispose: era un controllore del traffico aereo dell’aeroporto di Mary-1, una piccola base militare in Russia, vicino al confine con l’Iran.

Il carburante era agli sgoccioli; l’indicatore aveva quasi raggiunto il livello minimo.

– Grazie per aver risposto, aeroporto di Mary-1: quanto siamo distanti da voi?

Il controllore rispose: – Il nostro radar ha una portata di 200 chilometri. Bene: voi non siete ancora in vista. Continuate diritti e poi scendete per l’avvicinamento. Faremo alzare in volo due aerei per indicarvi la strada.

Il Comandante, un po’ più rincuorato, disse all’equipaggio: – Ormai è fatta ragazzi. Ci manderanno un paio di caccia per scortarci sino alla pista. Allegri! Cosa potrebbe mai andare storto?

Due caccia si levarono subito in volo. Peccato che uno dei due si scordò di accendere il suo dispositivo IFF[1].

Il risultato fu che un aereo si mise a inseguire l’altro nelle vicinanze, senza mai poter raggiungere il nostro Tupolev e dunque la cosa fu di una inutilità pressoché totale.

Ma ormai il Tu-22 era in vista dell’aeroporto.

– Ivanovich: – disse il Comandante – non mi fido. È tutto molto strano. E se fosse una trappola di qualche nemico che non riesco a identificare per prenderci l’aereo e studiarlo?

– Non credo, Comandante. E cosa avrebbe intenzione di fare?

– Diamo prima un’occhiata a bassa quota. Se capiremo di essere in un qualche territorio nemico, mi alzerò sino a 3.000 metri, voi vi getterete col paracadute e io farò schiantare l’aereo così non potranno studiarlo.[2]

Infatti, in vista dell’aeroporto, Chizhov passò a bassissima quota ma non atterrò.

Per fortuna, tutto intorno, c’erano solo aerei con la stella rossa, ma anche quello avrebbe potuto essere un trucco. Il Comandante si convinse definitivamente di essere tornato in Patria quando vide un aviere con la camicia completamente sbottonata e la cintura dei pantaloni che arrivava sino alle ginocchia, tutto intento a bere qualcosa da una bottiglia.

– Solo un russo si comporterebbe così. Signori: siamo in Russia! Preparatevi per l’atterraggio.

Il grosso Tupolev, con il serbatoio completamente all’asciutto, finalmente atterrò e l’equipaggio, l’aereo e gli armamenti erano sani e salvi.

O no?

Cosa sarebbe mai potuto andare male?

Una volta a terra, si accese una spia degli armamenti. Il pericoloso missile KH-22 che trasportava il bombardiere, durante la riattaccata, si era surriscaldato in maniera anomala e aveva creato qualche preoccupazione. Ma fu una questione solo di pochi minuti e tutto ritornò alla normalità.

– Ce l’abbiamo fatta, Comandante. Siamo salvi. – disse l’operatore radio – Ormai cosa potrebbe andare storto?

Cosa potrebbe andare storto?

Ahimè: tutto.

Dopo questa storia assurda, che vorrei ripetere ancora una volta è reale, vennero fatte molte indagini e ricerche con le seguenti conclusioni.

Non era credibile che un aereo sbagliasse completamente rotta.

Non era credibile che gli intercettori, preposti per la difesa dei confini, si siano lasciati scappare un aereo così grande, con un’apertura alare di 23 metri e lungo oltre 40 metri.

Non era credibile che in Iran nessuno avesse provato ad abbatterli.

Non era credibile che fossero riusciti a rientrare ancora una volta attraverso i confini russi senza essere visti.

Non era credibile che nell’ultimo “scramble[3]” i caccia si fossero inseguiti tra di loro e avessero perso il loro obiettivo.

Non era credibile nulla di tutto ciò, specie durante un’esercitazione dove erano presenti più Generali che aerei.

Successivamente, uno dei due piloti decollati da Saidar per intercettare il Tupolev, volle andare a parlare con tutto l’equipaggio e chiese loro: – Cosa avete fatto dato che all’improvviso, mentre vi stavamo inseguendo, l’intero schermo radar si è illuminato con molti bersagli?

Chizhov spiegò che, per puro caso, in quel momento aveva avuto l’ordine, seguendo il piano di volo, di accendere esattamente a quell’ora un disturbatore radar non sapendo ovviamente di essere inseguito.

– Ecco perché non vi ho abbattuto e ho dovuto segnalare che l’obiettivo era scomparso tra le montagne!

Poi, un mese e mezzo dopo, anche il capo delle comunicazioni del reggimento, il Maggiore Linnik, andò dall’equipaggio e chiese all’operatore radio: – Eravate voi a chiamare il Komet usando il nominativo RMVTSF?

Ivanovich rispose: – Sì. Eravamo noi ma nessuno ci ha mai risposto e io ho provato credo almeno un centinaio di volte.

– Caro Ivanovich, ti hanno sentito benissimo. Forte e chiaro. Ma non sono riusciti a capire il motivo per cui un aereo che non si trovava al Polo Nord ma proprio all’opposto, in Iran, avrebbe dovuto contattare il nostro sistema di geolocalizzazione polare. Continuavamo a dirsi tra di loro che tutto questo non poteva essere né vero né logico. Non vi hanno mai risposto poiché pensavano potesse essere una provocazione o un trucco del nemico.

Ma la storia non finisce qui.

Come prima cosa il 203imo cambiò il suo nomignolo in “reggimento Teheran” e poi, in seguito a quel volo, dopo una lunga serie di indagini, circa 2.000 (duemila) persone furono punite, rimosse dagli incarichi, congedate, arrestate o licenziate dall’Aeronautica Militare e dalla Difesa Aerea. E non si guardò in faccia a nessuno: dall’aviere semplice al Generale blasonato.

Il Comandante Chizhov fu messo sotto torchio per un anno e mezzo.

Si congedò lui stesso alla fine e non volò mai più. Lavorò come ingegnere aeronautico in una fabbrica vicino Baranovichi ma, purtroppo, dopo appena un altro anno morì d’infarto per il dispiacere.

L’operatore radio venne degradato e dovette ricominciare da capo tutta la sua carriera.

In tutto questo marasma ci fu uno e uno solo che si salvò: il navigatore. Colui che non sentì gli ordini e colui che non prese nessuna decisione durante il disastroso viaggio. I suoi «santi protettori» dovevano essere molto influenti. Incredibilmente potenti.

E quindi risulta essere l’unico che poté dire a cuor leggero: “cosa potrebbe mai andar storto?”


In ricordo del Comandante Maggiore Mikhail Chizhov.


[1] Identification friend or foe o IFF, in italiano, identificazione amico o nemico, indica un sistema automatico elettronico di riconoscimento amico-nemico progettato per le funzioni di comando e controllo. Si tratta di un sistema che permette, mediante un’interrogazione, di identificare un bersaglio e determinarne la distanza dall’interrogatore. (Da Wikipedia)

[2] Il motivo per cui il Comandante debba prima portare l’aereo a 3.000 metri per far espellere i due membri dell’equipaggio è dovuto al fatto che chi progettò quel velivolo era dedito più alla vodka che all’ingegneria aerea: infatti i seggiolini eiettabili anziché andare verso l’alto come nel 99% dei casi, andavano solo verso il basso e dunque si sarebbero potuti salvare esclusivamente oltre una certa quota.

[3] Lo scramble (o scrambling) è un termine militare che definisce l’atto di far decollare un caccia intercettore per intercettare e identificare un aereo sconosciuto. (Da Wikipedia)



§§§ in esclusiva per “Voci di hangar” §§§

# proprietà letteraria riservata #


NOTE: nell’immagine di copertina il cockpit pilota del Tu-22 Blinder (proveniente dal sito web https://tu22.ru/)

Vietato fumare


Far risorgere dalla ceneri una decotta compagnia aerea composta da centoventi piloti maschi e solo due piloti femmine non è cosa facile. Soprattutto con le nuove tecnologie mediatiche che ti fanno stare sotto i riflettori in continuazione. Anche quando cerchi di smettere di fumare”.

Una delle due protagoniste del racconto mentre svolge i suoi compiti professionali, ignara di cosa l’aspetterà di lì a poco. (foto proveniente da www.flickr.com)

Condensa così, in queste poche righe, il contenuto del suo racconto dimostrando di essere, oltre che un ottimo autore, anche un eccellente sintetizzatore, emulo del miglior Bignami di scolastica memoria.

Di chi stiamo parlando? … ma di Andrea Pirani, che domande!? Un nome una certezza.

Al premio letterario RACCONTI TRA LE NUVOLE partecipano ormai quasi regolarmente diversi autori/autrici: sono il cosiddetto “zoccolo duro” del Premio; Andrea Pirani è uno di questi. No, non uno zoccolo duro, un autore!

E Andrea, nonostante alcune vicissitudini personali, non poteva mancare anche alla XI edizione, tanto che ci ha regalato un racconto assolutamente pregevole che suona come una minaccia ma che è invece il pretesto per strappare un sorriso oltre che l’occasione di una piacevole lettura.

Preso dalla curiosità di leggere anzitutto il racconto e poi di sapere chi l’ha inviato, mi capita spesso di riconoscere l’autore/autrice  dall’ambientazione oltre che dallo stile, dal tratteggio fugace dei personaggi piuttosto che dal modo originale di srotolare la matassa della vicenda narrata … ebbene quando in segreteria del Premio abbiamo ricevuto il racconto “Vietato fumare” l’ambientazione non sovietica mi ha subito portato fuori strada, viceversa la sottile ironia e la trama imperniata sull’equivoco mi ha indotto a pensare che sì … potesse essere un racconto di Andrea Pirani. E infatti … beccato!

Il primo piano di Clara o Lisa? Occorrerebbe chiederlo ad Andrea Pirani (foto proveniente da www-flickr.com)

Alla luce impietosa della classifica della XI edizione di RACCONTI TRA LE NUVOLE, è evidente che la giuria non ha riconosciuto il valore di questo racconto, ciò nonostante la sua godibilità rimane inalterata. Che sia stata punita la scelta di non ambientare  la vicenda in terra sovietica? Che l’assenza di un velivolo con la coccarda con la stella rossa abbia minato la credibilità della trama? Che il comportamento innaturale della protagonista sia stato punito dalla giuria per lo più composta da esponenti del gentil sesso? Non lo sapremo mai … certo è che “Vietato fumare” rimane un racconto tra quelli che non potrà non piacere ai visitatori del nostro hangar.

Quanto all’autore … possiamo solo pregarlo di continuare così, magari limando un po’ lo zoccolo, ferrandolo all’occorrenza ma mantenendo questo passo di trotto perché, prima o poi – ne siamo certi – lo porterà sul podio del Premio. Per il momento ci accontenteremo di apprendere le disavventure aviatorie del comandante Clara e Lisa e chissà che a qualcuno dei nostri visitatori non venga davvero la voglia smettere di fumare …



Narrativa / Medio – lungo

Inedito

Ha partecipato alla XI edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole” – 2023


Vietato fumare


– Hai sentito le novità, Clara?

– No: quali sono? Che chiudiamo bottega per sempre e ce ne torniamo a casa?

– Per fortuna non è così. La Shark Investor ha comprato la nostra compagnia aerea e quindi è proprio il contrario: non chiuderemo.

– Questa è una bella notizia: io ho smesso di fumare da appena un giorno ed ero già un po’ nervosa.

– Ovviamente circolano voci sul fatto che ci saranno tagli al personale.

– Ecco: ora mi fai venir voglia di fumare. Figurati: una compagnia aerea con gravi perdite e con dei tagli da fare. Secondo te chi saranno le prime che lasceranno a casa? Io e te, Lisa: le uniche due donne comandanti in tutta questa società al testosterone. Hai una sigaretta?

– Non fumo. E poi aspettiamo gli avvenimenti. Intanto tu tieni duro che già sei stata bravissima a smettere di fumare.

§§§§§

Il giorno seguente i quotidiani riportarono la notizia dell’acquisizione della Iron Air Ltd da parte della Shark Investor.

Il consiglio d’amministrazione fu la prima cosa che cadde nella compagnia aerea.

Al suo posto venne messo un certo Frank Arrivabene, direttore unico.

Frank Arrivabene non aveva alcuna laurea e nemmeno nessuna esperienza pregressa nella gestione di compagnie aeree. Era un ragazzo di venticinque anni che girava con una lussuosissima Mercedes insieme alla sua fidanzata. Il suo unico e grandissimo vantaggio era l’essere il figlio di Joseph Arrivabene, magnate e proprietario della Shark Investor, società che spaziava tra mille operazioni di alta finanza, tutte di successo. Insomma: Frank era il figlio del padrone. Il padre Joseph, sapendo che il figlio era un inetto, lo fece affiancare da uno dei più grandi esperti di aviazione civile del momento, il Comandante in pensione Ascanio Barretta.

Ascanio Baretta aveva già fatto risorgere dalle ceneri diverse compagnie aeree ormai decotte.

Il padre avrebbe voluto in questo modo far sì che il figlio cominciasse a svegliarsi un po’ e a interessarsi al mondo degli affari.

Ma torniamo ai nostri comandanti Clara e Lisa che vennero convocati dal neoproprietario Frank dopo appena due giorni dal suo insediamento.

– Eccoci qua Lisa: i primi e forse unici due tagli della Iron Air Ltd.

– Sinceramente me lo immaginavo. Andiamo a sentire cosa vogliono fare.

– Hai una caramella? – chiese Clara a Lisa.

– Sì, certo. Stai tenendo duro col fumo?

– Al momento sì ma mi sa che dopo questo incontro mi metterò a fumare il sigaro.

Le due donne entrarono negli uffici amministrativi che si trovavano accanto all’aeroporto e la segretaria di sempre, la signora Mary Ann, le accolse calorosamente.

– Ciao Clara. Ciao Lisa. Aspettate qui un minuto. I due sono in riunione.

– I due chi? – chiese Clara.

– Frank Arrivabene e il comandante Ascanio Barretta. Posso offrirvi un caffè o un tè nel frattempo?

– Un caffè? Un tè? No, grazie. Per caso hai qualche caramella?

– Come no! Prenditene una manciata di queste. Sono le caramelle che mettiamo nelle sale riunioni. Lo so che hai smesso di fumare: tutti ne parlano e sei stata bravissima.

Clara sorrise mentre si stava riempiendo le tasche di caramelle.

In quel momento la porta dell’ufficio dirigenziale si aprì e il comandante Ascanio, un bell’uomo dall’aspetto giovanile, di quasi 65 anni, fece cenno loro di entrare.

– Accomodatevi, comandante Clara Chase e comandante Lisa Devy. Io sono il comandante Ascanio Barretta, incaricato della ristrutturazione della Iron Air Ltd e questo giovanotto è il neoproprietario della Iron Air Ltd, il signor Frank Arrivabene.

Clara, dopo le consuete strette di mano, senza farsi vedere, tirò fuori una caramella e la mangiò. Era nervosissima. Così come lo era Lisa.

– Voglio subito tranquillizzarvi. Le voci che avete sentito in giro sul ridimensionamento dell’azienda sono del tutto infondate. Addirittura è il contrario. Il gruppo Shark Investor vuole far crescere la compagnia e quindi, nei prossimi tre anni, assumeremo una ventina di piloti e prenderemo tre nuovi aerei.

Clara tossì quasi strozzandosi.

– Tutto bene Comandante? – chiese Ascanio.

– Sì: mi scusi. Mi è andata di traverso una caramella.

– Diamoci pure del tu: siamo tutti piloti. – disse Ascanio mentre offriva un bicchiere d’acqua a Clara e continuò dicendo: – Ovviamente siete già a conoscenza del fatto che il mondo odierno giri intorno ai media e ai social. E, oggi come oggi, la discriminazione tra i sessi è vista come la nuova peste. Le donne hanno un peso uguale agli uomini e noi, come ben sapete, siamo un po’ fuori dagli standard: ci siete solo voi due ragazze in mezzo a 120 piloti uomini. Per questo motivo vorremmo lanciare una campagna di reclutamento riservato esclusivamente al sesso femminile, per cercare di riequilibrare un po’ questo divario. Per fare questo vorremmo girare un piccolo documentario che metteremo su Facebook, Instagram e YouTube con voi due ai comandi di uno dei nostri aerei, su di una rotta un po’ lunga, un sei o otto ore, dove faremo quattro chiacchiere conoscitive e qualche intervista per invogliare le future assunzioni. In cabina ci sarò anch’io, come voce narrante, un cameraman e fuori, tra i passeggeri, il tecnico del suono.

– Ci saranno dei passeggeri veri o saranno solo comparse? – chiese Lisa.

– Passeggeri veri. Non dobbiamo perdere soldi in nessuna occasione, non sei d’accordo?

– Certo. Mi pare un’idea eccellente. E quando partirebbero le riprese?

– Tra due giorni esatti.

Durante tutti questi discorsi, Frank Arrivabene guardava il suo cellulare senza prestare particolare attenzione ai discorsi dei tre piloti e senza mai aprire bocca.

Finito il colloquio, le due donne si congedarono e iniziarono a parlare tra di loro mentre tornavano a casa.

– E allora? Come ti sembra che sia andata?

– Bene. Non immaginavo proprio questo cambiamento. Addirittura sono previste delle assunzioni e saremo noi a fare da testimonial per l’azienda.

– Ti rimetterai a fumare?

– No. Per il momento no. Magari il giorno delle riprese sì: sarò nervosissima.

– Ma ci pensi? Finalmente avremo un bagno tutto nostro. Trenta nuove colleghe!

– Mi pare di ricordare che abbia detto venti.

– Va bene: venti o trenta poco cambia. Piuttosto che te ne pare del nuovo padrone?

– Chi? Ascanio?

– Ma no! Quello lo vedi che sa il fatto suo. E poi avevo già sentito parlare di lui. Quando Ascanio prende in mano le compagnie aeree a pezzi, queste, nel giro di un paio d’anni, decollano. Mi riferivo al ragazzino.

– Ah! Quello? Mi pare un idiota messo lì senza alcun motivo. Non ha detto una parola. A me è sembrato che durante i nostri colloqui guardasse dei filmati su TikTok. E poi aveva un pacchetto di sigarette sulla scrivania. E, dall’odore, direi che fuma in ufficio.

– E avresti voluto anche tu fumare?

– All’inizio sì ma poi a sentire le belle notizie mi è passata la voglia.

– Così ti voglio, Clara! Sei la migliore! Tieni duro!

A Clara e Lisa venne cambiato il programma di volo. Due giorni a casa, di riposo, prima delle riprese. La rotta che avrebbero usato per il filmato promozionale era una comunissima Londra Mumbai di circa nove ore: partenza, ora locale, alle 07:00 e arrivo previsto alle ore 21:00, sempre ora locale. Per una migliore riuscita del documentario, i primi sei posti della business class non erano stati venduti, lasciandoli a disposizione per le attrezzature e per i vari tecnici.

E finalmente arrivò il fatidico giorno: era il 7 Luglio, alle 05:00 del mattino.

– Clara: hai visto il bollettino meteo?

– Sì: all’arrivo ci saranno i monsoni. Non so se sarà un documentario sugli aerei o sugli ottovolanti.

– Nervosa?

ra di celebrità come diceva Andy Warhol.

Arrivarono in sede e la segretaria Mary Ann le accolse: – Prendete qualcosa? Un tè? Un caffè?

– Grazie. Io no. Hai ancora caramelle?

– No, tesoro: mi spiace. Se le mangia tutte Frank. In fin dei conti le paga lui.

In quel momento uscirono dalla stanza Ascanio, Frank, un cameraman e un tecnico del suono.

– Buongiorno a tutte. Se ora volete aspettarci dentro l’ufficio di Frank, noi gireremo qua con Mary Ann per qualche minuto e poi rientreremo per fare la parte con voi due.

Le due pilote entrarono nella stanza del neoproprietario e si sedettero.

l’attenzione di Clara fu calamitata dal portacenere del suo capo: vi erano le cicche di diverse sigarette spente.

La ragazza si fermò ad ammirarle, quasi in estasi.

Sulla scrivania c’era anche il pacchetto di sigarette del suo capo.

Lo prese, lo aprì e annusò il profumo del tabacco.

Lisa la guardò male e la sua collega, con fare risoluto, lo rimise al posto.

Vide sempre sullo stesso tavolo una caramella bianca già scartata, la prese e se la mise in tasca.

Lisa alzò le spalle e acconsentì a quel piccolo furto.

Il gruppo entrò di nuovo nell’ufficio e l’intervista continuò con Ascanio come speaker.

– Stiamo per partire per Mumbai con le nostre due colleghe Clara e Lisa: saranno loro che ci porteranno a destinazione senza problemi. In volo avremo modo di conoscerle meglio. Ma ora salutiamo il nostro direttore, Frank Arrivabene, che a causa di pregressi impegni di lavoro non potrà seguirci sino a Mumbai. Lo ritroveremo tra tre giorni di nuovo qui, a Londra. Dirigiamoci al nostro aereo, un moderno Airbus A350, che sarà pronto al decollo dopo che Clara e Lisa avranno fatto i controlli di routine e avranno avuto il via libera per la partenza dalla torre di controllo. Chi lo dice che pilotare aerei non è un lavoro da donne? Noi qui ne abbiamo addirittura due e aspettiamo con ansia le vostre candidature. Forza! Qui sotto troverete il link per le vostre iscrizioni.

La telecamera si spense e il gruppo uscì per andare sulla pista, vicino all’aereo.

Il cameraman continuò le riprese: – Ora la nostra Clara sta controllando che tutto sia a posto mentre Lisa ha fatto i conti del carburante necessario per il viaggio.

Finita l’ispezione esterna, una volta a bordo l’equipaggio, continuarono le riprese: – Ed ecco che il nostro magnifico duo sta facendo il controllo prevolo dell’aereo. Ragazze! Questo è un lavoro di responsabilità! E chi, se non le donne, sono precise e responsabili? Forza! Qui sotto troverete il link per le vostre iscrizioni.

Poi spensero la telecamera e tutti si misero ai propri posti: – Hai visto Ascanio il meteo a Mumbai? Sei proprio sicuro di fare oggi le riprese?

– Ho visto: non c’erano stati questi monsoni con piogge torrenziali dai tempi di Visnù. Casomai alcune parti le gireremo al ritorno: voi non preoccupatevi e siate naturali. Ad ogni modo ti vedo un po’ tesa Clara. Sono per caso le riprese che ti innervosiscono?

– Oh, no: – rispose Clara – oggi è il quinto giorno che non fumo ma un po’ di nervosismo per la nicotina c’è ancora.

– Che brava. Tieni duro, Clara! Io ho smesso sedici anni fa e non mi sono mai pentito di questa scelta. Si vive meglio senza sigarette. Forza! Siamo tutti con te. E ora iniziamo: voglio che mi facciate un decollo da manuale. Ah! Non ho ancora fatto le presentazioni: lui è Phil, il nostro cameraman; loro sono il comandante Clara e il comandante Lisa. In prima fila, di là, c’è Andrea, la nostra tecnica del suono.

Ci furono le consuete strette di mano e finalmente tutto era pronto.

– Clara: quando vuoi, puoi partire. Phil riprendile pure.

Clara fece un decollo da manuale e iniziò a salire in quota. Dopo qualche minuto fece l’annuncio ai passeggeri: – Buongiorno. Qui è il vostro comandante Clara Chase che vi parla. Sono le ore 7 e 4 minuti, il decollo è avvenuto in orario e prevediamo di arrivare a Mumbai per le ore 20:50, ora locale. Il volo durerà circa 8 ore e 40 minuti. In più vi segnaliamo che dovendo girare a bordo un video commerciale della nostra compagnia, la Iron Air Ltd, la prima fila di poltrone della business class e i relativi bagni non saranno fruibili. Durante il volo la troupe potrebbe passare a intervistarvi. Segnalate subito all’operatore se desiderate non farvi riprendere. Vi auguro un sereno volo.

– Magnifico Clara: ti vedo un po’ più tranquilla adesso.

– Magari! La voglia di fumare è sempre dietro l’angolo. Mangerò l’ennesima caramella. – e mentre diceva ciò tirò fuori dalla tasca quella che aveva preso nell’ufficio di Frank Arrivabene. La masticò per un po’ ma poi la sputò in un fazzoletto: – Ma fa schifo! Ma che roba è? Ha un saporaccio amaro. Sembra vaniglia ma è immangiabile!

Allora prese una delle caramelle che le aveva comperato Lisa e la mangiò: – Queste sì che sono buone. Ho ancora in bocca quel sapore schifoso.

Dopo circa mezz’ora di volo Clara cominciava a sudare freddo. Decise di controllare il Flight Management Guidance Computer, ovvero il computer di bordo per controllare il consumo di carburante.

Invece della solita indicazione comparve la scritta: «System error – Do you want to save your life?» (Errore di sistema – Vuoi salvare la tua vita?)

La finestra di dialogo dava le tre solite scelte: «Sì – No – Annulla»

Clara, sudatissima, scelse all’istante «Sì».

Poi ripensò all’accaduto e lo trovò assurdo.

Sempre più nervosa, riprendendo la freddezza e la logica di chi fa il pilota da molti anni, guardò il display e vide che mostrava solo la quantità di carburante come da lei richiesto.

Ora la scritta era logica e aveva un senso.

Pensò che il tutto fosse stato solo un miraggio, una svista: nulla di più.

Tirò fuori dalla tasca una delle caramelle regalate da Lisa e iniziò a sgranocchiarla nervosamente.

– Che ne dite se facciamo un cinque minuti di riprese, mentre pilotate nel cielo? – chiese Ascanio – Lasciate pure inserito l’autopilota e tenete la cloche tanto per fare un po’ di scena. Magari chiederò a Lisa cosa l’abbia spinta a diventare pilota e poi chiederò a Clara quale sia stato il suo percorso formativo. Oppure, se volete, facciamo al contrario: cosa ha spinto Clara a diventare pilota e il percorso formativo di Lisa.

– Per me va bene la prima. – disse Lisa.

– Anche per me. – aggiunse Clara.

– Perfetto: Phil, quando vuoi, iniziamo. E voi mettete le mani sulla cloche e fate finta di pilotare.

Phil fece ad Ascanio il segno di “ok” per confermargli che stava girando.

– Ed eccoci ancora qui, a bordo del nostro Airbus A350 della Iron Air Ltd con il comandante Clara Chase e Lisa Devy. Dovremmo essere ancora sopra la Francia, diretti in India. Dato che al momento non ci sono difficoltà e la strada è tutta dritta, vediamo di conoscere un po’ meglio le nostre due amiche disturbandole solo cinque minuti. Lisa: potresti spiegare un po’ ai nostri ascoltatori cosa ti abbia spinto a diventare un pilota?

In quel momento Clara li interruppe e disse: – Silenzio! Non sentite anche voi un sibilo? Come quello di un serpente?

Tutti si zittirono e ascoltarono attentamente. Clara avvicinò la sua mano alla cloche, la guardò e poi urlò: – Argh! La cloche! È lì! Il serpente! – e mentre diceva ciò si slacciò le cinture e si alzò andando in fondo alla cabina.

Phil spense la telecamera all’istante e con Ascanio cercarono subito l’animale. Lisa, terrorizzata, guardava verso Clara.

Ascanio, coraggiosamente, prese un ombrello da usarsi come arma improvvisata e si mise a frugare tra i pedali e i vari anfratti della cabina di pilotaggio. Dopo qualche minuto di attente ricerche Ascanio disse a Clara: – Ti senti bene? Sei sudatissima e pallida ma qui di serpenti non ce n’é nemmeno l’ombra. Sei proprio sicura di aver visto un serpente?

Un po’ confusa, la ragazza, in fondo alla cabina, ancora tremante, disse: – La cloche: mi era sembrato che ci fosse un serpente lì vicino. In realtà non mi sento molto bene. Forse sarà il nervoso per le riprese o forse il fatto che non stia fumando: non lo so.

Ascanio prese l’interfono e chiamò una delle hostess: – Mi porti per favore tre caffé per noi e una camomilla per Clara con quattro brioche, grazie.

Dopo qualche minuto entrò l’hostess e portò la colazione a tutti. Si fermò a guardare Clara e le disse: – Ma sei bianca come un cadavere: stai bene?

– Non lo so: mi sento molto strana. Forse la camomilla mi farà stare meglio. Saranno quelle maledette sigarette che mi mancano e il mio corpo le chiama a gran voce.

– Lo sappiamo tutti che stai smettendo di fumare e tutti facciamo il tifo per te, Clara. – disse l’hostess mentre usciva dalla cabina.

– Ho una voglia pazza di fumare.

– Clara: sii professionale. Tieni duro. Bevi la camomilla e mangiati un paio di caramelle. È tutta scena: dopo la prima settimana andrà meglio. Credimi. Io ci sono passato.

– Certo: lo so. Scusate per prima.

– Facciamo così: adesso ti riposi per un’ora e poi rifacciamo l’intervista. D’accordo? Anzi: io e Phil usciamo così non vi disturbiamo. Andiamo di là, in cabina con la nostra fonica e cominciamo a montare il materiale che abbiamo già girato. Ci vediamo tra un’ora.

Clara, ancora sudata e bianca, disse: – D’accordo.

Dopo una ventina di minuti di volo in cui non era successo nulla, Clara sentì un picchiettare sul suo vetro di sinistra.

Si girò e vide fuori dall’aereo un’anatra che volava.

– Ti ricordi di me? – disse l’anatra.

Clara strabuzzò gli occhi e rispose: – Le anatre non parlano. E non volano nemmeno a 33.000 piedi a quasi 900 chilometri orari.

– Ti ricordi di me? – chiese nuovamente l’anatra.

Clara, in un bagno di sudore, disse: – No. Non mi ricordo di te.

– Te lo dico io allora: Tel Aviv, 4 aprile 2016. Decollo dall’aeroporto Ben Gurion. Ti dice qualcosa?

Clara, con la testa che le scoppiava, stava pensando e ripensando a quella data: – No. Non mi ricordo di te.

– Avresti dovuto: rejected take-off, decollo abortito per un’ingestione di un’anatra nei motori.

– Ora mi ricordo! – disse a voce alta Clara.

Lisa le chiese: – Ti ricordi cosa?

– Quello che mi sta dicendo quest’anatra dal finestrino. Un decollo abortito a Tel-Aviv.

– Clara? Ma cosa stai dicendo? Quale decollo abortito? A Tel-Aviv? Un’anatra al finestrino? Ti senti bene?

Clara si voltò nuovamente verso il finestrino e non c’era ovviamente nessuna anatra.

– Clara. Seriamente: chiedo la pilot incapacitation[1] per te. Ascanio è ancora un pilota con brevetto valido: faccio mettere lui al tuo posto oppure invertiamo e torniamo a Londra. Sei sudatissima e bianca come un cadavere: tu non stai bene.

– Sto bene! – urlò Clara – È quella maledetta nicotina che mi manca. Tutto qui.

– Come vuoi: ora riposati un po’ che poi andrà meglio. Ti faccio portare qualcosa?

– Sì: delle sigarette.

– Sii seria, Clara. Vuoi mangiare qualcosa così ti dimentichi il fumo?

– No. Sto benissimo. – urlò a Lisa.

Lisa la ignorò.

Passarono un quarto d’ora in silenzio.

Ora Clara cominciava ad avere caldo e mise la mano vicino alla bocchetta dell’aria.

– Ahi! – gridò.

Seccata, Lisa le chiese: – E ora che c’è?

– C’è che questo stupido aereo mi ha morso.

– Clara: – disse pacatamente Lisa – un aereo non morde. Un aereo vola, decolla, atterra. A volte precipita. Ma non morde.

– Questo mi ha morso.

– Clara: lascia la cabina. Sei esonerata. È un ordine. Fai entrare Ascanio.

– Mi prendete tutti per pazza?

Clara spense il segnale di “vietato fumare”, si alzò e uscì dalla cabina di pilotaggio. Passò davanti a Phil, Andrea e ad Ascanio che le chiese: – Stai un po’ meglio?

Clara gli urlò: – No! – e continuò a vagare tra i passeggeri della business class che la guardavano meravigliati.

– Qualcuno di voi ha per caso una sigaretta? – urlò a tutti i passeggeri.

Timidamente, dopo qualche istante, un distinto uomo d’affari londinese tirò fuori un pacchetto.

Clara, come un’indemoniata, andò vicino all’uomo e prese una sigaretta e si allontanò. Poi ritornò sui suoi passi e gliene prese un’altra. La gente la guardava senza capire cosa stesse accadendo.

Clara andò in una poltrona libera, si tolse le scarpe, allungò la sedia fino a farla diventare un divanetto e si accese la sigaretta.

Un’anziana donna indiana che stava vedendo la scena chiese all’hostess che le era accanto: – Mi scusi signorina: ma si può fumare sull’aereo?

L’hostess, anch’essa un po’ confusa da tutti gli avvenimenti, presa in contropiede, rispose: – Forse sì ma solo in alcuni posti. Vede che il segnale di “vietato fumare” è stato spento? Comunque ora le porto alcuni stuzzichini. Da bere cosa gradisce?

Ascanio intanto entrava in cabina di pilotaggio e a voce alta chiese: – Dimmi che cavolo sta succedendo. Clara è di là che fuma e tu sei qui da sola.

– Non lo so: è impazzita. Prendi tu con me i comandi. Torniamo indietro?

– No: non torniamo indietro. Prendo io i comandi con te. Andiamo a Mumbai.

Ascanio prese il posto di Clara, si mise le cinture e la cuffia e spense l’allarme di “fumo in cabina” causato dalla sigaretta.

Intanto nella business class Clara aveva finito la sua sigaretta. Si accese anche la seconda e la fumò tutta. E si addormentò.

La signora indiana chiese nuovamente alla hostess: – Signorina: ma lei è proprio sicura che si possa fumare?

– Certo: vede il segnale che è ancora spento. Le porto qualcos’altro da bere? Vuole un libro? Le presto il mio. È molto bello. Non l’ho ancora finito ma l’ho trovato molto avvincente. Glielo regalo, non si preoccupi. Io, poi, me ne acquisterò uno nuovo.

Dopo quasi quattro ore di volo Clara si risvegliò, si stiracchiò, si rimise le scarpe e andò in cabina. Aveva ripreso un colorito normale e non sudava più.

– Che ci fai al mio posto, Ascanio?

Ascanio e Lisa la guardarono come si guarda un matto.

– Lo sapete che di là, in business class, c’è odore di sigaretta? Secondo me qualche furbetto ha fumato.

– Ti vedo meglio ora. – disse Lisa.

– Non mi ricordo bene cosa sia accaduto: forse non sono stata molto bene ma ora va molto meglio. Quanto manca all’arrivo?

– Siamo già sul sentiero di discesa. Il tempo a Mumbai è uno schifo. Ci hanno segnalato 11 millimetri di pioggia. Temo che dovremo divergere su di un altro aeroporto.

Clara, non ricordandosi bene ciò che era accaduto, prese posto dietro, lasciando Ascanio ai comandi.

Quando furono sul sentiero di discesa, verso i tremila metri, Ascanio disse: – Rinunciamo e riattacchiamo. Proviamo a chiedere che ci diano un aeroporto con condizioni meteo migliori di questo.

E l’aereo riprese quota.

Fu allora che Clara disse: – Sbaglio o sono ancora il Comandante di questo aeromobile?

– Io ho chiesto la tua rimozione dato che vaneggiavi.

– L’hai verbalizzata ai controllori di volo?

– Effettivamente no.

– Grazie Lisa. Ti devo un favore. E ora, Comandante Ascanio, se gentilmente volesse alzarsi e cedermi il posto.

Ascanio la guardò, si slacciò la cintura, aprì la porticina e chiamò il cameraman.

– Phil: inizia a riprendere tutto. Ho studiato i rapporti di volo su questa ragazza e sono incredibili. Quindi, se tutto andrà bene, avrai filmato uno degli atterraggi più difficili della tua vita; se andrà male avrai filmato uno dei disastri peggiori della Iron Air Ltd.

Clara sorrise ad Ascanio che le strizzò l’occhio e iniziò la checklist per la discesa e l’atterraggio.

La pioggia era veramente forte.

Poi si voltò verso la telecamera e disse: – Sugli aerei non ci sono uomini o donne ma ci sono solo piloti. Persone che amano volare perché ce l’hanno scritto nel loro DNA. E chiunque sieda in questo posto farà di tutto per portarvi a casa, al lavoro, in vacanza, presso la vostra famiglia o presso i vostri amici senza che vi accada nulla. L’unica differenza è che se pilota una donna tutto sarà più preciso e delicato. E ora allacciatevi le cinture di sicurezza dato che dobbiamo atterrare per non fare arrivare in ritardo tutti questi simpatici passeggeri. Forza! Qui sotto troverete il link per le vostre iscrizioni.

Ascanio, sottovoce, disse a Phil: – Mi piace quello che ha detto: lo useremo per la nostra campagna di reclutamento.

Pur con alcune difficoltà Clara riuscì a far atterrare al primo colpo il suo Airbus sotto una pioggia torrenziale. I passeggeri applaudirono per la manovra perfetta nonostante il maltempo.

– Qui è il vostro comandante Clara Chase che vi dà il benvenuto a Mumbai dove sono le ore 20:55. Vi preghiamo ancora di stare con le cinture allacciate sino all’apertura delle porte. Non scordatevi il vostro bagaglio a mano e vi ricordiamo che sull’aereo e nell’aeroporto è vietato fumare. Vi ringraziamo per aver scelto la Iron Air Ltd e ci auguriamo di avervi ancora a bordo con noi. Una buona serata a tutti.

Spento l’interfono Clara, rivolgendosi ad Ascanio disse: – È possibile sapere se in una certa data un nostro aeromobile abbia avuto un incidente?

– Penso di sì. Chiamiamo la sede e glielo chiediamo.

– Cercami tutti gli incidenti del 4 aprile 2016 a Tel-Aviv.

Ascanio fece un lungo giro di telefonate mentre i passeggeri stavano scendendo e dopo un po’ disse: – Ecco qua: 4 aprile 2016, aeroporto Ben Gurion di Tel-Aviv. Un Airbus A321 comandato da te, Clara Chase. Ingestione di volatile nel motore due. Danni minimi. Partenza ritardata di tre ore.

Clara sorrise e disse: – Però! Quell’anatra aveva proprio ragione.

Sorrise.

Si alzò, uscì dalla cabina di pilotaggio e andò dal distinto uomo d’affari londinese che, per sua sfortuna, non era ancora sceso e gli disse: – Mi offrirebbe un’ultima sigaretta?

L’uomo si alzò, le diede tutto il pacchetto, prese il suo bagaglio a mano e si avviò di corsa verso l’uscita.

– Che gente strana che c’è in giro. – disse Clara.

Poi tornò in cabina, si sedette, aprì il finestrino sotto una pioggia torrenziale e si accese una sigaretta.

– Ah! Sto benissimo. Settimana prossima smetterò di fumare.

– È vietato fumare sugli aerei. – disse Lisa.

– È vietato fumare sugli aerei. – disse Ascanio.

Clara raggiunse l’interruttore del segnale del divieto di fumo e lo spense: – Ora si può.

Nel frattempo, alla stessa ora notturna, in un bellissimo attico del centro storico di Londra, c’era Frank Arrivabene, direttore unico della Iron Air Ltd, molto agitato, insieme alla sua compagna.

– Io non so proprio spiegarmelo che fine abbia fatto. Era sul mio tavolo, in ufficio, da me, e poi è sparita. Non c’era più. L’ho cercata dovunque.

– Non ce l’hai in tasca?

– Ti ho già detto di no! Ho già controllato. E poi son sicuro di averla lasciata sul tavolo. Guarda che da me non entra nessuno. Sono il padrone della compagnia! E la mia nuova segretaria è fidatissima.

– Sarà pure fidatissima ma questa sera la nostra pastiglia di ecstasy da dividerci in due non ce l’abbiamo.

– Mah? Chissà che fine avrà fatto?

– Mah?

 

[1] Situazione in cui uno (o più) dei piloti non viene ritenuto più in grado di gestire le normali operazioni di volo e per questo motivo viene esonerato da ogni compito relativo al velivolo.



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