titolo: Caduta libera
autore: William & Marylin Hoffer
editore: Armenia
pagine: 256
anno di pubblicazione: 1990
ISBN: 8834404297 e 978-8834404294
Sono le 19:05 del 23 luglio 1983, quando il Boeing 767 volo 143 dell’Air Canada inizia la corsa di decollo spinto dalla potenza dei suoi motori, sulla pista dell’aeroporto di Ottawa destinazione Edmont.
Nessuno immaginava che la “catena degli eventi” aveva correttamente allineato le lettere della parola: DISASTRO!
L’evento più impensabile che potesse accadere a un aereo di linea si era realizzata: il volo AC 143 era decollato con una quantità insufficiente di carburante nei serbatoi.
Così a circa metà percorso, alla quota di 12’000, metri i due motori del Boeing 767 si spengono, il volo AC 143 ha esaurito il carburante, ora il comandante Pearson e il primo ufficiale Quintal dovranno tirar fuori tutta la loro abilità per cercare di portare in salvo i passeggeri e l’equipaggio.
“Caduta libera”, è la ricostruzione di quanto realmente avvenne, quel 23 luglio, al volo AC 143.
Gli autori William e Marylin Hoffer, giornalisti, hanno saputo ricreare, attraverso la raccolta delle testimonianze dei passeggeri e dei documenti della commissione d’inchiesta, con grande realismo la vicenda.
La storia di un disastro mancato che portò alla luce una serie di inadeguatezze e carenze a tutti i livelli nelle procedure della compagnia aerea e che, solo grazie alla professionalità dell’equipaggio, si era potuto evitare il peggio.
“Pearson cominciò a pensare a voce alta: ‘Qual è la migliore velocità di discesa in questo caso?’ L’addestramento dell’Air Canada e i manuali di volo non spiegavano come far planare un 767 senza motori e atterrare sani e salvi.”
“…nessuno ci aveva provato prima, così come nessuno sapeva se il 767 fosse in grado di planare” (senza motori funzionanti, NdR)
Ma come era stato possibile che un aeroplano di linea decollasse senza la giusta quantità di carburante nei serbatoi?
Le origini di un disastro, soprattutto in campo aeronautico, sono spesso da ricercare andando molto indietro dal momento in cui si è verificato l’evento.
Nel caso del volo AC 143, occorre andare indietro al 1970, anno in cui il Canada aveva aderito all’adozione del Sistema Metrico Decimale e abbandonava il sistema di misura anglo-statunitense.
A partire da quella data, ora si parlava di “litri” e “kilogrammi” e non più di “galloni” e “libbre”.
L’aereo in questione era il primo 767 dell’Air Canada sul quale la quantità di combustibile veniva misurata dal computer di bordo in kilogrammi, mentre tutti gli altri aerei e i manuali della compagnia usavano ancora le libbre.
Per il viaggio l’equipaggio calcolò che occorrevano circa 19’600 kg di carburante e chiese la verifica a terra. Gli addetti misurarono il carburante in litri: comunicarono il risultato assieme al fattore di conversione indicato in 1,77, quindi il decollo venne autorizzato risultando caricati oltre 20’400 kilogrammi di carburante. Purtroppo però questo fu uno sbaglio: il fattore di conversione di 1,77 trasforma i litri di kerosene in libbre e non in chilogrammi: l’aereo era stato caricato con solo il 45% del carburante necessario per completare il volo!
A questo errore si univa il non funzionamento degli indicatori di livello del carburante.
Pertanto il computer di bordo non avrebbe ricevuto in automatico la quantità di carburante presente nei serbatoi, ma il dato in partenza andava inserito manualmente, poi una volta in volo il computer avrebbe aggiornato i consumi basandosi sui calcoli.
I computer sono bravissimi a fare i calcoli, ma lo fanno in base ai dati a loro disposizione, e se, come in questo caso, la quantità di carburante inserita è errata … beh il resto vien da solo.
In un incidente il “Fattore Umano” gioca sempre un ruolo importante. Il modo di reagire e di interpretare i segnali, prendere una decisione non sempre è facile soprattutto quando ci si trova davanti più opzioni.
Il comandante Pearson insieme al suo primo ufficiale Quintal riuscì a mantenere una visione d’insieme di tutta la situazione, quella che oggi viene definita “situational airworthness”, e a prendere la decisione migliore in tutte le fasi dell’emergenza.
Quel “Fattore Umano” che aveva contributo insieme ad altri fattori concomitanti a creare la parola DISASTRO, stava ora lavorando in maniera razionale e sistematica in senso opposto cancellando una alla volta le lettere di quella parola.
“… Pearson spiegò a Quintal che cosa intendeva fare: se si fossero ritrovati ancora troppo alti nell’ultima fase dell’approccio lui avrebbe imposto una scivolata d’ala all’aereo, scendendo rapidamente di quota e cercando di correggere così la posizione”
Una scivolata d’ala viene eseguita abbassando un’ala con l’aiuto degli alettoni e quindi dando timone nel senso opposto, o come si suol dire “piede opposto”.
Il timone deflesso fa sì che la fusoliera si presenti al flusso d’aria relativo obliquamente, creando molta più resistenza di quando il flusso è lungo la fusoliera come nel volo normale. Questa manovra spesso serve per dissipare energia, per esempio per perdere quota più rapidamente in avvicinamento, sempre a una velocità ben sopra allo stallo.
Nonostante questa manovra sia prevista nel corso di pilotaggio per aerei dell’aviazione generale, è alquanto azzardata per un aereo di linea; per non parlare del disagio per i passeggeri con un aereo fortemente inclinato da un lato.
La manovra della scivolata d’ala, con cui il comandante Pearson riuscì a far atterrare sulla pista di Gimli il Boeing 767 fu in seguito riprovata più volte nel simulatore di volo da parte di diversi piloti ma nessuno è riuscito a ripeterla con lo stesso risultato.
Oggi la storia del volo AC 143 è presente su “Indagini ad alta quota” (serie televisiva che ricostruisce gli incidenti di volo) con le ricostruzioni video e le interviste.
Tornando al libro, nonostante i suoi 40 anni, mantiene un suo fascino per come gli autori hanno saputo ben intrecciare il vissuto dei vari personaggi che il destino aveva messo insieme a bordo di quel volo, con la realtà che stavano vivendo. Di come quegli ultimi minuti di volo stavano cambiando le proprie concezioni della vita e le priorità.
Un volo che costrinse tutti a riflettere.
L’aereo, riparato dei pochi danni subiti, tornò in linea di volo e fu soprannominato “Gimli Glider” (l’aliante di Gimli) aliante in quanto atterrato planando senza motori funzionanti.
Un Boeing 767 che volle essere un aliante.
Recensione di Franca Vorano e didascalie a cura della Redazione di VOCI DI HANGAR.
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