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Ali diplomatiche. In Svezia con le cordelline

titolo: Ali diplomatiche

autore: Bruno Servadei

editore: Amazon (autopubblicazione)

pagine: 285

anno di pubblicazione: 2019 (seconda edizione)

ISBN: 978-1679497445




Dopo un decennio di “Vita da cacciabombardiere e alcuni anni di servizio presso il Ministero Difesa Aeronautica dove le sue ali sono diventate “Ali di travertino“, per Bruno Servadei si apre un altro capitolo della sua carriera.

Deve andare in Svezia come Addetto Aeronautico presso le Ambasciate di Svezia e di Norvegia. Un compito non certo facile, diverso da quello di pilota. Ma un ufficiale che esce dall’Accademia è soprattutto un professionista del comando, non solo del pilotaggio. E la sua carriera passa attraverso diversi tipi di incarichi, anche attraverso incarichi diplomatici come questo. Le sue, d’ora in poi, saranno “ali diplomatiche”; da qui prende spunto il titolo del libro.

Il primo capitolo è introduttivo, ma fondamentalmente tratta della partenza da Roma e del viaggio verso la Svezia. Inutile dire che la narrazione cattura immediatamente il lettore, questa è una costante, nei libri di Servadei. Così, senza accorgercene, finiamo coinvolti nel viaggio, nella ricerca di casa, nei primi contatti con la nuova realtà.

L’autore ritratto con indosso la divisa adorna delle famose cordelline mentre si intrattiene in compagnia dell’allora capo delle Forze Armate svedesi in occasione di una delle svariate cerimonie ufficiali cui dovette partecipare per dovere d’ufficio (foto fornita dall’autore)

I capitoli si susseguono e prendono in esame una moltitudine di aspetti che riguardano non solo la Svezia, ma anche la Norvegia. Riguardano gli usi e costumi tipici dei popoli scandinavi, le cerimonie ufficiali e la vita comune.

Lentamente, pagina dopo pagina, conosciamo i paesaggi, le automobili dell’epoca, le leggi locali…

Le associazioni, e le attività che queste svolgono, e alle quali Servadei deve prendere parte, senza potersi sottrarre se non in casi estremamente rari, finiscono per introdurre il lettore in una realtà che ben poco ha a che vedere con la nostra. Tutto è diverso a quella latitudine. Tanto da farci temere che per un italiano sia troppo difficile uniformarvisi.

Scopriamo sin da subito, invece, che l’autore non è davvero un italiano tipico. Lui si uniforma senza difficoltà.

Da ottimo sportivo, entra facilmente negli usi e costumi svedesi. Ha esperienza di tanti tipi di sport, sci, bob, pattinaggio, tennis, sport nautici, tiro con armi di ogni tipo.

In uno dei primi capitoli Bruno Servadei ci ricorda che: “In quei tempi la piccola Svezia, con le sue centinaia di Draken bisonici, era la terza forza aerea del mondo, dopo USA e Unione Sovietica, e questo ci impressionò molto”. Un aspetto non proprio trascurabile tenuto conto che la “piccola Svezia” era anche una nazione neutrale benché a ridosso del colosso bolscevico, esposta in tutti i suoi confini terrestri e marini a un possibile improvviso attacco (come la Blitzkrieg – la guerra lampo operata dai tedeschi aveva ben insegnato nel corso della II Guerra Mondiale). La premessa dell’autore è poi ancora più illuminante: “Bisogna ricordare che noi nel 1961 volavamo sul vecchio T6 e i nostri reparti da caccia viaggiavano ancora su velivoli della classe 80, tutti subsonici, o al massimo, appena supersonici in picchiata (foto proveniente da www.flickr.com)

Un’altra bella immagine del Saab J35 Draken che nelle sue diverse versioni (elaborate nel corso degli anni) ha equipaggiato le forze aeree svedesi a partire dal 1960 fino a tutto il 1999. Si trattava di un caccia inizialmente progettato per essere un ottimo intercettore (dei bombardieri ad alta quota) ma che poi si rivelò capace anche di buone doti di dogfight-combattimento manovrato. In questa foto risalta l’insolita (per non dire rivoluzionaria) ala con architettura a doppio delta. Tuttavia le specifiche più singolarei stabilite dai vertici militari svedesi e ai quali gli ingegneri della Saab risposero con il Draken erano quelle secondo le quali il velivolo avrebbe dovuto essere rifornito e riarmato in soli 10 minuti da personale minimamente addestrato allo scopo e inoltre il suo carrello gli avrebbe dovuto consentire il decollo da strade pubbliche (appena rinforzate), che, in caso di conflitto, avrebbero dovuto sostituire le basi aeree. (foto proveniente da www.flickr.com)

Non solo è all’altezza dei nordici, ma spesso ne sa anche qualcosa di più.

Troviamo descrizioni di pranzi, cene, colazioni. Tutto ciò fa parte della realtà del mondo diplomatico. Tutto è formale, in quel mondo. Tutto si svolge secondo modalità consolidate nel tempo, che bisogna conoscere e seguire alla lettera, altrimenti si rischia di fare figuracce imbarazzanti.

Perfino nei brindisi, con il classico skol, che si dovrebbe scrivere skal, ma col pallino sopra la “a” che si legge “o”, c’è un rigoroso cerimoniale da seguire scrupolosamente.

“Seduti a tavola prima di qualsiasi azione bisognava attendere che il padrone di casa facesse il brindisi di benvenuto, che spesso era anche preceduto da un discorsetto”,

spiega Servadei.

E continua:

“Lo skol iniziale, detto anche round skol perché interessava tutti i convitati, prevedeva che il padrone di casa alzasse il bicchiere fino all’altezza dello sterno invitando tutti a fare lo stesso, guardasse negli occhi ogni invitato, pronunciasse la parola skol, bevesse un sorso dal bicchiere, lo riportasse all’altezza dello sterno, riguardasse tutti i convitati e finalmente posasse il bicchiere e si sedesse”.

La copertina del libro di Bruno Servadei nella sua prima edizione pubblicata a cura delle SBC edizioni

A questa fase iniziale segue tutta una serie di azioni rituali per il tempo dell’intera cena e anche oltre.

Questo, però, è solo l’inizio. Non esistono solo i pranzi e le cerimonie ufficiali nella routine della sua attività diplomatica.

Il libro apre lo sguardo del lettore su una moltitudine di aspetti della diplomazia. Scambi commerciali di ogni tipo, solo alcuni dei quali riguardano gli armamenti e le faccende militari, perché insieme a queste, collegate a volte a doppio filo, ci sono accordi e commesse in ogni settore industriale.

La Svezia, inoltre, specialmente prima del 1989, quando cadde il “muro di Berlino”, ma anche dopo, si trovava pericolosamente stretta tra un mare interno, il Baltico, e il mare del Nord. Da ognuno di questi mari poteva arrivare, veloce e improvvisa, qualunque azione aggressiva da parte dell’Unione Sovietica. E questo apre tutta una serie di considerazioni interessantissime, che Servadei non si risparmia nel trattare.

L’autore presenzia alla manifestazione aerea svedese cui partecipò – evento di tutto rilievo – la PAN – Pattuglia Acrobatica Nazionale italiana nel corso di una turnèe internazionale. La singolare nomina di addetto militare in Svezia – lo ammette l’autore – era stata provocata perché, nel corso del suo precedente incarico presso lo Stato Maggiore dell’Aeronautica a Roma, aveva piantato non poche grane all’industria aeronautica italiana e dunque, presumibilmente, il sistema lo aveva “premiato” sbattendolo nel luogo più remoto e più ostico tra tutte le rappresentanze diplomatiche della Repubblica Italiana: la Svezia, appunto. Bruno Servadei nel ruolo di un Checco Zalone ante litteram? Probabile! (foto fornita dall’autore)

Ciononostante non era raro che qualche sottomarino di oltre cortina sconfinasse fino a raggiungere i dintorni della città di Stoccolma che aveva il mare tutto intorno.

Negli anni di permanenza in Svezia e Norvegia Servadei ha modo di visitare la struttura difensiva e i reparti dei due paesi. Ha modo di collaudare diversi mezzi. E di conoscere i comandanti delle diverse Forze Armate.

Interessante il racconto di una competizione tra addetti e personalità varie che si svolgeva nella parte più a nord del territorio scandinavo. Quella storia, dall’inizio alla fine, viaggio compreso, lascia incollati alle pagine.

Gli addetti militari facevano anche viaggi all’estero e Servadei si trova a visitare l’Islanda, un paese che vorrei tanto visitare anch’io. E forse un giorno lo farò.

Servadei ha modo di partecipare al cinquantenario della Crociera Atlantica di Italo Balbo. Gli Atlantici vi fecero scalo prima di affrontare la difficilissima traversata dell’Oceano. Altra parte interessantissima.

Da sempre spero che si concretizzi la creazione di un museo ad Orbetello, località che fa parte della mia terra di origine e dalla quale la squadriglia di Balbo era partita.

Il celebre pilone di ormeggio che fu utilizzato in occasione delle due missioni polari effettuate a mezzo di dirigibili. Si trova nella famosa Baia del Re o Kingsbay, il fiordo situato nell’isola di Spitsbergen occidentale, la più estesa dell’arcipelago delle isole Svalbard, in Norvegia, in prossimità dell’ex città mineraria di Ny Alesund, Oggi il pilone è un monumento storico nonché un supporto prezioso per tutta una serie di sensori scientifici che vi sono collocati a diverse altezze … ma nel 1926 vi attraccò il dirigibile Norge e nel 1928 lo sfortunato dirigibile Italia (foto fornita dall’autore)

Dulcis in fundo, un’altra escursione di estremo interesse viene descritta da Servadei. Le isole Svalbard, erano state l’ultimo trampolino di lancio della spedizione di Nobile verso il Polo Nord. Parliamo del secondo viaggio di Nobile, quello dove il dirigibile Italia naufragò sui ghiacci.

La vicenda della “tenda rossa” è una delle pagine più dolorose della storia dell’aviazione italiana: una parte dell’equipaggio del dirigibile Italia (8 membri e una cagnetta) visse 48 giorni sul pack in attesa dei soccorsi avendo come riparo una tenda divenuta rossa (ma solo per qualche giorno) grazie all’anilina con la quale era stata tinta affinché fosse più facilmente avvistata. Lo scatto ritrae il monumento dedicato ai caduti della “tenda rossa”, appunto. In concreto si tratta di circa quattro metri quadrati di terreno nella Baia del Re concessi da Olaf V, allora re di Norvegia. Fu inaugurato nel 1963 ed è anche detto il “monumento delle otto croci’ in quanto caratterizzato dalla presenza di otto croci a rappresentare gli otto membri dell’equipaggio periti nella missione. Alla base vi sono racchiuse 20 formelle di marmo provenienti da tutte le regioni italiane mentre un piccolo contenitore custodisce le letterine dei bambini delle scuole italiane e le lettere di Nobile, Biagi, Viglieri e Mariano, gli unici superstiti allora ancora in vita. In realtà gli uomini periti nel corso della missione polare e quelli che perirono per portare soccorso ai sopravvissuti furono in totale 17 e tra questi, sicuramente più famoso è il celebre esploratore polare Roald Amundsen, vero e proprio mito del mondo scandinavo, eroe nazionale norvegese nonché grande amico-nemico del generale Umberto Nobile, capo della missione italiana (foto fornita dall’autore)

Servadei doveva collocare una placca che ricordasse l’episodio e il sacrificio di coloro che persero la vita nell’impresa.

Gli altri, Nobile compreso, furono protagonisti di un salvataggio che ormai tutti conoscono per via del famoso film “La tenda rossa“. A salvarli fu una nave rompighiaccio sovietica. A questo punto, però, il discorso si farebbe davvero troppo ampio; rimandiamo alla lettura di altri libri di cui sono disponibili le relative recensioni in VOCI DI HANGAR come “La coda di Minosse” o “L’ultimo volo” oppure “Ali e poltrone“. L’equipaggio della nave, dopo aver salvato i naufraghi, ebbe un trattamento inquietante da parte del loro stato. Tipicamente, sparirono non si sa dove.

La nave rompighiaccio con il quale l’autore compì la sua crociera nel profondo Nord del continente europeo. Niente di aeronautico, per carità, ma pur sempre inerente i suoi doveri di rappresentante diplomatico ben inserito nella sua realtà locale. In effetti tutto il romanzo ha una componente aeronautica abbastanza limitata (diversamente dagli altri a firma di Bruno Servadei) tuttavia l’invidiabile capacità narrativa dell’autore fa sì che il lettore rimanga incollato fino all’ultima pagina, letteralmente travolto dal vortice di vicissitudini sapientemente riportate nel romanzo autobiografico (foto fornita dall’autore).

Aggiungo solo che durante gli anni da addetto militare, Servadei ebbe modo di fare anche un viaggetto tra i ghiacci, proprio a bordo di una nave rompighiaccio.

Il libro finisce con l’ordine di rientrare, un po’ in anticipo rispetto a quello che doveva essere il termine stabilito. Gli ordinano, infatti, di tornare in Italia per andare a comandare il poligono di tiro di Decimomannu, in Sardegna.

Ma questo è l’argomento del suo libro successivo dal titolo:  – Deci 83-86. Ricordi di “tiro zero

Per concludere vorrei esprimere qui un pensiero che mi ha accompagnato lungo tutta la lettura. Questo libro, come anche “Ali di travertino” e “Un pilota a palazzo“, ma perfino “Ali in valigia“, si possono considerare dei veri e propri testi di studio universitario. Sono ideali come testi complementari in diversi esami per il conseguimento della laurea in Scienze politiche e non solo. Li vedo bene anche nel corso di laurea in Scienza della comunicazione.

E perché no? … anche per qualche materia del corso di laurea in Giurisprudenza.





Recensione di Evandro Aldo Detti (Brutus Flyer) e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR






Ali di travertino

Un pilota a palazzo

Un mondo ultraleggero

Vita da Cacciabombardiere

Deci 83-86. I Ricordi di "Tiro 0"

Ali in valigia





 

 

 

RACCONTI TRA LE NUVOLE – DECOLLATA LA XI EDIZIONE

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XI edizione Premio letterario “RACCONTI TRA LE NUVOLE”



COMUNICATO STAMPA

nr 3 del 01 aprile 2023



E’ appena decollata – e non è un “pesce d’aprile” – la XI edizione di RACCONTI TRA LE NUVOLE, il premio letterario organizzato dall’associazione di velivoli storici HAG, Historical Aircraft Group, e dal nostro sito con la collaborazione della rivista VFR AVIATION e della FISA, Fondazione Internazionale per lo sviluppo aeronautico.

E’ un’azienda dinamica operante nell’ambito della salute. Nata dalla scissione di un ramo di azienda della Vita Research, VR Medical è un azienda specializzata nelle terapie per il sistema muscolo-scheletrico e produce prodotti per il trattamento non chirurgico dell’artrosi, fratture ossee, tendiniti e neuropatie. VR Medical è altresì specializzata nella produzione e commercializzazione di prodotti per la salute della donna, con una linea di prodotti ginecologici per il trattamento osteopenia e osteoporosi, sindrome dell’ovaio policistico e cistite. VR Medical collabora con ricercatori universitari e centri di ricerca, e vanta un team di professionisti altamente qualificati che lavorano quotidianamente per offrire ai medici e pazienti prodotti innovativi per la salute e terapie all’avanguardia

L’edizione 2023, conferma il sostegno economico di VR MEDICAL, azienda farmaceutica che ha sviluppato dei prodotti per il trattamento non chirurgico dell’artrosi, fratture ossee, tendiniti e neuropatie, oltre alla salute della donna. Per ultimo ha anche cura della nuova letteratura aeronautica italiana.

L‘associazione, composta da soli membri di sesso femminile, è apartitica e apolitica nonché senza fini di lucro. Si prefigge, tra le altre, di divulgare la cultura aeronautica e, ovviamente, è destinata a coinvolgere le donne che fanno parte della famiglia aeronautica.

La novità memorabile della XI edizione è costituita invece dal preziosissimo sostegno offerto dall’ADA – Associazione Donne dell’Aria che, in virtù del medesimo scopo istituzionale (la diffusione della cultura aeronautica nel nostro Paese) ha aderito con entusiasmo a sostenere l’iniziativa culturale che è alla base Premio.

RACCONTI TRA LE NUVOLE rimane puramente letterario, a tema squisitamente aero/astro nautico e aperto solo e unicamente a racconti. Di volo, di cielo, di piloti, insetti, nuvole e ogni altra entità organica e inorganica purché appartenente alla dimensione aerea. Aviazione, spazio e tutto quanto voli, dentro e fuori l’atmosfera terrestre.

Già come avvenuto nella precedente edizione, gli organizzatori del Premio hanno definito un tema suggerito che in questa XI edizione è: “le donne in aero/astro nautica”. I racconti che conterranno riferimenti al tema suggerito verranno premiati dalla giuria: maggiore la qualità e l’originalità dei riferimenti al tema suggerito presenti nel testo, migliore sarà la valutazione da parte della giuria.

L’associazione italiana che promuove lo sviluppo, la diffusione e l’approfondimento di tutte quelle tematiche inerenti il patrimonio culturale e tecnologico che gli aeromobili rappresentano. Un gruppo di piloti o semplici sostenitori simpatizzanti che si prefiggono di cercare, valorizzare e restaurare in condizioni di volo aeromobili storici

Intendiamoci: il racconto che l’autore/autrice vorrà fornire alla Segreteria del Premio potrà avere un generico tema aeronautico e/o astronautico oppure può  – ma non deve necessariamente – raccogliere il suggerimento degli organizzatori.

FISA – Fondazione Internazionale per lo Sviluppo Aeronautico. E’ un’associazione che promuove la disciplina sportiva e ricreativa del volo con particolare riguardo al Volo a Vela come strumento di educazione e formazione personale e sociale

Ricordiamo inoltre che anche quest’anno il regolamento prevede la fornitura di una fotografia dell’autore/autrice. Al fine di dare un volto al loro nome e cognome, lo scatto verrà utilizzato nella pagina web del Premio e di VOCI DI HANGAR. Ovviamente dovrà essere a colori e dovrà ritrarre in primo piano l’autore/autrice benché uno “sfondo aeronautico” non verrà certo disdegnato.

Rimangono inalterate:

E’ un editore con una valida collana a carattere aeronautico nella quale vicende moderne e più lontane nel tempo si alternano. Si è occupata della stampa e della diffusione dell’antologia del Premio.

– partecipazione gratuita, – giuria prestigiosa e anonima fino alla dichiarazione dei vincitori – pubblicazione gratuita dei racconti finalisti nell’antologia del Premio edita dall’editore LOGISMA, – volo gratuito a bordo di un velivolo monomotore HAG, – pubblicazione dei racconti non vincitori nel sito VOCI di HANGAR, targhe e diplomi di partecipazione.

Ad essi si aggiunge: – il “premio speciale VR MEDICAL” che verrà attribuito al racconto più meritevole secondo il giudizio insindacabile dell’amministratore dell’azienda. E, novità assoluta di questa edizione:

– il “premio speciale ADA” che verrà attribuito al racconto più meritevole secondo il giudizio insindacabile dell’ADA.

VFR Aviation ogni mese ti porta in quota con informazioni, notizie, tecnica, curiosità su tutto ciò che vola. Che pesi pochi grammi o qualche tonnellata, voli a poche decine di metri da terra o nella stratosfera, sia costruito in catena di montaggio o in un garage, abbia volato un secolo fa o da poche ore. Aerei e piloti su VFR Aviation sono in edicola o a portata di click, perché la passione per il volo non si spegne quando le ruote toccano terra.

Ulteriori informazioni nel bando di concorso, nei comunicati nr 1 e nr 2 già pubblicati mentre altre novità verranno fornite nel prossimo comunicato.

A questo punto rompete gli indugi perché l’atterraggio della XI edizione di RACCONTI TRA LE NUVOLE è prevista per il 30 giugno mentre per il 1 agosto è fissata la divulgazione dei nomi dei 20 finalisti. Per la classifica finale e proclamazione del vincitore occorrerà invece attendere fino al 1 settembre.

E ora … scaldate i motori e … di corsa a scrivere!

Per qualsiasi informazione:

www.raccontitralenuvole.it

                                                                  




Ecco il bando e la scheda di partecipazione:

Logo Racconti Tra Le NuvoleBando Premio letterario Racconti fra le nuvole 2023 



In un cielo di guai – bis

titolo: In un cielo di guai

autore: Alessandro Soldati 

editore: Amazon

pagine: 192)

anno di pubblicazione: 2022 (tascabile e e-book)

ISBN: 979-8849987729




Questo libro è dedicato:

“Ai sognatori, agli irriducibili e ai ribelli poiché, da adesso in poi, siamo nelle loro mani”.

Praticamente Alessandro Soldati lo dedica a quelli come me. Chi, più di un maremmano quale sono, potrebbe essere sognatore, irriducibile e ribelle? Ho iniziato la lettura con una certa impazienza per vedere chi e perché, da oggi in poi, sarebbe nelle nostre mani.

La dedica si trova già alla seconda pagina del libro. E a pagina tre Soldati sente il bisogno di informarci subito: “del perché ho scritto questa vicenda“.

Nelle prime righe di spiegazione l’autore, Alessandro Soldati, fa riferimento a come aveva concluso il suo libro precedente (“Andrà bene di sicuro“), alla fine che aveva fatto fare al personaggio della storia e al motivo per cui, nel libro successivo, questo, di lui non si trovi più traccia. Anzi precisa che qui non siamo affatto nel seguito della precedente vicenda, ma in una tutta diversa.

Ok, non ho letto quel libro e non ne so nulla. Una carenza che durerà poco, perché ho tutta l’intenzione di procurarmelo e di leggerlo. Forse ne riparleremo.

A bordo di un velivolo commerciale – e Alessandro Soldati ce lo ricorda – ci dovrebbero essere due individui pensanti altamente qualificati per pilotare una macchina volante estremamente sofisticata. Non dovrebbero essere degli Operatori di Sistema ma dei piloti con tutti i limiti umani – è vero – eppure dotati delle enormi potenzialità di soluzione di avarie e situazioni di emergenza imprevedibili. Purtroppo, in nome del profitto, la politica condotta da anni da sempre più Compagnie aeree è quello di preferire gli Operatori di Sistema ai piloti, tuttavia rimane insoluta la domanda: i passeggeri salirebbero a bordo di un aeroplano commerciale consapevoli che a bordo non ci sono dei piloti bensì degli esperti informatici? Di fatto, già oggi, le macchina volanti in servizio consentono a malapena di essere pilotate senza l’ausilio dell’elettronica, viceversa è sempre più assillante il dubbio che i piloti, disabituati al pilotaggio manuale, siano ancora reattivi e allenati per “domare” i loro velivoli in caso di necessità … (foto proveniente da www.flickr.com)

La spiegazione è lunga una decina di pagine del Kindle, abbastanza da capire che l’argomento del libro, sviluppato attraverso la narrazione di una vicenda ambientata nel mondo dell’Aviazione Commerciale, riguarda la degenerazione del mondo del lavoro e della vita in generale di questi ultimi decenni. Un argomento al quale sono ormai parecchio sensibile, da molto tempo. Lo so che è tutto il mondo del lavoro a risentire dello sfacelo generale, si vede in ogni ambito e in ogni momento, ma per quanto mi riguarda ne soffro ancora di più, perché tutto ciò non risparmia neppure il mondo degli Aeroclub, che frequento con crescente disappunto e con una  vaga, ma non troppo, idea di darci un taglio definitivo.

La storia comincia con una ragazza e suo zio che vanno ad un centro commerciale a comprare qualcosa. Ma subito si scopre che la ragazza non è una comune cliente. E’ una pilota Comandante e mostra di avere una certa fretta, infatti sta per partire per un volo di linea e teme di arrivare in ritardo.

Deliziose le prime pagine, e simpatico il personaggio dello zio, ma non crediate che non c’entri niente nel resto della vicenda. C’entra eccome. Tenetelo a mente, memorizzate quello che dice, anche se d’ora in poi non lo ritroverete più e sarete catapultati, invece in mezzo alle difficoltà inerenti alla preparazione della partenza di un volo di linea, che rispetto al centro commerciale si rivela tutta un’altra storia.

Si può industrializzare il trasporto aereo fabbricando piloti “in batteria” alla stregua del pollame? Certamente il traffico aereo mondiale, pandemia e crisi economica permettendo, è destinato a crescere … ma mentre ridurre i costi sulle macchine volanti è ragionevolmente giustificato (più parche nei consumi di carburante, più capienti, più longeve e, non ultimo più semplici costruttivamente) ci domandiamo: è igienico risicare sul componente umano?  (foto proveniente da www.flickr,com)

Una storia di piloti, insomma. E di come si ritrovano, al giorno d’oggi, ad operare secondo criteri, regole e ritmi di lavoro assolutamente incredibili.

Avevo appena scritto le recensioni di tre libri di un altro pilota, Ivan Anzellotti, che diceva le stesse cose. Perciò mi sono impegnato nella lettura con la convinzione e l’aspettativa che avrei trovato qui altre conferme di questo insano modo di progredire della società umana.

Infatti è stato proprio così.

Dice Soldati:

“Mi capita spesso di dire che una persona decente, quando si accorge di essere entrata in un ambiente marcio, dovrebbe cercare di comportarsi come un tumore a rovescio, cioè deve trovare il modo di raccogliere intorno a sé persone, idee e situazioni sane, e deve propagarsi nel marciume, cercando di risanarlo, per quanto possibile”.

Certamente. Giustissimo.

Poi prosegue:

“Le scuole di volo, partendo proprio dall’inizio, qui da noi non si curano più di dare una solida base di Cultura Aeronautica ai loro allievi. A pochissimi importa oggi di formare Aviatori, perché non sono Aviatori quelli che le Aziende cercano, ma appunto Operatori di Sistemi. Persone capaci di imparare rapidamente a memoria tutta una serie di azioni che, se svolte correttamente, diligentemente e nella giusta sequenza, permetteranno ad un tubo di metallo di andare praticamente da solo e per aria da un luogo all’altro con un ragionevole margine di sicurezza”.

Infatti. Verissimo. Ma anche molto inquietante. E questo spiega chiaramente il sottotitolo.

Ma perché siamo arrivati a questo punto? Davvero le cose devono andare proprio così? Tanto da suggerire perfino l’opportunità di impiegare addirittura un solo pilota a bordo? E di fargli sostenere lo stress di ore ed ore di servizio, anche dodici o più? E quale sarebbe il vantaggio?

Purtroppo il vantaggio di maggior rilievo sarebbe quello economico. Pagare un pilota soltanto invece di due costerebbe la metà.

E’ talmente assurdo che temo di vedere applicato questo criterio in tempi brevi. Ormai si persegue proprio il massimo risultato al minor costo. A ogni costo…

Ma nelle restanti pagine l’autore spiega minuziosamente quali sono i motivi di una tale rivoluzione, che coinvolge il mondo dei piloti, ma che coinvolge anche, purtroppo tutti gli altri ambienti, di lavoro e non.

Dopo questa parte, prima che inizi il libro vero e proprio, la storia narrata, c’è una pagina che riporta una citazione di un certo A. Block e che fornisce un ulteriore indizio di quale sarà l’elemento portante della narrazione:

“In ogni organizzazione c’è sempre un individuo che ha capito esattamente come stanno andando le cose. Questa persona deve essere licenziata”.

E poi siamo al primo capitolo.

Oggi sarebbe impensabile utilizzare – come fece la Lufthansa – questo Junker Ju-52 per uso commerciale, eppure il trasporto di passeggeri negli anni ’30 era affidato a questo tipo di velivolo. Con 3 persone di equipaggio e ben 18 passeggerei a bordo, era in grado di volare alla fantasmagorica velocità di crociera di 200 km/h percorrendo in un tempo immane di circa 8 ore la ragguardevole distanza esistente tra Berlino a Roma sorvolando ovviamene le Alpi. Chissà se all’epoca avevano problemi di circuiti di attesa, di aeroporti alternati, di procedure strumentali, slot e Direttori aeroportuali?! (foto proveniente da www.flickr.com)

La vera storia incomincia a snocciolarsi da qui. Pagina dopo pagina entriamo in un intreccio di avvenimenti che mi riportano alla mente ricordi, diversi certamente, ma equivalenti, vissuti in questo ultimo mezzo secolo, non nel mondo del volo di linea, ma in quello degli Aeroclub, o in quello del controllo del traffico aereo. Ma anche in altri ambienti diversi. Perché certe dinamiche, certi personaggi, certi atteggiamenti, sono gli stessi. Nelle piccole come nelle grandi realtà. Sempre la stessa storia.

Ho scritto in altre recensioni che l’umanità è sempre quella, ovunque si trovi. Qualunque essere umano porta in sé le caratteristiche tipiche degli esseri umani. Nel bene e nel male. Anche se l’ho già detto e ridetto, vale la pena ripetere che un essere umano è capace di compiere le azioni più atroci, come pure quelle più elevate e nobili. Può spaziare dal peggio del peggio al meglio del meglio, con tutte le gradazioni intermedie. Ma dove si ritrova collocato in questa escursione dipende da un’infinità di fattori che è veramente difficile predire. Difficilissimo sapere chi è il soggetto che hai davanti e come potrà interagire con te e con le tue intenzioni. Se ti aiuterà o ti ostacolerà. Se ci sarà una possibilità di collaborazione o troverai soltanto ostruzionismo. Perché non si può stabilire a priori in quale parte di quella famosa possibilità di escursione tra il bene e il male si colloca il soggetto. E questo vale per tutte le persone che ci troviamo intorno.

La retrocopertina dell’ottimo libro di Alessandro Soldati che, a causa della indubbia bontà dei contenuti e della piacevolissima prosa, ha scatenato nella nostra Redazione il desiderio di analizzarlo, smontarlo e radiografarlo affinché fossero evidenziati alcuni dei suoi apprezzabili aspetti nonché i controversi spunti di riflessione a uso e consumo di piloti e passeggeri.

Dunque dipende da chi incontri.

E nel primo capitolo, infatti, troviamo subito alcuni personaggi che, come faremmo nella vita reale, possiamo già delineare. Si intuisce con chi abbiamo a che fare. Ma non troppo.

Complimenti all’autore per come ha caratterizzato i suoi personaggi. Pare di vederli.

Tutto questo prosegue nel secondo capitolo dove le situazioni si snocciolano meglio e i personaggi cominciano a rivelarsi sempre di più.

In realtà, nel continuare la lettura, seppure calamitato dallo sviluppo della vicenda tanto da non riuscire a finire un capitolo senza attaccare subito il successivo per vedere cosa sarebbe successo in seguito, mi sembrava che l’autore avesse calcato un po’ troppo la mano in certe situazioni. Troppa “cattiveria”, quasi perfidia, atteggiamenti di ripicca e di minaccia. Tutto questo si trovava ad affrontare la protagonista, praticamente ad ogni azione che cercava di compiere per raggiungere la linea di volo e poi addirittura durante il volo stesso. Sembrava che tutti, ma specialmente uno, cercassero il pelo nell’uovo per ostacolarla in ogni maniera.

La storia riguarda una serie di voli tra diversi aeroporti. Alla fine della prima tratta, durante l’avvicinamento finale alla pista, si verificano una serie di problemi che a tutta prima mi sono apparsi addirittura inverosimili. Nella mia vita di controllore del traffico aereo, avendo prestato servizio proprio sulle Torri di Controllo, non ho mai visto chiudere un aeroporto per i motivi descritti nel libro, né ho mai sentito comunicazioni tra controllore e pilota così pressanti, con richieste di conferma tanto asfissianti e continue, specie durante un avvicinamento finale. Troppo inverosimile. Sembravano richieste fatte per dispetto.

Nessun controllore metterebbe fretta ad un pilota, come descritto nel libro. E se lo fa, certamente si assume una bella responsabilità, nel caso dovesse succedere qualcosa. Inverosimile anche questo.

Inoltre mi sembrava che la protagonista del racconto, una pilota Comandante di nome Marina, fosse troppo succube nei confronti dell’altro protagonista, il suo copilota. La figura di un Comandante è di solito diversa.

Non sappiamo se, nell’immaginario dell’autore il viso del Comandante Marina, la protagonista principale del suo romanzo-parabola, somigliasse a quello di Shannon Hutchinson, certo è che quello del primo ufficiale che vola sui Boeing 737-800 della Caribbean Airlines è davvero molto molto affascinante. Possiamo comprendere come sia difficile per l’altro membro dell’equipaggio volare con lei senza distrarsi, tuttavia Shannon minimizza e, intervistata sull’argomento ha dichiarato: “Fortunatamente nel nostro settore, abbiamo procedure operative standard e corsi di gestione delle risorse dell’equipaggio che dobbiamo seguire. Questo ci consente di imparare a interagire tra di noi… non per essere gentili ma per la sicurezza operativa e per connetterci in modo interpersonale. Quindi, operativamente, non è diverso perché sappiamo tutti le stesse cose, quindi non c’è bisogno che nessuno si faccia intimidire”. Ad ogni modo – occorre ammetterlo, Shannon,  ha i lineamenti, le curve e le misure antropometriche che nulla hanno da invidiare alle modelle più famose.  Nata a Trinidad, ha unito il suo amore per il volo con quello per la pittura ed è sposata con un palestratissimo Comandante pilota (foto proveniente da www.flickr.com)

Questa Marina appare anche troppo indecisa, sia nelle decisioni tipiche della condotta di un aereo, sia nei confronti di tutti gli altri personaggi della vicenda.

Superata questa fase, nel progredire del racconto, quindi nelle altre tratte che i due piloti percorrono, ho iniziato a capire perché l’autore aveva calcato la mano su certi elementi. Voleva mettere in evidenza qualcosa.

E ci è riuscito alla grande, a mio giudizio.

Infatti mette in evidenza tutta una struttura di regole e procedure, automatismi e criteri che sono diventati talmente vincolanti da paralizzare addirittura l’unico elemento che dovrebbe invece rimanere al di sopra di tutto: il cervello umano.

Ormai gli automatismi hanno quasi annientato la figura umana e umiliato a tal punto la sua capacità di giudizio fino a farla apparire addirittura pericolosa. E così hanno reso la figura di un pilota più simile ad un Operatore di Sistema, uno che sappia spingere il bottone giusto al momento giusto e seguire pedissequamente le procedure scritte su una check list, lasciando che il resto lo faccia l’aeroplano.

Se in passato il pilota commerciale, specie se Comandante, era pressoché una divinità in terra (e soprattutto in volo), oggi è stato quasi equiparato a un semplice lavoratore, altamente qualificato – certo – ma pur sempre un lavoratore con tutto quanto di spiacevole il suo status comporta. Anche i compensi economici, seppure superiori alla media di un lavoratore dei trasporti, si sono enormemente abbassati rispetto a quando il lavoro del pilota di Compagnia aerea era uno dei meglio retribuiti nel panorama del mondo lavorativo; favolose le liquidazioni e le pensioni dei piloti di vecchia generazione. Forse rimane il mito secondo il pilota commerciale ha un’intensa vita sessuale … viceversa la stragrande maggioranza dei piloti ha difficilmente rapporti coniugali stabili, moltissimi sono i divorziati/separati o comunque vivono con molta difficoltà la gestione familiare. Un po’ come in questa foto, il pilota commerciale è spesso solo con il suo lavoro e le sue responsabilità (foto proveniente da www.flickr.com)

Ok, va tutto bene, ma insieme a questo, quel pilota dovrebbe avere anche capacità di pilotaggio manuale, capacità di reazione nelle situazioni anomale che le procedure standard non contemplano, dove ci vuole qualcosa di più, dove serve capacità di giudizio che consenta di risolvere un problema anche quando sia necessario andare addirittura contro le regole. E questa si chiama formazione. Forse oggi la formazione è stata lasciata un po’ indietro, a favore di addestramento e allenamento.

“… abbiamo messo l’Umanità al servizio delle regole e non viceversa”,

dice ad un certo punto uno dei personaggi durante una conversazione.

Niente di più vero. E questo ha consentito a personaggi dal forte ego, afflitti da motivazioni perverse, di appropriarsi degli ambienti e, sfruttando le regole, diventare una specie di dittatore, un accentratore di potere che detta legge con una crescente autorità e maniere sempre più arroganti. Una specie di Kapò, come dice l’autore.

A questi personaggi è difficile opporsi, difficile arginarli. Difficile combatterli. A loro si uniscono altri personaggi più deboli, ma altrettanto desiderosi di potere, che si alleano per avere di riflesso la loro parte di potere. Sono i leccapiedi, gente inetta e servile, subdola e falsa. Ma rafforzano i kapò.

Dato che le modalità sono le stesse nel piccolo ambiente come nel grande, non serve andare in una Compagnia Aerea per vedere queste cose. Ci sono in tutti gli ambienti. Anche negli Aeroclub.

Di solito sono personaggi che arrivano silenziosamente. Magari sono istruttori, presidenti o rappresentanti di specialità. E altrettanto silenziosamente crescono e costruiscono intorno a loro una coalizione che li sostiene. Ne ho visti un’infinità, sia nell’Aeronautica Militare che negli ambienti civili. E non mi meraviglia che ce ne siano un’infinità anche nelle Compagnie Aeree. O negli Aeroclub. Basta avvicinarsi ad una scuola di volo per adocchiare qualcuno che somigli al tipo di kapò di cui parla Soldati. Tra gli istruttori, infatti … anche se per fortuna non sono tutti così.

Come sottolineato dal recensore, le dinamiche additate da Alessandro Soldati nel suo romanzo sono facilmente estendibili al mondo del volo sportivo (quello degli Aeroclub, per intenderci) e, universalizzandole, a quelle dell’intera società in cui viviamo. Nella prefazione del libro – che per inciso, già da sola vale metà del valore del libro – il buon Alessandro Soldati scrive: “[…] Questi giovani, una volta giunti nel mondo del lavoro, saranno tutti uguali, tutti scontenti, tutti sostituibili, tutti ricattabili, tutti sottopagati, tutti precari. Tutti servi. I nuovi servi della gleba”. Come biasimarlo? In foto il tipico velivolo dell’Aviazione Generale come quelli che spesso utilizzano gli Aeroclub del nostro Paese (foto proveniente da www.flickr.com) 

Un istruttore ha il vantaggio di gestire il destino degli allievi. Per un allievo è facile mitizzare un istruttore, al quale, sin da subito affidano la loro vita, specialmente nelle prime missioni di volo. E un allievo non può capire da subito con chi ha a che fare. Passa del tempo. Ma la storia è sempre la stessa. L’istruttore, magari un incapace, subisce la presenza di altri istruttori più bravi di lui, perché gli fanno ombra. Così istiga gli allievi a volare solo con lui. Non con altri. Lasciando intendere che altrimenti se ne offenderebbe. In genere accentra su di sé un sacco di incarichi, si occupa di tutto. Diventa, per così dire, indispensabile, perché uno che libera gli altri di tante incombenze fa comodo.  Inizialmente si mostra gentile e disponibile, ma poi diventa sempre più autoritario e minaccioso. Con il risultato che molti, per timore di rappresaglie, gli si stringono di più intorno. Gli altri, quelli bravi che subiscono questo stato di cose, si tappano il naso e si allontanano. Molti se ne vanno, lasciando campo libero al kapò.

Qualcuno, magari un sognatore, irriducibile e ribelle, prova a risolvere il problema. Parla con qualcuno, un presidente o un direttore di scuola.

Alla domanda: “ma perché lo tenete?”, si sente rispondere: “perché fa comodo“.

Certo, fa comodo. Ma fa anche danni, che si paleseranno nel tempo. Quando ormai sarà difficile ricollegare la causa con il suo effetto.

Ho visto chiudere Aeroclub, ho visto succedere incidenti, per via di queste dinamiche. Ma ho visto che la strada per interrompere questo percorso, che avrebbe portato alle tristi conclusioni suddette, era chiusa.

Anche nel lavoro ho avuto modo di combattere contro personaggi e comportamenti del genere. Ho sempre affrontato tutto, ogni volta che ce ne è stato bisogno, ma nessuno mi ha mai seguito. Tutti se ne stavano in disparte, sindacati compresi. Ma soprattutto colleghi, che subivano come me lo strapotere di qualcuno, indispensabile e che faceva comodo, che però metteva tutti gli altri a rischio di qualche spiacevole conseguenza. Tutti muti. Silenzio.

La foto è stata scattata al Chicago O’Hare International Airport dopo che la torre di controllo ha comunicato ai piloti che il loro velivolo era il numero 42 autorizzato al decollo: un filino congestionato! E’ vero che l’aeroporto – il secondo al mondo per traffico di aeroplani e passeggeri – è dotato di ben 7 piste ma è pur vero che per smaltire tanto traffico occorrerà presumibilmente almeno un’ora e mezza di attesa con l’immancabile ritardo. In questo senso si comprende quanto scrive l’autore del volume nella sua mirabile prefazione: “[…] Così si affacciano nella vita degli aviatori turni di servizio perfettamente in linea con le normative ma che non sarebbero ritenuti idonei neanche per i camionisti che hanno il vantaggio enorme di potersi fermare a dormire in qualunque momento […]”

Una volta, dopo una di queste battaglie, una collega mi si avvicinò e, con voce suadente mi disse di lasciar correre. Di stare tranquillo. Le dissi che sarebbe stato anche interesse loro risolvere alla radice certi problemi. E le chiesi perché non facessero nulla.

Mi sentii rispondere, sempre con quella voce suadente: “Tu metti tensione. Noi vogliamo stare tranquilli”.

Ecco. Ho sempre saputo che il miglior alleato del guerrafondaio è il pacifista.

In questo libro però …

Pensavo che l’autore avesse esagerato le cose, avesse enfatizzato troppo gli avvenimenti, caratterizzato oltre misura i personaggi. Ma mi sbagliavo. Nella vita reale si trova anche di molto peggio. E l’intreccio della storia rende perfettamente l’idea.

Il mondo sta davvero andando in una direzione inquietante. Si cerca di automatizzare tutto, di controllare minuziosamente tutto, di risparmiare su tutto. Sacrificando però l’essenza della natura umana, trasformando le persone in automi, in una sorta di schiavi dipendenti da kapò che, in ultima analisi, sono schiavi pure loro.

Occorre comunque dire che questo libro riesce anche a portare una notevole dose di fiducia e di speranza nei nostri cuori. E’ fatto bene. La storia è strutturata in maniera magistrale e riesce davvero a comunicare ciò che stava a cuore all’autore. E indica addirittura il modo di riconoscere certi personaggi e come vanno combattuti.

Inoltre, fino alle ultime pagine, riesce a celare qualcosa che poi verrà fuori in tutta la sua evidenza, colpendo il lettore come un pugno. Bello davvero. E’ una sonora lezione di vita.

E anche se il cielo può essere pieno di guai – parafrasando il titolo del volume – ci piace immaginare che questo aeroplano voli tra i mille colori dell’arcobaleno (foto proveniente da www.flickr,com)

E con le ultime parole si ricongiunge all’appello iniziale, alla dedica:

“Ai sognatori, agli irriducibili e ai ribelli poiché, da adesso in poi, siamo nelle loro mani”. 

Eh, sì. Solo loro possono raddrizzare la brutta piega che ha preso il mondo. Anzi, diciamolo meglio: solo noi.

Speriamo, perché alla luce della mia esperienza personale e alle vicende attuali, guerre, mutamenti climatici, migrazioni di massa, delinquenza dilagante e altri malanni, ci credo poco.





Recensione di Brutus Flyer (Evandro Detti) e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR





Dello stesso autore sono disponibili le recensioni di: 

Andrà Bene Di Sicuro - Alessandro Soldati - Copertina in evidenza
Andrà bene di sicuro

In un cielo di Guai - ter

Storia di un pilota. Dal funerale di Alitalia alla fuga dal Qatar” e “Storia di un pilota 2 – Dalle low cost alla conquista dell’Est

titolo:  Storia di un pilota – Dal funerale di Alitalia alla fuga in Qatar

autore: Ivan Anzellotti 

editore: Cartabianca

anno di pubblicazione: 2014 (I edizione con Phasar edizioni ), 2020 (II edizione con Cartabianca)

ISBN: 978-88-8880-536-8 



titolo:  Storia di un pilota 2 – Dalle low cost alla conquista dell’Est

autore: Ivan Anzellotti

editore: Cartabianca

anno di pubblicazione:  2020 

ISBN: 978-88-8880-534-4 



Se non fosse stato per Facebook non avrei scoperto questi due libri di Ivan Anzellotti. Me li sarei persi. Ma forse no. Fatto sta che una mia collega, moglie di un pilota di linea, aveva messo la copertina di uno dei libri sulla sua pagina Facebook, che in qualche modo me la aveva mostrata. Incuriosito, ho voluto vedere di cosa si trattasse e… immediatamente sono andato a cercare il titolo del libro su Rakuten Kobo, l’applicazione per gli ebook dei tablet Android.

Trovato. Comprato. Scaricato. Iniziato a leggerlo.

E qui … sorpresa: questo era un altro di quei libri dai quali non si riesce più a staccare gli occhi.

L’autore in due configurazioni di abbigliamento: diurna e notturna. La prima è la modalità di appassionato pilota nostalgico del McDonnel Douglas MD-80 e l’altra di astronauta di riserva della NASA, pronto a sostituire i titolari nel caso venisse loro un raffreddore. In realtà lo scatto in basso risale alla serata dell’ultimo dell’anno di qualche anno fa quando l’autore, in attesa della mezzanotte, si è messo comodo nel suo pigiamone astronautico corredato di calice e spumante per il brindisi. Quanto alla maglietta del club ufficioso degli ex piloti di MD-80, beh … non stupisce affatto che anche l’autore sia rimasto affascinato dal “mad dog” (vezzeggiativo affettuoso attribuito al MD-80) e che dunque indossi con orgoglio il logo e la sagoma del velivolo. In effetti quel modello di velivolo è stato per anni la spina dorsale dell’Alitalia nel corto e medio raggio e non c’è pilota Alitalia che non ci abbia volato. Il velivolo era robusto, facile da pilotare e da manutenere, inoltre era completamente autonomo, ossia poteva atterrare, sbarcare e imbarcare i passeggeri, sostare, avviare i motori e muoversi sul piazzale senza l’ausilio di supporto a terra. A detta del nostro consulente segreto (ex collega dell’autore): “Un aeroplano perfetto!” (foto provenienti dalla pagina Facebook dell’autore) 

Non solo per lo stile dell’autore, sempre lineare, scorrevole, senza concetti astrusi, facile da capire, nonostante l’argomento aeronautico e l’inevitabile impiego di terminologia specifica, anche tecnica. Tuttavia non mancano opportune note esplicative laddove necessario, quando i termini usati non sono di immediata comprensione. Dunque un libro per tutti, che non presenta difficoltà nemmeno per un pubblico digiuno di cose di volo.

Questo vale per tutti, come ho detto. Ma soprattutto per me, pilota con mezzo secolo di attività volativa ininterrotta, l’interesse era dovuto al fatto che mi sono trovato a leggere di cose che conoscevo molto bene, per esserci passato attraverso nei decenni scorsi. Conoscevo tutto, luoghi, fatti, persone (anche se nel libro non ci sono nomi, ovviamente), dinamiche degli avvenimenti e conseguenze delle stesse. Non conoscevo tutto solo come pilota, ma anche come controllore del traffico aereo. Incredibile.

Finito il primo libro ho subito acquistato anche il secondo, che altro non è se non il naturale seguito del precedente. ma, lo dico subito, Anzellotti ha scritto anche un terzo libro. E’ un romanzo, bellissimo, scritto bene con il suo solito stile, intitolato “Il destino degli altri. Un giallo nell’aviazione civile“. E anche qui l’interesse costringe a leggere fin quando gli occhi non ce la fanno più. Ma torniamo al primo.

Il libro comincia con l’autore che è divenuto pilota, prima nei reparti volo della Guardia di Finanza appena terminata la relativa Accademia, poi di Alitalia, per la quale vola con l’MD80 (evoluzione del DC9) ed è soddisfattissimo del proprio lavoro, dell’aereo e tutto il resto.

Ma il mondo è in continua evoluzione. E spesso l’evoluzione non va necessariamente verso il meglio. I miglioramenti, tecnologici e logistici, si portano dietro peggioramenti in altri ambiti, in altri aspetti del quadro generale. Ad esempio: l’aspetto umano.

Chiunque può osservare come le cose cambiano. E anche rapidamente.

Nessuno si sarebbe mai aspettato che la nostra compagnia di bandiera, la nostra amata Alitalia, licenziasse di punto in bianco un ragguardevole numero di piloti. Invece, in occasione della radiazione dei bireattori MD-80, si incomincia ad intravedere qualche segnale poco rassicurante. Alcuni equipaggi, invece di essere reimpiegati in altre linee e su altri aerei, vengono lasciati a casa. Non solo i piloti, ma anche il personale di cabina.

Quelli che non vengono interessati da alcun cambiamento continuano a sperare. Sono sicuri che a loro non arriverà nessuna lettera di licenziamento e che comunque la compagnia li reimpiegherebbe quanto prima. Ma già così comincia a delinearsi una certa spaccatura. Chi non ha problemi non protesta, per timore di mettersi in cattiva luce e gli altri non lo fanno per non precludersi la possibilità di essere ripescati.

Non capita tutti i giorni di trovarsi una mongolfiera nel bel mezzo del quartiere romano in cui si abita. Beh, al giovane Anzellotti e capitato anche questo … e le testimonianze fotografiche qui presenti non ammettono dubbi. (foto provenienti dalla pagina Facebook dell’autore)

I sindacati, manco a dirlo, cercano di tenere tutti tranquilli, dichiarando di avere una strategia a lungo termine che risolverà ogni problema. Pazienza, bisogna avere pazienza. E soprattutto bisogna evitare di agitarsi e protestare.

Ma alla lunga si palesa l’evidenza che le cose stanno in un’altra maniera. E’ in corso una vera e propria ristrutturazione della Compagnia. Meno personale e turni più lunghi, sempre più lunghi e più gravosi, sono la nuova realtà. Alla fine la lettera di licenziamento arriva a tutti. Anche a Ivan Anzellotti.

E qui comincia la storia del nostro autore. Quella che ci narra nel libro. Anzi, nei libri, dato che il secondo, appunto, è la continuazione del primo.

Un pilota non può restare a terra, senza volare, troppo a lungo. Per motivi che Anzellotti descrive bene nel libro, deve trovare al più presto un’altra compagnia che lo impieghi, in modo da limitare al minimo il tempo di inattività di volo.

Incomincia a mandare il suo curriculum ad altre società di trasporto aereo, anche se questo significa dover andare lontano dall’Italia, fosse pure nel bel mezzo di un deserto.

Infatti, la prima compagnia che gli risponde positivamente è il Qatar.

L’autore sul posto di lavoro. C’è chi va in ufficio, chi in negozio, chi in laboratorio, chi in officina … e in buon Anzellotti lavora in cabina di pilotaggio. Così scrive a proposito del suo lavoro assai peculiare; “Ogni volo un equipaggio nuovo. L’Alitalia è grande, siamo tanti ed è difficile volare due volte con le stesse persone. Non è come un lavoro normale, come avere colleghi di ufficio che vedi solo dalle nove alle diciassette […]. L’equipaggio è la tua famiglia […] una professione che è prima di tutto passione, poi lavoro, perché non FACCIO il pilota … SONO un pilota. O almeno lo credevo” (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

Anzellotti dice che a quel tempo non sapeva neppure troppo bene dove fosse il Qatar. E devo dire che anch’io non l’ho mai saputo con precisione fino a poco tempo fa. Ma ricordo di averlo sentito nominare da qualcuno che ci era stato e che lo chiamava “il sabbione“. Praticamente un’oasi artificiale circondata dal deserto.

Non devo certo, nella mia recensione, rivelare tutti i passaggi dell’avventura di Anzellotti nel mondo. Meglio lasciarli al piacere della lettura. Basterà dire che il Qatar è solo la prima tappa di un lungo cammino. Un percorso denso di soddisfazioni, almeno professionali, ma anche irto di ostacoli dovuti alla differente mentalità, agli usi e al modus vivendi, al cibo, al clima, dei paesi nei quali si sposta cambiando compagnia aerea.

I due libri coprono tutta la carriera di Ivan Anzellotti fino ai giorni nostri. Dall’Oriente all’Europa e di nuovo in Oriente, volerà ovunque, trasportando passeggeri in un gran numero di paesi, compresa la Cina, l’India, l’Alaska e l’America. Piloterà i nuovi Airbus A320, ma anche il vecchio e meraviglioso Boeing 747, che resterà nel suo cuore (come è rimasto nel cuore di tutti coloro che lo hanno pilotato).

Ci sono eventi naturali che ancora lasciano letteralmente basiti l’uomo del XI secolo … e questo è uno di quelli! Specie se poi, a riprenderlo, si ha la fortuna di essere a bordo di un aeroplano commerciale in volo notturno (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

In mezzo alla lunga storia c’è anche il suo matrimonio. Ed è proprio per salvare il suo matrimonio che dovrà rinunciare al 747, che lo portava ad essere sempre lontano da casa per lunghi periodi.

Di nuovo un cambiamento. E il ritorno all’Airbus A-320.

Nel frattempo, però, tutti questi cambiamenti avevano un motivo importante, tra gli altri: nonostante le promesse e le rassicurazioni di essere promosso a Comandante, dopo aver frequentato il relativo corso, passava il tempo, gli anni, ma del corso non si sapeva mai nulla di concreto.

Il primo libro termina con gli ultimi tre capitoli che ben descrivono la situazione del momento e offrono un chiaro indizio su cosa leggeremo nel secondo. Continua il racconto degli avvenimenti e continua anche un costante riferimento a qualcosa che accompagna sempre tutti i mutamenti di scena, le vicende, i fatti e la vita giornaliera. Qualcosa che regola perfino i rapporti interpersonali tra i colleghi, a terra come in volo.

Perché c’è un elemento che è andato delineandosi nel corso di tutta la narrazione, crescendo pagina dopo pagina, fino a costituire ormai il soggetto principale dei due libri e perfino, anzi soprattutto del terzo, che è un romanzo e del quale parleremo tra breve in un’altra recensione. Non esiste una sola parola, un termine univoco che definisca l’elemento di cui sto parlando. Ma è qualcosa che prima non c’era. Silenziosamente è entrato in ogni realtà, in ogni ambiente di lavoro, in ogni ambito sociale. Non solo nel nostro paese, ma in tutto il mondo.

L’autore quando, giovanissimo, militava tra le file della Guardia di Finanza. Dietro di lui è facilmente riconoscibile il Piaggio P-166 DL3 (affettuosamente chiamato “Piaggione”) che all’epoca costituiva una componente ad ala fissa del Servizio Aereo dell’arma (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

E’ una sorta di disumanizzazione, un cambiamento sottile, costante e inesorabile che ha costretto tutti a cambiare mentalità, a vedere le cose in modo diverso, a modificare nella nostra visione del mondo la vecchia scala dei valori che ci aveva accompagnato per decenni. E a modificare la scala delle nostre priorità. Se dovessi proprio individuare un termine per definire questo processo, lo chiamerei degenerazione.

Il terzultimo capitolo si intitola “I nuovi schiavi“. Un titolo rivelatore…

Anzellotti fa riferimento a quelle popolazioni che:

“vivono in Paesi poverissimi, che vengono deportate in massa nelle nazioni del Golfo Persico a lavorare per due soldi come schiavi, nell’indifferenza del resto del mondo che non sa o non vuole sapere”.

Non è storia del passato. Stiamo parlando della realtà di oggi. Non ci vuole molto per scoprirla, anche se a volte è celata a regola d’arte, proprio perché sembri qualcosa di diverso.

Dice Anzellotti:

“La schiavitù c’è ancora ma si trasforma, si ammoderna, sta al passo con i tempi, così si può nascondere tra le definizioni che non la identificano più, ma se guardi bene è sempre presente, perché senza gli schiavi i ricchi non esisterebbero”.

Davvero? E’ realmente cosi? Il lettore si può porre queste domande. Potrebbe essere sorpreso, impreparato, di fronte ad una rivelazione del genere. Possibile che al giorno d’oggi esista ancora la schiavitù? Quella vera? Forse in certi paesi arretrati, di sicuro non in quelli moderni. Non nel nostro.

“Una delle tante vergogne italiane: MD-80 Alitalia buttati a marcire sul prato all’aeroporto di Fiumicino”. Cos’ì commenta il buon Ivan Anzellotti lo scempio ritratto in questo scatto. Un colpo al cuore di chi ha tanto volato (nel ruolo di pilota) con queste macchine volanti e che intristisce qualunque appassionato di aviazione, militare o commerciale che sia. E dire che l’MD-80 fu una scelta felice, sebbene scaturita da considerazioni politico-diplomatiche anziché solo logistiche-strategiche. La leggenda narra infatti che all’inizio degli anni ’80, la McDonnell Douglas non se la passasse proprio bene e, di contro, l’Alitalia aveva la necessità di rinnovare/rimpolpare la propria flotta. All’epoca era Presidente del Consiglio dei Ministri Giovanni Spadolini mentre negli Stati Uniti era presidente l’ex attore Ronald Reagan. Non si sa come, fatto è che l’Alitalia si ritrovò una flotta di 90 esemplari di MD-80 fiammanti con cui coprire il corto e il medio raggio. Fortunatamente le macchine si rivelarono davvero valide e relativamente familiari a piloti e tecnici in quanto tecnologicamente nascevano dalla costola del Douglas DC-9, di cui la flotta Alitalia era in larga parte già formata. In effetti – caso strano – la politica fece una scelta assennata o comunque fortunata tanto che nel libro di Anzellotti si può leggere: “Noi piloti di MD-80 siamo la colonna portante  della compagnia; novanta aerei una volta […], ma accidenti, solo in America ne hanno più di noi.” Una volta, appunto. (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

Eh! L’elemento di cui parlavo è proprio questo. Ed è il vero soggetto dei te libri di Anzellotti.

“Ci sono schiavi di serie A, di serie B e poi più giù a scendere fino alla posizione più bassa, dove trovi quelli veri e propri, quelli di una volta, delle piramidi d’Egitto o dei campi di cotone americani. Cosa li differenzia? Il livello di privazione della libertà personale, ovviamente, e piccoli trucchi su come assicurare un regolare contratto di lavoro e un salario, così tutto è a norma di legge, senza che nessuno possa dire che ti sta schiavizzando!”.

Ecco spiegato il concetto in poche e chiare parole, quelle di Anzellotti. Riporto solo queste, per far capire di cosa si sta parlando, ma nel terzultimo capitolo ci sono pagine e pagine, con esempi concreti. Con esempi di libertà personali negate, compresa quella di lasciare il Qatar e andare in vacanza senza prima aver chiesto il permesso e averlo ottenuto.

Anche ad un pilota di linea? Certamente! Infatti Anzellotti era in procinto di sposare una ragazza con la quale aveva una relazione da tempo, ma non era libero neanche di andarla a trovare quando voleva, senza dover mettere in atto stratagemmi complicati e addirittura pericolosi, per lui e per lei.

Il capitolo successivo si intitola: Questo matrimonio non s’ha da fare. E’ il penultimo.

Ma l’ultimo è ancora più eloquente: La fuga.

Qui finisce il primo libro. Abbiamo già intuito che l’elemento costante, vero soggetto dei libri, è il subdolo, lento, costante mutamento della condizioni di lavoro dell’epoca moderna, che schiavizzano i lavoratori di ogni tipo, senza riguardo per la loro professionalità, le loro necessità, come il riposo, la vita privata etc. E perfino senza riguardo per la loro sicurezza. E nemmeno, a volte, per la sicurezza dei passeggeri di un aereo di linea.

Questo fotogramma, presumibilmente a colori, proviene dall’angolo più remoto della fototeca di casa Anzellotti; lo ritrae in tenerissima età mentre, con il viso che rivela la più sincera incredulità mescolata con giocosa soddisfazione, sembra guardare il suo fotografo per dirgli: “Un dirigibile!!!!”. Era il famoso dirigibile della Goodyear che all’epoca svolazzava nell’area romana (avendo come base un’area adiacente all’autostrada Roma-Firenze, all’altezza di Capena – Roma) e svolgeva attività pubblicitaria e turistica. A distanza di tanti anni il bambino cresciuto di nome Ivan Anzellotti ha così commentato la sua esperienza: “Ebbene sì, ho volato anche sul dirigibile, ma non lo pilotavo io… non arrivavo ai comandi!” Fortuna che l’era dei dirigibili era già bella che finita … altrimenti siamo certi che sarebbe stato un ottimo pilota dei dirigibili. Di Nobile. Magari nella vita precedente lo è stato davvero. (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

Il secondo libro comincia con la citazione di un anonimo,la prima pagina:

“Un cattivo manager prende del personale eccezionale e lo distrugge, fa fuggire i migliori e demotiva i pochi rimasti”.

Il geniale Ivan Anzellotti ha scelto questa frase che da sola varrebbe un’intera recensione del libro, condensata in pochissime parole.

E ha anche definito l’altro aspetto di quell’elemento costante che è il vero soggetto del libro: la mancanza di professionalità, il pressapochismo, l’improvvisazione, la mentalità del ruba galline, elementi di quella degenerazione che ha invaso ogni realtà, ogni ambiente. Nel mondo intero.

Certamente non mancano elementi positivi, come l’esperienza, la conoscenza di paesi, popoli, realtà di ogni tipo. Nel libro accompagneremo l’autore in tutti questi avvenimenti. Con il suo modo di scrivere ci farà sentire come se fossimo lì insieme a lui, perfino in cabina di pilotaggio.

Sono libri preziosi, questi. Offrono la possibilità a chi non è un pilota di linea, a chi non ha girato il mondo, di chiudere il libro e sentirsi come se avesse vissuto proprio quel ruolo. Questi libri arricchiscono. Aprono la mente. Aiutano a comprendere le nuove realtà. A capire in che direzione stiamo andando.

Avevo detto, all’inizio, di conoscere tanti aspetti della narrazione di Anzellotti.

Il primo aspetto riguarda il suo luogo di nascita: Roma. Ma non Roma in generale. E’ nato a cinquanta metri dal portone di casa mia. E’ vissuto nel mio quartiere.

Ha volato all’aeroporto dell’Urbe, dove anch’io volo dall’inizio del lontano 1973.

Un enorme cumulo minaccia di degenerare e diventare dunque un temibile cumulonembo; sembra avvicinarsi lento e inesorabile ai velivoli Alitalia in sosta nel piazzale di un qualche aeroporto italiano. Sembra l’evocazione di quanto accadrà alla Compagnia di bandiera del nostro paese che, dopo una serie infinita di cumulonembi ha avuto la peggio ed è stata alfine annientata, personale navigante compreso. (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

Volava con il vecchio MD-80. Lo stesso tipo di aereo con il quale andavo e tornavo dagli aeroporti dove lavoravo come controllore del traffico aereo. Forse ho perfino volato con lui e magari, qualche volta, gli avrò dettato la clearance, o  lo avrò autorizzato al decollo. Chissà.

Le vicende relative alla radiazione dell’MD-80, alle varie ristrutturazioni dell’Alitalia, seppure avvenute in un altro ambito del Traffico Aereo, hanno interessato anche il nostro, quello del Controllo. Conosco tanti piloti E le loro storie.

E poi c’è il mondo del volo. Quello degli Aeroclubs. Aviazione Generale invece che Aviazione Commerciale. O Aviazione Militare.

Ma sempre di Aviazione si tratta.

E anche l’Aviazione generale ha visto mutare gli ambienti sotto la spinta della modernizzazione, accompagnata, purtroppo, da quella degenerazione di cui ho parlato sopra. Hanno fatto la loro comparsa personaggi inadeguati che hanno preso le redini di Aeroclubs, istruttori pieni di sé, che non conoscono le regole ufficiali e che impongono le proprie in quella che considerano la LORO linea di volo, che non seguono una progressione didattica ufficiale, ma solo la propria. Ho visto Aeroclubs chiudere per questi motivi, nei decenni scorsi.

Una volta si chiedeva di non calpestare le aiuole per non danneggiare il prato o i giovani virgulti appena messi a dimora, oggi lo stesso cartello può essere utilizzato a proposito di tutti i lavoratori o comunque di talune categorie di lavoratori dipendenti, non ultimi i piloti commerciali che – occorre ricordarlo – hanno sempre svolto la loro professione in una condizione privilegiata; forse proprio per questo hanno accusato maggiormente il colpo quando le impietose leggi di mercato e gli squallidi accordi contrattuali li hanno riportati alla terribile realtà – quella del mondo del lavoro – in cui già da anni gli altri lavoratori annaspavano impotenti (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

Nella piccola realtà degli Aeroclubs troviamo le stesse dinamiche che Anzellotti descrive nei suoi libri e che riguardano grandi compagnie aeree. Un cattivo Comandante, che domanda al suo secondo la differenza di lunghezza tra l’aereo sul quale stanno volando e un altro modello, o che annaspa alla ricerca di un comando sul cruscotto, non è tanto diverso da un istruttore che, invece di spiegare e formare gli allievi secondo la normativa ufficiale, impone metodi propri alla luce del “si fa così perché lo dico io…“.

Poi, quando avvengono incidenti, difficilmente si arriva alla ricostruzione precisa, quella che spiegherebbe l’interazione tra causa ed effetto. Ho visto anche accadere brutti incidenti per questi motivi.

Spesso si seguono criteri di risparmio a tutti i costi, si risparmia sulle manutenzioni, sulla formazione del personale, sul benessere del personale, sul riposo necessario fra un turno e l’altro, sul costo di un corso comando per permettere la carriera dei piloti che da troppo tempo siedono a destra in cabina di pilotaggio. Si preferisce prendere comandanti già fatti da altre compagnie. E si costringono gli eterni secondi a lasciare la Compagnia per cercarne una migliore. Ricominciando da capo, però.

Siamo arrivati all’assurdo: ho sentito dire che ora si pensa addirittura ad un solo pilota a bordo. Sarebbe un bel risparmio, pagarne uno invece di due…

Piloti e controllori sono due parti diverse dello stesso mondo. Quando ho detto che conoscevo ogni cosa descritta da Anzellotti nei suoi libri intendevo che ci sono passato attraverso anche dalla mia parte ed ho osservato i tempi mutare insieme a lui.

Un ultimo fatto, stavolta decisamente simpatico. Sulla pagina Facebook di Ivan Anzellotti ho visto le foto di una mongolfiera atterrata in piena città, in un incrocio tra tre strade, proprio dietro casa mia, negli anni ottanta. Aveva avuto un’avaria in volo ed era finita lì. Nelle foto Anzellotti aveva circa 14 anni e compare in due immagini.

Capita, a volte capita, e a Ivan Anzellotti è capitato e questo scatto lo testimonia … cosa? Il regalo speciale di un giovanissimo passeggero che, oltremodo riconoscente per l’ottimo servizio prestato, ha omaggiato il suo pilota con un suo personalissimo disegno. Da notare l’assetto del velivolo che non minaccia nulla di buono! E’ comunque con questa dimostrazione di affetto che preferiamo chiudere la recensione, giacché testimonia il grande affetto che tutti noi passeggeri nutriamo nei confronti dei piloti, specie quelli come Ivan Anzellotti che, nonostante tutte le vicissitudini vissute e subite, continuano a volare con passione. Grazie a nome di tutti. (foto proveniente dalla pagina Facebook dell’autore)

Una rivelazione. Ecco, di questo fatto non avevo mai saputo nulla.

Questi libri costituiscono una eccellente divulgazione di cose aeronautiche senza la quale molti non saprebbero mai nulla di tutto ciò. Ma non ci sono solo i libri. Anzellotti ha anche un canale YouTube attraverso il quale la sua opera divulgativa continua.

Non è rivolto solo a chi già fa parte del mondo del volo. I suoi video sono di straordinario interesse e sono rivolti a tutti.

Proprio a tutti.

Con malcelata soddisfazione concludiamo questa recensione informando i visitatori del nostro hangar che, a partire dal novembre 2023, i due volumi sono disponibili anche in lingua inglese. Una nota di merito va espressa a favore all’editore che si è reso disponibile nell’effettuare un’operazione inusuale nel panorama editoriale italiano ma che è anche il giusto riconoscimento a un autore meritevole di credito illimitato.





Recensione di Brutus Flyer (Evandro Detti) e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR





Dello stesso autore sono disponibili le recensioni di: 


Storia di un pilota. Dal funerale di Alitalia alla fuga dal Qatar" e "Storia di un pilota 2 - Dalle low cost alla conquista dell'Est

Il destino degli altri. Un giallo nel mondo dell'aviazione civile