Non senza difficoltà, i nostri magnifici sette membri della giuria della V edizione del Premio fotografico/letterario “RACCONTI TRA LE NUVOLE” hanno decretato, come da regolamento, i 20 finalisti della sezione letteraria nonché i 5 finalisti della sezione fotografica.
Eccoli in ordine rigorosamente alfabetico di autore:
Sezione letteraria
# LEZIONI DI VOLO – Gaetano Andretta
# UNA CARRIOLA IN VOLO – Massimo Bencivenga
# SPAD – Giuseppe Bonasia
# IL PARADISO DEL VOLO – Eleonora Cappa
# RACCONTO FUTURISTA – Daniele Casalini
# VERSO IL CIELO – STORIA DI UN PILOTA – Roberto Cipolato
# I VOLTI OSCURI DELLA STORIA – Alessandro Corsi
# LA TERRA AZZURRA – Marilina Daniele
# ERAVAMO IO E LA PISTA – Evandro Detti
# AVVENTURE CON “G” – Claudio Di Blasio
# NUVOLA – Marcella Di Franco
# NEL MIO CIELO – Michele Gagliani
# L’ANGELO GIALLO – Laura Gallo
# APPUNTAMENTO CON IL VOLO – Cristina Giuntini
# BLANIK VV23 – Maurizio Landi
# IN VOLO AL CHIARO DI LUNA – Gianni Odino
# DUE ALI DI GABBIANO – Maddalena Schiavi Medas
# VOLA A CASA – Riccardo Sciarra
# L’IMPOSSIBILE – Chiara Schiavone
# VOLARE OH OH! – Elisa Trettene
# AMERIGO E GLI AVIATORI DELLA TAVOLA ROTONDA – Antonio Viciani
Sezione fotografica
# IN VOLO – Adalgisa Angeletti
# TOUCH AND GO SPECIALE – Giorgio Levorato
# GEMELLI DIVERSI – Luigi Orlandi
# THE GREAT GIG IN THE SKY – Luigi Orlandi
# ICARO – Luca Zonari Canè
Occorrerà attendere fino al 10 novembre per apprendere finalmente i vincitori nonché le classifiche generali con l’elenco dettagliato dei piazzamenti.
Ovviamente sarà cura della Segreteria del Premio informare a mezzo e-mail tutti gli autori e fotografi circa l’esito finale della loro partecipazione alla V edizione di “RACCONTI TRA LE NUVOLE”.
A questo punto, a nome di VOCI DI HANGAR e dell’HAG, permetteteci di ringraziare coloro che, pur partecipando con impegno e passione, non sono giunti in finale. Grazie per essere stati “dei nostri”, per esservi messi in gioco e per aver declinato a modo vostro il cielo, il volo e il mondo aeronautico in tutte le sue sfumature. Grazie davvero.
E’ scaduta lo scorso sabato 30 settembre la data ultima di presentazione dei racconti e delle fotografie per la partecipazione alla V edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole”.
L’iniziativa, che si prefigge la diffusione della cultura aeronautica a mezzo della scrittura creativa e della moderna arte figurativa, è organizzata dall’associazione di velivoli storici HAG, Historical Aircraft Group e dal nostro sito di letteratura aeronautica con la collaborazione con la rivista VFR AVIATION e il supporto della FISA, Fondazione Internazionale per lo sviluppo aeronautico.
L’edizione 2017 ha visto l’adesione di ben 38 racconti e di 15 immagini.
Come nella precedente, anche in questa edizione la partecipazione alla sezione narrativa vede la perfetta parità di genere in quanto 19 maschietti e 19 femminucce hanno inviato alla Segreteria del Premio le loro composizioni mentre, fatta eccezione per una sola partecipante, sono tutti di sesso maschile coloro che hanno preferito rubare l’immagine fuggente a mezzo di una fotocamera.
Molti autori hanno ritenuto opportuno coccolare fino all’ultimo istante la propria creatura tanto che, l’ultimo giorno utile, si sono aggiunte 3 fotografie e ben 7 racconti, l’ultimo dei quali è stato virtualmente consegnato alla Segreteria addirittura alle 23:40, ora locale del meridiano di Rieti (centro d’Italia).
Inoltre, a dimostrazione che il Premio costituisce un ottimo stimolo creativo, occorre riportare il seguente dato statistico: una buona metà dei partecipanti di questa edizione era già sceso in lizza nelle precedenti. Dunque un gradito appuntamento cui hanno aderito diversi affezionati praticanti della narrativa a tema.
A questo si aggiunge la conferma di uno strano fenomeno già manifestatosi in passato: la presenza preponderante degli amanti “terrestri” del volo e della scrittura rispetto ai praticanti di attività aeronautiche o comunque ex piloti di aeromobili. Che pure ci sono ma rappresentano una minoranza. Da qui la presenza di racconti di ampio respiro aeronautico, ossia non solo cronache di voli e di vicissitudini aeree ma anche storie di cielo e di nuvole, talvolta surreali o di purissima fantasia.
In questo senso, si rinnova, come già accaduto nella precedente edizione: la significativa partecipazione di autori/autrici che si dilettano con una certa convinzione nella frequentazione di Premi letterari, i cosiddetti “concorsisti”, già blasonati e dunque avvezzi all’arte scrittoria.
Tra di loro, in questa V edizione del premio, si annoverano: un giornalista televisivo professionista, una giovanissima liceale e diversi autori che hanno già dato alle stampe romanzi, raccolte di racconti, saggi e manuali addestrativi di volo, mentre quasi tutti hanno vinto o comunque sono giunti finalisti in altri premi letterari.
Come da bando di concorso, tutto il materiale raccolto è stato girato alla giuria i cui membri – è bene sottolinearlo – saranno noti solo all’atto della pubblicazione dell’antologia del Premio. A loro spetta l’ingrato compito di valutare serenamente racconti e fotografie.
Appuntamento dunque al 1 novembre per apprendere l’elenco dei 20 finalisti della sezione letteraria e le 5 migliori immagini che accederanno di diritto alla fase terminale del Premio. Occorrerà invece attendere fino al 10 novembre per apprendere finalmente i vincitori nonché le classifiche generali con l’elenco dettagliato dei piazzamenti.
Ovviamente sarà cura della Segreteria del Premio informare a mezzo e-mail tutti gli autori e fotografi circa l’esito finale della loro partecipazione alla V edizione di “Racconti tra le nuvole.
La giuria del Premio, nel frattempo, è impegnata nel febbrile lavoro di valutazione del materiale ricevuto. Ai sette giurati, proveniente dal mondo dell’editoria e del volo, l’ingrato compito di decretare i 3 vincitori e i 17 finalisti della sezione letteraria nonché il vincitore della sezione fotografica che, di diritto, vedrà il proprio scatto in bella mostra sulla copertina dell’antologia del Premio pubblicata dall’editore Logisma.
Appuntamento dunque al 10 novembre per apprendere il nome dei vincitori e, non più tardi di metà dicembre, per poter leggere/vedere tutte le loro opere.
Come si legge sulla copertina del libro, una edizione Longanesi § C., si tratta dei ricordi di un pilota d’assalto italiano nei cieli infuocati dell’Africa Settentrionale.
Infatti il volumetto contiene una lunga serie di racconti di guerra, ambientati in quel teatro drammatico quale è stato quello libico.
Se dovessi sintetizzare in poche parole l’intero libro direi che, fondamentalmente, si tratta dell’ennesima testimonianza di come, in quegli anni, si siano contrapposti due elementi: l’eroismo degli italiani in guerra (in qualunque corpo e in qualunque luogo), costretti a combattere una guerra che non sentivano come loro, senza equipaggiamenti e senza organizzazione e la diffusa sciatteria e meschinità, inadeguatezza e, a volte, criminale colpevolezza di coloro che stavano ai vertici del potere politico italiano.
Il libro è scritto da un pilota, cioè da un combattente che poteva vedere le cose dall’alto. Un punto di vista elevato, dal quale era più facile avere una visione d’insieme. In particolare, all’autore appariva ben evidente quale fosse il terreno sul quale si combatteva, l’orografia del paesaggio, le distanze, enormi e spesso costituite da solo deserto, le frequenti tempeste di sabbia e la loro grande estensione, la distanza dal mare degli accampamenti di fortuna nei quali i soldati erano precariamente sistemati etc. Gli aeroporti erano semplici strisce di deserto, livellate alla meglio.
Gli aerei di cui parla il nostro pilota erano i CR 32 e 42. Biplani, superati ormai da anni, ma che il governo di allora manteneva in produzione, probabilmente per non scontentare qualche personaggio dell’industria. Ma intanto gli alleati, gli Inglesi prima e gli americani dopo, avevano aerei molto più performanti, terribilmente meglio armati, veloci, maneggevoli e dotati di maggiore autonomia.
Contro questi aerei i nostri piloti andavano ad ingaggiare combattimento, spesso in numero molto inferiore, magari ad alta quota, con l’handicap delle cabine aperte, senza protezione adeguata dal freddo e spesso senza neanche l’impianto dell’ossigeno.
Questo descrive il libro.
Una lettura, ancora una volta, illuminante. L’eroismo è una cosa. La capacità strategica e la dotazione tecnica sono un’altra faccenda.
Si percepisce chiaramente, anche dove non viene detto esplicitamente, quanto fosse sofferta una simile situazione. E si coglie anche una sorta di fatalismo, di rassegnazione, nei confronti di tragici episodi, frequentissimi, dove si moriva, si restava feriti gravemente, ci si salvava per pura casualità.
E non si poteva in alcun modo protestare. La più lieve parvenza di critica sarebbe stata considerata disfattismo.
Due sono gli elementi che descrivono meglio l’inadeguatezza della politica italiana e tedesca in quella disgraziata guerra del Nord Africa.
Il primo riguarda il fatto che tutti i convogli di navi ed anche le squadriglie di aerei che dall’Italia dovevano rifornire, di truppe e materiali, il Nord Africa, erano soggetti agli attacchi, per mare e per aria, dalla vicina Malta, che non si era pensato di dover neutralizzare prima. Ci si era provato, ma con il pressappochismo e l’improvvisazione soliti, per cui Malta era rimasta lì. Risultato: tantissime navi affondate, squadriglie di aerei, da trasporto e non, abbattuti, migliaia di militari e civili morti e preziose merci perdute. Per anni.
L’altra questione riguarda la geografia del teatro di guerra. Il nemico era stato respinto attraverso migliaia di chilometri, dalla Libia verso l’Egitto. Negli anni le vicende di guerra sono state altalenanti, con perdite e riconquiste di posizione continue. Chi vuole si può documentare meglio attraverso tanti libri. Ma in sintesi, alla fine, il nemico si stava ritirando verso l’Egitto. Mancavano davvero poche decine di chilometri dal confine. L’autore descrive l’arrivo di un’altissima personalità del regime, con macchine al seguito e perfino un cavallo bianco. Si era portato anche la spada dell’Islam che gli era stata donata. Era pronto a fare il suo ingresso trionfale ad Alessandria d’Egitto.
Peccato che nel suo genio strategico non abbia fatto caso che, durante la ritirata, il nemico si avvicinava alla sua roccaforte, con maggiore abbondanza e rapidità di rifornimenti, con più possibilità di sostituzione delle truppe stremante con forze fresche. Mentre per Italiani e tedeschi avveniva il contrario. I rari rifornimenti, quando arrivavano, prendevano terra in Libia, poi dovevano percorrere migliaia di chilometri per raggiungere il fronte avanzato, con i rischi che c’erano. Alle porte dell’Egitto l’epilogo è stato quello che tutti conoscono. L’altissimo personaggio dovette tornare indietro senza neppure il cavallo bianco.
Quanto somigliano, le vicende di allora, a quelle di oggi.
Di sicuro, parlando con tante persone, ci potranno essere molti convinti che le cose siano interpretabili in altri modi. E ognuno fornirebbe la propria chiave di lettura.
Ma qui parliamo di un libro. “I falchi del deserto” parla di quelle vicende e il suo autore ci offre la sua pacata e diplomatica (a volte non tanto) chiave di lettura.
Sergio Flaccomio è toscano. E anch’io lo sono. Nonostante ciò, spesso ho fatto un po’ di fatica a seguirlo, nei suoi modi prudenti, fatti di frasi idiomatiche, che capisco certamente, ma la sua toscanità è un po’ più antica della mia. Non fa molto uso delle virgole. Tuttavia, anche in questo libro come è stato per altri, ho ritrovato gli stessi fatti, descritti da altri autori. Mi è sembrato di ripercorrere strade e ambienti già conosciuti. Soltanto visti con altri occhi e da un’angolazione leggermente diversa.
sottottolo: I retroscena del più esplosivo caso di spionaggio del nostro secolo
autore: David Wise e Thomas B. Ross
editore: Longanesi & C.
anno di pubblicazione: 1963
ISBN: non disponibile
Ecco un libro molto interessante e che varrebbe la pena di andare a cercare su internet o sulle bancarelle dei mercatini. L’edizione in mio possesso è quella con la copertina rigida e senza illustrazioni. Né la ricopre una sovra copertina come è d’uso in questi casi. Il titolo, poi… “L’U-2”, sembra fare riferimento al gruppo musicale U2.
Invece si tratta di uno splendido lavoro, un resoconto dettagliatissimo di una vicenda avvenuta all’inizio degli anni cinquanta, continuata fino ai primi anni sessanta, in piena guerra fredda tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica. Una vicenda di spionaggio, ma non banale come può essere quella di informatori inseriti nella società del paese nemico. Qui si parla di un pilota americano che, a bordo di un aereo, sorvola il territorio sovietico e fotografa i siti più segreti, dove si pensa possano esistere infrastrutture capaci di nascondere armi nucleari.
Il pilota è un normale ragazzo, nato e vissuto in campagna da una famiglia di umile lignaggio. La sua storia è altrettanto normale: si arruola in aviazione e poco dopo finisce in un gruppo di piloti ai quali viene affidato un compito speciale. E qui comincia l’avventura, che all’inizio sembra normale routine, ma poi…
L’aereo, invece, non è normale.
E’ un jet, uno di quelli del primo periodo. Subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale gli aerei ad elica furono sostituiti dai jet, i cui motori a reazione consentivano di raggiungere velocità ed altezze nettamente maggiori. E già questo è un fatto speciale.
L’autonomia dei jet è ancora oggi molto limitata. Questo aereo, invece, può rimanere in volo moltissime ore.
Normalmente i jet raggiungono una quota massima di dieci o dodicimila metri. Forse qualcosa oltre. Nel mondo intero, nessuno, in quel periodo era in grado di salire di più.
Questo aereo vola tranquillamente a ventuno mila metri, ma potrebbe raggiungere i ventiseimila. Infatti il pilota usa una tuta speciale che ricorda le odierne tute spaziali.
Le ali dei jet sono normalmente piuttosto corte. Questo jet ha ali lunghissime, da aliante. Un motoaliante, per essere più precisi. Ma molto, molto più grande.
A bordo non ci sono soltanto gli strumenti tipici degli aerei. C’è un autopilota capace di seguire un percorso estremamente preciso. Ci sono apparati fotografici capaci di riprendere immagini del suolo assolutamente nitide. Sorprendentemente dettagliate.
Il nome dell’aereo è: U-2.
Nel periodo in cui l’U-2 veniva impiegato per i voli sull’Unione Sovietica, a quella quota, era difficile da rilevare. Spesso non veniva neanche visto. E poi non esistevano aerei in grado di salire lassù per abbatterlo.
Neanche i missili potevano raggiungerlo e colpirlo con la necessaria precisione.
Ma un giorno l’impensabile accade. Un missile lo raggiunge. Non lo colpisce direttamente, ma gli esplode vicino. Tanto basta perché l’aereo venga destabilizzato e cada in una specie di vite. Il pilota si lancia e atterra sul territorio sovietico. Ne segue un incidente diplomatico molto complesso.
Il pilota si chiama Francis Gary Powers. E adesso molti possono ricordare qualcosa, perché questo episodio ha impressionato il mondo intero in quegli anni.
Powers venne scambiato, alla fine, con una spia sovietica catturata in America e tornò a casa.
Il libro comincia con la descrizione di questo scambio. Poi la storia ritorna all’inizio e si snocciola lungo tutti i capitoli successivi.
L’aspetto straordinario dell’egregio lavoro dei due autori è l’accuratezza dei dettagli. Segno evidente che hanno avuto a disposizione ogni possibile documento. La lettura ne risulta davvero piacevole.
Un punto che mi ha interessato notevolmente riguarda l’abbattimento dell’U-2. Il pilota aveva a disposizione il classico seggiolino eiettabile, sebbene non certo del tipo perfezionato come quello dei caccia militari odierni. Ma sapeva anche che al meccanismo di espulsione del seggiolino era collegato un sistema di distruzione dell’aereo. Per paura di esplodere mentre si eiettava, Powers apre la cappottina e si lancia in maniera tradizionale, anche se con notevole difficoltà e a quota ormai piuttosto bassa.
All’aeroporto di Ciampino, qualche decennio fa, atterrò un U-2. Non credo fosse più un aereo-spia. Piuttosto poteva essere davvero usato per rilevamenti atmosferici. Veramente, anche durante il suo impiego come aereo-spia veniva presentato allo stesso modo. Ma a Ciampino chiesi di salire a bordo. C’era una scaletta e mi dissero che potevo salire. La cabina non era molto spaziosa. Le ali erano lunghissime e sostenute da ruotine aggiuntive, dato che il carrello era monotraccia, un po’ come il motoaliante Falke. Ma le punte delle ali arrivavano davvero molto vicine al suolo, come piegate sotto il loro stesso peso. Ricordo con particolare vividezza una specie di tasca laterale dove c’erano un certo numero di albi di fumetti in inglese.
Il pilota, evidentemente, cercava di passare il tempo e di vincere la noia delle lunghe ore a quote così enormi da vedere ben poco della terra.
Ho visto decollare quell’U-2. In volo, il diedro negative delle ali era molto meno evidente.
Un libro da leggere e tenere nella propria libreria anche questo. Un libro che parla di spionaggio, ma anche di diplomazia al lavoro, per cercare di mantenere equilibri delicati fra nazioni potenti, i cui capi stanno costantemente con il dito su un pulsante che potrebbe scatenare l’apocalisse.
Questo è il pericolo che abbiamo corso e che corriamo anche adesso.
E’ decollata la V edizione del Premio fotografico/letterario “Racconti tra le nuvole”, organizzato dal nostro sito e dall’associazione di velivoli storici HAG, Historical Aircraft Group, con la collaborazione della FISA, Fondazione Internazionale per lo sviluppo aeronautico e della rivista VFR AVIATION.
L'unico sito italiano di letteratura inedita (e non) a carattere squisitamente aeronautico.
Aforismi
Dopo aver frequentato per qualche anno l\'ambiente aeronautico sono arrivato alla conclusione che se dovessimo seguire fedelmente tutti i regolamenti e le normative in vigore in Italia, allora dovremmo stare semplicemente a terra
(Ala Spezzata)
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