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Un decollo risicato

Me ne stavo nel piazzale antistante l’hangar dell’Aeroclub di Palermo, crogiolandomi al sole mattutino in una comoda sdraio. Anzi, sonnecchiavo nell’attesa del primo allievo della giornata.

Arrivò, invece, un visitatore che non conoscevo, il quale mi fece aprire gli occhi; mi alzai a fatica, per usuale educazione, non senza averlo prima squadrato dalla testa ai piedi: era un uomo di mezz’età, con una folta barba nera, ben vestito e, per quello che si poteva vedere, abbronzatissimo.

Gli porsi la mano ed egli si presentò spiegandomi che era un commerciante di vini, che spesso si era recato in nave a Pantelleria, la bella isola a sud della Sicilia, dove aveva acquistato grosse partite di vino zibibbo (ecco perché mancava nei negozi di Palermo!) e, questa volta, se possibile, avrebbe preferito andarci in volo.

Gli spiegai che l’Aeroclub non poteva svolgere attività commerciale né trasportare fusti di vino a bordo dei propri piccoli apparecchi.

Mi rispose che lui li avrebbe solo contrattati mentre l’azienda vinicola, che anch’io conoscevo, glieli avrebbe spediti come sempre aveva fatto.

Trascurai, a questo punto, la faccenda “voli commerciali” e che, sì, potevamo andarci, purché pagasse, mio tramite, la tariffa oraria che avrei dovuto pagare io.

Non ebbe alcun problema ad anticipare quella stimata per le due ore previste, relativa al Cessna 206, quello con cui di solito lanciavo i paracadutisti. Speravo, peraltro, di comprare, a prezzo di commerciante, una cassa di bottiglie speciali che avrei potuto stivare a bordo.

Il giorno prima c’era stato scirocco violento; quel giorno calma piatta anche a Pantelleria: strano, lì è sempre ventoso. Rassicurato, comunque, dall’Ufficio Meteorologico Aeronautico, fatto il pieno al Cessna e tornato sul piazzale, un collega pilota mi chiese se poteva venire con noi. “Certo”, gli risposi, “ti siedi a destra e quello lo facciamo accomodare dietro”.

Allineato per pista 35 che punta più o meno a nord, verso le case a due o tre piani della Palermo periferica, osservai che la manica a vento era penzoloni, non un filo di vento perciò, e iniziai la corsa di decollo.

Appena staccato alla giusta velocità di 80 nodi (circa 150 Km/h, ndA) di colpo l’indice dell’anemometro scese a 40: stallo!

Giù il muso e un istante dopo tornò a 80!

Non potevo atterrare perché la pista è corta e per giunta in discesa.

– La cosa si ripeté un paio di volte; passai a pelo delle case e, qui, l’apparecchio iniziò una ripidissima salita. A quel punto, l’amico seduto accanto (che in seguito divenne pilota professionista), rimasto silenzioso avendomi visto lavorare con calma e decisione, mi disse: “Non ti voltare, a quello la barba è diventata bianca!”

Gli risposi di rassicurarlo perché saremmo subito rientrati per pista opposta.

Nessun problema, infatti, con le eventuali raffiche in prua: avevo subito capito che eravamo stati investiti in coda da forti raffiche di scirocco, con effetto wind shear che toglie velocità all’aeroplano!

Seppi poi che mentre staccavo le ruote dalla pista, in quell’istante era arrivata in Aeroclub (troppo tardi) una telefonata dall’operatore meteo che diceva pressappoco così: “ Non fatelo decollare, ci sono 70 nodi a Pantelleria!”

Giuro, meglio volare fra le nuvole che con un ventaccio così!



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Michele Gagliani

Un decollo risicato

aeroplanino turbolenzaParecchio tempo fa un distinto signore con folta barba nera (diventatagli poi bianca) venne a trovarmi in Aero Club chiedendomi se potevo accompagnarlo da Palermo a Pantelleria.

Era un commerciante di vini e, infine, acconsentii purché pagasse mio tramite il costo del volo.

Il giorno prima c’era stato forte scirocco, ma ora cal-ma piatta, e venni anche rassicurato dall’Ufficio Meteo. Feci preparare l’aeroplano che generalmente usavo per lanciare paracadutisti, imbarcai accanto a me anche un collega che oggi è pilota di linea e feci accomodare il commerciante nel sedile posteriore; rullai per portarmi in posizione attesa, pronto per il decollo, autorizzato. La manica a vento era a zero ma, appena staccato alla giusta velocità, questa di colpo si dimezzò portando l’aeroplano in stallo; poi si riprese e di nuovo stallo …! Riuscii a superare “a pelo” le case che si trovavano in fondo alla pista e qui l’aeroplano cominciò a salire come un ascensore! Il seguito nel racconto …!



Narrativa / Medio-breve Inedito; ha partecipato alla III edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole” – 2015; in esclusiva per “Voci di hangar”

Cielo senza confini

Tutti i lunedì, martedì, eccetera (che monotonia!) me ne vado al Club Albatros, dove faccio l’istruttore VDS (Volo da Diporto Sportivo) con un apparecchio tubi-e-tela capace di decollare e atterrare in metà della pista in terra battuta lunga non più di quattrocento metri. Per arrivarci mi faccio ogni giorno centoventi chilometri, fra andata e ritorno, con la nuova utilitaria che nel giro di un anno ne ha superato cinquantamila … e ancora devo finire di pagarla!

Quel memorabile sabato, 1° Giugno 2002, ero ancora solo e, guardando il cielo parzialmente nuvoloso, cominciai a sognare ad occhi aperti ripensando ad un volo speciale fatto qualche tempo prima.

Un volo fantastico, fuori dal tempo e dallo spazio: ero sopra e fra le nubi, in una bianca e sinuosa valle incassata fra picchi illuminati dal sole e dall’arcobaleno! Una strada infinita, con tunnel di bambagia in cui si entrava, per uscirne in curve iridescenti, poi giù a capofitto in burroni senza fondo che sfociavano in canyon risalenti verso la luce, vivida, abbagliante, in anfratti misteriosi con stalattiti e stalagmiti trasparenti! Quell’aereo ultraleggero, con motorino da ottanta cavalli, saliva e volteggiava come un angelo, magnifico, elegante, superbo.

Mi svegliò dal torpore in cui ero caduto un amico pilota, per chiedermi se poteva usare anche i miei bidoni per rifornire di benzina alcuni ultraleggeri diretti a Trapani: l’indomani avrebbero fatto scalo tecnico sul nostro campo.

– Verrò ad aiutarti: ma dove vanno? A Trapani? Non mi pare che ci siano campi di volo o aviosuperfici da quelle parti … evidentemente non sono aggiornato.

– Ma no, gli amici di Siracusa andranno a Trapani Birgi!

– L’aeroporto militare di Trapani? Stai scherzando? Su Trapani atterrano gli aerei di linea, ma è vietato a quelli da turismo … figuriamoci agli ultraleggeri! –

Pensavo, intanto, alle difficoltà incontrate in passato per farci qualche trasferimento da Boccadifalco, l’aeroporto minore di Palermo, sede di Aero Club: occorrevano speciali autorizzazioni rilasciate dal competente Ministero, da citare nei piani volo, e con gli aeroplani ci si poteva andare soltanto nei giorni prefestivi e festivi (ma non sempre) quando gli F.104 di stanza a Birgi, pur sempre in stato d’allarme, riposavano un tantino! Già allora era obbligatorio il trasponder, affinché gli operatori radar potessero facilmente individuarli; mentre ora una formazione di apparecchietti, neanche forse muniti di radio, poteva impunemente andarci?

– Impossibile, tu mi prendi per i fondelli …

– Non sto scherzando, te lo giuro! Anzi, sono stato invitato ad aggregarmi: vuoi venire con me? –

L’amico, che è sempre stato persona seria, possiede un ultraleggero migliore del mio, più veloce, sempre lucidato a specchio, e mai mi ha imbrogliato: devo credergli e, naturalmente, accetto con cauto entusiasmo. Mi toglierò lo sfizio di scendere su quello scalo proibito? Chissà! Sarà vero che questi altri amici sono autorizzati?

– Certo è – m’informa – che si tratta di volatili in gamba. Alcuni di loro hanno fatto un incredibile Raid fino a Capo Nord, altre volte sono andati a Malta … Ma sì, sono anche atterrati a Sigonella, l’aeroporto militare di Catania e base NATO!!! –

Ricordo d’essermi battuto come un pazzo, in quegli anni, per scendere con l’ultraleggero sul vecchio scalo di Boccadifalco e non ci sono riuscito, pur essendo allora pilota d’aeroplano e presidente del locale Aero Club.

Quest’aeroporto era proibito (ora non so) anche ai piloti di Aviazione Generale provenienti da altre sedi: aperto per loro soltanto in occasione del Giro Aereo Internazionale di Sicilia che si svolge ogni anno, fin da quando era prova valevole per il campionato mondiale di velocità.

Non c’era una logica in tale proibizione, considerato che in tempi non lontani chiunque poteva arrivarci in volo, anche in presenza di un reparto dell’Aeronautica Militare trasferitosi poi a Trapani.

A onor del vero, alcuni di noi avrebbero potuto volarci con gli ultraleggeri, in occasione di manifestazioni sportive o di protezione civile, a condizione di portarceli smontati: pura follia! E questi se ne vanno impunemente a Trapani Birgi? Cose da pazzi, non c’è più mondo!

Domenica 2 Giugno, alle sette, percorsi i soliti sessanta chilometri, sono già al campo, piazzo la manica a vento, controllo che non vi siano ostacoli in pista e sistemo i bidoni vicino alla porta dell’hangar.

Il nostro apparecchio, già pronto, morde il freno dell’attesa. Finalmente arrivano, uno dopo l’altro, e sono in DIECI! Ordinatamente atterrano per pista 24, essendoci un venticello da ovest, ed ho il mio daffare per aiutarli a parcheggiare nei modesti spazi del nostro campo.

Hanno tutti fretta di rifornire perché: “Abbiamo una finestra che occorre rispettare”.

Rapide spole, dunque, con le nostre auto stracariche di bidoni, fra campo e distributore più vicino, dove ci serviamo abitualmente.

Apprenderò che ai siracusani si sono aggiunti i catanesi; le due formazioni, riunitesi in volo e lasciato l’Etna alla loro sinistra, hanno tagliato nell’entroterra puntando su Capo D’orlando per proseguire lungo la costa tirrenica fino al nostro campo, dieci chilometri a ovest di Cefalù. A loro si uniranno adesso un palermitano ed un oriundo messinese (io): il volo affratella, non c’è dubbio!

Eseguiti i rifornimenti, ancora incredulo, decolliamo in coda al Gruppo.

Dopo cinquanta minuti di volo siamo a Birgi e posiamo dolcemente le ruote su quella pista liscia come un tavolo da bigliardo. Quindi rulliamo per alcuni chilometri raggiungendo, con i motori surriscaldati, il piazzale dell’aerostazione civile; entriamo e siamo accolti con entusiasmo dai gestori del bar (che raramente vedono tanta gente insieme) e con estrema cortesia dalla Società di Gestione, cui tuttavia, prima di ripartire, dovremo pagare l’handling normalmente richiesto ai piloti degli aeroplani: ma è da dire che, oltre a disbrigare le formalità di “rito” (modulistica, documenti, eccetera) hanno messo a nostra disposizione un pullman che, attraverso lo spettacolo delle saline, ci ha condotto in un ristorante prospiciente l’incantevole isola di Mozia e, più tardi, è tornato a riprenderci.

Rivedere gli undici apparecchi ordinatamente allineati sul grande parcheggio altrimenti vuoto, col monte Erice sullo sfondo di quell’abbacinante scenario azzurro, è stata per me (e giurerei per tutti) un’emozione fortissima.

Il decollo, poi, dell’intera formazione condotta dal leader di turno, mi rese soddisfatto e felice come un bambino impunito che aveva appena rubato la marmellata!

Grazie agli organizzatori di quel volo eccezionale, ho ritrovato la speranza di un cielo senza confini e recinzioni!

Mi resta, intanto, il bellissimo papiro regalatomi dal Presidente dell’Avioclub di Siracusa raffigurante un giallo biplano che sorvola il teatro greco di quell’antica Città: mitico dono d’ali per raid ritenuti impossibili!



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Michele Gagliani

Cielo senza confini

aeroplano ala alta rosaUn volo nel mondo incantato delle nuvole e poi un eccezionale raid rimasti indelebili nella mia memoria.

Del primo poche parole che fanno sognare!

Per comprendere l’altro bisogna sapere che i Piloti VDS (Volo da Diporto o Sportivo) operano, per legge, solo su aviosuperfici e campi di volo, ma non possono assolutamente farlo su aeroporti militari. E, però, in uno di questi sono potuto andarci!

Undici apparecchi ultraleggeri (pur con i divieti imposti anche agli aeroplani da turismo) sono stati eccezionalmente autorizzati ad atterrare sull’aeroporto di Trapani Birgi, base dei caccia F104 dell’Aeronautica Militare, sentinelle del Mediterraneo, accolti da tutti con squisita cortesia.



Narrativa / Medio-breve Inedito; ha partecipato alla III edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole” – 2015; in esclusiva per “Voci di hangar”

Lei … Lui in Aeroclub

Piazzale di un Aeroclub. Il sole del mattino scalda un uomo che sonnecchia in una sedia a sdraio. Da un portone dell’hangar parzialmente aperto egli scorge alcuni aeroplani a riposo anche loro. Se lo meritano. E’ giorno di chiusura: i meccanici stanno a casa. Oggi non si lavora; ma lui c’è andato ugualmente, come fa ogni lunedì, per controllare e sistemare i conti della settimana appena trascorsa; infatti, anche se fa il pilota istruttore, ha quest’altro compito, avendo il Presidente assunto a “mezzo servizio” una sola segretaria, Lucy, che non s’intende di numeri! Ha dormito poco, stanotte, pensando e ripensando a quell’allievo un po’ duro di testa che, pur desiderando di volare, apprende poco e trema quando si trova ai comandi dell’aeroplano. Deve decidere se tentare un altro metodo o dirgli di cambiare mestiere! Intanto, s’è preso una breve pausa volendo recuperare quel po’ di sonno perduto. Ma mentre sta per addormentarsi, avverte la presenza di qualcuno: perciò socchiude un occhio e scorge avvicinarsi un omone col naso camuso e mancante della mano sinistra; costui si ferma a gambe aperte e, con voce roca, l’apostrofa: “Mi sente, lui? Volessi parlare con chi comanda qua.” Un po’ scocciato da quell’intrusione e costretto ad alzarsi, a fatica gli porge la mano presentandosi: “Io sono Mike, il comandante. Lei chi è? E cosa desidera?” L’omone gira la testa a sinistra e a destra, ignora la mano tesa del comandante e parla al vento che, intanto, s’è levato leggero e comincia a frusciare fra le palme vicine. “Mi disse Lei? Con chi sta parlanno? Masculo sono, non sono ‘na femminuccia, e a chi mi disse LEI ci ho dato un cazzotto in bocca e non pò parlare chiù! LUI mi deve chiamare! Per nome e cognome, o meglio Coso Incazzoso, il pisseudonomo che mi davano i fans e il Mister quando facevo a cazzotti sul ringo! “Va bene, Coso, ho capito. Lei … Lui di professione era pugile. E ora, mi dica Coso, cosa fa?” E Coso, sforzandosi di parlare in corretto italiano, dopo qualche esitazione gli risponde: “Che ci posso dire, non faccio più niente, mi hanno imputato ’sta mano e dicono che devo cangiare mestiere. Per il Mister io sono sonato come ‘na campana. E perciò … ora volessi volare col coso ariaplano … e fare la patente.” Imbarazzato, Mike, ancora sonnacchioso stenta a frenare uno sbadiglio, realizza che qualcosa non va e con voce flebile gli risponde: “Già, Coso, mi dispiace; ma non vedo il nesso! Comunque, il “coso” che vola si chiama aeroplano; la patente, brevetto. Ma Lei … Lui non può pilotare con una mano sola!” E Coso, di rimando, alzando il braccio destro come se volesse dare un pugno all’istruttore che si scansa: “E io ci dico che posso. Il coso che dice lui vola nell’aria e perciò io lo chiamo ariaplano. Ora mi serve la patente! Ci l’ho lu brevetto … quello di cazzettatore brevettato!” Il povero istruttore, mentre arretra di un passo, si fa scuro in volto perché la giornata, che sembrava buona, di colpo si è annuvolata … pur essendo il cielo di un limpido azzurro. Si guarda intorno, non c’è nessuno cui chiedere aiuto, gira la testa di lato e mormora fra sé e sé: Attento Mike, costui è tanto pazzo quanto sciocco ed è molto forte! Coso, che ha sentito qualcosa, chiude a pugno la mano sinistra: “Che disse lui, ah? Non sentii bene, parlassi a voce alta!” Mike arretra di un altro passo e si scusa sostenendo di aver detto che: “Intanto c’è puzza di scirocco forte e perciò oggi non si può volare”! Perplesso, Coso, si pulisce il naso col dito indice, poi se lo ficca in bocca, lo tira fuori dopo averlo umettato ben bene, lo guarda e lo alza in alto: “Ooooo! Uuuuu! Ventu di scirocco? Ma lui chi sta dicenno, quali ventu… venticello è! Oggi la giornata è bbona!” Mike, nauseato, alza a sua volta l’indice della mano destra a indicare il cielo: “Guardi, Coso, lassù in alto, dove ci sono quelle nubi lenticolari … ce n’è tanto!” Poi, volendo allontanare quell’uomo massiccio e fastidioso, garbatamente gli dice: “Comunque, Lui non lo può fare il volo; UNO, deve prima pagare alla segretaria la quota di ammissione; DUE, deve sottoporsi a visita medica, quella psicofisica; TRE, se scrivono che Lei … Lui è idoneo, per volare deve pagare altri soldi alla segretaria; QUATTRO … A questo punto Coso lo interrompe: “Come sarebbe che ci devo dare soldi alla segretaria? Donna di malaffare è? Pissi fisica, idoneo … ma lui che mi sta dicenno?! Mi scrivono la cartolina che sto bene? Non c’è bisoooogno! Io bene sto, lo disse il dottore che m’aggiustò il naso!” Non c’è verso di liberarsene. Mike adesso è totalmente sveglio e, anche se stanco di quella manfrinata, alza un po’ il tono della voce, ma arretra ancora di qualche passo. “Senta, Coso, facciamo una cosa, non insista, oggi non si vola. Su, entriamo in hangar per vedere gli aeroplani! Vada, vada prima Lei … Lui! Ma insomma, si può sapere perché vuole volare?” “Deve sapere che ci voglio buttare ’na bomba sulla casa del Mister che non mi fece più combattere!” Coso, adesso, è rosso in faccia e nessuno, cioè Mike, si azzarda a dirgli qualcosa. Ma che cavolo gli si può dire?! “Quel brutto figlio di cana mi disse che sono monco-sonato! E perciò deve morire con tutti i figlistei!” Finalmente, entrando in hangar si guarda in giro e perplesso esclama: “Ma dove stanno gli ariaplani? Quelli, ariaplani sono? Piccolini, pesi piuma sono! E la bomba non ci sta. Neanche io ci sto! Lui ragione c’ha. E sai che faccio, ora che ci sto pensando? Ci vado a casa, con un cazzotto ci sfondo la porta e ce la metto deeentro … la cucina quando mangiano!” Parla, parla e fa un gesto apparentemente osceno con la mano destra sul braccio leso! Coso, stavolta davvero Incazzoso (ecco perché lo chiamavano così), aggiunge gridando: “Ce la metto, sì, ce la metto, ho il cazzotto duro io … glielo rompo, ci metto ‘sta bomba in cuuu…” “Ehilà, Coso, zitto … stia zitto! Non gliela metta in cucina … non gliela deve mettere proprio!” Bruscamente Mike, facendosi coraggio, l’ha interrotto perché in hangar c’è la segretaria, china in avanti per guardare dentro un aeroplano. “Ciao, Lucy.” Anzianotta e grassottella, Lucy è rimasta china, ma girando la testa aveva visto il gesto dell’omone e sentito le sue parole. Raddrizzandosi e stiracchiandosi, guarda fisso l’estraneo mentre parla al comandante: “Chi è ‘sto bel signore?” E continua a fissare l’omone: “C’è poca luce e non riesco a leggere nell’orametro i tempi dell’ultimo volo di ieri. La prego, può farlo lei?” Coso, convinto che stia parlando a lui, la fissa a sua volta negli occhi e (gong!) riattacca: “Mi disse lei a me? Io lui sono. Ci lo dica, comandante, ci lo dica che non sono ‘na femminuccia, io! Qua di femmina c’è solo lei, che mi pare pure bbona. Calata, era tonda dietro e sporgente davanti!” La donna non capisce la faccenda del lei … lui e per ringraziarlo dei complimenti gli dice a bassa voce: “Mai nessuno qua dentro mi aveva detto una cosa così carina!” Poi, alzando la voce, aggiunge: “M’inchino, m’inchino a Lei!” E si china di nuovo. Coso, che ha sentito solo il lei e la parola minchino, che nel suo dialetto vuol dire “minchione” (ops! al contrario!), ribatte violentemente: “Minchino e femminuccia a me? Bonazza, offeso mi hai! Tu sei femmina e ti devo rispettare. Però, se insistisci e mi fai incazzare ti do un cazzottone senza guanto che non te lo scordi proprio chiù! E l’ammissione non te la pago!” Che bella giornata, ma che bella giornata! Adesso Mike si fa coraggio volendo difendere la segretaria, afferra Coso Incazzoso per il braccio buono, rischiando di prenderselo lui il cazzotto, e gli dice gridando: “Ehi, Coso, non si dicono e non si fanno certe cose alle signore! E l’ammissione non la paga se non deve volare! Venga, andiamo fuori, discutiamone sul piazzale”. Lo strattona inutilmente, perché quello non si sposta d’un centimetro! Lucy, fingendo d’essere impaurita, interviene pregando Mike di calmarsi: “Che può farci, comandante, certe cose a volte si fanno alle signore! A me nessuno finora ha dato un cazzotto, lo sa? Intanto rimango china, così vediamo se s’incazza davvero e me lo dà!” Sconcertato, Mike, tenta ancora di trascinare fuori dall’hangar quel bestione, che però resta ben piantato sulle gambe … (break!), si sgancia in posizione di guardia e, arretrando verso l’uscita, alza il braccio come per parare l’eventuale colpo. “Ma siete impazziti tutt’e due? Lucy, t’avverto, se per te è la prima volta che ti prendi un cazzotto, t’assicuro che ti farà tanto, ma tanto male! Io me ne vado!” Vigliaccamente esce dall’hangar, socchiude la porta scorrevole e telefona col suo cellulare: “Pronto, 113? Venite subito in Aeroclub … qui c’è un pazzo furioso … un pugile sonato come una campana che dice di chiamarsi Coso Incazzoso e sta cazzottando la segretaria!” Nervosissimo, passeggia in tondo sul piazzale e ogni tanto va verso l’hangar per sbirciare da uno spiraglio: “Cose da pazzi … sono cose da pazzi! Stanno cazzottando sul serio!” Lui fa tiè, tiè, tiè … e Lucy prima grida, poi ride … dice “ahi” e grida … ma ride pure! Finalmente arrivano due poliziotti, con la volante a sirena spiegata, e due infermieri, con l’ambulanza a sirena spiegata. Si fermano sbandando sul piazzale e spengono quelle petulanti sirene. Scendono e, mentre un infermiere parla al comandante, l’altro lo prende sotto braccio: “Vieni con noi, sta tranquillo, non ti vogliamo fare del male!” Mike cerca di divincolarsi mentre urla: “MA CHE FATE, LASCIATEMI! IL PAZZO È IN HANGAR, SI CHIAMA COSO INCAZZOSO E CAZZOTTA LA SEGRETARIA … IO SONO QUELLO CHE VOOOLA, IL COMANDAAANTE! Intanto i due infermieri, che l’hanno afferrato entrambi tenendolo ben saldo, lo legano in una lettiga e uno dei due replica: “Sì, sì, io sono Napoleone … e quest’altro qui è Garibaldi! Vieni … andiamo a fare l’Italia! Mike urla e si dimena mentre l’infilano da dietro nell’ambulanza coi piedi in avanti; uno dei due gli tappa la bocca con una mano ed entra anche lui; poi parla al collega: “Se questo non sta bbono, il cazzotto glielo do io in bocca! … Giovà, questo dice di volare! Ma quanti pazzi che ci stanno in giro! Bah! Metti in moto e segui la volante … via terra, mi raccomando …” e con l’altra mano chiude gli sportelli. Anche i poliziotti, che sorridenti hanno osservato la scena, mentre stanno per rientrare nella volante sentono voci provenire dall’hangar: “Hai sentito? Andiamo a vedere se c’è davvero la segretaria col coso incazzato?” “E se poi è vero che quello fa a pugni avrà il cazzotto duro! E se ce l’ha duro, potremmo prendercelo noi da qualche parte!” “Ccà nisciuno è fesso, chi pò fotterci deve ancora nascere!” “Ma sì, annamo via! Se ci dovrebbero chiamare ancora, intervenissimo immantinente!” Mettono in moto e partono rombando a sirene spiegate. L’ambulanza segue a sirene spiegate. E di Mike non si è saputo più nulla!


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Michele Gagliani