titolo: Un pilota a palazzo
autore: Bruno Servadei
editore: in selfpublishing (Amazon)
anno di pubblicazione: dic 2016
ISBN: 9781540636584
Dopo aver letto altri due libri di Bruno Servadei, “Vita da cacciabombardiere” e “Ali di travertino“, mi è capitato tra le mani questo di cui mi accingo a scrivere la recensione, dopo averlo letto con notevole gusto.
I primi due erano molto interessanti. “Vita da cacciabombardiere” era tutto focalizzato sull’attività dell’autore come pilota militare e quindi raccontava tanti episodi di volo. Per un pilota di Aeroclub come me rappresentava l’occasione di poter gettare uno sguardo all’interno di quel tipo di vita che avevo tanto desiderato fare, ma che mi era sfuggita per un soffio.
Avevo chiuso l’ultima pagina augurandomi che l’autore non si fermasse al primo libro e ne scrivesse altri. Ricordo vagamente di aver sentito dire che questa fosse la sua intenzione, così almeno sembra avesse detto a qualcuno.
Poi, un giorno, mi capitò il suo secondo libro: “Ali di travertino“, focalizzato sul periodo di servizio che l’autore aveva svolto al Ministero dell’Aeronautica di via Castro Pretorio a Roma, presso lo Stato Maggiore Aeronautica.
Anche questo mi aveva interessato moltissimo, perché anch’io avevo passato nove anni di vita militare in quel palazzone, nel reparto telecomunicazioni.
Dopo aver letto il secondo libro contattai Bruno Servadei, ma non ricordo come. Lui aveva promesso che, se qualcuno glielo avesse chiesto, avrebbe inviato un paio di DVD contenenti foto e video della sua vita di pilota militare. Infatti li ricevetti e ancora li conservo con cura.
In quel periodo lavoravo come controllore sulla Torre dell’aeroporto dell’Urbe. Qualche anno dopo andai in pensione.
Questo libro, “Un pilota a palazzo” riguarda i tre anni di servizio che Bruno Servadei ha trascorso presso il Quirinale, quale consigliere aggiunto per l’Aeronautica Militare del Presidente della Repubblica, che allora era Francesco Cossiga.
Il primo capitolo comincia proprio con l’arrivo dell’autore al Quirinale, un luogo che per tutti noi rappresenta semplicemente uno dei punti caratteristici di Roma. Non solo per noi che viviamo in questa città, ma anche per ogni turista al quale capiti di passarci davanti.
Ma una cosa è vedere da fuori l’ingresso del Quirinale, con i suoi corazzieri di guardia e una cosa ben diversa è presentarsi davanti a loro per entrare a prendere servizio nell’entourage del Presidente della Repubblica Italiana.
Già dalle prime righe del primo capitolo si entra in una realtà così coinvolgente che ci lascia incollati alle pagine. E queste scorrono via veloci da subito, perché lo stile di Bruno Servadei è davvero coinvolgente. Il suo modo chiaro, semplice, anche nelle descrizioni più complesse, fa sentire il lettore come se stesse al suo fianco. E si finisce per provare fisicamente le emozioni descritte dall’autore.
Nel secondo capitolo si parla di quali erano le sue funzioni, ma ci si arriva gradualmente, come passando attraverso una sorta di cortina di incertezza. Non appare subito chiaro ed evidente quali compiti deve assolvere una figura come la sua. Dovremo girare molte pagine prima di saperlo con certezza. Ma l’interesse aumenta a ogni pagina girata, perché non capita spesso di ritrovarci ad esplorare certi ambienti, generalmente troppo lontani dalla nostra realtà.
La figura del Presidente Cossiga resta quasi costantemente un po’ sfocata nelle descrizioni, tranne in poche occasioni, quando si fa più vicina e distinta. Ma Cossiga è stato un personaggio di un certo spessore nella Storia del nostro paese. E proprio il fatto che il Presidente di quel periodo fosse lui rende ancora più avvincente questo libro.
Per quanto mi riguarda, ho trovato molto interessanti i riferimenti a certi avvenimenti di rilievo dei quali avevo una conoscenza più diretta. Per esempio, Servadei parla delle esercitazioni Wintex, che ogni due anni avevano luogo e coinvolgevano tutti i reparti dell’Aeronautica, compreso il Centro Comunicazioni dove prestavo servizio. Ero un Marconista, allora. Ma non un operatore, ero un tecnico. In quelle esercitazioni dovevo realizzare, a richiesta, sia di giorno che di notte e quasi immediatamente, nuovi collegamenti telefonici, telegrafici (telescriventi) o addirittura nuovi canali radio.
Interessantissimi sono i riferimenti anche alla cosiddetta “Strage di Ustica“. Pur senza rivelare nulla di inedito, come è ovvio che sia, dal momento che ancora oggi resta un caso irrisolto, è avvincente conoscere il suo parere.
Poi ci fu un altro episodio, in quegli anni. Quello di Abu Abbas, che coinvolse un reparto dei nostri carabinieri nell’aeroporto di Sigonella. La stampa diede molto rilievo al fatto che i nostri carabinieri si opposero alla consegna di Abu Abbas ai Marines americani.
Chi ricorda questi avvenimenti troverà interessante il parere di Servadei.
E il sequestro dell’Achille Lauro?
Servadei mette in evidenza che a quell’epoca non esisteva un centro dove si potesse far fronte ad avvenimenti complessi e sensibili, dove si potessero concentrare specialisti di ogni settore e strumenti idonei a valutare velocemente situazioni da gestire in tempi rapidi, magari dopo un efficace coordinamento con tutte le organizzazioni dello Stato.
L’idea prende corpo e si profila il progetto di un ufficio, una sala, dedicata allo scopo.
E non mancano neppure svariati commenti contrari all’idea e resistenze di vario genere. Ma il progetto, sostenuto dall’alacre lavoro di Servadei, va avanti.
Si arriva così alla creazione di una sala situazione, un centro che fosse in grado di coordinare molti altri servizi importanti, compresi i Servizi Segreti.
Nel libro non si parla solo del Quirinale. C’è anche una parte relativa alla tenuta di Castel Porziano, sul litorale laziale, di proprietà della Presidenza della Repubblica. La descrizione di questa grande area, con la sua pineta e la sua spiaggia, inaccessibile e sconosciuta a tutti, anche se si sa bene che esiste, è di grande interesse. Servadei ci conduce all’interno della tenuta e così possiamo “vederla”.
Una parte del libro è dedicata ai corazzieri. Li conosciamo tutti, da fuori. Ci stupiscono con la loro statura e la loro divisa che somiglia vagamente ad un’armatura, qualche turista riesce perfino a farsi una foto con qualcuno di loro, ma poi ognuno se ne va, lasciando l’episodio a livello di un semplice incontro.
In questo libro, invece di andarcene, entriamo dentro la loro realtà, nei loro locali, nella loro mensa. E ci sembra di conoscerli come si conoscono dei colleghi di lavoro.
In questo libro si parla poco di aerei, se ne accenna appena, qua e là.
Si parla invece di moto.
Non solo di quelle dei corazzieri, che all’epoca erano delle Moto Guzzi. E servivano ad accompagnare il Presidente nei suoi spostamenti ufficiali.
Servadei abitava ai Castelli Romani, ad una certa distanza dalla città di Roma. Il traffico della Capitale è micidiale. La mattina si formano code tremende verso Roma e lo stesso avviene nel pomeriggio, verso fuori città. Le ore di punta rendono difficoltosi gli spostamenti. Una moto risolverebbe il problema.
E cosa fa Servadei? Rinuncia alla macchina ministeriale con autista e si compra una moto. Così può arrivare in perfetto orario, se non addirittura in anticipo, alzandosi tre quarti d’ora più tardi.
Che dire, anni fa, sia quando ero militare, sia dopo, quando lavoravo per quella che oggi è l’ENAV, anch’io ho risolto così il problema del traffico romano. Ho sempre avuto una moto, una passione che per me è stata seconda solo a quella per gli aerei e gli alianti.
Con la moto andavo tranquillamente a Ciampino o a Pratica di Mare, alzandomi più tardi e arrivando sempre in tempo nonostante le indescrivibili code del mattino. E tornavo a casa in breve tempo, superando chilometri di automobili che procedevano a passo d’uomo.
Io avevo una Moto Guzzi. Servadei opta, invece, per una Ducati.
Questione di gusti personali.
Una parte del libro parla dei voli di stato. E coinvolge anche i voli del Papa, il quale, come è noto, utilizza un elicottero dell’Aeronautica Militare. Nei viaggi più lunghi utilizza un aereo, all’epoca era un DC 9 oppure un Gulfstream G3, come fanno le alte cariche dello Stato Italiano.
Ma il Papa, formalmente, è il capo di uno Stato estero.
Eh, questa parte del libro è decisamente molto gustosa. Almeno lo è stata per me, durante la lettura.
E le visite di Stato? Altra parte interessantissima. Queste hanno dato all’autore l’occasione di girare mezzo mondo, con molti aneddoti tutti da leggere. Anche in questi viaggi, alcuni dei quali in vari stati africani, abbiamo l’impressione di far parte delle delegazioni diplomatiche. Al punto che, chiuso il libro, ci sembra di essere appena tornati dalle missioni.
E quando il libro finisce veramente, lasciamo Servadei in procinto di essere trasferito.
Ma il nuovo incarico è altrettanto promettente. Si occuperà di cooperazione internazionale nel settore dell’industria della difesa con tutti i paesi della NATO, più alcuni altri.
Nelle ultime pagine, poche parole descrivono la cerimonia di commiato.
Il giorno dopo Servadei è su un volo per Montreal con un gruppo di persone sconosciute.
E mentre il suo aereo rimpicciolisce nell’immensità del cielo, verso nuove avventure, a noi resta una vaga speranza che appena ne avrà il tempo, non mancherà di raccontarcele.
Recensione di Evandro A. Detti (Brutus Flyer),
didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR
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