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Condividere il dolore

caccia con postbruciatoreDurante un turno di servizio in sala operativa Franco (Duty Controller) e Luigi (Fighter Coordinator) si scambiano alcune confidenze. In particolare, Luigi, colpito recentemente da una disgrazia familiare (la perdita prematura di una figlia) è sempre triste e sembra assente durante i suoi rapporti con gli altri. Quella sera però sembra pronto a parlare con Franco per condividere il suo dolore e dare uno sfogo alla sua situazione psicologica.

Mentre si trova al culmine del suo racconto, un evento operativo interrompe la forte condizione d’emozione venutasi a creare. La professionalità, però, prende il sopravvento e il racconto di Luigi sembra dissolversi nel cielo con gli intercettori fatti decollare per una missione operativa di riconoscimento di un velivolo civile non autorizzato a sorvolare lo spazio aereo Nato.

Alla fine, però, Luigi, pur stanco, sembra contento sia per la buona riuscita dell’attività operativa che per la possibilità che ha avuto di poter condividere il suo dolore con Franco. Prova ne è il complice scambio di sguardi, completato da un timido sorriso tra i due, mentre si avviano verso il parcheggio delle auto per fare rientro a casa dopo il lungo e proficuo turno di servizio notturno.



Narrativa / Medio-breve Inedito; ha partecipato alla IV edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole” – 2016; in esclusiva per “Voci di hangar”

Tiberio

angioletto innamoratoTiberio è la storia di un volo immaginato attraverso i racconti dei viaggiatori del cielo, fino a che il protagonista decide di lasciare la terraferma e provare egli stesso l’emozione del volo.

Riassume così, nella più stringata sinossi che sia mai stata fornita alla Segreteria del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole”, l’autrice del racconto “Tiberio”, Elena Cantarella.

Cosa altro aggiungere?



Narrativa / Breve Inedito; ha partecipato alla IV edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole” – 2016; in esclusiva per “Voci di hangar”

Manca poco

helicopter neroE’ con queste poche parole che l’autore sintetizza il contenuto del suo racconto:

Una passione che diventa follia. Il desiderio di fare qualcosa di memorabile. La scelta senza ritorno.

Da una tragedia purtroppo reale.

In effetti si tratta di un testo che merita una sinossi ben più corposa di questa. Come Redazione del sito VOCI DI HANGAR, ci teniamo a precisarlo e, in qualità di co-organizzatori della IV edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole” cui questo testo ha partecipato, ci teniamo addirittura a proclamarlo ad alta voce. Ma tant’è.  Così il suo creatore l’ha liquidato e così dovremmo presentarlo, nostro malgrado.

Premesso che detta composizione non ha avuto accesso alle fasi finali del Premio, sappiamo per certo che ha scatenato pareri molto discordi e dunque valutazioni controverse da parte di coloro che hanno composto la giuria del Premio. Non fosse altro per il tema di  recente attualità  che è il fulcro del racconto: un evento luttuoso di una crudeltà e un’assurdità che non si giustifica se non con uno stato mentalmente instabile dell’autore del gesto folle, appunto.

Ma permetteteci di rassicurarvi: non è nostra intenzione svelarvi il contenuto di questo racconto perchè ne svilirebbe il valore letterario nè vogliamo fornirvi troppe informazione a margine … tuttavia permetteteci di suggerirvi una riflessione circa l’originalità del punto di vista della voce narrante, la verosimiglianza del pensiero deviato del protagonista ricreato o comunque “ricostruito” da Alessandro Berardelli che – occorre riconoscerlo – riesce a creare il possibile processo logico squilibrato eppure ineccepibile (per alcuni versi) del personaggio unico del racconto.

Forse una nota a margine o un finale leggermente diverso avrebbero comportato un diverso giudizio da parte dei giurati del Premio, ad ogni modo, per quanto possa confortare l’autore, a noi è piaciuto. E non poco. Peccato che non sia stato inserito nell’antologia 2016 del Premio … ma questa è la nostra fortuna giacchè VOCI DI HANGAR ha il privilegio di ospitare “Manca poco ” in assoluta esclusiva.

Non aggiungiamo altro se non che attendiamo fiduciosi i commenti dei lettori.

 



Narrativa / Breve Inedito; ha partecipato alla IV edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole” – 2016; in esclusiva per “Voci di hangar”

I disperati

i-disperati-copertinatitolo: I disperati – La tragedia dell’Aeronautica italiana nella Seconda Guerra Mondiale

autore: Gianni Rocca

editore: Arnaldo Mondadori editore

anno di pubblicazione: 1991

ISBN: 88-04-33826-1

pagine: 288




Ecco un altro libro, che ho letto di recente, degno di trovare un posto di rilievo nella libreria di tutti coloro che amano la Storia, quella vera.

Non conoscevo Gianni Rocca, ma avevo visto altri libri suoi. Questo è il primo suo libro che ho letto. E che ho apprezzato molto. Non si tratta di un’opera recente. E’ del Luglio 1991. Devo aver comprato questo volume in qualche bancarella, non ricordo dove né quando. Ma è stato per lungo tempo in uno scaffale della mia libreria, dove tengo i libri che ho intenzione di leggere. Era arrivato il suo turno e l’ho letto d’un fiato. E’ davvero interessante.

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La copertina dello splendido libro del giornalista Gianni Rocca. Davvero pertinente la scelta di unl’immagine del trimotore – probabilmente un Savoia Marchetti SM. 79 Sparviero – che, colpito irrimediabilmente, precipita in mare.

Come dice il sottotitolo, il libro riguarda “La tragedia dell’Aeronautica italiana nella Seconda guerra mondiale”. Su questo argomento avevo già letto un mucchio di libri, quindi conoscevo bene la storia, ma ho ripercorso volentieri la concatenazione degli eventi, sia per rinfrescare la memoria, sia per riconfermare alcune mie convinzioni.

L’autore, parte proprio dall’inizio, da quando l’Aeronautica era appena in embrione e non aveva neanche gli aerei su cui volare. Infatti il primo capitolo si intitola: “Aquile senza ali”. E poiché la storia dell’Aeronautica coincide con l’entrata in scena di Mussolini, il secondo capitolo si intitola appunto: “Mussolini pilota”. E continua parlando della storia aeronautica che si è svolta per tutto il famoso ventennio fascista. Non mancano, comunque, opportuni riferimenti all’epoca della Prima guerra mondiale, dei dirigibili e degli idrovolanti.

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I risguardi de: “I disperati” con la sinossi del volume nonchè la breve biografia dell’autore

Inizialmente si chiamava Regia Aeronautica, ma ben presto questa divenne un’Arma a sé stante, proprio ad opera di Mussolini. E’ molto interessante leggere quanta diplomazia fu necessaria per convincere Esercito e Marina a rinunciare ad una propria aviazione per crearne una unica, nuova forza armata a tutti gli effetti.

Il libro prosegue descrivendo, non solo la storia dell’Arma neo-costituita, ma anche quella dei personaggi che ne hanno guidato le sorti attraverso le note vicende, specialmente quelle belliche.

Per quanto riguarda le vicende della Seconda Guerra Mondiale, trattate in maniera davvero molto chiara, anche se necessariamente sintetica, l’autore mette in estrema evidenza gli errori strategici commessi, sia dagli Italiani che dai Tedeschi. E una volta di più ritroviamo la tracotanza, il pressapochismo, la mancanza di idee chiare e la prosopopea dei fascisti e ancor più dei nazisti.

In quelle vicende si possono riconoscere quelle odierne, che si snocciolano pari pari oggi come ieri, a conferma che nulla è cambiato, che la mentalità italica è oggi quella che era allora.

“Chi non impara dalla Storia è condannato a ripeterla”.

Infatti, se ci facciamo caso, la stiamo ripetendo. Sono poche le persone che conoscono la Storia. La maggior parte si lasciano permeare dai luoghi comuni, dalle frasi fatte, del tipo “Caro Lei, quando c’era Lui…”. Ma nel libro di Gianni Rocca, “Lui” non ne esce affatto bene, anzi… La sua figura e quella di tutto il fascismo si muovono sullo sfondo di una tragedia senza fine.

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La retrocoprtina che ritrae, secondo una tradizione molto “all’americana”, l’autore del volume

Attenzione però, occorre ben separare il regime, il governo, la monarchia di allora, dal popolo. E soprattutto bisogna distinguere, nel caso dell’Aeronautica, gli aviatori da chi ne ha determinato la sorte. La storia della nostra aviazione è soprattutto la storia di validi aviatori, personaggi eroici, che hanno compiuto atti eccezionali, con mezzi quasi sempre inadeguati. Quasi sempre sono stati mandati allo sbaraglio e al sacrificio, a volte per un semplice capriccio, per una sfuriata, per un atteggiamento di ripicca, di chi comandava da perfetto incompetente che si credeva un grande stratega.

Dopo aver letto questo libro che, come ho detto, è necessariamente sintetico, acquisiremo una conoscenza consequenziale dei fatti principali e tragici che segnarono quegli anni tanto che sentiremo il bisogno di approfondire ogni singolo argomento per una conoscenza più completa. Ecco spiegato il motivo per cui oggi io rimango sbigottito quando vedo, ancora oggi, gente che fa il saluto fascista o sostiene quelle vecchie idee con l’aria di chi la sa lunga, di chi sembra avere una sorta di nostalgia per tempi che non ha conosciuto. E che non conosce neppure attraverso la Storia.

Poi arriviamo all’otto settembre del 1943. E anche qui Rocca descrive gli eventi, mettendo in evidenza fatti che si commenterebbero da soli, ma la sua narrazione ci accompagna, ci fa comprendere la genesi e le cause del disastro totale avvenuto in quella data. L’Italia divisa in due, tanti eroi, veri eroi, piloti e non solo, che hanno sacrificato la loro vita da una parte e dall’altra. Questi eroi, dopo lo sfacelo della guerra, sono stati incriminati, uccisi vigliaccamente oppure buttati nel dimenticatoio. Perché dopo la guerra si voleva dimenticare il ventennio passato. Si voleva dimenticare la monarchia, il fascismo e tutti i drammi che avevano generato. E così sono stati dimenticati anche tantissimi autentici eroi.

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La copertina della versione edita da Castelvecchi attualmente in libreria 

Un libro che genera rabbia, perché porta a conoscenza di un’ignobile, lunga tragedia, che ha riguardato l’Aeronautica, ma anche la nazione intera. E che, a ben guardare, rischia di ripetersi, perché, come ho detto, gli elementi che l’hanno generata sono ancora presenti qua e là, non sono scomparsi.







Recensione a cura di Evandro Detti

Il mio idroscalo (Orbetello)

Il mio idroscalo copertinatitolo: Il mio idroscalo (Orbetello)

autore: Michele Addonisio

editore: Effigi

anno di pubblicazione: 2016

ISBN: 978-88-6433-632-9

pagine: 304




L’idroscalo di Orbetello, situato in un luogo già di per sé straordinario, o meglio, unico (basta andare su Google Maps e dargli un’occhiata dall’alto), è stato teatro di eventi storici di importanza mondiale. Da qui sono partite le grandi crociere atlantiche di Italo Balbo, ma ancor prima, da Orbetello avevano spiccato il volo le due crociere del Mediterraneo. E sempre su questo idroscalo aveva sede la Scuola di navigazione d’alto mare e perfino una Scuola di volo senza visibilità.

All’epoca si utilizzavano molto gli idrovolanti. Ad Orbetello ce n’erano un gran numero e di diversi tipi. Ma nelle due trasvolate atlantiche fu utilizzato l’ S.55, macchina geniale e straordinariamente valida, che fu venduta alle aviazioni di diversi paesi esteri. Oggi resta un solo esemplare di S.55, in condizioni non molto buone e si trova in Brasile.

S.55 Museo TAM - Jahu
L’unico esemplare di S.55 arrivato sino ai nostri giorni è la versione C esposta presso il Museu TAM, già Museu Asas de um Sonho, sito a São Carlos nello stato federale brasiliano di San Paolo (São Paulo). L’S.55, soprannominato “Jahú” dal suo ultimo proprietario, l’aviatore João Ribeiro de Barros, lo stesso soprannominato “Alcione” dall’asso italiano della prima guerra mondiale Eugenio Casagrande, venne utilizzato per compiere la trasvolata atlantica del Sud Atlantico nel 1927 (testo e foto prelevate da https://it.wikipedia.org/wiki/Savoia-Marchetti_S.55)

Purtroppo l’Italia non ha mai avuto la mentalità di salvaguardare la propria storia. Non si è mai pensato di salvare qualche esemplare di aereo, da riporre in un museo, per tramandare ai posteri il prodotto della genialità italica e del progresso tecnologico del nostro paese, che pure, in un certo periodo storico, aveva raggiunto livelli elevatissimi. Peccato. Ma questa è la realtà.

Il periodo storico suddetto coincide sfortunatamente con il ventennio fascista, che per ragioni comprensibili si tende a voler dimenticare e così si dimentica la propria storia. E non solo. Ma sarebbe opportuno imparare a riconoscere e separare la propria storia dalle vicende di un partito politico, saper distinguere bene il popolo dal governo che si ritrova.

Il mio idroscalo copertina
La copertina del volume che ritrae il Savoia Marchetti S.55, il glorioso idrovolante che fu protagonista di trasvolate memorabili

Se non avessimo confuso concetti tanto diversi, oggi potremmo ammirare i maestosi idrovolanti impiegati da Italo Balbo, magari collocati in un bel museo situato proprio nell’idroscalo di Orbetello. Invece abbiamo lasciato scomparire gli aerei. E anche l’idroscalo.

Sono nato a Manciano, a pochi chilometri da Orbetello e ho sempre sentito parlare di un sito dove l’Aeronautica Militare ancora aveva sede, ma ogni volta che passavo da quelle parti vedevo soltanto qualche cartello che indicava un’area militare. E basta. Oltre le recinzioni si intravedeva qualche palazzina fatiscente, erba alta e muri cadenti. Per decenni non ho sentito altro che vaghe voci di popolo parlare di aeroporto, ma l’aeroporto non c’era. A quel tempo prestavo servizio in Aeronautica, ma della sede di Orbetello non sapevo quasi nulla. Solo di recente, quando mi sono appassionato alla storia della nostra aviazione, ho scoperto un mondo nascosto, fatto di avvenimenti gloriosi ed eroici, che nulla avrebbe da invidiare alle altre aviazioni estere. Anzi.

Crociera aerea atlantica
La locandina che visualizza l’itinerario della Crociera aerea Atlantica (dal sito: http://www.solomostre.com/mostre/genova-mostra-aviazione-aeropittura. Riporta l’apertura della mostra: “Da d’Annunzio all’aeropittura. Arte e aviazione in Italia dalla Grande Guerra agli anni Trenta” tenutasi a Genova nel 2014)

Mentre cresceva in me la conoscenza della nostra storia, cresceva ancor più l’interesse e la voglia di conoscere di più. Ho comprato tanti libri. E qualcuno l’ho anche scritto. Ogni tanto mi capita sotto mano qualche nuovo libro interessante, magari edito da poco tempo e lo compro subito. Poi lo leggo. E magari vi trovo qualche spunto per una nuova ricerca, in un’altra direzione. Giorni fa, in una libreria di Orbetello, ho visto un libro esposto in vetrina. Il titolo, “Il mio idroscalo”, mi ha subito incuriosito e sono entrato ad acquistarlo.

Il libro è molto bello. Ben fatto, perfettamente impaginato. Le duecentonovantotto pagine che lo compongono (più altre, indice etc.), tracciano molteplici aspetti che riguardano la storia dell’idroscalo di Orbetello.

L’autore, architetto, pubblica moltissime piantine della città attraverso i secoli fino ad oggi e, sinceramente, mi ha sorpreso venire a conoscenza di quanta storia sia passata per questi luoghi. Di quanto sia stata importante la città di Orbetello, con le sue lagune, già in epoca etrusca e poi romana.

Il libro contiene anche un notevole numero di fotografie, tutte interessantissime, alcune già viste, ma altre inedite. Il padre dell’autore, come dice lui stesso, “volava” da queste parti, con un idrovolante CANT-Z506 Airone. Infatti, molte delle foto sono di proprietà dell’autore. Una di queste foto ritrae un gruppo di piloti di una delle prime due crociere, quelle del Mediterraneo. Tra di loro c’era sicuramente Cesare Carra, che ha partecipato, con un S.55, ad entrambe. Di lui ho scritto una biografia pubblicata dall’editore IBN. La foto è bellissima e costituisce un documento importantissimo e raro. Ma la qualità delle pellicole dell’epoca non consentono di riconoscere tutte le persone ritratte. Carra è senz’altro uno del gruppo, anche se, purtroppo, non saprei dire quale.

Per me che ho scritto la sua biografia, è straordinario camminare lungo la laguna, nelle aree dove un tempo tanti piloti eccezionali hanno camminato, hanno vissuto, volato, studiato. Dove si sono imbarcati sul tender per raggiungere gli idrovolanti alla fonda nella laguna, dove sono decollati e sono ammarati in anni di servizio. E sapere che anche Cesare Carra è stato qui. Di tutto questo si sa così poco!

Il mio idroscalo retrocopertina
La retrocopertina del volume dedicato all’idroscalo di Orbetello, luogo ove si consumarono pagine memorabili nella storia dell’aviazione del nostro paese eppure caduto nell’oblio da moltissimi anni.

Era tanto tempo che pensavo all’idroscalo di Orbetello come ad uno scempio della politica italiana. Sentivo e continuo a sentire la necessità del suo recupero, di portare a conoscenza di tutti l’importanza di questo illustre luogo. Vorrei che finalmente si realizzasse un museo, che si recuperasse o si ricostruisse da capo uno o più idrovolanti che tanto hanno volato su questa laguna, su questa città, in questi cieli. E speravo che qualcuno scrivesse una storia adeguata di questo idroscalo. Tante volte ho accarezzato l’idea di mettermi al lavoro e scriverla io stesso. Ora finalmente il libro che aspettavo è stato scritto e pubblicato.

Indubbiamente non basta un libro a coprire tutta la storia. Non basterebbe un’intera biblioteca. In altre parole, c’è spazio per tanti altri libri, magari ci fossero così tanti scrittori a produrli. Ma questo libro ha il pregio di essere piuttosto ben delineato e ricco di documenti e foto. Racconta la storia dell’idroscalo, ma inserita in quella più ampia e articolata della città e dei luoghi limitrofi.

Per chiunque voglia conoscere meglio la storia dell’idroscalo di Orbetello e delle grandi trasvolate di Italo Balbo e dei suoi piloti, ognuno dei quali meriterebbe la pubblicazione di un libro a sé perché quasi tutti sono poi diventati assi o eroi o comunque personaggi di spicco nella storia aeronautica italiana e anche dei suoi specialisti, questo bellissimo libro non può mancare. Va acquistato, letto e poi messo al suo posto d’onore in biblioteca.







Recensione a cura di Evandro Detti