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PASSIONE e i sogni diventano realtà

titolo: PASSIONE e i sogni diventano realtà

autore: Luigi Aldini

editore: Logisma

anno di pubblicazione: 2012

ISBN: 978-88-97530-213





All’inizio degli anni Ottanta, dopo più di un decennio di volo a motore, decisi di fare il corso per conseguire la licenza di pilota di aliante veleggiatore.

Andai a Guidonia e mi iscrissi come allievo. Dato che avevo già una licenza di pilota di aeroplano, le ore necessarie erano solo quattro in doppio comando e tre da solista. Feci l’esame e ottenni la licenza. Il tutto in circa tre mesi. Ma quella licenza ha cambiato il corso della mia vita fino ad oggi.

Il volo a vela, ancor più del volo a motore o del volo ultraleggero, è un mondo meraviglioso. Si vola nel silenzio, con il sottofondo del tenue fruscio dell’aliante che scivola nell’aria, si sale con le ascendenze fino a quote a volte elevatissime, ci si sposta sopra il mondo immersi nella natura.

Volevo fare il pilota militare, da ragazzo. Per una serie di ragioni non c’ero riuscito e allora avevo preso la strada del pilota civile.

Sin da subito avevo scoperto che i piloti come me non avevano proprio tantissimo da invidiare ai piloti militari. Anzi, leggendo tutti i libri di aviazione che riuscivo ad avere, mi meravigliava il fatto che ce ne fossero pochi dedicati al volo civile, al punto che sin dall’inizio avevo maturato l’idea di scriverne uno io stesso. Un libro che parlasse di come volavamo noi degli Aeroclubs, senza missioni di guerra da compiere, senza obiettivi da colpire, senza bombe sotto le ali, senza mitragliatrici e cannoncini armati e pronti a far fuoco. Non avevamo neanche le coccarde di nazionalità. Volavamo per volare e basta.

Un breve stralcio, presente nel risguardo interno di copertina, che riprende uno dei passi più carichi di stupore e di poesia espressi dall’autore

A Guidonia, un giorno, un ragazzo appena atterrato mi disse di aver fatto un volo bellissimo e aggiunse che avrebbe scritto un libro per condividere, con coloro che non sapevano nulla del nostro mondo aeronautico, le emozioni e le sensazioni che per noi erano consuetudine. L’idea mi colpì. Era anche la mia, da molto tempo.

Gli dissi che avrei fatto la stessa cosa.

Lui il libro non lo ha mai scritto. Io si.

Non occorre aggiungere altro rispetto a quanto presente al risguardo interno della copertina. La breve biografia dell’autore non gli rende merito delle molteplici attività aeronautiche svolte fino ad oggi

Scrissi “Zingari del cielo”, un libretto di 135 pagine dove stipai un mucchio di cose tra le più emblematiche del mondo del volo. Mi resi conto di quanto fosse difficile condensare, in poche pagine, fatti che avevano uno svolgimento lungo il corso di anni, sensazioni che un lettore non può immaginare perché non ha termini di paragone, emozioni profonde e personali che non si comprendono se non si fa l’esperienza diretta, volando realmente. Ma non basta andare in volo come passeggeri. Per capire fino in fondo cosa un pilota vuole comunicare, bisogna proprio volare da piloti, con le mani sui comandi.

Tuttavia, nonostante fossi cosciente dell’impossibilità di descrivere con le parole le emozioni del volo, ritenevo doveroso, per chiunque avesse esperienze simili da condividere, farlo attraverso la scrittura di un libro. Inoltre, un libro resta. I ricordi svaniscono. Se non scrivi, nulla resterà del tuo bagaglio di prezioso sapere. Tutti gli altri, che non hanno avuto la fortuna di far parte del tuo mondo e di conoscere ciò che tu sai, saranno privati per sempre della conoscenza di una parte della storia.

Per questo, nel corso degli anni, ho sempre esortato chiunque avesse fatto qualcosa di interessante, a scrivere un libro. E molti lo hanno fatto. Non perché glielo ho chiesto io, lo hanno scritto di propria iniziativa. Lodevole decisione.

Un giorno, a Rieti, uno di questi libri mi è capitato tra le mani. Me lo ha dato l’autore stesso, con tanto di dedica. E questo per me ha significato moltissimo. Ne sono stato oltremodo onorato.

L’autore, Luigi Aldini, è un personaggio di primo piano nella storia del volo a motore, del volo a vela, del volo acrobatico e di tutte le discipline aeronautiche in generale.

La sua attività di pilota e di istruttore, di organizzatore di eventi sportivi aeronautici, di costruttore amatoriale di aerei, si è svolta negli anni, ricevendo apprezzamenti da parte di autorevolissimi e famosi personaggi. Tanto per fare un esempio, quando Luigi Aldini ha costruito un velivolo F8, progetto dell’ingegner Stelio Frati, partendo da zero, modificandolo un po’ e addirittura migliorandolo, il progettista gli ha poi fatto autorevoli complimenti alla fine dell’opera. Una cosa non da poco, considerato che Stelio Frati è stato uno dei più geniali progettisti di cui può vantarsi il nostro paese. I suoi aerei continuano a volare oggi e sono apprezzati nel mondo.

Il libro riporta la storia della costruzione dell’esemplare di Aldini, con tutte le difficoltà che ha dovuto superare.

Noi che frequentiamo l’aeroporto di Rieti abbiamo il privilegio di veder volare quel bellissimo aeroplano, tutto rosso, elegante e velocissimo, pregevole opera di chi lo ha ideato e di chi lo ha costruito.

Il libro racconta tante altre storie, fatti che si sono svolti negli anni e nei luoghi che abbiamo frequentato entrambi. Ci siamo incontrati in alcuni di questi luoghi, ma soprattutto abbiamo vissuto le stesse storie, spesso da posizioni geografiche diverse. Ci siamo avvicendati in un aeroclub come istruttori di volo a vela. Lui non poteva più andare e io sono subentrato al suo posto.

I fatti narrati nel libro ricalcano una buona parte della storia aeronautica degli ultime decenni. E questo rende quella parte di storia visibile, disponibile per chiunque voglia conoscerla. Se Aldini non l’avesse scritta si sarebbe persa per sempre.

Ci sono alcune vicende curiose che vale la pena riportare qui. La storia dei primi approcci al mondo aeronautico, avvenuti negli anni della sua adolescenza, somiglia molto alla mia e credo somigli anche a quella di tanti altri ragazzini che poi sono diventati piloti.

Un altro elemento che abbiamo in comune e che Aldini riporta nel libro è la passione per i trattori. Anch’io, come lui, da ragazzino di pochi anni, subivo il fascino di quelle macchine cingolate. Lui ha fatto restaurare il trattore della sua famiglia. Io mi riprometto di fare altrettanto con il nostro, un giorno o l’altro, appena non sarà più necessario usarlo per i lavori agricoli, come facciamo sin dai primi anni sessanta. Quella cingoletta, come la chiamano al mio paese in Maremma, fa ancora egregiamente il suo dovere.

La retrocopertina del libro di Luigi Aldini, già ospite del nostro hangar con un divertentissimo racconto intitolato: “Incontro tra piloti” che partecipò nel 2013 alla II edizione del premio letterario “Racconti tra le nuvole”. Il racconto che rimane tuttora inedito, è un’esclusiva di VOCI DI HANGAR e , in prima stesura, costituiva proprio uno dei capitoli del libro. Purtroppo, in fase di rilettura, è stato preferito stralciarlo in quanto non aveva un deciso sapore aeronautico, Peccato, perchè avrebbe reso ancora più godibile un libro che è già attraversato da una sottila vela ironica ma che in quel captolo avrebbe trovato la sua chicca, la perla splendente che rimane nella mente dei lettori..

Questo libro, nelle sue 248 pagine, parla di tanti episodi. Ma soprattutto parla di noi. Di coloro che operano con l’obiettivo di esercitare, sostenere e far progredire il volo in tutte le sue forme, sostenuti da un solo sentimento che si chiama passione. E questa parola è appunto il titolo del libro.

Quando qualcuno mi chiede di scrivere una dedica su uno dei miei libri, spesso mi trovo in difficoltà. Per me è più facile trainare un aliante che scrivere una dedica.

Ma nel libro “Passione” che Luigi Aldini mi ha dato, anche la dedica è quanto di più appropriato potesse aver scritto. Tutto il contenuto del libro, tutte le storie narrate con il suo stile scorrevole e mai pesante, mi è noto per aver fatto parte di quel mondo in un modo o nell’altro. Anche il gran numero di fotografie che corredano i capitoli, potrei averle scattate io stesso perché conosco i luoghi e spesso molte delle persone ritratte. O gli aerei e gli alianti, che non soltanto conosco, ma su molti di essi ho volato per parecchie ore.

La dedica che l’autore ha regalato a Evandro Detti

La dedica dice: “A Evandro, collega istruttore che potrà così riconoscere alcuni momenti comuni”. Non avrebbe potuto scrivere una dedica più appropriata.

Consiglio questo libro a chiunque sia, in qualche modo, appassionato di volo. A chiunque abbia un minimo di Passione.

Ma lo consiglio ancor di più a tutti i piloti che fanno parte oggi del nostro mondo aeronautico. Oltre ad imparare molte cose sulla nostra storia… ci si potrebbero riconoscere.



Recensione a cura di Evandro Detti (Brutus Flyer)





Luigi Aldini

biplano rossoAl momento non disponiamo di una biografia ufficiale dell’autore … certo potremmo scriverla sulla base della “secolare” conoscenza diretta del medesimo, tuttavia saremmo sicuri di arrecargli torto dimenticando più di qualcosa di veramente importante tra le tante attività ed iniziative cui si è cimentato nel corso degli anni … perciò preferiamo tratteggiare Luigi Aldini così come ha fatto il suo editore, Logisma, in quella che è la prefazione del libro: “Passione e i sogni diventano realtà” da cui, come potrete apprendere dalla recensione del racconto, è tratto appunto “Incontri tra piloti”.

Ebbene:

La passione per la meccanica e i motori ha guidato Luigi Aldini fin da quando era ragazzo, e gli ha fatto sognare una per una le tappe che nella vita avrebbe conquistato con stupefacente dedizione e tenacia, ma anche con lodevole concretezza e senso pratico. Il desiderio di volare lo ha portato ad essere prima pilota, di volo a vela e di volo a motore, poi istruttore, e anche costruttore e restauratore di aeroplani. Una vita intera dedicata al volo che Aldini ci racconta con episodi che trasmettono sempre tanto entusiasmo, una certa ironia e anche un tocco di poesia, senza per questo farci dimenticare, con le parole del buon istruttore, che il volo è un’arte da esercitare con ferrea applicazione alle regole e scrupolosa attenzione alla sicurezza.


Nel sito sono ospitati i seguenti racconti:


Incontri tra piloti

Incontri tra piloti

biplano a mollaNon mi è mai capitato di sbellicarmi letteralmente dalle risate; rarissimamente ho avvertito un piacevole dolore alla muscolaura del viso procurato dall’eccesso di riso; mi è capitato ancor più di rado ascoltando una storia improbabile di piloti e sedicenti piloti  … almeno non fino a quando, per una serie di fortunose combinazioni, ho avuto il privilegio di ascoltare in anteprima e, soprattutto animata dalla voce del protagonista – Luigi Aldini – la vicenda narrata in questo racconto dal titolo tutto sommato “generico” che non lascia presagire i reali contenuti.

Comunque nulla di comparabile all’enorme stupore quando, alla mia provocazione di farne un un racconto (affinchè altri potessero godere del piacere di apprendere una storia così surreale), il buon Aldini mi confessò che quella storia l’aveva già scritta … tanto che faceva parte del manoscritto del suo libro: “Passione e i sogni diventano realtà” ma che, per una imperscrutabile scelta editoriale (di cui sono rimasto altrettanto stupito) era stato stralciato dalla stesura definitiva poi consegnata alle stampe.

Di quel libro rammentavo benissimo alcune parti assai spassose, scritte con leggerezza e disincanto, talmente lontane dalla realtà contemporanea da risultare improbabili e al contempo comiche … sicchè circuire l’autore (che una fortuna sfacciata mi consentiva di avere davanti a me in carne ed ossa) e fare leva sull’antica conoscenza, fu questione di un istante. Quando poi aggiunsi che si trattava di una causa nobile e comunque dal sapore agonistico (la II edizione del Premio letterario “Racconti tra le nuvole”) egli ruppe gli indugi e mi promise che avrebbe inviato il capitolo incriminato alla Segreteria del Premio.

Il file giunse il giorno stesso e non venne meno alle mie aspettative: forse perchè già conoscevo la vicenda, forse perchè ancora echeggiavano in me le battute in emiliano schietto del protagonista, sembrava che l’autore si materializzasse davanti a me provocando di nuovo un sorriso modello Joker, il famoso personaggio della saga di Batman.

Il testo funzionava, eccome se funzionava! Però c’era un però e neanche trascurabile.

Quasi non mi accorsi che il numero di battute di cui era composto il racconto era pressochè doppio rispetto a quello massimo stabilito dal regolamento del Premio dunque, con sommo rammarico, lo comunicai al povero Aldini non senza esortarlo a rivedere il testo e a ricavarne, seppure a malincuore, una versione più breve affinchè potesse partecipare al Premio.

Il risultato è quello che potete leggere.


Narrativa / Medio-lungo Inedito; ha partecipato alla II edizione del premio letterario “Racconti tra le nuvole”, 2013-2014; in esclusiva per “Voci di hangar”

 

 

Incontro tra piloti

“Sono in anticipo … mi posso fermare a prendere un caffè …”

Era un giovedì mattina ed ero sul raccordo anulare di Roma. Normalmente arrivo agli appuntamenti sempre in orario o in leggero ritardo e il fatto di essere in anticipo mi dava finalmente un po’ di tranquillità.

L’autogrill era là davanti a me, per cui misi la freccia ed entrai nella corsia che immetteva al piazzale davanti al bar. Parcheggiai vicino a una station wagon scura con una targa inglese. Notai un signore distinto, non molto alto, con pochi capelli bianchi, vestito di un completo marrone con una cravatta sul rosso che mi osservava stranamente.

Scesi dall’auto e la chiusi, avviandomi in direzione del bar.

Mentre camminavo ebbi una strana impressione … cosa faceva quella persona ferma e perché mi guardava con interesse?

Da più 20 anni frequentavo quasi quotidianamente l’autostrada e gli autogrill e avevo avuto la sensazione che non avesse il solito comportamento di chi si ferma per una sosta. Fu però una riflessione di mezzo secondo, perché salii le scale ed entrai nel bar. Avevo tutto il tempo per un buon caffè da gustare in pace. Anzi dovevo cercare di fare trascorrere il tempo.

Dopo il caffè mi attardai a guardare i libri ammucchiati su un tavolo, poi uscii. Mentre mi avvicinavo all’auto, vidi il signore notato precedentemente che stava telefonando. Notai nuovamente qualcosa di strano nel suo modo di telefonare, perché mentre parlava seguiva i miei movimenti.

Salii in auto e vidi che mi veniva incontro con il telefonino in mano. Avevo aperto il finestrino per arieggiare l’auto in quanto quella mattina di aprile faceva caldo.

“Mi scusi, mi vergogno … ma non so come fare … avrei bisogno di una cortesia …”, mi disse avvicinandosi e riponendo il telefonino nella tasca interna della giacca.

Rimasi un attimo stupito e, osservandolo meglio, mi dette veramente l’impressione di una persona in difficoltà. Collegai le mie riflessioni precedenti trovando la spiegazione ai miei dubbi. In quel momento venne fuori quel po’ di generosità che ho dentro, unito anche alla necessità di fare trascorrere più di mezz’ora … Sempre seduto in auto, affacciandomi al finestrino aperto gli dissi: “Mi dica, se posso …”.

Mi rispose: “Sono un pilota dell’Alitalia, e ho un volo cargo tra 40 minuti per Amsterdam. Mi vergogno a dirlo ma, questa mattina, uscendo da casa, ho chiuso la porta lasciando dentro le chiavi di casa e il portafoglio. A casa non c’è nessuno e mia moglie è all’ospedale a fare una visita, per cui ha il telefonino spento. Ho finito la benzina e non so come fare …”.

Sapevo, per esperienza, che non bisognava fidarsi degli incontri fatti sui piazzali dell’autogrill, per cui pensai di entrare in argomento e vedere se effettivamente era del settore. “Sono anch’io un pilota e istruttore di volo”.

“Ma tu dove voli?”, mi chiese passando al tu come si usa fare tra piloti.

Rimasi stupito da questa pronta richiesta. Aveva superato l’esame, e ora potevo anche dare notizie in più. “A Rieti”.

“Ho un carissimo collega a Rieti, si chiama Carlo Alberto. Lo conosci?”. Io cercai nei meandri della mia memoria, ma non trovai nessun pilota che rispondesse a quel nome. “No, purtroppo non lo conosco”, risposi.

A questo punto era lui in vantaggio per cui visto che avevo tempo e inoltre voleva fare bella figura, gli domandai: “Conosci Manlio Lello?”

“Certo, è passato da poco sui cargo e lo incontro spesso”.

Effettivamente era vero. Rincarai la dose: “E Rossi?”.

“Di Rossi ce ne sono tanti. Conoscevo bene Walter che è stato uno dei primi a volare sul Caravelle, però purtroppo è morto alcuni anni fa, e poi Piero, che è appena andato in pensione. Lo incontro ancora al simulatore, però sempre più di rado …”.

Effettivamente era tutto esatto, e solo uno dell’ambiente poteva sapere queste cose.

“ … se mi puoi prestare dieci euro metto la benzina che è sufficiente per tornare a casa. Lunedì sera vengo a Rieti, ti invito a cena e ti restituisco i dieci euro”.

Mi aveva convinto. Salì sulla station wagon con targa inglese che aveva sicuramente le sospensioni posteriori scariche perché era tutta accucciata, mise in moto, fece retromarcia per uscire dal parcheggio, e si avviò in direzione del distributore che distava una cinquantina di metri. Io lo seguii, e vidi che a pochi metri dalla pompa si fermò.

Mi accostai e lui mi disse: “Guarda che fortuna, è finita la benzina proprio qui” e, mentre mi parlava con lo sportello aperto, vidi che girava la chiavetta di avviamento con la marcia innestata per percorrere i pochi metri che lo separavano dalla pompa.

Rimasi fermo ad aspettare con dentro la soddisfazione di stare compiendo un’opera buona.

Scese dall’auto, prese la pistola della pompa, si avvicinò alla parte posteriore dell’auto, aprì il tappo del serbatoio e iniziò a mettere benzina. Notai che si era fermato alla pompa “servito”, però non gli diedi importanza.

“Mi sono distratto e ho superato i 10 Euro. Ti dispiace se faccio 20, così domenica sera sono più tranquillo? Comunque lunedì sera ti restituisco tutti i soldi e ti offro la cena!”

Cosa potevo rispondere? Oramai ero in ballo e … aveva già messo 20 euro. Pagai l’addetto del distributore che mi guardò con aria compassionevole, per cui mi sentii in dovere di dirgli: “Ogni tanto bisogna fare anche delle buone azioni”.

Mise i soldi nella borsa che aveva alla tracolla e guardandomi mi rispose: “Aho, ma che bona azione. Dije che andasse a lavorà come faccio io!”, e girandomi le spalle si allontanò.

Mi sentii chiamare, per cui mi avvicinai all’auto del mio “nuovo amico”. Aveva la portiera aperta e stava scrivendo su un bigliettino da visita. “Questo è il mio biglietto da visita e questo che ti ho scritto è il mio telefonino, se mi puoi dare il tuo così lunedì ti chiamo e ci mettiamo d’accordo per la cena”.

Presi dal portafoglio il mio bigliettino e con la sua biro scrissi il numero del mio portatile e glielo diedi. Mentre io leggevo il suo bigliettino mi ringraziò moltissimo. Vidi solo allora che era del pilota Carlo Alberto. Rimasi perplesso e gli chiesi: “Scusa ma Carlo Alberto non è il tuo collega che abita a Rieti?”

“No, come vedi sono io. Ciao ci vediamo lunedì”, chiuse lo sportello, avviò il motore e partì.

Mi rigiravo il bigliettino in mano, ma i conti non mi tornavano. E scuotendo la testa salii sulla mia auto e mi avviai.

Mentre guidavo mi sorse il dubbio di essere rimasto fregato. Ma ero ormai vicino al luogo dell’appuntamento per cui, poco dopo, uscii dal raccordo e percorsi la strada che mi portava al parcheggio degli uffici. Entrai nella sala delle riunioni. Arrivarono anche gli altri invitati e iniziai a esporre gli argomenti della riunione. Mentre gli altri presenti presero la parola, io purtroppo tornavo con la mente all’autogrill e ripercorrevo, come fosse un film rivisto alla moviola, tutti gli attimi appena vissuti e che mi avevano lasciato perplesso. Più il tempo passava più i tasselli che non coincidevano si ammucchiavano in un lato della mia mente e mi distraevano dagli argomenti della riunione.

Terminata la riunione salutai tutti e mi avviai giù per le scale per non attendere l’ascensore, perché mi era venuta l’idea di telefonare urgentemente al mio amico Marcello, comandante dell’Alitalia. Arrivato in prossimità dell’auto, composi il numero e lo chiamai con la segreta speranza che non fosse in volo. Mi rispose subito e dopo i saluti gli chiesi: “Conosci Carlo Alberto comandante che vive a Rieti?”

“Certo che lo conosco!”, mi rispose.

“Che aspetto ha, è piccolo e con pochi capelli?”.

“No, hai presente Bud Spencer? … è identico: grande grosso e un buono”, mi rispose.

A questo punto non c’erano più dubbi. Ci salutammo e, dopo avere chiuso la comunicazione, rimasi pensieroso. Dentro di me iniziò a crescere l’entusiasmo della possibilità di iniziare quella che noi emiliani chiamiamo “la gara”. C’erano tutti i presupposti per impostare un rapporto tipo gatto-topo, partendo ora da una posizione di favore. Al diavolo i 20 euro! Li consideravo come il costo del biglietto per giocare la partita. L’entusiasmo mi cresceva dentro, assieme al calore che prende il corpo quando si sta iniziando un’avventura. Salii in auto e mentre guidavo riflettevo sulle varie opportunità in gioco …

Questo signore, non era certamente un dilettante, e neanche un poveraccio, quindi vi erano serie probabilità che fosse un professionista astuto.

“Bene, il gioco si fa duro e non devo farmi fregare un’altra volta … esaminiamo bene la situazione e cerchiamo di scoprire i suoi lati deboli …. ha usato il trucco delle chiavi rimaste in casa … bastava che ci riflettessi un attimo per capire che uno può dimenticare le chiavi, ma se è un pilota che gira il mondo non può dimenticare il portafoglio con i documenti … poi mi parla di un pilota di Rieti suo amico e mi da il suo biglietto da visita dicendomi che è lui… e qui ha commesso un errore grave perché doveva prevedere che in due minuti avrei scoperto tutto telefonando a un amico dell’Alitalia. Forse poi non è così scaltro . Bene, io qui ho un numero di cellulare che il truffatore ha scritto sul bigliettino di Carlo. Strano che mi abbia lasciato il suo numero. In quel modo sarebbe facilmente rintracciabile. Vuoi scommettere che è il numero di Carlo e lui ha fatto finta di scriverlo … basta fare il numero e vedere chi risponde … no, ferma tutto: devo lasciare a lui la prossima mossa stando al suo gioco.

La mia mente continuava a girare pregustando “la gara” e sorridevo tra me e me … Arrivai così in azienda e proprio mentre stavo parcheggiando, il telefono squilla. Era un numero di un cellulare che mi risultava nuovo. “Pronto!”, risposi.

“Sono il comandante Alitalia di questa mattina. Desideravo ringraziarti per il tuo gesto. Sono arrivato in tempo a Fiumicino e ora sono ad Amsterdam. Lunedì rientro e vorrei averti a cena con me, così ti restituisco i soldi che mi hai prestato. Ho visto dal tuo bigliettino che sei il dirigente di una società. Complimenti! Sarà un onore averti mio ospite…”.

A quel punto giocai duro e dissi: “Sei un simpaticone che si diverte a fare le candid camera. Però il comandante Carlo di Rieti è un mio carissimo amico e io ti ho lasciato credere di non conoscerlo perché volevo vedere fin dove saresti arrivato …”, risposi bluffando in modo da metterlo in difficoltà.

“No, io non sono Carlo, ma il comandante Serafini!”, mi rispose.

“Bene, e il biglietto da visita che mi hai dato?”.

“Perché non è il mio biglietto col nome Serafini?”.

“Allora insisti a mentire sapendo di mentire. Quando te l’ho fatto notare tu mi hai risposto dicendo che Carlo eri tu! Quindi il gioco è finito troppo presto e mi sono divertito poco …”, risposi.

“Ti chiedo scusa, ma questa mattina ero molto confuso perché temevo di non fare in tempo ad arrivare a Fiumicino, per cui è facile che mi sia sbagliato. Lunedì ti dimostrerò che sono veramente Serafini, e che sono una persona che mantiene gli impegni. Ti devo lasciare perché sto decollando. Grazie ancora. Ciao a lunedì!”, e chiuse la comunicazione.

Ottimo, ora avevo il suo numero di cellulare, per cui potevo impostare qualche azione. Lo registrai in rubrica sotto il nome di “Simpaticone” ed entrai in ufficio.

La sera, mentre cenavo a casa, raccontai la storia accaduta. Quando parlai del comandante Carlo, mia moglie mi interruppe: “Il mondo è piccolo. Pensa che l’ho visto questa mattina in banca …era vestito da pilota ed era andato a protestare dal cassiere perché al bancomat, all’esterno, aveva avuto 250 Euro tutti in banconote da 10 e non da 50 come normalmente accadeva. Ho chiesto all’impiegato che mi stava servendo chi fosse, ed egli mi ha risposto che era il comandante Carlo Alberto, persona molto simpatica, e loro cliente da anni”.

“Ferma tutto! Lo chiamiamo subito e ridiamo un po’!”, dissi avendo una piccolo lampo … Presi dal portafoglio il suo bigliettino, chiesi a mia moglie l’ora precisa che ebbe modo di riscontrare sulla ricevuta della banca, e feci il numero di cellulare di Carlo Alberto, sperando che fosse il suo. Infatti mi rispose pronunciando il suo nome.

“Lei questa mattina con l’inganno mi ha derubato di 20 Euro! Ora me li restituisce subito o la denuncio …” Avevo messo il telefonino in viva-voce per fare sentire a mia moglie e ai miei figli.

“Chi? … io … derubato lei? … è uno scherzo …”, mi rispose sorpreso.

“Confermo, stamani all’autogrill, sul raccordo. Ho qui il suo biglietto da visita che mi ha dato personalmente. In più, da indagini fatte, risulta chiaramente che lei questa mattina era rimasto senza soldi … per cui li ha estorti a me con l’inganno …”.

“Come fa a sapere che ero senza soldi?”, mi chiese preoccupato.

“Confermo! Lei questa mattina ha prelevato 250 Euro in banca perché aveva già dopo che lei mi aveva estorto i 20 euro di benzina alle nove e trenta sul raccordo anulare. Ha prelevato alle ore undici e zero sette 250 Euro in banconote da 10 euro! Mi conferma tutto questo o vuole mentire?”.

“Come fa a sapere tutto questo? Chi è lei?”.

“Sono un agente dei servizi segreti per cui non posso darle il mio nome. Giovanotto. hai finito di giocare al pilota che ha lasciato le chiavi in casa e di appostarti negli autogrill per derubare la gente … per mettere la benzina nell’auto e girare a sbafo con i soldi degli altri. Io ti rovino!”

Silenzio assoluto. I miei figli ridevano a crepapelle e mi imploravano di finirla.

“… e poi perché quando prima ti ho chiamato mi hai detto di essere il comandante Serafini, dandomi delle false generalità?”

“Ascolti … forse ho capito di chi si tratta … io non c’entro. C’è in giro nel nostro ambiente un truffatore che si spaccia per pilota. Purtroppo ha fregato anche me e anche Serafini. Senta io ora sto per decollare. Se vuole ci possiamo vedere domani a Roma …”.

A questo punto era il caso di interrompere lo scherzo, soprattutto pensando ai passeggeri che aveva dietro.

“Tranquillo! Sono un amico di Marcello e non sono un agente segreto. Scusa se ho scherzato. Penso sia il caso che ci vediamo, perché la situazione è seria … chiamami pure a questo numero quando rientri, visto che anche io abito a Rieti”.

Chiusa la comunicazione, rimasi a parlare con i miei famigliari dell’accaduto, cercando di capire meglio la situazione. Il giorno successivo, avendo dormito sopra “l’argomento”, iniziai a fare delle considerazioni meno goliardiche: e se quel signore utilizzasse il mio biglietto da visita spacciandosi per me mettendomi in una situazione critica di fronte alla giustizia? … poi hai voglia a spiegare che io non c’entro e che sono vittima di una truffa … niente, bisogna che vada a denunciare l’accaduto alla Polizia. Intanto metto un punto fermo … Mentre ero assorto in queste riflessioni mi arrivò la telefonata di Carlo.

“Scusa se non ci possiamo vedere direttamente perché ho un impegno qui a Roma, però ti posso spiegare la situazione anche per telefono … ho incontrato quel signore una sera tardi mentre rientravo a casa all’autogrill di Settebagni. Ero in divisa Alitalia e stavo prendendo un caffè quando questo si avvicinò spacciandosi per un collega. Parlammo un po’ del nostro lavoro poi mi disse che aveva ricevuto l’incarico da una compagnia inglese che stava nascendo, di selezionare dei piloti. La compagnia era seria e disponeva di mezzi sia tecnici che finanziari, per cui gli stipendi erano sicuri e più alti di circa un 50% rispetto all’Alitalia. Gli risposi che io stavo bene dove ero per cui non ero interessato. Ci scambiammo i biglietti da visita e io scrissi sul mio, dietro sua richiesta, il numero del cellulare. Dopo circa un mese mi arrivò una telefonata. Era lui che mi confermava che la compagnia aveva iniziato l’attività e che aveva assolutamente bisogno di vedermi. Fissammo un appuntamento in un albergo non distante da Fiumicino. Accettai solo per una curiosità personale in quanto non avevo nessuna intenzione di cambiare “bandiera”. Quando arrivai era nella hall, seduto in una poltrona, davanti ad un tavolo di cristallo pieno di fogli di carta. Aveva in mano una cartellina che stava leggendo con gli occhiali sulla punta del naso. Vicino ai piedi, una borsa da pilota di cuoio nero, aperta. Fece finta di vedermi solo quando fui vicino e con la cartella in mano si alzò per salutarmi. Aveva l’aria di chi è molto indaffarato e che non può perdere un secondo del suo tempo prezioso … io lo guardavo incuriosito cercando di capire dove volesse arrivare. – Come puoi vedere quello che ti avevo detto si sta concretizzando – mi disse.- La compagnia ha iniziato la sua attività e io sono il responsabile della selezione dei piloti. Mi hanno dato un mese per completare l’organico e mi mancano ancora solo due piloti. Tutti quelli che ho contattato hanno accettato con entusiasmo sia per la serietà della compagnia che per i soldi in più che ho offerto loro. Conto molto su di te perché le informazioni che ho avuto sul tuo conto sono ottime e, dopo il necessario addestramento, potresti diventare capo pilota della compagnia. Ho già preparato una lettera di assunzione e se tu firmi sei già dei nostri -. Mi mise in mano una lettera con tanto di intestazione di una compagnia aerea e stipendio da sogno … e, dato che era più piccolo di me, mi guardava da sopra gli occhiali che teneva sulla punta del naso. Nella mia vita non avevo mai creduto ai colpi di fortuna, per cui ero molto perplesso sull’operazione, anche se mi incuriosiva. Inoltre ero nato in Alitalia e mi sembrava di commettere un tradimento, solo a leggere quella proposta. Mentre mi rigiravo fra le mani quei fogli, lui si allontanò di circa un metro, prese il cellulare dalla tasca interna della giacca, compose un numero e iniziò a parlare avvicinandosi a me. – … come vogliono degli altri soldi per l’operazione? Come faccio se al momento non ne ho più sul conto! … li vogliono subito?”, in quel momento il telefonino squillò.

– Strano! – Pensai io. Sta telefonando e sullo stesso telefonino arriva una telefonata? Devo dire che la cosa mi lasciava molto perplesso.

Rispose a questa nuova telefonata allontanandosi in modo che io non lo potessi udire. Avevo capito che dall’altra parte c’era uno che doveva subire un’operazione e che occorrevano dei soldi.

Finita la telefonata, si riavvicinò e, chiedendomi scusa, mi disse che era in una situazione terribile, perché sua figlia, ammalata di tumore, doveva subire una delicata operazione in una clinica inglese per la quale lui aveva già pagato 5000 sterline. Ora, all’ultimo minuto, volevano altri soldi e lui non sapeva come fare … e mi guardava implorandomi.

Era una situazione imbarazzante, per cui, preso da un momento di compassione, aprii il portafoglio. Avevo solo due pezzi da 50 euro, ne presi uno e glielo diedi, contento di fare una buona azione. Li prese immediatamente facendoli sparire nella tasca interna della giacca e ringraziandomi in un modo esagerato. A quel punto mi venne un dubbio: con 50 euro poteva fare ben poco, allora perché era così contento … poi il telefonino che squillava mentre lui telefonava …

– Scusa, come mai mentre telefonavi ti è arrivata una telefonata? -, gli chiesi.

– Questo è un telefono ultima generazione che ha due schede. Ce ne sono pochi in giro perché sono appena usciti -, mi rispose mentre riponeva i fogli di carta dentro la borsa.

– Mi devi scusare, ma devo scappare per mandare i soldi alla clinica per l’operazione di mia figlia … ti richiamo io appena potrò … -, mi disse scuotendo la testa e dandomi la mano. Sparì in un attimo e io rimasi pensieroso. La faccenda non mi tornava.

Dopo circa due settimane mi richiamò per dirmi che sua figlia, grazie anche a me, stava meglio e che potevamo incontrarci per definire la mia assunzione. Gli dissi di no, pur sapendo che in questo modo non avrei più visto i miei 50 euro. Pazienza … non mi interessava la sua offerta e non mi piaceva la persona. Percepivo un’aria poco “pulita”, anche senza andare a indagare troppo … alla larga da certe persone!!!”.

“Hai certamente fatto bene”, gli risposi, dopo aver ascoltato la sua storia. “Ora però è opportuno che mettiamo un fermo a questo individuo, perché va in giro a spacciarsi per uno di noi. In questo momento ha in mano un mio biglietto da visita. Non vorrei che mi mettesse nei pasticci facendo una truffa a mio nome … penso sia il caso di tutelarci con una denuncia. Anzi se sei d’accordo potremmo andare al più presto in Questura …”.

“Va bene”

“Ok, vedrò di prendere un appuntamento, ho qualche amico lì”.

Trovai il capo della Squadra Mobile disponibile ad ascoltarci. Così, dopo due giorni, incontrai davanti alla Questura il pilota “alla Bud Spencer” … alto, grande e simpatico. Camminava proprio come il grande attore. Salimmo insieme le scale e arrivammo in una saletta, in attesa di essere ricevuti.

Sapevo che il capo della Squadra Mobile era una persona dinamica e valida, con dei notevoli risultati alle spalle. Le pagine dei quotidiani erano sempre occupate a riportare le sue imprese, non solo a livello locale ma anche nazionale. Passava per uno che non perdonava nulla e che portava sempre a termine le sue indagini con l’arresto di chi commetteva reati nella speranza di farla franca.

Entrammo poco dopo nel suo ufficio. Lui si alzò e ci venne incontro, dandoci la mano con un largo sorriso sincero. Ci fece accomodare e ci chiese di raccontare la nostra avventura. Iniziai io, poi proseguì Carlo Alberto. Ci ascoltava in silenzio e con la massima attenzione. La storia gli piaceva tanto che alla fine disse: “Gli possiamo fare un bel trappolone! … avete idea dove possa abitare o, meglio ancora, quale sia il suo nome?”

Carlo Alberto si prodigò in un grande sforzo di memoria e a poco a poco iniziò a pronunciare delle lettere che non avevano senso, poi man mano, tra un aggrottamento di ciglia e un sorriso di compiacimento, spuntò dalla sua bocca un nome: “Franceschini, sì, proprio Fanceschini! Ma il nome non lo ricordo. Mi sembra però che abitasse nella zona di Passo Corese”.

Il poliziotto sorrise soddisfatto e iniziò una ricerca sul computer dei “Franceschini” con precedenti penali. “Questo … guida in stato di ebbrezza … quest’altro abita a Milano … questo è troppo giovane … no così non arriviamo da nessuna parte … proviamo a chiamare la stazione dei Carabinieri di Passo Corese!”.

Mise il telefono in viva-voce chiedendoci di intervenire per fornire eventuali chiarimenti. Dopo 4 squilli: “Stazione dei Carabinieri di Passo Corese …”.

“Sono il capo della Squadra Mobile di Rieti e avevo bisogno di sapere se conoscete un certo “Franceschini” che si presenta in giro con falsi nomi …”.

Dopo un istante di silenzio, la risposta arrivò in perfetto accento romanesco sottoforma di urlo: “Miiitticooo!!! … è il migliore che c’è sulla piazza!!! Le sue imprese sono memorabili!”

“Lo conoscete bene?”, domandò stupito il capo della Squadra Mobile.

“Certo che lo conosciamo bene! Gline potrei raccontare diverse … ma la più bella è la cena di Capodanno. Essendo un impiegato Alitalia, aveva affisso nelle varie bacheche della compagnia l’avviso che era stata organizzato una cena per il Capodanno, riservata solo ai dipendenti Alitalia … in un castello della Sabina al prezzo di 40 mila lire, di cui 20 da pagare subito e il resto in sede, prima della cena. Seguiva naturalmente la descrizione dettagliata del menù e del programma della serata. L’incontro era fissato a Fiumicino, dove un pullman avrebbe prelevato i partecipanti, alle 20 in punto. Le adesioni furono tante e tutti anticiparono volentieri le 20 mila lire, considerato il prezzo esiguo rispetto a quanto veniva offerto. La sera di Capodanno … tutti puntuali a Fiumicino in completo scuro, come richiesto, ad aspettare il pullman. Dopo circa due di ritardo e il telefono da chiamare in caso di bisogno che segnalava un numero sbagliato, i convenuti si resero conto di essere incappati in una truffa”.

Ci guardammo l’un l’altro e ci rendemmo conto che a noi, in fondo, era andata anche bene.

Il poliziotto, ritenendo di avere acquisito sufficienti notizie, ringraziò e chiuse la telefonata.

A quel punto Carlo Alberto disse: “Ora mi ricordo di Serafini, e posso spiegare perché abbia fatto quel nome. Serafini è un comandante della nostra compagnia che ha avuto la disavventura di incontrarlo e di dargli il suo biglietto da visita. Infatti, il gioco è sempre lo stesso. Questo Franceschini incontrò una giornalista e, con i suoi modi gentili, le racconta chissà quale storia e riesce a farsi “prestare” 3 milioni di lire con la promessa di restituirli dopo qualche giorno. Come garanzia, le lascia il biglietto da visita del comandante Serafini. Poi, naturalmente, sparisce, per cui alla malcapitata giornalista non resta che telefonare ai numeri riportati sul biglietto di Serafini. Dall’altra parte risponde la moglie di Serafini, il numero era proprio quello di casa, che dice che il marito non è in casa. Il giorno dopo la malcapitata richiama e trova ancora la moglie che inizia a insospettirsi per cui, al ritorno del marito, lo interroga su chi è questa Francesca che è la seconda volta che lo cerca a casa. Naturalmente Serafini non ne sa niente ed è vero. La giornalista richiama e la moglie un po’ alterata chiede spiegazioni. Questa racconta la storia del prestito, pregando la moglie di dire al comandante che lei esige la restituzione dei 3 milioni di lire. Potete immaginarvi la reazione della moglie che immaginava chissà quale relazione esistesse tra il marito, che continuava a negare tutto, e questa signora che continuava a chiamare … Alla fine Serafini incontra la giornalista che, sorpresa, si trovò di fronte ad un’altra persona, capì la situazione e, purtroppo, la malcapitata, come da copione, rimase con un pugno di mosche in mano.”

“Bene, bene … gli facciamo un trappolone noi, questa volta”, disse il capo della squadra Mobile, poi rivolgendosi a Carlo Alberto: “Ha possibilità di contattarlo al cellulare in modo che possiamo fissare un appuntamento e …”.

Carlo Alberto rimase interdetto.

Mi ricordai che io l’avevo. Era registrato sotto il nome di “Simpaticone”. Infatti lo trovai subito. “Eccolo qui il suo numero di telefono!”.

Entrambe lo registrarono.

“Ottimo, la richiamo io per dirle quando e dove fissare l’appuntamento, sperando che questo ci caschi. Però ora serve che facciate una denuncia ufficiale scritta, in modo che io possa muovermi. Se passate nell’altro ufficio c’è un Ispettore che può raccogliere la vostra denuncia.”

Lo ringraziammo, ci salutammo e passammo a fare la nostra deposizione scritta e firmata.

Uscimmo dalla Questura con uno spirito più sollevato in quanto ora era ufficiale che, se quel signore avesse utilizzato i nostri biglietti da visita per commettere dei reati, noi saremmo stati coperti legalmente.

Dopo circa un mese Carlo Alberto mi chiamò per dirmi che il trappolone era stato preparato al bar dell’aeroporto di Fiumicino e che Franceschini si era presentato puntuale all’appuntamento.

Due agenti, prontamente intervenuti, lo identificarono e lo condussero via.

E questa fu la fine dell’Arsenio Lupin della Sabina, il sedicente pilota dalle mille identità.






Narrativa / Medio-Breve Inedito; ha partecipato alla II edizione del premio letterario “Racconti tra le nuvole”, 2013-2014; in esclusiva per “Voci di hangar”